Giu Ai fini della configurazione del reato di autoriciclaggio di cui all'art. 648-ter 1 c.p., è necessario un quid pluris che denoti l'idoneità dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 01 agosto 2024 N. 31608
Massima
Ai fini della configurazione del reato di autoriciclaggio di cui all'art. 648-ter 1 c.p., è necessario un quid pluris che denoti l'idoneità dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene. Tale idoneità deve essere concreta e non può consistere nel mero trasferimento di somme a favore di imprese, ma deve comportare un'effettiva reimmissione del denaro illecito nel circuito economico legale attraverso il mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità economiche.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 01 agosto 2024 N. 31608

1.11 ricorso è infondato.

2. Occorre ribadire che la ratio della norma di cui all'art. 648-fer.l. cod. pen. è rappresentata dalla reimmissione nel circuito dell'economia legale di beni di provenienza delittuosa, ostacolandone la tracciabilità. Il legislatore ha, in altre parole, voluto "congelare" il profitto in mano al soggetto che ha commesso il reato-presupposto, in modo da impedirne la sua utilizzazione maggiormente offensiva, e cioè quella che espone a pericolo o addirittura lede "l'ordine economico", inquinando l'economia legale.

Il Giudice penale dovrà, pertanto, valutare l'idoneità specifica della condotta posta in essere dall'agente ad impedire l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Attraverso la connotazione in termini di idoneità concreta all'ostacolo, la determinazione delle condotte punibili viene circoscritta a quei comportamenti che, seppur non necessariamente artificiosi in sé, esprimano un contenuto decettivo, capace cioè di rendere obiettivamente difficoltosa la identificazione della provenienza delittuosa del bene. Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevante, ai fini della configurazione dell'autoriciclaggio sono quindi comportamenti che importano un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità o che danno, altresì, luogo a una utilizzazione non più personale, ma riconducibile a una forma di reimmissione del bene nel circuito economico.

2.1. Proprio applicando detti principi, questa Corte ha avuto modo di affermare che non integra la condotta di autoriciclaggio il mero trasferimento di somme oggetto di distrazione fallimentare a favore di imprese operative, occorrendo a tal fine un quid pluris che denoti l'attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene (Sez. 5, n. 8851 del 01/02/2019, Rv. 275495). In motivazione è stato precisato che 'sostengono detta scelta ermeneutica, da una parte, il dato letterale, laddove il legislatore ha inteso rimarcare non solo l'impiego in attività imprenditoriali - che è l'ipotesi che potrebbe ricorrere nella specie - e l'idoneità dissimulatoria della condotta, ma ha anche preteso, come sopra osservato, che tale idoneità dissimulatoria sia "concreta", il che costituisce un indicatore che la volontà legislativa richieda un contegno che vada oltre la mera ricezione della somma proveniente da reato, dall'altro, i rapporti della fattispecie con il reato di bancarotta, laddove ritenere punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso imprese (sul solo presupposto della fisiologica destinazione delle medesime all'operatività aziendale di queste ultime), finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un'ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella ex art. 648-ter. 1 cod. pen.'.

Quindi, la capacità dissimulatoria deve essere individuata in condotte non ricollegabili al puro e semplice trasferimento di somme e il fatto di autoriciclaggio ha natura autonoma e successiva rispetto alla consumazione del delitto presupposto così che le due fattispecie non possono essere ravvisate a fronte di un'unica contestuale azione.

2.2. Pertanto, ove attraverso il trasferimento ad altre imprese si attui il reinvestimento successivo dei profitti illeciti in attività economiche, finanziarie o speculative, è aggredito il bene giuridico protetto dalla norma di cui all'art. 648-ter. 1 cod. pen., che è costituito dall'ordine pubblico economico, poiché appare evidente che, in ragione della possibilità di utilizzare profitti illeciti da parte di imprese operative il mercato viene a subire l'effetto inquinante del reinvestimento del profitto illecito.

E deve anche ritenersi che, se il trasferimento ad altre imprese è attuato con l'intestazione del profitto illecito ad un soggetto giuridico diverso - sia esso una persona fisica ovvero una società di persone o di capitali - vi è la possibilità di identificare una condotta dissimulatoria proprio perché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento.

Al proposito, occorre ricordare che questa Corte di cassazione ha affermato (Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, Babuleac, Rv. 267459) che non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto di furto su conto corrente o su carta di credito prepagata, intestati allo stesso autore del reato presupposto. In motivazione si precisa che tale soluzione vale nei casi in cui vi sia identità soggettiva tra autore del delitto presupposto e soggetto titolare del medesimo bene a seguito della condotta di sostituzione; ove, cioè, autore del delitto presupposto e titolare del bene poi movimentato coincidano può affermarsi non esservi condotta concretamente idonea ad occultare l'origine illecita del bene. Ove, invece, la titolarità del bene, anche attraverso successivi contratti, sia mutata, tale interpretazione non può trovare applicazione; difatti, la modifica

della formale intestazione comporta condotta di sostituzione del proprietario o utilizzatore del bene idonea ad ostacolare l'origine illecita dello stesso e si profila quale ipotesi astrattamente punibile (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019 -dep. 2020-, Fabbri, Rv. 279407 - 02).

3.Sulla base dei predetti principi deve essere risolta la problematica proposta con l'atto di impugnazione al proposito della sussistenza del fumus del delitto di cui all'art. 648-fer. 1 cod. pen.

Conformandosi al principio di diritto indicato nella sentenza di annullamento con rinvio, il Tribunale del riesame ha sottolineato che la condotta contestata all'indagato è diversa e successiva rispetto a quella di bancarotta fraudolenta, ed è consistita, non nei pagamenti per cassa effettuati "svuotando" il patrimonio di Centro Moda Guidonia Srl, ma in relazione ad altre e successive attività descritte come 'impiegava e trasferiva nelle attività economiche e imprenditoriali esercitate da Centro Moda Toscano Srl e Centro Moda Viterbo Srl" la somma complessiva già citata di Euro 218.606,50'.

Si è quindi accertato che, dopo la consumazione del reato presupposto, delle somme profitto di tale illecito si è operato il successivo trasferimento ad altre due compagini sociali, con conseguente imputazione soggettiva ad altri enti.

Il Tribunale del riesame, conformandosi alla regula iuris dettata da questa Corte di legittimità, ha, correttamente ritenuto che tali operazioni, abbiano assunto concreta capacità dissimulatoria proprio perché era mutata la titolarità ed il luogo concreto di conservazione del profitto illecito attraverso il reinvestimento in attività economiche.

L'ordinanza impugnata ha, in altre parole, riconosciuto l'esistenza di una "divaricazione soggettiva", in ordine al fatto che le tre società in questione erano, comunque, soggetti distinti, pur essendo tutte amministrate dall'indagato, e ha valorizzato il fatto che le due società cessionarie, anche grazie al denaro della fallita, loro conferito senza alcuna giustificazione nel 2015, hanno potuto proseguire negli anni successivi ad esercitare l'attività di impresa, continuando ad accumulare ingenti debiti verso l'Erario, con l'effetto di inquinare il mercato immettendo nel circuito economico legale capitali illeciti.

4. Il ricorso deve essere pertanto, rigettato, con condanna dell'indagato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione

Così deciso il 16 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria l'1 agosto 2024.