Giu le "materie esplodenti" indicate nell'art. 678 cod. pen.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE - 27 giugno 2024 N. 25437
Massima
Nella categoria delle "materie esplodenti" indicata nell'art. 678 cod. pen. rientrano quelle sostanze prive di potenzialità micidiale sia per la struttura chimica, sia per le modalità di fabbricazione, dovendo invece essere annoverate nella diversa categoria degli "esplosivi" - la cui illegale detenzione è sanzionata dall'art. 10 della L. n. 497 del 1974 - quelle sostanze caratterizzate da elevata potenzialità, le quali, per la loro micidialità, sono idonee a provocare un'esplosione con rilevante effetto distruttivo. Integra il delitto di illegale detenzione di esplosivi, e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti, la condotta avente ad oggetto materiali pirotecnici che in determinate condizioni - quali l'ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto e prossimità a luoghi frequentati - costituiscono pericolo per persone o cose assumendo nell'insieme la caratteristica della micidialità.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I PENALE - 27 giugno 2024 N. 25437

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.

2. Giova premettere, quanto al primo motivo, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nella categoria delle "materie esplodenti" indicata nell'art. 678 cod. pen. rientrano quelle sostanze prive di potenzialità micidiale sia per la struttura chimica, sia per le modalità di fabbricazione, dovendo invece essere annoverate nella diversa categoria degli "esplosivi" - la cui illegale detenzione è sanzionata dall'art. 10 della legge n. 497 del 1974 - quelle sostanze caratterizzate da elevata potenzialità, le quali, per la loro micidialità, sono idonee a provocare un'esplosione con rilevante effetto distruttivo (Sez. 1, n. 12767 del 16/02/2021, P.M. in proc. Salvi, Rv. 280857).

È stato affermato che, ai fini della qualificazione di un materiale, composto da più elementi, quale ordigno micidiale con effetti esplosivi, come tale rientrante nella categoria delle armi da guerra, è irrilevante la natura dei singoli componenti, che, isolatamente considerati, possono anche essere non offensivi, dovendosi avere, invece, riguardo alla unitaria complessità di funzione e di effetto degli stessi; né tale qualificazione può essere esclusa sulla base della semplicità di fabbricazione dell'ordigno, occorrendo solo che lo stesso sia atto all'impiego e, cioè, in condizione di poter essere usato secondo la sua naturale destinazione (Sez. 1, n. 41193 del 26/03/2018, Fallanca, Rv. 274754).

Di conseguenza, si è costantemente ritenuto che integra il delitto di illegale detenzione di esplosivi, e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti, la condotta avente ad oggetto materiali pirotecnici, non micidiali se singolarmente considerati, che in determinate condizioni - quali l'ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto, la prossimità a luoghi frequentati - costituiscono pericolo per persone o cose, assumendo nell'insieme la caratteristica della micidialità (Sez. 5, n. 15642 del 13/12/2019, dep. 2020, Morante, Rv. 279104; Sez. 1, n. 50925 del 19/07/2018, Luongo, Rv. 274477; Sez. 1, n. 45614 del 14/10/2013, Persello, Rv. 257344).

2.1. Tanto premesso, ritiene il Collegio che i giudici di merito abbiano correttamente operato la qualificazione giuridica della condotta ascritta al A.A. al capo A) della rubrica, escludendo la ravvisabilità della invocata fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 678 cod. pen.

Sulla base della relazione tecnica redatta in data 3 giugno 2018 dal Nucleo Regionale artificieri della Questura di Catanzaro, si è evidenziato come il materiale sequestrato fosse caratterizzato da "spiccate caratteristiche deflagranti/detonanti".

Tale materiale, costituito da plurimi prodotti esplosivi di genere pirotecnico, del peso complessivo di 250 kg corrispondente ad uria massa attiva di 70 kg circa, privi di marchio ed etichettatura e marchio CE, occultati in modo promiscuo con altri materiali esplosivi, a elevato potenziale di rischio, classificati nella categoria CE F4, veniva descritto, all'atto del suo rinvenimento, "in condizioni precarie e in assenza di requisiti di sicurezza".

Nell'occorso veniva individuata nei prodotti sequestrati la c.d. "polvere nera", esplosivo classificato nella prima categoria di cui agli articoli 81 e 82 R.D. n. 633 del 1940 (regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.), che, per la precarietà del confezionamento e dell'assemblaggio dei prodotti esaminati, presentava rischio di fuoriuscita e di perdita.

