Invero, anche successivamente alle modifiche legislative introdotte dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, sussiste il diritto del detenuto sottoposto al regime differenziato di chiedere la revoca anticipata del provvedimento di sottoposizione alla misura ex art. 41-bis Ord. pen., alla luce dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale 28 maggio 2010, n. 190. Pertanto, vi è la facoltà di impugnare il provvedimento di diniego formatosi per effetto del silenzio rifiuto del Ministro della Giustizia, al quale il detenuto si è rivolto, che deriva dai principi generali di tutela della sua condizione.
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
2. Come è noto, l'ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione, nelle ipotesi di applicazione o di proroga del regime detentivo speciale di cui all'art. 41-bis Ord. pen., è stabilito dal comma 2-sexies della stessa norma, in base al quale il Procuratore generale presso la corte di appello, l'internato ovvero il difensore del detenuto possono proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge comporta, quindi, che il controllo di legittimità riguardi l'inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale e l'assenza di motivazione, che priva il provvedimento impugnato dei requisiti prescritti dall'art. 41-bis, comma 2-sexies, Ord. pen., in forza del quale il Tribunale di sorveglianza, sul reclamo presentato dal detenuto, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli artt. 666 e 678 cod. proc. pen., rispetto alla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento ed alla congruità del suo contenuto con riferimento alle esigenze di cui al secondo comma.
2.1. Ne consegue che il vizio deducibile in termini di mancanza di motivazione, conformemente a quanto da tempo affermato dalle Sezioni Unite in tema di ricorsi per cassazione ammessi per le sole violazioni di legge (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611), comprende, oltre all'ipotesi di provvedimento totalmente privo di giustificazioni, ma dotato del solo dispositivo, tutti i casi in cui la motivazione risulti sprovvista dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito.
A tali ipotesi devono equipararsi i casi nei quali le motivazioni del provvedimento relativo al regime detentivo speciale di cui all'art. 41-bis Ord. pen. siano illogiche e non coordinate tanto da non spiegare le ragioni che hanno giustificato la decisione relativa al regime detentivo speciale controverso (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2004, Trigila, Rv. 260805; Sez. 1, n. 5338 del 14/11/2003,
Ganci, Rv. 226628; Sez. 1, n. 45723 del 24/10/2003, Guttadauro, Rv. 226035). Va al contrario escluso che le violazioni di legge, censurabili in questa sede, comprendano i vizi di illogicità e di contraddittorietà della motivazione, che non possono trovare spazio giurisdizionale, presupponendo tali censure l'esistenza di un provvedimento dotato di una struttura argomentativa incompatibile con la patologia processuale in esame (Sez. 1, n. 4428 del 14/01/2009, Riedo, Rv. 242797; Sez. 1, n. 43010 dell'11/10/2005, Laudani, Rv. 232706; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, Santapaola, Rv. 230303).
2.2. Deve poi ricordarsi che in tema di regime detentivo differenziato, è impugnabile mediante reclamo al Tribunale di sorveglianza - stante il suo carattere di rimedio generale a garanzia dei detenuti - il rigetto, perfezionatosi a seguito di silenzio-rifiuto, della richiesta di revoca anticipata del provvedimento ministeriale di sottoposizione al regime di sorveglianza particolare, previsto dall'art. 41-bis Ord. pen (Sez. 5, n. 47568 del 20/09/2016, Mancuso, Rv. 26841601; Sez. 1, n. 47919 del 09/11/2012, Attanasio, Rv. 253856-01).
2.3. Invero, anche successivamente alle modifiche legislative introdotte dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, sussiste il diritto del detenuto sottoposto al regime differenziato di chiedere la revoca anticipata del provvedimento di sottoposizione alla misura ex art. 41-bis Ord. pen., alla luce dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale 28 maggio 2010, n. 190. Pertanto, vi è la facoltà di impugnare il provvedimento di diniego formatosi per effetto del silenzio rifiuto del Ministro della Giustizia, al quale il detenuto si è rivolto, che deriva dai principi generali di tutela della sua condizione (Sez. 1, n. 5322 del 12/09/2017, dep. 2018, Magri, Rv. 272288-01; Sez. 1, n. 47919 del 09/11/2012, Attanasio, Rv. 253856-01).
2.4. Tale orientamento, come detto, si è formato sulla scorta dei rilievi formulati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 190 del 2010, che ha affermato la necessità di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'istituto di cui si tratta e la possibilità di dare ingresso al reclamo mediante l'applicazione del rimedio generale previsto dall'art. 14-ter Ord. pen. a garanzia dei diritti dei detenuti, pur in assenza di una norma specificamente dedicata alla revoca anticipata; quindi, nonostante l'intervenuta abrogazione del comma 2-ter dell'art. 41-bis Ord. pen. ad opera dell'art. 2, comma 2, legge n. 94 del 2009, al Tribunale di sorveglianza di Roma è comunque demandata la cognizione sulle controversie che sorgono a seguito delle richieste non accolte dei detenuti, finalizzate a ottenere la cessazione del regime di detentivo speciale in esame (Corte cost., sent. n. 190 del 2010, cit.).
