Giu SS.UU.: In tema di patteggiamento, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare anche laddove l'imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso
Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 19 aprile 2024 N. 16403
Massima
In tema di patteggiamento, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare anche laddove l'imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso del pubblico ministero, sì che il giudice deve provvedere anche sulla regolamentazione delle relative spese di costituzione.

Casus Decisus
La questione di diritto oggetto della rimessione alle Sezioni unite è la seguente: "Se, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, nel caso di accordo perfezionatosi prima della costituzione di parte civile, quest'ultima sia legittimata a costituirsi per l'udienza preliminare e, in caso affermativo, se il giudice che delibera la sentenza di patteggiamento debba liquidare le spese di costituzione a suo favore".

Testo della sentenza
Corte di Cassazione - Sezioni Unite - 19 aprile 2024 N. 16403

1. La questione di diritto oggetto della rimessione alle Sezioni unite è la seguente: "Se, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, nel caso di accordo perfezionatosi prima della costituzione di parte civile, quest'ultima sia legittimata a costituirsi per l'udienza preliminare e, in caso affermativo, se il giudice che delibera la sentenza di patteggiamento debba liquidare le spese di costituzione a suo favore".

2. Il Collegio osserva preliminarmente che, anche a seguito della legge n. 103 del 2017, che ha rimodulato i confini della ricorribilità della sentenza di applicazione pena su richiesta, deve ritenersi sussistente la possibilità di impugnare in sede di legittimità il capo della decisione che concerne la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, in quanto il limitativo e tassativo catalogo dei vizi denunziabili, ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., è riferibile esclusivamente alle statuizioni che recepiscono il contenuto dell'accordo processuale tra il pubblico ministero e l'imputato e non alle determinazioni ulteriori del giudicante, estranee alla piattaforma condivisa dalle parti, come quelle relative alla rifusione delle spese in favore della parte civile, oggetto di autonomo capo della sentenza (cfr., Sez. 3, n. 33445 del 01/07/2021, D., non mass.; Sez. 6, n. 21522 del 18/06/2020, Casella, non mass.; Sez. 4, n. 3756 del 12/12/2019, dep. 2020, Franco, Rv. 278286-01; Sez. 2, n. 39404 del 09/09/2019, Maliqi, non mass.; Sez. 5, n. 29394 del 10/05/2019, Zamboni, Rv. 276900-01; Sez. 6, n. 28013 del 21/03/2019, Matteucci, Rv. 276225-01; Sez. 5, n. 57474 del 27/09/2018, Di Iorio, non mass.; Sez. 4, n. 6538 del 09/01/2018, Calderan, Rv. 272342-01).

3. La trattazione dei temi devoluti rende necessarie la ricognizione della normativa applicabile e la ricostruzione della posizione e delle prerogative della parte civile nell'ambito della struttura del rito negoziale di cui all'art. 444 cod. proc. pen.

3.1. Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della legge delega n. 134 del 2021, è intervenuto (anche) sulle modalità e i termini di costituzione di parte civile. In caso di udienza preliminare, il termine per la costituzione di parte civile è quello degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. Se, invece, tale udienza difetta, il termine è quello degli adempimenti previsti dall'art. 484 cod. proc. pen. o dall'art. 554-bis, comma 2, cod. proc. pen. Detti termini sono perentori, essendo previsti a pena di decadenza (art. 79, comma 2, cod. proc. pen.). Con l'art. 5-ter della legge 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, è stato introdotto l'art. 85-bis al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha aggiunto una disposizione transitoria in materia di termini per la costituzione di parte civile nei procedimenti penali stabilendo che il limite temporale previsto non operi per i procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 (30 dicembre 2022), in udienza preliminare siano già stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e che, in tali casi, continuino ad applicarsi le disposizioni dell'art. 79 cod. proc. pen. e, limitatamente alla persona offesa, quelle dell'art. 429, comma 4, cod. proc. pen. nella versione anteriore alla riforma.

Nella fattispecie in esame, è pacifica l'applicazione dell'art. 79 cod. proc. pen. nel testo previgente (il cui primo comma prevedeva testualmente che "La costituzione di parte civile può avvenire per l'udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484"), in ragione del momento di effettuazione degli accertamenti in ordine alla costituzione delle parti.

3.1.1. Il significato e la portata dell'espressione "per l'udienza preliminare" (art. 79, comma 1, cod. proc. pen.) ha dato luogo a diverse interpretazioni.

Secondo un primo orientamento, il legislatore, prescrivendo che la costituzione di parte civile possa avvenire "per l'udienza preliminare", ha inteso individuare il termine iniziale a partire dal quale è possibile costituirsi parte civile. In questa prospettiva, si è affermato che il termine per la costituzione di parte civile deve necessariamente essere ricompreso tra l'udienza preliminare e le formalità di apertura del dibattimento. Nei casi in cui non vi sia udienza preliminare, il dies a quo non può che trasferirsi all'udienza dibattimentale: questa cadenza tiene conto del fatto che prima dell'udienza preliminare non esiste un vero e proprio rapporto processuale e non esiste ancora un imputato verso cui indirizzare le pretese civilistiche (Direttiva n. 38 della legge delega del 1987).