A ciò doveva aggiungersi, si legge nella sentenza di secondo grado, l'elevato quantitativo di materiale esplosivo complessivo, come detto circa 70 kg, "stipato in un ambiente angusto - luogo in cui erano state riscontrate delle sterpaglie secche - con conseguente esposizione a rischio di accensione accidentale e di esplosione congiunta".

Coerente con le descritte evidenze si rivela, dunque, l'approdo cui è pervenuta, conclusivamente, la Corte di appello, in sintonia con il primo giudice, nel ravvisare, nei prodotti in sequestro, il carattere della "micidialità", secondo i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità, giustificando, così, la sussunzione della condotta dell'imputato nel delitto di cui agli artt. 2 e 4 L. n. 895 del 1967.

La Corte di merito ha confutato, con adeguato ragionamento, le obiezioni difensive sulla effettiva micidialità del materiale de quo a motivo della loro certificazione CE F4, rilevando, sul punto, come la gran parte dei prodotti esplosivi fosse priva di idonea certificazione CE e fosse occultata in modo promiscuo, in assenza di condizioni di sicurezza, con materiale regolarmente registrato: situazione, quest'ultima, che accresceva il carattere di micidialità degli artifici rinvenuti, essendo stato acclarato che la polvere nera ivi contenuta potesse fuoriuscire all'esterno, con evidente rischio per la incolumità pubblica.

A fronte di un argomentare scevro da vizi logici e giuridici, il ricorso non fa che riproporre le medesime censure avanzate in sede di appello, con approccio, ancora una volta, rivalutativo ed espresso, per lo più, in termini di mero dissenso.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento ai due residui motivi di ricorso.

3. Quanto al secondo motivo, occorre ricordare che il presupposto del delitto della ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, poiché la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso (Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, Failla, Rv. 277334).

In conformità a tale principio, la Corte territoriale ha desunto la sussistenza dell'elemento soggettivo, in capo all'imputato, valorizzando la stessa qualità del bene detenuto, il cui acquisto regolare avviene necessariamente attraverso specifici canali e con l'osservanza di determinate formalità, la cui mancanza, osservano i giudici del gravame, appare logicamente spiegabile solo con la consapevolezza di un acquisto in mala fede.

Anche rispetto a tale insindacabile approdo, in quanto immune da vizi logico-giuridici, il ricorso oppone solo rilievi aspecifici, elusivi del confronto critico con la motivazione.

4. Lo stesso è a dirsi con riferimento al terzo ed ultimo motivo di ricorso, afferente al capo sub C).

Si rammenta che, ai fini dell'integrazione del reato di omessa custodia di armi, previsto dall'art. 20-bis, comma 2, della L. 18 aprile 1975, n. 110, è necessario che l'agente possa rappresentarsi, in relazione a circostanze specifiche, l'esistenza di una concreta situazione di fatto tale da richiedere l'adozione di cautele volte ad impedire che uno dei soggetti contemplati dalla predetta disposizione - minori incapaci, persone inesperte o tossicodipendenti - riescano ad impossessarsi delle armi (Sez. 1, n. 20192 del 27/04/2018, Meneguzzi, Rv. 273130).

Trattandosi di reato di pericolo e di mera condotta, esso si perfeziona per il solo fatto che l'agente non abbia adottato le cautele necessarie, sulla base di circostanze da lui conosciute o conoscibili con l'ordinaria diligenza, indipendentemente dal fatto che una delle persone indicate dalla norma incriminatrice sia giunta a impossessarsi dell'arma o delle munizioni (Sez. 1, n. 29849 del 07/05/2019, non mass.).

La Corte distrettuale si è attenuta agli enunciati principi, ravvisando, del tutto correttamente, una situazione di fatto giustificante le cautele di cui si è detto nell'abbandono e occultamento promiscuo e precario dei prodotti esplosivi, collocati dietro alcuni cespugli, in un'area accessibile da chiunque.

I rilievi in fatto opposti dalla difesa del ricorrente si infrangono contro le eloquenti risultanze documentali restituite dalle fotografie in atti, convenientemente apprezzate dai giudici di merito, che illustrano una situazione di fatto caratterizzata dalla vicinanza, all'area in questione, di case di abitazione con il conseguente potenziale pericolo per la pubblica incolumità.

5. Per le esposte considerazioni, il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile, dal che discende la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento di un'ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2024.