Giu i gravi indizi di colpevolezza In tema di misure cautelari personali
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 07 maggio 2024 N. 17839
Massima
In tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell'art. 273 cod. proc. pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che - contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell'indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 07 maggio 2024 N. 17839

1. Con ordinanza del 09/08/2023, il Tribunale di Genova, provvedendo in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza del 31/05/2023 della Corte di Cassazione, confermava l'ordinanza emessa in data 17/01/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di A.A. in relazione al reato di cui agli artt. 73-80 d.P.R. n. 309/1990 (concorso nell'importazione di 300 chili netti di cocaina dal Sudamerica, giunti nel porto di Genova a bordo di un container il 7/2/2022).

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.

Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 125,192,273,275 e 627 cod. proc. pen., lamentando che il Tribunale aveva confermato la sussistenza della gravità indiziaria senza giustificare il proprio convincimento alla luce dello schema enunciato nella sentenza di annullamento; in particolare, era stato attribuito valore indiziante al contenuto della chat intercorsa il 26/8/2020 sulla piattaforma Encrochat da due ignoti utenti criptati, nonostante il Giudice di legittimità avesse escluso che fosse direttamente riconducibile all'importazione contestata nel presente procedimento.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di reità.

Argomenta che il Tribunale aveva dato rilievo, in maniera illogica ed in contrasto con la sentenza di annullamento, ad una chat intercorsa sulla piattaforma Encrochat ben due anni prima della importazione contestata, in data 26.8.2020; la chat del 22.1.2022, poi, dalla quale si sarebbe evinto che il A.A. sarebbe stato presentato al coimputato B.B. dal coimputato C.C. con la frase "D.D. lui è con noi", non poteva costituire un elemento inequivoco perché espressione generica, come rilevato nella sentenza di annullamento, nè poteva assumere valore indiziario la frase "ci faranno sapere" che il A.A. avrebbe detto al C.C. perché subito dopo vi era un riferimento cronologico (...il 18...) che era successivo al sequestro dello stupefacente al momento dell'arrivo nel porto di Genova in data 7.2.2022; ancora, il Tribunale aveva operato un travisamento del fatto con riferimento all'argomento relativo al colloquio intercettato in data 11.05.2022, in quanto la frase pronunciata era "sì è a casa", non in casa come erroneamente riportato nel provvedimento impugnato ed il contenuto esprimeva, al contrario di quanto ritenuto, il disinteresse del A.A. di fronte al rischio che il detenuto E.E. potesse svelare i retroscena dell'importazione contestata; anche il richiamo alla conversazione del 20/06/2022, nella quale il A.A., conversando con la moglie, parlava di un'ipotetica percentuale di guadagno che gli sarebbe spettata per un affare, era frutto di un travisamento del fatto; infine, la conversazione successiva di quattro mesi rispetto ai fatti contestati, dalla quale sarebbe stata tratta l'intenzione del A.A. di riorganizzarsi per effettuare altre importazioni, non aveva connessione con i fatti contestati.

Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, argomentando che la distanza temporale tra i presunti fatti ed il momento della decisione cautelare portava ad escludere l'attualità delle esigenze cautelari; andava anche considerato che il ricorrente non prestava più attività lavorativa presso l'area portuale e si era trasferito in Calabria.

Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 266 bis, 191 cod. proc. pen. e 1 D.Lgs. 21 giugno 2017 n. 108, esponendo che il Tribunale non aveva motivato in ordine alla illegittima acquisizione della conversazione recuperata dalla piattaforma Encrochat ed alla utilizzabilità della stessa; si rimarca che l'attività di invio di messaggi, seppur crittografati, rappresenta una comunicazione tra persone e come tale soggiace alla disciplina delle intercettazioni che richiede un preventivo decreto di autorizzazione del giudice secondo nel rispetto della normativa di cui agli artt. 266 e 267 cod. proc. pen.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

Il difensore del ricorrente ha depositato memoria contenente motivi nuovi, con i quali ha dedotto violazione degli artt. 234-bis e 266 cod. proc. pen. per aver il Tribunale valorizzato il contenuto di dati contenuti in atti qualificati come documenti informatici acquisiti dall'autorità giudiziaria francese e trasmessi, dopo la decriptazione, nonché vizio di motivazione in ordine alla gravità indiziaria.

