Giu la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze non richiede necessariamente la presenza di malattie o malnutrizione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 24 luglio 2024 N. 30369
Massima
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 727, cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze non richiede necessariamente la presenza di malattie o malnutrizione, ma può consistere anche in situazioni di patimento psico-fisico dovuto a condizioni di abbandono o incuria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 24 luglio 2024 N. 30369

1. Occorre osservare che il ricorso per cassazione avverso una misura cautelare reale è ammesso dall'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. esclusivamente per violazione di legge.

Costituisce, al riguardo, ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, il principio secondo il quale nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo". Non vi rientra invece l'illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 2 del 28/01/2004, Ferrazzi). Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell'art. 125, comma, 3 cod. proc. pen., che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611). Quest'ultimo vizio è ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate e privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692). La carenza assoluta di un riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, non ha infatti perso l'intrinseca consistenza del vizio di violazione di legge, differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.

1.1. Nel caso di specie, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum, lungi dal potersi considerare apparente, si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, come si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo alla pagina 6 dell'ordinanza impugnata, laddove ha ritenuto sussistente il fumus commissi delieti del reato di cui all'art. 727 cod. pen., essendo stato accertato dai militari intervenuti sul posto uno stato di sporcizia e di sostanziale abbandono in cui si trovavano i tre cani di proprietà dell'indagata, detenuti in condizioni non compatibili con le esigenze minime che debbono essere assicurate agli animali domestici. Il Giudice a quo, al riguardo, ha richiamato i due accessi effettuati dai militari nel giugno del 2022, dai quali sono stati riscontrate modalità di detenzione degli animali in un contesto caratterizzato da precaria igiene, deiezioni diffuse non rimosse, cibo sparso sul terreno, incuria nella somministrazione dell'acqua da bere, lasciati soli per molte ore in casa o in uno spazio esterno angusto e pieno di rifiuti.

Al riguardo si richiama quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 727 cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze consiste non solo in quella che può determinare un vero e proprio processo patologico nell'animale, ma anche in quella che produce meri patimenti, in quanto non è necessaria la ricorrenza di situazioni quali la malnutrizione e il pessimo stato di salute degli animali, ma rilevano tutte quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell'animale, procurando dolore e afflizione (Sez. 7, n. 46560 del 10/07/2015, Francescangeli e a., Rv. 265267), compresi comportamenti colposi di abbandono e incuria (Sez. 3, n. 49298 del 22/11/2012, Tomat, Rv. 253882).

Si osserva che il giudice a quo ha altresì ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione per la perdurante disponibilità degli animali, posto che, nonostante le ripetute segnalazioni e i diversi accessi effettuati da parte della polizia giudiziaria in un lasso di tempo non breve, l'indagata ha mantenuto inalterate le condizioni di degrado e incuria della propria abitazione dove vivevano i tre cani, chiusi in casa per lunghe ore.

Del resto, soltanto la mancanza di qualunque ancoraggio del discorso giustificativo alle risultanze acquisite e di qualunque riferimento alla specifica fattispecie in disamina determina il vizio di apparenza della motivazione, ravvisabile ove il giudice si avvalga di asserzioni del tutto generiche e di carattere apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa (Cass. n. 24862 del 19/05/2010), determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno del decisum (Sez. U, n. 3287 del 27/11/2008): ciò che non è certamente riscontrabile nel caso in disamina. D'altronde, in tema di sequestro preventivo, il procedimento incidentale che si svolge dinanzi al tribunale del riesame non può trasformarsi in un accertamento preventivo della sussistenza del reato, tematica che forma oggetto del procedimento principale.

2. Quanto al secondo motivo, si osserva che il giudice ha richiamato l'annotazione della Polizia giudiziaria e la relazione dell'Enpa effettuate a seguito di sopralluogo, in cui sono descritte le condizioni di detenzione degli animali di proprietà della ricorrente. In particolare, nella relazione delle guardie zoofile dell'Enpa è descritta una grave situazione igienico sanitaria e di salute degli animali malati e in condizioni incompatibili detenuti incompatibili la loro natura. Quanto all'assenza della relazione di un veterinario, si evidenzia che l'indagata ha rifiutato di far accedere il dottor Berto dell'Ulss che si era recato presso la sua abitazione in data 07/07/2022. Infine, con riguardo alla relazione del veterinario dottor Franchetti che, secondo la ricorrente, sarebbe stato incaricato dello svolgimento della stessa, si osserva che tale relazione non può essere stata esaminata dal giudice a quo, in quanto non presente nel fascicolo al momento della pronuncia impugnata, datata 05/07/2023, essendo stata acquisita, come riferisce la ricorrente, solo in data 1 agosto 2023, e quindi successivamente alla pronuncia, né risulta che sul punto avanti al Tribunale del riesame sia stata sollevata doglianza alcuna. La doglianza relativa al mancato deposito della relazione del veterinario dottor Franchetti è, dunque, inammissibile, in quanto la ricorrente non evidenzia né chi avrebbe affidato l'incarico al suddetto veterinario, né in che termini e a quale fine, emergendo tale circostanza unicamente dal ricorso per cassazione senza allegazione alcuna a supporto, né risulta che la suddetta doglianza sia stata mai in precedenza rappresentata.

3. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria dell'inammissibilità consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore delia Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma il 23 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2024.