La presenza della parte civile nella fase pre-processuale è stata esclusa per non complicare lo svolgimento delle attività necessarie al perseguimento delle finalità proprie della fase investigativa, pur essendosi tenuto presente che il suo intervento avrebbe potuto contribuire all'acquisizione di elementi di prova da utilizzare poi nelle susseguenti fasi del giudizio (cfr., Corte cost. sent. n. 192 del 1991). Del resto - ha ulteriormente riconosciuto il giudice delle leggi - rispetto al precedente codice di rito, si è abbandonata la soluzione che privilegiava la giurisdizione penale nella quale erano previsti anche gli aspetti civilistici conseguenti dal reato e si è optato per il regime di separazione dell'azione penale dall'azione civile, scoraggiando anche la partecipazione del danneggiato dal reato al processo penale, in coerenza con il sistema del rito accusatorio.

Secondo una differente interpretazione, ben diverso sarebbe, invece, il senso da riconoscersi all'inciso normativo, che andrebbe inteso in senso finalistico con riferimento all'attività posta in essere in prospettiva della celebrazione dell'udienza preliminare. Ed in tale ottica, la costituzione potrebbe anche precedere temporalmente l'udienza preliminare ed intervenire nel corso delle indagini preliminari, ma anche in questo caso la stessa spiegherebbe i suoi effetti "per l'udienza preliminare".

3.1.2. Il contrasto appare in ogni caso superato avendo la giurisprudenza successivamente chiarito come vada letta l'espressione "per l'udienza preliminare". Invero, con la stessa, si è inteso stabilire - come, peraltro, reso palese dal significato letterale delle parole - che "il danneggiato non deve necessariamente attendere l'inizio di tale udienza per costituirsi parte civile (v., in questi termini, Relazione al progetto preliminare del codice, pag. 37 - 38), essendo comunque tale costituzione finalizzata alla partecipazione all'udienza preliminare": da qui la conclusione secondo cui "... detta espressione non autorizza a ritenere che la costituzione possa avvenire in una udienza di altra natura, a questa precedente" (Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D'Avino, non mass, sul punto).

3.2. Passando alla seconda questione, va evidenziato innanzitutto come l'interpretazione dell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen. costituisca tema centrale al fine di analizzare i quesiti posti dall'ordinanza di rimessione alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 443 del 1990.

Nelle intenzioni del legislatore, la parte civile non doveva avere alcun ruolo nel procedimento di applicazione della pena su richiesta a prescindere dalla fase procedimentale in cui il suo intervento si collochi. La Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, nell'ottica di esaltare gli aspetti di premialità e la funzione deflattiva dell'istituto, chiarisce che "la sentenza emessa su accordo delle parti non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento e non ha efficacia nei giudizi civili ed amministrativi".

Appare difficilmente contestabile che la scelta del legislatore di posporre le esigenze di tutela della parte civile sia riconducibile alla particolarità del rito, improntato a snellezza e rapidità, e alle caratteristiche dell'accertamento, che si svolge allo stato degli atti, dove lo stesso ruolo del giudice risulta contenuto ed i relativi poteri, in qualche modo, sono funzionali e vincolati alla "proposta" delle parti e manca un "positivo accertamento della responsabilità penale".

3.2.1. Come è noto, la norma in parola è stata dichiarata illegittima nella parte in cui non consentiva di condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile sia per la costituzione nel processo penale sia nel caso in cui l'azione civile, inizialmente proposta avanti al giudice civile, venisse trasferita nel processo penale. Con la sentenza n. 443 del 1990, il giudice delle leggi ha sostenuto la legittimità della scelta operata muovendosi principalmente sulla base di due linee argomentative, che richiamano taluni criteri di fondo a cui si ispira la disciplina codicistica. La prima, fa leva sul "tendenziale nuovo favor per la separazione", che si esprime anche in altre norme codicistiche, e alla accentuata autonomia del giudizio civile. La seconda, si concentra sull'esigenza di speditezza e semplificazione del processo penale, da privilegiarsi, tanto più considerando che l'azione restitutoria o risarcitoria "ha carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale", venendo inevitabilmente ad essere influenzata e a subire "tutte le conseguenze derivanti dalla funzione e struttura del processo penale". Il tutto considerando che ogni "separazione dell'azione civile dal processo penale non può essere considerata come esclusione o menomazione del diritto di tutela giurisdizionale: essa costituisce una modalità di detta tutela, che generalmente è alternativa, ma che il legislatore, nell'ambito del suo potere discrezionale, può scegliere come esclusiva in vista di altri interessi da tutelare (...) quale quello della speditezza del processo penale" (Corte cost. n. 171 del 1982). L'azione di tutela degli interessi civilistici non sarebbe, quindi, vanificata (esclusa, o menomata), essendo soltanto limitato il diritto di tutela in ragione degli interessi pubblicistici che sono sottesi all'esercizio della giurisdizione penale, restando ferma la possibilità di agire comunque nella sua sede "naturale".

