1. A.A. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Napoli che ha confermato la misura cautelare, applicata a seguito della convalida del suo arresto per il reato di cui all'art. 572 cod. pen., del divieto di avvicinamento alla madre.
Deduce due motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
Con due motivi, che, in quanto tra loro logicamente connessi, possono essere esposti congiuntamente, deduce vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di gravità indiziaria e di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. C, cod. proc. pen.
Quanto al primo profilo, sostiene il ricorrente che il Tribunale ha erroneamente ravvisato gravi indizi di colpevolezza del reato di cui all'art. 572 cod. pen., mancando l'abitualità delle condotte, stante l'unicità dell'episodio per cui è avvenuto l'arresto, in occasione del quale, come emerge dalle dichiarazioni rese dalla madre, il ricorrente, senza esercitare violenza o minaccia nei suoi confronti, si è limitato a chiedere con insistenza il versamento della somma di 1000 euro, colpendosi con un pugno e sferrando altri pugni contro i mobili.
Si aggiunge, inoltre, che il Tribunale ha erroneamente valutato ai fini della gravità indiziaria i precedenti episodi di danneggiamento, trattandosi di condotte per le quali pende un autonomo procedimento per il medesimo reato di maltrattamenti.
Le medesime argomentazioni sono state riprese anche con la censura relativa alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. In particolare, il ricorrente deduce la mancanza o apparenza della motivazione sulla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione delle condotte aggressive verso la madre. Si censura, in particolare, sia il rilievo attribuito alla condotta tenuta all'arrivo degli operanti, erroneamente ritenuta dal Tribunale quale espressione di sfrontatezza, che il travisamento in cui è incorsa l'ordinanza là dove ha considerato i danneggiamenti cagionati all'interno dell'abitazione, avendo la vittima già denunciato in passato tali condotte.
2. Il ricorrente ha depositato note di replica alla requisitoria del Procuratore Generale in cui, in particolare, ha insistito sulla unicità dell'episodio a lui ascrivibile e sulla insussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di maltrattamenti.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi generici,
versati in fatto e, quanto al profilo relativo al giudizio di
gravità indiziaria, di contenuto meramente confutativo.
2. Va, innanzitutto, ribadito il principio di diritto reiteratamente espresso in sede di legittimità, secondo cui, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828), dovendo qualificarsi inammissibile il motivo che si risolva nella censura di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti.
In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è, dunque, ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, restando, invece, escluso dal perimetro del giudizio di legittimità il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976) o che, comunque, attengono alla ricostruzione dei fatti (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884).
3. Così chiarito il perimetro del giudizio di legittimità sul giudizio di gravità indiziaria, rileva il Collegio che le censure relative a tale punto della decisione, oltre a non confrontarsi con le argomentazioni dell'ordinanza impugnata, si risolvono in una non consentita sollecitazione ad una diversa ricostruzione dei fatti.
Il Tribunale, con motivazione non manifestamente illogica, ha ravvisato la gravità degli indizi di colpevolezza e, soprattutto, l'abitualità delle condotte vessatorie del ricorrente ai danni della madre, sulla base degli elementi emergenti dal verbale di arresto e dalle dichiarazioni rese da costei, dai quali sono emerse le frequenti condotte connotate da violenza sulle cose - riscontrata anche dalle condizioni dell'abitazione all'arrivo degli operanti - e da scatti di ira, condotte poste in essere dal ricorrente al fine di convincere la madre a consegnargli del danaro e che, come dalla stessa dichiarato, la inducevano a temere per la propria incolumità.
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, l'abitualità di tali condotte è stata desunta dalla versione offerta dalla madre, reputata dal Tribunale credibile ed attendibile anche in ragione del riscontro emerso dallo "stato di devastazione" in cui si trovava l'abitazione all'arrivo degli operanti.
4. Anche le censure sulle esigenze cautelari non superano il vaglio di ammissibilità in quanto generiche.
L'ordinanza impugnata, infatti, con motivazione immune da vizi, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha desunto il pericolo di reiterazione del reato, non dall'atteggiamento del ricorrente all'arrivo degli operanti, ma dalle modalità della condotta criminosa protrattasi fino all'arresto del ricorrente; nell'ordinanza si segnalano, inoltre, i numerosi carichi pendenti, tra i quali anche i due procedimenti, già riuniti, per maltrattamenti in danno della madre nonché la precedente ordinanza cautelare, emessa in uno di tali procedimenti e confermata in sede di riesame.
5. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
Conclusione
Così deciso l'11 settembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2024.