Giu L'elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 10 giugno 2024 N. 23200
Massima
L'elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 10 giugno 2024 N. 23200

1 - Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

2.Il primo motivo di ricorso è infondato.

2.1. La Corte d'appello, con motivazione congrua e logica, ha evidenziato la molteplicità degli episodi narrati da B.B. - in sede di denuncia querela, assunta a s.i.t. ed escussa nelle forme dell'incidente probatorio - tutti arricchiti da molteplici dettagli che hanno reso credibile quanto dalla stessa riferito, non persuadendo le smentite rese dalla ragazza sia nel corso del dibattimento, sia, poco prima, in forma scritta. La Corte d'appello, in particolare, ha evidenziato che gli elementi acquisiti a giudizio permettevano di constatare lo stato di ricatto morale e di sudditanza psicologica, nel quale versava la persona offesa rispetto al fratello.

La Corte d'appello si è, giustamente, soffermata:

- sul fatto che l'indagine è stata avviata solo a seguito della denuncia del preside dell'istituto scolastico frequentato dalla persona offesa, il quale il 19 settembre 2019 aveva segnalato alla Procura della Repubblica per i Minorenni di Brescia che l'allieva B.B. si era confidata con un'amica, lamentando di non potere uscire sola di casa. Egli aveva altresì riferito che la minore era stata ricoverata per l'ingestione di un detergente per bagni;

- sul referto del servizio di neuropsichiatria infantile di Mantova del 18 luglio 2019, a seguito del ricovero per ingestione di candeggina, ove si indicava l'estrema fragilità della ragazza e la paura a parlare liberamente di sé;

-sulla denuncia da parte della persona offesa delle costanti vessazioni fisiche e psicologiche a cui era sottoposta da parte dell'imputato, denuncia contenuta nella querela sporta dalla ragazza il 19 settembre 2019 avanti i carabinieri della stazione di Isorella, e ribadita nelle sommarie informazioni testimoniali rese il 9 ottobre 2019 davanti ai carabinieri del Comando provinciale di Brescia e nel corso dell'incidente probatorio in sede di indagini preliminari;

-sulla relazione del consulente tecnico di parte, il quale evidenziava "uno stato di allarme e preoccupazione verso il fratello maggiore, dal quale vuole restare lontana perché teme fortemente per la propria incolumità"

- su quanto sostenuto dagli assistenti sociali durante la permanenza della minore in comunità. Gli stessi hanno riferito che B.B., da settembre 2019 a giugno 2020 si era comportata come una ragazza modello, rispettosa e dedita allo studio; allorché la predetta, nel giugno, era scappata per rivedere la madre e, inevitabilmente aveva rivisto anche il fratello, la situazione era completamente cambiata: a quel punto il suo pensiero fisso era tornare a casa al più presto possibile.

2.2. I giudici di merito hanno bene argomentato in relazione a detti punti, con considerazioni aderenti alle emergenze dell'incartamento processuale, lineari e conformi a logica, pertanto incensurabili nella sede di legittimità; in particolare,

hanno ritenuto il ripensamento di B.B. dettato da logiche opportunistiche e cioè dal desiderio di riallacciare i legami familiari, in primis quello con la madre. Inoltre, il fatto che B.B., allorché effettuava la ritrattazione, fosse tornata a vivere da oltre un anno con l'imputato è stato, con motivazione ineccepibile, ritenuto un elemento che ha inciso sulle sue dichiarazioni più recenti, inducendo a ritenere le stesse non autentiche.

La Corte territoriale ha spiegato analiticamente le ragioni per le quali le dichiarazioni rese in dibattimento sono apparse poco plausibili ed emblematico è stato considerato l'episodio della ingestione della candeggina, la cui dinamica, per come riportata dalla persona offesa, nel tentativo di farlo apparire un incidente domestico, è del tutto inverosimile.

2.3. Quanto, infine, alla relazione "etno clinica" del 12 ottobre 2020, la sentenza impugnata ha puntualizzato, con motivazione logica e coerente con quanto evidenziato in ordine alla sequenza temporale dei fatti, che si trattava di "una valutazione comportamentale circoscritta e successiva, della minorenne, in un ambiente completamente diverso e in un tempo successivo ai fatti".

In ogni caso, quello dedotto sul punto dalla difesa non è un vizio di motivazione rilevabile in sede di legittimità, quanto piuttosto una ricostruzione alternativa che avrebbe potuto trovare spazio solo nel giudizio di merito.

3. Quanto al secondo motivo, occorre premettere che l'elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito (Sez. 6, n. 11777 del 21/01/2020, P., Rv. 278744 - 01).

Peraltro, la sentenza impugnata ha elencato tra le condotte violente anche il lancio di un bicchiere e ha riportato le dichiarazioni rese dalla persona offesa in ordine al fatto che l'imputato aveva tirato il bicchiere contro il muro, mancandola volutamente.

Rileva il Collegio che i giudici di merito hanno collegato correttamente questo atto di violenza a tutta una serie di vessazioni puntualmente indicate, traendo da ciò l'abitualità necessaria a configurare il reato di maltrattamenti, con una valutazione che non appare censurabile in sede di legittimità.

4. Quanto al terzo motivo di ricorso, deve osservarsi che lo stesso è concentrato unicamente sul fatto che, anteriormente alla novella, non era prevista l'aggravante di cui all'art. 572, secondo comma, cod. pen. Sotto questo profilo il motivo è manifestamente infondato perché, già dal 2013, l'avere nel reato di maltrattamenti agito nei confronti di minore di anni diciotto, era previsto come circostanza aggravante dall'art. 61, n. 11 -quinquies, cod. pen.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione

Così deciso il 29 febbraio 2024

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2024