Giu La scelta della misura cautelare deve basarsi su un logico e adeguato percorso motivazionale che tenga conto degli elementi specifici relativi all'imputato ed alle condotte ascritte
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 30 maggio 2024 N. 21557
Massima
La scelta della misura cautelare deve basarsi su un logico e adeguato percorso motivazionale che tenga conto degli elementi specifici relativi all'imputato ed alle condotte ascritte; in particolare, quando sussiste un notevole grado d'intensità nell'esigenza preventiva rispetto al pericolo attuale e concreto che l'imputato possa reiterare reati analoghi a quelli contestati (ad esempio traffico illecito di sostanze stupefacenti), può essere considerata necessaria l'applicazione della massima misura custodiale quale strumento idoneo a tutelare le esigenze cautelari nei confronti dello stesso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 30 maggio 2024 N. 21557

1. Si deve preliminarmente disattendere l'istanza di rinvio presentata dall'avv. Porcelli, argomentata sul dedotto concomitante impegno professionale dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria per il processo C.C. + 114.

1.1. In proposito, è appena il caso di rilevare che, per giurisprudenza costante, l'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell'art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione che il difensore: a) prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato; d) rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (cfr. Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Rv. 263395 -01). Nella specie, risulta che il rinvio all'odierna udienza del procedimento pendente a Reggio Calabria è stato disposto all'udienza del 29.3.2024, per cui il difensore avrebbe dovuto rappresentare al Tribunale l'impegno professionale già fissato dinanzi a questa Corte, certamente urgente in quanto attinente a misura cautelare custodiale; inoltre, l'istanza non rappresenta le ragioni di impossibilità di avvalersi di un sostituto sia nel processo al quale intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio, non potendo ciò desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui gli assistiti intendono avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti (peraltro solo con riferimento al processo calabrese).

1.2. Successivamente, all'odierna udienza, è stato depositato - dagli atti non è dato sapere da chi - un certificato medico, datato 9.4.2024, attestante "che la Sig.ra Angela Porcelli è affetta da sindrome influenzale con febbre elevata (38,5°) e faringodinia. Si prescrive terapia sintomatica e giorni tre di riposo".

Al riguardo, si osserva, in primo luogo, come tale documento non fornisca alcuna certezza in ordine alla riferibilità della patologia indicata all'avv. Porcelli, in mancanza di specificazione del titolo (di avvocato) e in assenza di alcun riferimento anagrafico (data di nascita, indirizzo ecc.) della paziente; inoltre, il certificato non è accompagnato da una specifica istanza di rinvio del difensore per malattia, né attesta una assoluta impossibilità del medesimo a presenziare all'udienza, limitandosi ad accennare ad una sindrome influenzale necessitante di pochi giorni di riposo.

1.3. Per tali motivi, la Corte ha disposto procedersi oltre.

2. Entrambi i ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati, secondo le considerazioni che seguono.

3. Ricorso dell'avv. Porcelli.

3.1. Il primo motivo - con cui si deduce inutilizzabilità e perdita di efficacia della misura per omessa trasmissione dei supporti audio delle intercettazioni, posti a fondamento della gravità indiziaria - è manifestamente infondato.

L'ordinanza impugnata ha già dato adeguatamente conto del fatto che la difesa non aveva presentato alcuna richiesta al PM di accedere alle registrazioni audio delle conversazioni intercettate, sicché nessuna nullità può dirsi nel caso integrata. Ciò appare in linea con il noto principio per cui la nullità per violazione del diritto di difesa derivante dal mancato accesso alle registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate consegue solo al rifiuto o all'ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell'art. 268 cod. proc. pen., l'accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare (cfr. Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Lasala, Rv. 246907-01).

3.2. Il secondo motivo - con cui si deduce la mancata tempestiva iscrizione dell'indagato nel registro notizie di reato - è privo di pregio.

Anche su tale aspetto il Tribunale ha congruamente osservato che nella prima informativa del 15.11.2021 i Carabinieri si erano limitati a delineare la sussistenza di una attività di spaccio di droga nel complesso residenziale "I B.B.", ove già negli anni 2018 - 2020 erano state effettuate operazioni di polizia nei confronti, fra gli altri, di D.D. e E.E., senza alcun specifico riferimento all'indagato.

Del resto, l'iscrizione al registro notizie di reato non poteva certo essere fatta prima che emergessero elementi specifici a carico del ricorrente, e di tale iscrizione il Tribunale ha dato conto, laddove ha indicato plurimi atti di iscrizione nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. degli indagati, ivi compreso il A.A., l'ultimo dei quali datato 30.5.2023.

Le questioni di legittimità costituzionale sollevate sono irrilevanti, in quanto nella specie non si pone alcun problema di utilizzabilità degli esiti di indagini in assenza della iscrizione dell'indagato.

3.3. Quanto ai motivi (III e III bis) dedotti sul tema della utilizzabilità delle videoriprese effettuate nei giardini condominiali nel complesso residenziale "I B.B.", si osserva quanto segue.