3.2.2. In realtà, se il quadro normativo preclude al giudice qualsiasi valutazione circa la fondatezza della domanda proposta dalla parte civile, onerando quest'ultima di disagi ed aggravi derivanti dalla sua esclusione e dalla conseguente necessità per la stessa di affrontare le vie civili, la Corte costituzionale è venuta, tuttavia, a ritagliare, nella globalità delle possibili statuizioni civili, un'ipotesi concernente "un oggetto non così strettamente collegato alla sentenza di condanna per la responsabilità civile da poter essere concepito anche indipendentemente da essa": si tratta della questione relativa alle spese processuali sostenute dalla parte civile. In questo caso - si legge nella sentenza del giudice delle leggi - dalla mancata decisione deriverebbe un pregiudizio ingiustificato e il paradosso di porre a carico della parte civile "anche le spese incontrate per iniziative o attività rivelatesi decisive nell'indurre l'imputato a richiedere o consentire il rito speciale". Precludere al giudice penale tutte le statuizioni relative alla domanda formulata dalla parte civile significa sacrificare - proprio nel momento in cui il giudizio di primo grado giunge all'epilogo - chi si sia avvalso dello strumento messogli a disposizione per tutelare in sede penale il proprio diritto alle restituzioni ed al risarcimento del danno, e ciò senza che vi sia stato nulla di addebitabile a lui.

3.2.3. Per questi motivi, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale": pregiudizio e paradosso che - nelle parole della Corte -"diventano ancor più evidenti nel caso in cui l'azione civile, inizialmente proposta davanti al giudice civile, sia stata trasferita nel processo penale ai sensi dell'art. 75, primo comma, il cui periodo finale legittima espressamente il giudice penale a provvedere anche sulle spese del procedimento civile".

La Consulta, quindi, non pone in dubbio il diritto a costituirsi parte civile ma, anzi, ritiene necessario garantire un ristoro delle spese sostenute in caso di fine anticipata del procedimento penale per scelta delle altre parti del processo.

4. Tutto ciò premesso, il Collegio rileva come il principio di preclusione della costituzione di parte civile in presenza di una richiesta di patteggiamento, con conseguente illegittimità dell'eventuale condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile costituita, è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con specifico riguardo al caso in cui la costituzione sia stata depositata all'udienza all'uopo fissata a seguito della richiesta di applicazione pena presentata nel corso delle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 447 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D'Avino, Rv. 241356-01, cit.).

Nella pronunzia del Supremo consesso, la valenza del principio di preclusione è stata estesa anche a situazioni processuali diverse, come l'udienza fissata per l'applicazione di pena richiesta con l'opposizione a decreto penale o a seguito della richiesta di giudizio immediato (v. successivamente, Sez. 3, n. 14008 del 14/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 273156-01; Sez. 6, n. 22512 del 24/05/2011, T., Rv. 250503-01).

4.1. Le Sezioni Unite hanno giustificato tale estensione con la ricorrenza, in questi casi, della medesima ratio, dal momento che la persona danneggiata dal reato si costituisce essendo già a conoscenza del fatto che l'oggetto del giudizio è ristretto alla decisione sull'accoglibilità della richiesta di applicazione pena e, quindi, ben sapendo che non potrà aspirare all'obiettivo cui è tesa la costituzione, vale a dire la condanna dell'imputato al risarcimento del danno. Nell'udienza di cui all'art. 447 cod. proc. pen., il danneggiato, conoscendo in partenza l'oggetto del giudizio, non ha ragioni giuridiche per costituirsi parte civile: del resto, essendo la presenza delle parti necessarie del rapporto processuale penale (pubblico ministero e difensore) meramente eventuale, quand'anche si volesse ammettere, in via di mera ipotesi, la possibilità per il danneggiato di costituirsi parte civile direttamente in udienza, la sua domanda potrebbe non essere nemmeno conoscibile dall'imputato, e cioè dal soggetto nei cui confronti essa unicamente si rivolge. E questo - precisano le Sezioni Unite -prescinde dal rilievo "formale, ma significativo ... per il quale la costituzione di parte civile è ammessa solo per l'udienza preliminare o, successivamente, per il giudizio di merito, tanto che l'art. 447 cod. proc. pen., a differenza di quanto previsto per l'udienza preliminare, non contempla la formalità dell'avviso di udienza alla persona offesa dal reato".

Su questi presupposti, si è affermato che la costituzione di parte civile, illegittimamente avvenuta all'udienza prevista dall'art. 447 cod. proc. pen. integra gli estremi di una nullità assoluta di ordine generale a regime c.d. intermedio sicché, a norma dell'art. 180 cod. proc. pen., non essendosi verificata nel giudizio, non può più essere rilevata né dedotta dopo la sentenza di primo grado e non può dunque essere per la prima volta dedotta con il ricorso per cassazione (Sez. 3, n. 3176 del 10/10/2019, dep. 2020, F., Rv. 278023-01).