3. Il difensore del ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, va dato atto che, come riportato nel verbale di udienza, i difensori del ricorrente hanno dichiarato di rinunciare al motivo di ricorso avente ad oggetto la questione di inutilizzabilità della conversazione intercettata.

Va dato atto la questione in oggetto, sottoposta all'esame delle Sezioni Unite è stata decisa all'udienza del 29/02/2024, come da informazione provvisoria n. 3/2024 nel senso che il trasferimento all'Autorità giudiziaria italiana, in esecuzione di ordine europeo di indagine del contenuto di comunicazioni effettuate attraverso criptotelefonini e già acquisite e decrittate dall'Autorità giudiziari estera in un procedimento penale rientra nell'acquisizione di atti di un procedimento penale che, a seconda della loro natura, trova alternativamente il suo fondamento negli artt. 78 disp. att. cod. proc. pen., 238, 270 e, in quanto tale, rispetta l'art. 6 della Direttiva 2014/41/UE.

Va, poi, osservato che secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite intanto "il difensore può ritenersi legittimato a rinunciare ad uno o più motivi (motivazioni o argomentazioni) dell'impugnazione, senza necessità di ottenere dal suo assistito il rilascio di una procura speciale, in quanto non si tratti di una rinuncia parziale all'impugnazione, e cioè di una rinuncia che comporti il venir meno della richiesta di caducazione di un capo o punto del provvedimento impugnato" (Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015, Celso, Rv. 266245)

La rinuncia all'impugnazione totale o parziale, quale atto abdicativo di diritti e facoltà processuali già acquisiti, compete, infatti, solo all'imputato o al difensore munito di procura speciale, in difetto della quale il difensore è unicamente legittimato a rinunciare ad uno o più motivi di ricorso - come avvenuto nella specie - , atto che riguarda le singole argomentazioni poste a sostegno del ricorso (rientrante nelle scelte tecniche del difensore e non abbisognevole di procura speciale) ed incide sull'onere di motivazione del giudice dell'impugnazione che risulta alleggerito (Sez.6, n. 7493 del 15/01/2021, Rv.281609 - 01).

Nella specie, la rinuncia attiene ad un argomento di contestazione della legittimità della decisione impugnata e può, quindi, rilevarsi che la rinuncia al motivo è stata validamente espressa e, di conseguenza, determina l'inammissibilità delle censure in esso contenute.

2. Ciò posto, il ricorso è infondato e va rigettato.

2.1. Va ricordato che, come è noto, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della Legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Invero, nel primo caso, il giudice di rinvio ha sempre l'obbligo di uniformarsi alla decisione sui punti di diritto indicati dal giudice di legittimità e su tali punti nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni, pur in presenza di una modifica dell'interpretazione delle norme che devono essere applicate da parte della giurisprudenza di legittimità.

Nel caso, invece, di annullamento per vizio di motivazione - come nella specie - il giudice di rinvio conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie anche se è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.

In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez.4, 21 giugno 2005, Poggi, Rv 232019), il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti.

Anche nel procedimento de liberiate il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato.

Questa Corte ha affermato che i poteri attribuiti al giudice di rinvio - disciplinati dall'art. 627 cod. proc. pen., applicabili anche alla procedura di riesame di cui all'art. 309 cod. proc. pen. - sono diversi a seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Nella prima ipotesi, resta ferma la valutazione dei fatti come accertati dal provvedimento annullato; nella seconda ipotesi, invece, l'annullamento travolge gli accertamenti e le valutazioni già operate ed autorizza il giudice di rinvio ad un nuovo esame dei fatti.

