1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Le censure contestano il provvedimento impugnato esclusivamente nella parte in cui ha confermato, a carico dell'attuale ricorrente, il sequestro disposto a fini di confisca per equivalente, fino a concorrenza del valore di 546.822,00 euro, quale profitto del reato di cui all'art. 640-bis cod. pen. , individuato nei proventi conseguiti dalla società "Ecohouse Srl" mediante le cessioni a terzi di crediti di imposta fittizi, generati mediante le false attestazioni relative alla regolare realizzazione delle opere indicate nelle fatture emesse dalla precisata impresa.
Le censure, precisamente, assumono che il sequestro per equivalente è illegittimo perché, nella specie, non sono configurabili né il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato di cui all'art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. , né il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640 - bis cod. pen. , ossia le uniche fattispecie che rendono ammissibile tale tipo di misura cautelare, a norma dell'art. 640 - quater cod. pen. .
Si segnala, in particolare, che i reati di cui all'art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. , e di cui all'art. 640 - bis cod. pen. non sono configurabili nella forma consumata, ma semmai nella forma tentata, perché, nella vicenda in esame, non si è verificato alcun pregiudizio patrimoniale ai danni dello Stato: le condotte ipotizzate, per come ricostruite nell'ordinanza impugnata, hanno determinato la nascita di un credito nei confronti dello Stato, ma non (ancora) un'effettiva perdita economica per lo stesso, verificandosi questa solo a seguito della riscossione del credito o del suo utilizzo mediante compensazione.
3. Il sequestro è stato disposto in funzione dell'adozione della confisca per equivalente del profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640 - bis cod. pen. , sicché la disposizione normativa di riferimento per l'adozione di tale tipologia di misura è costituita dall'art. 640-quater cod. pen. .
L'art. 640 - quater cod. pen. , attraverso il rinvio all'art. 322-ter cod. pen. , prevede l'applicabilità della confisca per equivalente con specifico riferimento ai reati di cui agli articoli 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. , e 640 - bis cod. pen. , oltre che per il reato di frode informatica di cui all'art. 640 - ter cod. pen. .
Estranei al catalogo dei reati per i quali l'art. 640 - quater cod. pen. prevede la confisca per equivalente, quindi, sono i delitti di truffa consumata diversi da quelli previsti dall'art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. , e dall'art. 640 - bis cod. pen. , e, in generale, tutti i delitti di truffa tentata, anche se riferiti alle fattispecie appena indicate. A tale ultimo proposito, appare utile rappresentare che l'autonomia del delitto tentato rispetto al delitto consumato costituisce principio generale consolidato, affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite proprio in tema di applicazione della confisca (cfr. Sez. U, n. 40985 del 19/04/2018, Di Maro, Rv. 273752-01, in motivazione, spec. par. 5, 5.1 e 5.2).
Né, ovviamente, è possibile ipotizzare un'applicazione analogica della previsione di cui all'art. 640-quater cod. pen. , stante il divieto posto dall'art. 14 preleggi in relazione alle leggi penali.
Di conseguenza, la questione della qualificazione giuridica della concreta fattispecie in esame in termini diversi da quelli della truffa aggravata ai danni dello Stato, a norma dell'art. 640 - bis cod. pen. , o, eventualmente, a norma dell'art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. , è dirimente ai fini dell'applicabilità del sequestro funzionale alla successiva confisca per equivalente.
4. Ai fini della consumazione del reato di truffa, non è sufficiente l'assunzione di un debito da parte del raggirato, ma è necessaria l'effettiva perdita del bene oggetto dell'obbligazione da parte del medesimo soggetto, attesa la previsione del requisito del "danno".
Il principio è stato affermato in maniera espressa dalle Sezioni Unite con riferimento alla truffa realizzata mediante titoli di credito: "Poiché la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, nell'ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l'obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato. Ne consegue che, qualora l'oggetto materiale del reato sia costituito da titoli di credito, il momento della sua consumazione è quello dell'acquisizione da parte dell'autore del reato, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione o utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale dell'agente e nel contempo diviene definitiva la potenziale lesione del patrimonio della parte offesa" (così la massima ufficiale di Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429 - 01; cfr. di recente, nel medesimo senso, Sez. 2, n. 31652 del 28/04/2017, Sanfilippo, Rv. 270606 - 01).