Le medesime conclusioni sono state tratte anche nell'ipotesi in cui l'udienza sia stata fissata per decidere sulla richiesta di applicazione pena in presenza di istanza subordinata di ammissione al giudizio abbreviato, riconoscendosi che, solo nell'ipotesi di rigetto del patteggiamento, il giudice avrebbe dovuto ammettere la costituzione di parte civile (Sez. 3, n. 14008 del 14/12/2017, dep. 2018, cit.): assetto normativo da ritenersi del tutto conforme alle disposizioni del D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, di attuazione della Direttiva 2012/29/UE sulla tutela delle vittime di reato, con la conseguenza che il divieto di costituzione di parte civile nell'udienza ex art. 447 cod. proc. pen. rende sostanzialmente irrilevante il mancato preventivo avviso dell'udienza alla persona offesa, prevedendosi in tale sede la valutazione "della sola congruità della pena, attività che esula dai poteri di intervento previsti per la vittima, alla quale è attribuito soltanto il diritto ad essere informata dell'eventuale, conseguente, scarcerazione" (Sez. 5, n. 30941 del 08/06/2016, La Monica, Rv. 267426-01).

4.2. Sulla scia della sentenza "D'Avino", la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l'assunto dell'incompatibilità logico-giuridica della costituzione di parte civile con l'udienza fissata a norma dell'art. 447 cod. proc. pen. trova ulteriori ragioni giustificatrici. In particolare (Sez. 2, n. 36033 del 18/06/2009, Casciani, Rv. 245588-01), si è affermato come sia del tutto irrilevante ritenere che, con la fissazione dell'udienza de qua, si realizzi una forma di esercizio dell'azione penale, dal momento che, stando al dato normativo, non vi è corrispondenza biunivoca tra l'esercizio dell'azione penale e la possibilità di costituzione di parte civile e l'esercizio dell'azione penale legittima l'azione civile in sede penale solo se uno almeno tra i prevedibili sviluppi processuali accrediti l'aspettativa del danneggiato ad ottenere una condanna dell'imputato al risarcimento del danno. Inoltre, l'argomento che si fonda sull'interesse della parte civile a contrastare la richiesta di pena patteggiata, posto che questa frustrerebbe l'aspettativa risarcitoria in sede penale, dà per dimostrato quello che dovrebbe invece provarsi: e cioè che, anche a tale limitato fine, di portata meramente inibitoria, sia consentita una costituzione di parte civile. In ogni caso, si tratterebbe di interesse di mero fatto riconducibile al danneggiato dal reato in quanto tale, atteso che la scelta del legislatore rende impermeabile alle aspettative del danneggiato la scelta dell'imputato di optare per il rito speciale. E ciò avviene non solo a proposito dell'istituto del patteggiamento, ma anche in altri casi, come quando l'imputato non si opponga al decreto penale o solleciti il giudice ad ammetterlo all'oblazione ovvero richieda il giudizio abbreviato, dandosi in quest'ultimo caso facoltà alla parte civile di uscire dal processo.

5. La questione della legittimità della costituzione di parte civile e della liquidazione delle spese sostenute in presenza di richiesta di applicazione pena avanzata in sede di udienza preliminare ha visto la giurisprudenza differenziare tre diverse ipotesi, da cui sono scaturite conseguenze pratiche totalmente differenti tra loro.

Va tuttavia rilevato in premessa che, su un punto, non si registra alcun contrasto: in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice deve verificare genericamente le condizioni di legittimazione alla costituzione e di ammissibilità della domanda risarcitoria della parte civile, e non anche valutare se eventuali somme da questa già percepite siano esaustive delle obbligazioni nascenti in capo all'imputato, al fine di escludere l'interesse ad agire o, di contro, accertarne la permanenza rispetto ad ulteriori ed eventuali danni subiti (cfr., Sez. 4, n. 39527 del 06/07/2016, Sigolo, Rv. 267895-01; Sez. 4, n. 6521 del 04/12/2002, dep. 2003, Marrone, Rv. 223653-01).