Pertanto, il giudice di rinvio nel procedimento de liberiate, nel rispetto del principio di diritto statuito (e quindi con il limite di non ripetere i vizi già censurati e di non fondare la decisione su argomentazioni già ritenute illogiche o incomplete), mantiene piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella individuazione e valutazione dei dati emersi e può trarre il suo convincimento anche da elementi prima trascurati o successivamente acquisiti, ponendo, anche per tale via, rimedio alle incongruenze indicate nella fase rescindente e colmando i vuoti di motivazione censurati (Sez.6, n.41376 del 25/10/2011, Rv.251064; Sez.5, n.1530 del 31/03/1999, Rv.214467).

Il Tribunale ha rispettato questi principi, rivalutando le acquisizioni probatorie e colmando le lacune motivazionali rilevate nella sentenza di annullamento.

In particolare, in disparte la chat intercorsa il 26/8/2020 sulla piattaforma Encrochat (non direttamente riconducibile alla importazione di stupefacente dal Sud America contestata come evidenziato dalla sentenza di annullamento), il Tribunale ha compiutamente esaminato il quadro indiziario relativo alla posizione del ricorrente ed integrato l'originario deficit motivazionale.

Innanzitutto, ha valutato l'incontro del 22/01/2022 (come da servizio di oc.p.), avvenuto due settimane prima dell'arrivo dello stupefacente presso il porto di Genova, tra il ricorrente, il basista della Compagnia portuale (F.F., poi, arrestato in flagranza in occasione del sequestro dello stupefacente, nell'atto di estrarre la cocaina dal container) e l'altro coindagato C.C. (il C.C. aveva incontrato pochi minuti il basista D.D. presso l'abitazione di quest'ultimo); il C.C. e il D.D. si erano, dunque, incontrati per poi recarsi insieme dal ricorrente, il quale veniva presentato dal C.C. al basista dell'operazione illecita con la frase "@Fa.@, lui è con noi", per sottolineare l'essenzialità della partecipazione del ricorrente per il buon fine dell'operazione.

Sono state, poi, analizzate ulteriori conversazioni, che correlate alla precedente, sono state valutate, complessivamente, di pregnanza tale da conferire al quadro indiziario il carattere della gravità: la conversazione telefonica dello stesso giorno 22/01/2022, intervenuta tra il ricorrente ed il coindagato C.C., poco dopo che il C.C. si era recato presso l'abitazione del basista B.B. ed il A.A. aveva avuto contatti con terzi soggetti giunti da Roma per incontrarlo (la frase "ci faranno sapere" è stata interpretata nel senso della necessità di attendere indicazioni sulla vicenda di cui si stavano occupando il ricorrente, il C.C. ed il D.D., ossia l'arrivo pochi giorni dopo del carico dal Brasile che determinava il sequestro dello stupefacente e l'arresto in flagranza del basista D.D.); la conversazione captata in data 11/5/2022 in Calabria, ritenuta dimostrativa del coinvolgimento del ricorrente anche nella fase successiva all'arresto del basista D.D. (il ricorrente viene coinvolto nel contatto con il cognato del D.D. al fine di fargli recapitare un messaggio intimidatorio per dissuaderlo dall'intenzione di fare i nomi dei complici dell'operazione illecita); infine, la conversazione captata in data 20/06/2022, nella quale il ricorrente indicava alla moglie la percentuale di guadagno che gli sarebbe spettata per la partecipazione all'operazione illecita.

La motivazione è congrua e non manifestamente illogica ed in linea con i principi di diritto espressi da questa Corte in subiecta materia.

Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell'affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell'art. 273 cod. proc. pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che - contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova - non valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell'indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori etementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002; Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, Rv.256657; Sez.2, n.12851 del 07/12/2017, dep.20/03/2018, Rv.272687).

La valutazione allo stato degli atti in ordine alla "colpevolezza" dell'indagato, per essere idonea ad integrare il presupposto per l'adozione di un provvedimento de libertate, deve, quindi, condurre non all'unica ricostruzione dei fatti che induca, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad uno scrutinio di responsabilità dell'incolpato, ma è necessario e sufficiente che permetta un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibili ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi.