3.3.1. Il Tribunale ha correttamente richiamato la costante giurisprudenza secondo cui le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d'iniziativa, vanno incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'art. 189 cod. proc. pen. e, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo per il dibattimento (Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234267-01). Tale orientamento è stato ribadito anche di recente, laddove si è affermata la piena utilizzabilità, senza previo provvedimento autorizzativo del giudice, delle videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria all'interno di un garage condominiale, pur se con accesso delimitato da cancello con dispositivo di apertura in uso ai soli condomini, in quanto non costituente luogo di privata dimora (Sez. 2, n. 33580 del 06/07/2023, Rv. 285126-01); ancora: in tema di prove atipiche, sono legittime e, pertanto, utilizzabili, senza che necessiti l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, le videoriprese dell'ingresso e del piazzale di un'impresa, eseguite dalla polizia giudiziaria a mezzo di impianti installati sull'edificio antistante, non configurandosi, in tal caso, alcuna indebita intrusione nell'altrui domicilio, posto che i luoghi suddetti non rientrano in tale nozione (Sez. 3, n. 43609 del 08/10/2021, Rv. 282164-01).

3.3.2. Per quanto attiene all'eccezione di "incostituzionalità europea" della normativa di riferimento, è appena il caso di rilevare come nel giudizio di cassazione non vi sia un obbligo di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) sulla base della mera richiesta di parte, dovendosi preliminarmente verificare se la questione dedotta attenga o meno all'interpretazione del diritto comunitario e se sia rilevante nel giudizio de quo, nonché se la disposizione comunitaria abbia già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero se la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi (cfr. Sez. 6, n. 44436 del 04/10/2022, Rv. 284151-04).

Nella specie, al di là di quanto già osservato circa la costante interpretazione giurisprudenziale in ordine all'utilizzabilità di videoriprese effettuate in luoghi aperti al pubblico, va sottolineata la legittima osservazione del Tribunale in ordine all'assenza, nel caso, di alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio, ad opera delle operazioni di videosorveglianza in riferimento, con la conseguente insussistenza di ragioni di tutela della riservatezza o della privacy ad esse connesse; sicché appare del tutto inconferente il richiamo della ricorrente alla giurisprudenza della CGUE, relativamente all'interpretazione dell'art. 15 della direttiva 2022/58/Ce in materia di trattamento dei dati personali e di tutela della vita privata. Conseguentemente, sono irrilevanti e manifestamente infondate le questioni pregiudiziali e costituzionali sollevate nelle doglianze in esame.

4. Ricorso dell'avv. Madeo.

In linea generale, tale ricorso si limita a riportare massime e brani giurisprudenziali, sollecitando di fatto una nuova valutazione in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari nei confronti del prevenuto, ovvero in ordine all'adeguatezza e proporzionalità della misura applicata, nonostante il Tribunale abbia compiutamente tenuto conto degli elementi addotti dalla difesa su tali punti.

4.1. Quanto all'attualità e concretezza delle esigenze cautelari nei confronti del prevenuto, mette conto osservare che il Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha specificamente e adeguatamente motivato sul punto, riscontrando per il A.A. il concreto e attuale pericolo di reiterazione di delitti analoghi a quelli per cui si procede, alla luce delle specifiche modalità delle condotte ascritte, poste in essere in concorso con altri coindagati in modo organizzato e professionale. È stato logicamente osservato che l'indagato, infatti, per un rilevante periodo di tempo (almeno dal 16 gennaio sino al 1° marzo 2022) aveva rifornito e gestito la piazza di spaccio oggetto di indagine, nella quale veniva effettuata giornalmente e senza sosta, anche di notte, la vendita di sostanza stupefacente del tipo cocaina. Il ricorrente era colui che riforniva la piazza di cocaina "cotta e cruda", che nascondeva in diversi punti del complesso edilizio e che faceva prelevare da coindagati di sua fiducia, i quali distribuivano la stessa ai "pusher" e che si occupavano anche materialmente della vendita. Il tutto sempre sotto il controllo e le direttive del A.A., il quale teneva anche la contabilità dell'attività di spaccio. Sono stati valorizzati anche i precedenti a carico del A.A. e la circostanza che egli aveva posto in essere la descritta attività illecita anche dopo che il 15.1.2022 gli era stato notificato il provvedimento di proroga della misura di sicurezza della libertà vigilata e dopo avere appena finito di espiare un cumulo pari a circa sette anni, dapprima in carcere e poi in regime di detenzione domiciliare.

4.2. Quanto alla scelta della misura, i suddetti elementi hanno indotto il Tribunale a ritenere - non illogicamente - che le precedenti detenzioni in carcere e domiciliare non avevano sortito effetti deterrenti nei confronti del prevenuto, la cui notevole capacità a delinquere è stata desunta anche dalla spregiudicatezza del medesimo nel continuare l'attività illecita in esame anche subito dopo i vari interventi effettuati sul posto da parte delle forze di Polizia. In tale contesto, l'ordinanza impugnata ha valutato che l'unica misura idonea a tutelare le esigenze cautelari nei confronti del prevenuto fosse quella carceraria, avendo il A.A. dimostrato di non avere capacità di auto custodia e di essere del tutto indifferente ai provvedimenti dell'autorità.

Si tratta di elementi su cui il Tribunale ha basato un logico e adeguato percorso motivazionale, teso ad evidenziare la necessità di applicare al prevenuto la massima misura custodiale, ritenuta l'unica concretamente idonea e funzionale rispetto al notevole grado di intensità dell'esigenza di prevenire il pericolo, attuale e concreto, di reiterazione di reati aventi ad oggetto il traffico di sostanze stupefacenti.

5. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va, inoltre, disposto che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Disattesa preliminarmente l'istanza di rinvio, rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

Conclusione

Così deciso il 10 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2024.