5.1. Secondo una prima impostazione, nel caso di udienza non destinata alla decisione sulla richiesta di applicazione della pena ovvero in cui la decisione su una possibile richiesta di applicazione pena è solo eventuale (quale è, appunto, l'udienza preliminare), al danneggiato è preclusa la costituzione di parte civile qualora la richiesta dell'imputato ed il consenso del pubblico ministero siano già stati formalmente portati a conoscenza sia del danneggiato che del giudice, dal momento che, in tal caso, il danneggiato è posto nella condizione di rendersi conto che è altamente probabile che la sua costituzione sia insuscettibile di trovare sbocco nella condanna dell'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni. Diversamente, qualora il danneggiato non sia stato notiziato dell'intervenuto accordo tra imputato e pubblico ministero (perché perfezionatosi fuori udienza e non depositato in cancelleria in epoca procedente o perché semplicemente di detto accordo, pur se già esistente, non si faccia alcuna menzione a verbale) ovvero allorquando il negozio processuale si perfezioni solo in tale sede dopo la costituzione delle parti, al danneggiato - tanto più nel silenzio della difesa dell'imputato - non può essere inibita la costituzione di parte civile in vista di possibili futuri esiti risarcitori. Conseguentemente, deve ritenersi legittimo il provvedimento con cui il giudice liquidi in suo favore le relative spese: il diritto della parte civile è legato non già alla qualità del contributo difensivo reso, bensì all'anteriorità oggettiva della sua costituzione in giudizio (cfr., Sez. 4, n. 2659 del 23/09/2022, dep. 2023, Marchi, non mass.; Sez. 2, n. 13915 del 05/04/2022, Anastasio, Rv. 283081-02; Sez. 5, n. 8227 del 10/12/2021, dep. 2022, Allegro, non mass.; Sez. 6, n. 39549 del 18/10/2021, Pintus, non mass.; Sez. 4, n. 36168 del 22/09/2021, Citterio, non mass.; Sez. 3, n. 33445/2021, cit.; Sez. 5, n. 13087 del 16/12/2020, dep. 2021, Korsantia, non mass.; Sez. 5, n. 34530 del 12/10/2020, Gaetani, Rv. 279979-01; Sez. 5, n. 17272 del 06/03/2020, Amico, Rv. 279115-01; Sez. 6 n. 5252 del 07/11/2019, dep. 2020, E.T.R.A., non mass.; Sez. 5, n. 48342 del 28/06/2018, Genova, Rv. 274141-01, in fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile poiché, malgrado le istanze di applicazione pena fossero state presentate dai vari imputati in una prima udienza poi rinviata preliminarmente, non si poteva però ritenere che il giudizio fosse ormai ristretto alla sola decisione dell'accoglibilità della richiesta di patteggiamento).

In breve, l'orientamento in parola distingue due ipotesi da cui fa conseguire soluzioni nettamente differenti: a) il caso di udienza non "geneticamente" destinata al rito ex art. 444 cod. proc. pen., dove può aversi la preclusione a costituirsi parte civile solo quando la richiesta di patteggiamento ed il consenso del pubblico ministero siano portati all'attenzione del giudice e del danneggiato, il quale, quindi, viene posto in condizione di comprendere che l'attività processuale che svolge costituendosi parte civile in udienza non troverà alcuno sbocco con la condanna dell'imputato, salva l'ipotesi del rigetto della richiesta di patteggiamento; b) il caso in cui, invece, il danneggiato non sia stato messo formalmente a conoscenza dell'intervenuto accordo tra l'imputato ed il pubblico ministero, e legittimamente si costituisce parte civile in vista di possibili, futuri esiti risarcitori.

In definitiva, l'orientamento in parola si riferisce ad una "preclusione" a costituirsi parte civile e, di conseguenza, alla mancanza del diritto alla liquidazione delle spese sostenute in vista di tale costituzione e sempre in caso di anteriorità dell'accordo sulla richiesta di patteggiamento rispetto all'udienza, accordo che, per produrre le predette "limitazioni" in capo al danneggiato, deve necessariamente essere portato a conoscenza di quest'ultimo.

5.1.1. Secondo detto indirizzo, ciò che rileva è se la partecipazione della parte civile sia, al momento della sua costituzione, funzionale alla tutela degli interessi di natura civile fatti valere dalla persona offesa o danneggiata attraverso l'esercizio dell'azione di condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno insita in detta costituzione. E così, laddove la parte civile conosca già al momento della sua costituzione che questa è inidonea a produrre il risultato della condanna al risarcimento del danno a carico dell'imputato, deve escludersi la condanna al pagamento delle spese processuali, non potendo questa trovare alcuna giustificazione, a prescindere dalla circostanza che la parte civile si sia costituita e l'imputato abbia o meno sollevato eccezioni in ordine alla ritualità di detta costituzione. E, ad ulteriore riprova della correttezza di questo orientamento, Sez. 5, n. 17272 del 06/03/2020, Amico, cit., osserva come la sentenza Sez. 5, n. 48342 del 28/06/2018, Genova, cit., abbia reputato legittima la condanna dell'imputato a beneficio della parte civile, nonostante le istanze di patteggiamento fossero già in atti ma il processo fosse stato rinviato per omessa notifica, reputando che, in quest'ultimo caso, "non può sostenersi che il giudizio apparisse ormai ristretto alla decisione sull'accoglibilità della richiesta di applicazione pena" e che "non essendovi dunque una formale presa d'atto della presentazione delle richieste di applicazione pena, le parti civili erano legittimamente costituite".

5.1.2. Può, quindi, in definitiva, affermarsi che il criterio discretivo in ordine alla legittimità della costituzione del danneggiato come parte civile si incentra sulla preventiva conoscenza (reale o presunta) da parte di quest'ultimo della richiesta di patteggiamento, ove la stessa, in ipotesi di consenso del pubblico ministero, finirebbe per fungere come preclusione ad ogni successiva attività processuale in udienza. Detta conclusione verrebbe meno nella sola ipotesi di rigetto del patteggiamento, perché solo in tal caso potrebbe seguire la condanna dell'imputato anche al risarcimento del danno. Al contrario, qualora il danneggiato non sia stato notiziato dell'intervenuto accordo tra le parti, non gli è inibita la costituzione in giudizio, e, conseguentemente, deve ritenersi del tutto legittimo il provvedimento con il quale il giudice liquidi in suo favore le relative spese.