La valutazione della "prova" in sede cautelare rispetto a quella nel giudizio di cognizione si contraddistingue non in base alla differente intrinseca capacità dimostrativa del materiale acquisito, ma proprio per l'aspetto di provvisorietà del compendio indiziario che, in una prospettiva di evoluzione dinamica, potrà essere arricchito (Sez.1, n 13980 del 13/02/2015, Rv. 262300 - 01).

Ed è stato precisato che, ai fini dell'applicazione delle misure cautelari, anche dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 63 del 2001, è ancora sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l'art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen. (introdotto dalla legge citata) richiama espressamente il terzo e il quarto comma dell'art. 192, ma non il secondo comma che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi: ne consegue che essi, in sede di giudizio de liberiate, non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - come si desume dall'art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., che richiama i commi terzo e quarto dell'art. 192 cod. proc. pen., ma non il comma secondo dello stesso articolo che richiede una particolare qualificazione degli indizi (Sez.4, n.37878 del 06/07/2007, Rv.237475; Sez.5, n.36079 del 05/06/2012,Rv.253511; Sez.6, n.7793 del 05/02/2013, Rv.255053; Sez.4, n.18589 del 14/02/2013, Rv.255928; Sez.2, n.26764 del 15/03/2013, Rv.256731; Sez.4, n.22345 del 15/05/2014, Rv.261963; Sez.4, n.53369 del 09/11/2016, Rv.268683; Sez.4, n.6660 del 24/01/2017, Rv.269179; Sez.2, n.22968 del 08/03/2017, Rv.270172).

Le censure mosse dal ricorrente, peraltro, si pongono ai limiti dell'ammissibilità, in quanto propongono anche una lettura alternativa delle risultanze probatorie, preclusa in sede di legittimità.

Va, infatti, ricordato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all'applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 dei 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez.6, n.49153 del 12/11/2015, Rv.265244).

Parimenti va richiamata quella giurisprudenza (tra le tante, Sez. 6, n. 17619, del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724) per la quale, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità, se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 Rv.263715).

2.2. Infondate sono anche le censure mosse alla valutazione di sussistenza delle esigenze cautelari.

Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di recidivanza, non limitandosi ad evocare la gravità del titolo di reato (narcotraffico internazionale di quantitativi elevatissimi di cocaina), ma rimarcando anche le modalità delta condotta (realizzata attraverso strumenti telematici), dimostrative di una personalità incline al crimine, nonché lo stabile inserimento dell'indagato nell'ambiente del narcotraffico.

Il Tribunale, quindi, ha valorizzato ampiamente il concreto pericolo di recidivanza esponendo, con congrue ed esaustive argomentazioni, le ragioni giustificative della valutazione sul quadro cautelare.

Del pari congrua è la valutazione relativa all'attualità delle esigenze cautelari, eseguita richiamando la valorizzazione di un complesso di emergenze coerentemente rappresentate, in particolare le specifiche modalità di realizzazione della condotta delittuosa, il contesto in cui il reato si era realizzato ed aveva prodotto effetti, i contatti con soggetti appartenenti a circuiti criminali, elementi tutti idonei a rendere non solo concreto ma anche attuale il pericolo di recidivanza.

Congrua è anche la valutazione di adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere, basata coerentemente sugli elementi fattuali già rappresentati e sul rilievo ulteriore della idoneità della misura a recidere i rapporti dell'indagato con l'ambiente del narcotraffico internazionale e contenere il pericolo di nuove iniziative criminose.

Le argomentazioni esposte dal Tribunale sono, dunque, adeguate e prive di vizi logici, con conseguente manifesta infondatezza delle censure mosse dal ricorrente

3. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, in base al disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, dtsp. att. cod. proc. pen.

Conclusione

Così deciso il 20 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2024.