1. Il ricorso è fondato.
2. Nel verbale di arresto viene dato atto che gli operanti, a seguito di chiamata telefonica da parte della sorella della persona offesa - allarmata per una telefonata ricevuta dal A.A. il quale, con voce alterata, le intimava "vieniti a prendere tua sorella altrimenti la faccio fuori" - sono intervenuti quando gli episodi di violenza erano ancora in atto. In particolare, i predetti, giunti nell'abitazione della coppia, notavano una "strana situazione di calma apparente nonostante il disordine generale presente"; situazione che veniva immediatamente spiegata dalla donna che dichiarava agli agenti di essere da anni minacciata e percossa dal compagno, anche alla presenza dei figli minori e sporgeva querela. Viene altresì precisato che la donna presentava sul collo le tracce della violenza immediatamente prima subita e che la predetta riferiva di avere già nel 2021 presentato una querela per le condotte violente dell'uomo, poi rimessa per paura di ritorsioni da parte del compagno.
3. In base a tale situazione di fatto presentatasi agli operanti, trova applicazione il principio (da ultimo affermato da Sez. 6, n. 7139 del 16/01/2019, G., Rv. 275085 - 01) secondo cui "è configurabile lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente era stata desunta la flagranza del reato sulla base della constatazione da parte delle forze dell'ordine delle condizioni dell'abitazione, delle modalità con le quali era stato richiesto l'intervento d'urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all'aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari)".
4. L'ordinanza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio, risultando l'arresto compiuto dalla Polizia giudiziaria legittimo.
In considerazione del titolo del reato si deve disporre nel caso di diffusione della presente sentenza l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti private a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, dichiarando legittimo l'arresto.
Conclusione
Così deciso in Roma l'11 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2024.