1. I motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Va ricordato, in proposito, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere "interno" al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (sez.2, n.27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv.276976; sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc. Tiana, Rv.255460).
2. Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, Galtelli) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta gravità indiziaria, risulta coerente con le risultanze investigative e in particolare alla stregua del materiale captativo, riconducibile alle intercettazioni telematiche sulle utenze del co-indagato D.D., da cui emerge, in termini univoci che il ricorrente A.A. aveva posto a disposizione la propria abitazione, quale luogo di stoccaggio e di preparazione dello stupefacente di cui l'associazione aveva la disponibilità, attività di preparazione e di confezionamento dello stupefacente cui partecipava lo stesso A.A. unitamente ad altri sodali, alla stregua delle interlocuzioni intervenute con gli altri indagati. Il giudice del riesame ha indicato numerose interlocuzioni intercettate dalle quali emerge non solo la partecipazione di A.A. alla preparazione dello stupefacente (il quale veniva interpellato dagli altri indagati con un linguaggio esplicito che faceva riferimento ai vari strumenti di pesatura, taglio e confezionamento dello stupefacente, fino alla indicazione del numero di dosi singole preparate e alla loro destinazione), ma che individuava nell'abitazione dello A.A. il luogo in cui tali attività venivano realizzate, in plurime occasioni, tra i mesi di Marzo e Maggio 2022.
In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di legittimità ha poi affermato che l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n.22471 del 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (Sez.2, n.50701 del 4/10/2016, D'Andrea e altri, Rv 268389; Sez.3, n.44938 del 5/10/2021 , Gregoli, Rv.282337), anche in ragione del valore indiziante delle intercettazioni telefoniche, in presenza di sistematiche e continuative attività di cessione di sostanze stupefacenti monitorate tramite lo strumento captativo (Sez.5, n.14853 del 21/12/2022, Bruni, Rv.281138).
Il giudice distrettuale non è incorso in tale vizio e comunque i motivi di ricorso omettono di evidenziare profili di manifesta illogicità e di travisamento, anche in relazione ai riferimenti tratti dal contenuto delle conversazioni intercettate al luogo in cui l'attività di preparazione dello stupefacente si stava compiendo (abitazione dello A.A. sito in S in Piazza (Omissis)), sulla base di richiami individualizzanti e riferimenti al citofono, alla scala e al piano di detto appartamento e alle indicazioni presenti sulla rubrica telefonica del D.D.
3. Sotto diverso profilo il giudice del riesame ha riconosciuto con motivazione priva di illogicità evidente la gravità indiziaria della partecipazione dello A.A. al sodalizio criminoso, in ragione della continuativa e assidua partecipazione alla essenziale attività di custodia, preparazione e confezionamento dello stupefacente nella disponibilità del sodalizio, realizzata in concorso con numerosi altri sodali (D.D., C.C., I.I. e lo stesso capo dell'organizzatore B.B.), nonché della messa a disposizione della propria abitazione per tali attività, nella consapevolezza di contribuire alle finalità dell'ente e, in particolare, alla destinazione dello stupefacente confezionato ad una fiorente attività di spaccio che sarebbe stata realizzata dagli altri sodali, in tale modo agevolando lo svolgimento della intera attività criminale e assicurando la concreta realizzazione del programma criminoso, in ragione della volontaria e consapevole realizzazione di concrete attività funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione (Sez. 6, Sentenza n. 34563 del 17/07/2019, Di Punzio, Rv. 276692; sez.3, n. 20003 del 10/01/2020, Rv.279505, Di Maggio Paolo).
4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità, al pagamento di somma alla cassa delle ammende, che si indica in dispositivo.
4.1. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'articolo 94, comma 1-ter, disp. att./coord./trans, cod. proc. pen. - che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli
adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc.
pen.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2024.