5.2. Secondo altra impostazione, invece, non può ritenersi preclusa al danneggiato la costituzione di parte civile in udienza preliminare, anche se la richiesta dell'imputato ed il consenso del pubblico ministero siano già stati formalizzati ed il danneggiato ne abbia in qualche modo contezza. A differenza dell'udienza di cui all'art. 447, comma 1, cod. proc. pen., introdotta con un decreto del quale non è prevista la notifica alla persona offesa e caratterizzata dalla presenza meramente eventuale delle parti, essa può avere epiloghi diversi da quelli del solo accoglimento o del rigetto: da qui la legittimità del provvedimento con cui il giudice liquidi in favore di detta parte le spese sostenute per l'attività processuale svolta, quantomeno nel corso dell'udienza stessa fino al momento della formalizzazione dell'accordo avanti al giudice (cfr., Sez. 4, n. 8518 del 25/01/2023, Festa, non mass., cit.; Sez. 5, n. 11257 del 13/01/2023, Riccio, Rv. 284293-01; Sez. 6, n. 45070 del 20/10/2022, S., Rv. 284007-01; Sez. 3 n. 32768 del 06/07/2022, G., Rv. 283518-01; Sez. 6, n. 21522 del 18/06/2020, Casella, non mass., cit.).

5.2.1. In tal senso si afferma che la ratio sottesa alla sentenza "D'Avino" è ravvisabile nel fatto che, rispetto ad una specifica udienza fissata esclusivamente per la decisione sulla richiesta di applicazione pena, e che - come tale - non può avere conclusione diversa dall'accoglimento o dal rigetto della richiesta (in quest'ultimo caso con sviluppo procedimentale del tutto autonomo), non si giustifica in alcun modo l'esercizio del diritto della persona danneggiata a costituirsi parte civile, essendo preclusa la pronuncia sulla relativa domanda. Detta preclusione riverbera necessariamente i propri effetti sulla conseguente richiesta di liquidazione delle spese, impedita dalla mancata costituzione in giudizio. Di contro, detta "ragione" non risulta ravvisabile per quelle tipologie di udienze (quali l'udienza preliminare e l'udienza dibattimentale) in relazione alle quali è sì prevista la possibilità per l'imputato di formulare la richiesta di applicazione della pena, ma che non sono esclusivamente funzionali a decidere solo sulla stessa.

In particolare, Sez. 3 n. 32768 del 06/07/2022, G., cit., ha ritenuto che nella udienza preliminare, non "geneticamente" destinata al rito di cui all'art. 444 cod. proc. pen. a differenza di quelle ex art. 447, 446, comma 1, ultima parte e 458, comma 1, cod. proc. pen. (udienze rispetto alle quali la decisione del giudice è, in via alternativa, o quella dell'accoglimento della richiesta o il suo rigetto, con la conseguenza che, in tale ultima evenienza, il procedimento o il processo riprenderà il suo corso), il danneggiato, rispettate le formalità di cui all'art. 78 cod. proc. pen. ed il termine di cui all'art. 79, comma 1, cod. proc. pen., è comunque ammesso a costituirsi parte civile. Tale legittimazione non può essere preclusa dall'avvenuto precedente deposito di una richiesta di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., non rinvenendosi al riguardo alcun divieto normativo. La richiesta di rinvio a giudizio - ed il conseguente esercizio dell'azione penale - comporta, infatti, la fissazione dell'udienza preliminare, atto vincolato e privo di qualunque tratto discrezionale.

5.2.2. La verifica della costituzione delle parti (primo compito del giudice nella precisa scansione processuale che coinvolge tutte le parti) costituisce, dunque, l'atto introduttivo dell'udienza preliminare cui può fare seguito la discussione solo una volta conclusi detti accertamenti a norma dell'art. 421, comma 1, cod. proc. pen. Solo alla conclusione di tale verifica introduttiva, le parti saranno ammesse a formalizzare la richiesta di definizione del giudizio a norma dell'art. 444 cod. proc. pen. fino al momento della presentazione delle conclusioni di cui agli artt. 421, comma 3 e 422, comma 3, cod. proc. pen.

