Giu infortuni sul lavoro - Le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 06 maggio 2024 N. 17679
Massima
Le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa; conseguendone che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 cod. pen. In tale evenienza, quindi, dovrà ravvisarsi l'aggravante di cui agli articoli 589, comma 2, e 590, comma 3, cod. pen., nonché il requisito della perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590 ultimo comma, cod. pen., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell'infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 06 maggio 2024 N. 17679

1. Il ricorso è infondato.

2. Aspetto centrale del motivo di ricorso articolato dal p.m. è rappresentato dall'effettiva riconducibilità del fatto oggetto del procedimento all'interno della fattispecie astratta di cui al comma terzo dell'art.590 cod.pen., il quale prevede un trattamento sanzionatorio aggravato - nonché la procedibilità d'ufficio - rispetto all'ipotesi prevista dal comma secondo, in caso di lesioni gravi o gravissime, qualora i fatti siano stati "commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro"; aspetto al quale, per l'effetto, si connette quello relativo alla qualificazione come "luogo di lavoro" dell'ambiente al cui interno è avvenuto l'infortunio descritto nel capo di imputazione.

3. La relativa censura è da ritenersi infondata.

3.1 Sul punto, al fine di delineare la nozione di "luogo di lavoro", occorre fare riferimento a un criterio di tipo funzionale e relazionale, in base al quale va qualificato come lavorativo un ambiente al cui interno si svolgano prestazioni lavorative e si concretizzi quindi un rischio connesso all'esercizio dell'attività di impresa; criterio dal quale deriva che il datore di lavoro, all'interno del predetto ambiente, caratterizzato dalla concretizzazione del rischio, ha l'obbligo di garantire la sicurezza del luogo nei confronti di tutti i soggetti che ivi si trovino a essere presenti, indipendentemente dalla loro qualificazione sotto la specie della nozione di lavoratore dettata dall'art.2, comma 1, lett.a), D.Lgs. n.81/2008.

3.2 Coerentemente con tale assunto di partenza, quindi, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in base al quale nella nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità - sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro - della struttura in cui essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep.2014, S., Rv. 258435; Sez. 4, n. 12223 del 03/02/2015, dep. 2016, Delmastro, Rv. 266385; Sez. F, Sentenza n. 45316 del. 27/08/2019, Giorni, Rv. 277292; Sez. 4, n. 44654 del 22/09/2022, Mannocchi, Rv. 283751).

Si tratta di una consolidata lettura giurisprudenziale da ritenere - a propria volta - del tutto coerente con quella in base alla quale ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del "fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l'evento sia concretizzazione di tale rischio "lavorativo", non essendo all'uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in mera occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997; Sez. 4, n. 31478 del 26/05/2022, Gatti, Rv. 283457).

3.3 Per l'effetto, costituisce specificazione del principio predetto quello - pure consolidato nella giurisprudenza di questa Corte - in base al quale le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa; conseguendone che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 cod.pen.

Derivandone che, in tale evenienza, quindi, dovrà ravvisarsi l'aggravante di cui agli articoli 589, comma 2, e 590, comma 3, cod.pen., nonché il requisito della perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590 ultimo comma, cod.pen., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell'infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi (Sez. 4, Sentenza n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258436; Sez. 4, n. 44142 del 19/07/2019, De Remigis, Rv. 277691; Sez. 4, n. 32178 del 16/09/2020, Dentamaro, Rv. 280070).

4. Nel caso di specie, deve quindi ritenersi che il Tribunale abbia fatto una corretta applicazione dei principi predetti.

Difatti, il giudice dì primo grado ha escluso che l'ambiente in cui si è verificato l'infortunio fosse qualificabile come "luogo di lavoro" sulla base dell'elemento di fatto rappresentato dalla destinazione ludica della struttura, in quanto finalizzata esclusivamente alle prove da svolgere da parte dei concorrenti in una trasmissione televisiva e riservata esclusivamente all'utilizzo da parte dei medesimi e non da parte dei lavoratori presenti all'interno della struttura.

Ne consegue che il giudice di merito ha correttamente concluso che il rischio connesso all'utilizzo della predetta struttura non fosse espressione di un rischio di tipo lavorativo in quanto non correlato all'attività di impresa e non essendo, di fatto, la stessa collocata in uno spazio definibile come destinato ad attività lavorativa; essendo, a propria volta, la predetta struttura finalizzata non all'espletamento dell'attività lavorativa medesima ma a un'attività ludica dalla stessa avulsa e concretizzante un rischio - ovvero quello della caduta - da ritenersi connaturato e consequenziale rispetto al suo utilizzo.

Deve quindi ritenersi che correttamente il Tribunale abbia valutato come idonea a determinare l'estinzione del reato contestato al capo A, previa esclusione della contestata aggravante ad effetto speciale, l'intervenuta remissione di querela; così come deve conseguentemente ritenersi immune dal denunciato vizio di violazione di legge la dichiarazione di insussistenza delle fattispecie contravvenzionali contestate nei rimanenti capi dedotta sulla base della non operatività delle regole prevenzionali imposte dal D.Lgs. n.81/2008.

5. Sulla base delle predette considerazioni, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Oscuramento dati della persona offesa.

Conclusione

Così deciso il 14 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2024.