Detto principio, inoltre, ha trovato puntuale applicazione anche in materia di truffa aggravata ex art. 640, secondo comma, numero 1, cod. pen. Si è infatti affermato che il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, perpetrato attraverso l'illegittima attività di "discarico" di cartelle esattoriali relative a sanzioni amministrative, si consuma non già nel momento dell'accoglimento della relativa richiesta con emissione del provvedimento di sgravio, ma in quello successivo della cancellazione dal ruolo delle cartelle di pagamento da parte dell'agente della riscossione, poiché solo allora, con la definitiva rinuncia alla riscossione del credito, può dirsi definitivamente conseguito l'ingiusto profitto con conseguente danno per l'amministrazione (Sez. 2, n. 29688 del 28/05/2019, Colaneri, Rv. 276750 - 01).
Né il principio in questione può ritenersi in contrasto con quello espresso da Sez. 2, n. 37138 del 13/06/2023, Mati, non massimata, richiamato dall'ordinanza impugnata. Invero, la decisione appena citata ha sì ritenuto consumato il reato a seguito del riconoscimento del credito di imposta, siccome immediatamente monetizzabile, ma avendo riguardo alla diversa figura delittuosa della indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all'art. 316 - ter cod. pen. .
5. L'ordinanza impugnata ritiene configurato il reato di cui all'art. 640 - bis cod. pen. in ragione della costituzione del credito fiscale fittizio, a seguito della falsa asseverazione effettuata dall'attuale ricorrente in ordine al regolare compimento delle opere per le quali è previsto il riconoscimento fiscale del c.d. "superbonus", e della successiva cessione di tale credito a terzi, affermando inoltre espressamente che è irrilevante per la consumazione della fattispecie l'utilizzo dello stesso in compensazione.
Il Tribunale precisa, inoltre, con riguardo alla vicenda in esame, che: a) il credito di imposta fittizio generato mediante le false asseverazioni, è stato pari a 1.028.650,00 euro; b) la società "Ecohouse Srl" ha ceduto a terzi una parte di questo fittizio credito di imposta, precisamente per un valore nominale di 685.827,04, in cambio di corrispettivi per 546.822,00 euro; c) i cessionari hanno portato in compensazione fiscale i crediti fittizi acquistati per l'importo di (soli) 27.000,00 euro.
Sulla base di questi elementi, il Tribunale ritiene che il profitto del reato di cui all'art. 640-bis cod. pen. è pari a 546.822,00 euro, ossia al ricavato delle cessioni a terzi dei crediti fittiziamente generati; ed è per questa ragione che ha confermato il sequestro a fini di confisca per equivalente fino a concorrenza del valore di 546.822,00 euro nei confronti dell'attuale ricorrente.
6. In forza del principio giuridico indicato in precedenza al par. 4, la soluzione accolta dall'ordinanza impugnata risulta errata.
Invero, solo quando i crediti ceduti sono stati materialmente riscossi o compensati può dirsi realizzato il danno per lo Stato, per essersi verificata la concreta perdita del denaro, siccome erogato a rimborso di un credito fittizio ovvero non incassato per effetto di compensazione con un credito fittizio. E solo quando si è realizzato il danno per lo Stato è configurabile il reato di truffa ex art. 640 - bis cod. pen.; prima del verificarsi del danno per lo Stato, può sussistere solo il tentativo del reato di cui all'art. 640 - bis cod. pen. , o, eventualmente, la truffa in danno dei cessionari.
Di conseguenza, se il reato di cui all'art. 640 - bis cod. pen. è configurabile solo con riguardo alle operazioni fraudolente nelle quali il credito fittizio è stato riscosso o utilizzato in compensazione, il relativo profitto corrisponde esclusivamente ai proventi conseguiti attraverso le cessioni dei crediti d'imposta fittizi alle quali siano seguiti la riscossione o l'utilizzo mediante compensazione di tali crediti.
7. L'erronea prospettiva accolta dall'ordinanza impugnata impone di annullare la stessa con rinvio per un nuovo giudizio, al fine di accertare l'entità dei proventi conseguiti attraverso le cessioni dei crediti fittizi alle quali siano seguiti la riscossione o l'utilizzo mediante compensazione di tali crediti.
Solo questi proventi, infatti, possono essere qualificati come profitto del reato di cui all'art. 640 - bis cod. pen. , e solo in relazione ad essi, quindi, è consentita dall'art. 640 - quater cod. pen. la confisca per equivalente, premessa necessaria per l'applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo ex art. 321, commi 2 e 2-bis, cod. proc. pen. .
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Udine competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen. .
Conclusione
Così deciso il 7 marzo 2024.
Depositato in cancelleria l'11 giugno 2024.