Al momento della presentazione della richiesta di "patteggiamento" in udienza preliminare, dunque, la eventuale costituzione di parte civile risulta già avvenuta e pienamente formalizzata, con l'effetto che l'accoglimento dell'accordo da parte del giudice deve comportare la liquidazione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalla stessa parte civile. Ne consegue che anche l'eventuale conoscenza da parte del danneggiato dell'accordo formalizzato tra imputato e pubblico ministero prima dell'udienza non può vanificare la costituzione di parte civile. Diversamente opinando, si porrebbe a carico del danneggiato un'attività di ricerca sull'esistenza di tale (solo presunto) accordo, di complessa praticabilità e di incerta utilità. Si tratta di un onere di cui non v'è alcuna traccia nel codice di rito, e che - anzi - risulta implicitamente escluso dall'espressa previsione contenuta nel citato art. 79, comma 1, cod. proc. pen., che ammette la costituzione di parte civile "per l'udienza preliminare", ossia non necessariamente in questa, e dunque anche in un momento precedente (non dovendo il danneggiato necessariamente attendere l'inizio di tale udienza per costituirsi: v. Relazione al progetto preliminare, pagg, 37 - 38), ma comunque sempre in funzione dell'udienza stessa, perché finalizzata alla partecipazione ad essa.

Dette conclusioni appaiono ancor di più giustificate allorquando la richiesta di applicazione della pena, ancorché accompagnata dal consenso del pubblico ministero, venga rigettata dal giudice. Consentire in quest'ultima evenienza una costituzione "postuma" della parte civile imporrebbe un regresso, non previsto dalle norme, della fase dell'accertamento della costituzione delle parti, superata per essere state le parti già ammesse a formalizzare le proprie richieste di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.

Né, tantomeno, si potrebbe argomentare che la parte civile, nel caso in cui l'accordo risulti già depositato prima dell'udienza preliminare, avrebbe diritto a costituirsi in giudizio salvo poi non poter pretendere, in caso di pronuncia di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., alcun riconoscimento in ordine alle spese sostenute, ritenendosi in un certo qual modo superflua la sua costituzione.

Infine, va evidenziato come Sez. 6, n. 21522 del 18/06/2020, Casella, cit., abbia affermato che queste conclusioni rimangono valide anche nei processi nei quali, in ragione della presenza di più imputati, il giudice dell'udienza preliminare raccolga in più udienze le diverse richieste formulate dalle parti, comprese quelle finalizzate all'instaurazione di riti alternativi, e, attraverso la successiva attivazione del "meccanismo" della separazione dei procedimenti con riferimento alle posizioni dei singoli imputati, adotti in un unitario contesto finale le proprie decisioni.

5.3. Un'ulteriore impostazione, prescindendo dalla questione della preclusione o meno alla costituzione della parte civile, ne analizza solo gli effetti pratici, fissando il discrimine circa la spettanza della liquidazione delle spese nella conoscenza effettiva da parte del danneggiato dell'accordo di patteggiamento. E così, si è affermato che, mentre la costituzione di parte civile può avvenire anche nel caso in cui sia già intervenuto l'accordo sulla pena ma questo non sia stato in qualche modo "divulgato" o "conosciuto", con conseguente legittimità della successiva liquidazione delle spese, nella diversa ipotesi in cui il danneggiato fosse già stato reso edotto della probabile definizione anticipata del giudizio, fermo il suo diritto a costituirsi parte civile, lo stesso non potrebbe mai vedersi accolta la propria domanda di liquidazione delle spese. Invero, una volta conosciuta l'esistenza dell'accordo, il danneggiato, nel momento in cui si costituisce parte civile, non muterebbe sostanzialmente la propria posizione né tantomeno acquisirebbe ulteriori diritti: la parte non potrebbe lamentare di aver subito una scelta processuale altrui e, scegliendo di costituirsi ugualmente parte civile, accettare al contempo di svolgere un'attività processuale destinata a spiegare utilità diverse (attraverso la proposizione di possibili eccezioni), ma non quella di ottenere una pronuncia sulle spese, oggetto della sua più concreta utilità (cfr., Sez. 5, n. 48342 del 28/06/2018, Genova, Rv. 274141-01, cit.; Sez. 4, n. 39527 del 06/07/2016, Sigolo, Rv. 267896-01, cit.).

6. Il Collegio ritiene che le pronunce del primo e del terzo orientamento non possono ritenersi condivisibili, perché si fondano sulla non consentita "trasposizione" dei principi della sentenza "D'Avino" al caso dell'udienza preliminare, non "geneticamente" destinata al rito ex art. 444 cod. proc. pen.

Al contrario, esistono argomentazioni di tipo letterale e di ordine logico-sistematico che rendono ampiamente preferibili le conclusioni alla base del secondo orientamento,

6.1. Va innanzitutto evidenziato, sotto un insuperabile profilo testuale, come l'art. 444, comma 2, cod. proc. pen., imponendo al giudice di liquidare le spese sostenute dalla parte civile, non distingue a seconda che l'accordo sia anteriore, concomitante o successivo alla costituzione, ovvero se lo stesso sia già noto alla parte civile prima dell'udienza o se sia stato conosciuto solo in udienza: la condanna alle spese, in ogni caso, prescinde dalla condanna al risarcimento del danno.