2.5. Il provvedimento di diniego formatosi per effetto del silenzio-rifiuto (o dell'esplicito rigetto) del Ministro della Giustizia costituisce provvedimento profondamente diverso da quelli che applicano il regime speciale o che lo prorogano. Per questi ultimi sussiste a carico dell'Amministrazione l'obbligo di indicare i positivi elementi che fondano il pericolo di collegamenti con l'associazione mafiosa o terroristica di provenienza e il dovere, per il Tribunale di sorveglianza, di valutare, in sede di reclamo, gli indici di pericolosità qualificata prospettati e di motivare sulla sussistenza ed effettiva permanenza delle ragioni che legittimano la sospensione del trattamento senza possibilità di inversione dell'onere della prova.
2.6. Nel caso di richiesta di revoca anticipata (anche se respinta nelle forme del silenzio - rifiuto), l'onere di dimostrare che le condizioni per la applicazione o la proroga sono venute meno incombe invece su chi, sottoposto al trattamento differenziato con provvedimento non impugnato o divenuto definitivo a seguito d'impugnazione, agisce per la rimozione del provvedimento, secondo la regola che assiste ogni azione o domanda. (Sez. 1, n. 41316 del 23/09/2009, Zagaria, Rv. 245048, in materia di decisioni sulla richiesta di revoca anticipata del regime speciale in epoca antecedente alla legge n. 94 del 2009).
3. Ciò posto si osserva che l'ordinanza impugnata risulta rispettosa dei principi sopra richiamati avendo evidenziato, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, che gli elementi prospettati da A.A. o erano già stati valutati in sede di ricorso avverso il decreto genetico del regime speciale (definito con la sentenza n. 13258/2023 di questa Corte) oppure non potevano considerarsi nuovi e come tali indicativi del sopravvenuto venir meno delle condizioni poste a fondamento di detto provvedimento prima della sua scadenza naturale.
3.1. A quanto sopra deve aggiungersi che la revoca anticipata era stata chiesta da A.A. sulla base degli esiti di alcune vicende giudiziarie che, a suo dire, avevano messo in discussione la stessa persistenza dell'operatività del FAI-FRI ed il suo ruolo istigatore.
Si tratta, in particolare, della sentenza della Corte di assise di Roma sulla vicenda 'Byalistok'(che ha assolto gli imputati dal reato di cui all'art.270-bis cod. pen. per l'insussistenza dello stesso ed ha escluso la esistenza presso il centro sociale Bencivenga di R di una cellula affiliata alla FAI), della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nella vicenda 'Sibilla' (che ha escluso la sussistenza di una associazione sovversiva avente base presso il circolo anarchico di S e ritenuta affiliata alla FAI dagli inquirenti) e quella pronunciata dalla Corte di assise di appello di Torino del 26 giugno 2023 (che, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, ha rideterminato la pena inflitta all'odierno ricorrente per il reato di cui all'art.285 cod. pen. mediante il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.311 cod. pen.).
3.2. Orbene, il Tribunale di sorveglianza - con motivazione diffusa ed esente da vizi logici - ha escluso che tali vicende fossero idonee ad incidere sulle attualità poste a fondamento del decreto ministeriale (come già detto confermato da questa Corte con la sopra citata sentenza n. 13258/2023) principalmente in quanto non consentivano di escludere la persistente pericolosità del FAI-FRI (pagg. 7 -15 dell'ordinanza impugnata).
3.3. Per completezza deve poi rimarcarsi come nel ricorso questa argomentazione non venga confutata in modo specifico, nonostante tali pronunce fossero state poste a fondamento delle richieste di revoca anticipata; al contrario l'impugnazione si incentra sulla mancata valorizzazione dei richiamati pareri della D.N.A.A. ad opera del Tribunale di sorveglianza.
4. Con riferimento a tale ultimo aspetto va osservato che il Tribunale di sorveglianza capitolino ha preso in considerazione i pareri della D.N.A.A. e li ha puntualmente disattesi spiegandone le ragioni in modo ampio e non contraddittorio, dando rilievo al fatto che in essi si dava atto di una ridotta pericolosità dell'odierno ricorrente, descritto però come figura di vertice del movimento anarcoinsurrezionalista FAI -FRI ancora attivo e pericoloso.
In ogni caso, si osserva che il parere della D.N.A.A. - seppure particolarmente autorevole - non costituisce un 'fatto nuovo', ma piuttosto una valutazione di carattere meramente giuridico, come tale non decisiva ai fini della revoca anticipata del regime di cui si tratta. Deve poi rilevarsi che nel parere datato 31 gennaio 2023 lo stesso Procuratore nazionale antimafia ha evidenziato che l'odierno ricorrente, pur essendo detenuto, continuava a compiere condotte apologetiche della violenza anarchica e che l'insussistenza dell'associazione oggetto di contestazione nei procedimenti 'Bialystok' e 'Sibilla' non rilevava in alcun modo sulla persistenza e sulla operatività della FAI-FRI (pag.6).
5. In conclusione, la lamentata violazione di legge non sussiste poiché la motivazione del provvedimento impugnato non risulta né mancante e neppure apparente avendo dato risposta, in modo coerente, a tutte le argomentazioni contenute nelle richieste di revoca anticipata.
6. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato, in forza del disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2024.