6.2. La ritenuta assimilazione delle due forme di patteggiamento legate al momento della proposizione della richiesta (fase di indagini, la prima ipotesi e dopo la chiusura delle stesse, la seconda) non può essere accolta: non è possibile, infatti, paragonare un'udienza senza formalità, a possibile assenza di contraddittorio, oltre che finalizzata esclusivamente alla verifica dei presupposti per la ratifica dell'accordo sanzionatorio in cui la richiesta incide direttamente sul rito (come quella fissata ex art. 447 cod. proc. pen. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna ovvero a seguito di decreto di giudizio immediato) all'udienza preliminare dove, al contrario, si realizza un effettivo "momento di giudizio", disciplinato da una precisa scansione procedurale che coinvolge tutte le parti e pone la verifica della regolare costituzione delle stesse come primo compito del giudice.

L'organizzazione strutturale dell'udienza preliminare prevede che la costituzione delle parti (art. 420 cod. proc. pen.) sia fisiologicamente il primo necessario passaggio processuale successivo alla fissazione dell'udienza e alla notifica del relativo avviso. Inoltre, trarre rilevanti conseguenze giuridiche dalla effettiva conoscenza o, ancor di più, dalla conoscibilità in astratto dell'accordo di patteggiamento, determina - di fatto - un'ipotesi di decadenza dalla facoltà di costituirsi parte civile non prevista dal legislatore.

E così, la conoscenza o la conoscibilità finiscono per elevarsi a presupposti di non facile accertamento, consentendo di far transitare ed oggettivizzare nel processo possibili ipotesi di conoscenza presunta. Invero, nessuna norma impone o semplicemente consente alla persona offesa, in vista della sua costituzione in giudizio, di monitorare le iniziative dell'imputato finalizzate a raggiungere un accordo con il pubblico ministero sulla pena, condizionando la propria attività processuale alla condotta altrui. E, se questo comportamento è inesigibile da parte della persona offesa e - di converso - dallo stesso imputato cui dovrebbe far carico un ulteriore (e anch'esso non previsto) onere di informazione a favore della persona offesa, lo è tanto più nei confronti di una costituenda parte civile, la cui preventiva "individuazione" da parte di imputato e pubblico ministero è, in taluni casi, praticamente impossibile (si pensi alle costituzioni di parte civile da parte di enti ed associazioni rappresentative di interessi collettivi o diffusi, che reclamano la titolarità di una situazione soggettiva protetta eziologicamente lesa dall'azione o dall'omissione del soggetto attivo del reato).

Inoltre, al terzo orientamento si potrebbe obiettare la discrasia rispetto all'art. 444, comma 2, cod. proc. pen. che prevede la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile, senza che si faccia alcuna distinzione a seconda del momento in cui la costituzione sia intervenuta. La norma in parola preclude in radice la possibilità di valorizzare in termini ermeneutici l'utilità effettiva della costituzione, dovendosi ritenere che il diritto della parte civile di essere tenuta indenne dal sostenere le spese di costituzione prescinde dalla considerazione che tale attività processuale sia dall'inizio destinata a non produrre una pronuncia di condanna al risarcimento del danno.

6.3. Anche l'argomento che ritiene che la parte civile conserverebbe l'interesse a costituirsi per l'eventualità che la richiesta di patteggiamento non dovesse essere accolta è sottoponibile a critica. Si sostiene, al riguardo, che nulla impedirebbe al danneggiato di attendere la decisione sulla richiesta di patteggiamento e, nel caso in cui questa non sia accolta, procedere alla costituzione, dovendosi ritenere non esaurita la fase preliminare deputata alla costituzione delle parti fin quando non interviene la pronuncia sulla preesistente richiesta di applicazione della pena. In realtà, si tratta di un argomento che non si confronta attentamente con la differenza tra la fase della costituzione delle parti e la decisione di rigetto della richiesta di patteggiamento.

Invero, all'atto dell'accertamento della costituzione delle parti, non vi è alcuna norma che precluda la formalizzazione dell'ingresso nel processo della parte civile in conseguenza dell'esistenza di una richiesta di applicazione della pena da valutare: al contrario, il dettato dell'art. 79 cod. proc. pen. prevede espressamente che, per l'udienza preliminare, la costituzione di parte civile debba avvenire "prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti". In ogni caso, l'immanenza, ex art. 76, comma 2, cod. proc. pen., dell'operata costituzione di parte civile permette il controllo sul regolare sviluppo dell'udienza anche rispetto alla fase successiva che potrebbe conseguire ad un eventuale rigetto dell'accordo.

6.4. In merito, poi, alla giustificazione della condanna alle spese in ragione della "soccombenza virtuale", si osserva che proprio la Corte costituzionale, con la sentenza n. 443 del 1990, ha ritenuto che tale profilo di ordine logico non si ponga nel caso in cui la sentenza di condanna "concerna un oggetto non così strettamente collegato alla sentenza di condanna per la responsabilità civile da poter essere concepito anche indipendentemente da essa".

Per la verità, potrebbe osservarsi che i casi di condanna alle spese a fronte della mancata decisione sulla domanda risarcitoria - in applicazione della cosiddetta "soccombenza virtuale" - costituiscono ipotesi in cui una valutazione circa la fondatezza della domanda, sia pur incidentale e limitata al riparto delle spese di lite, viene necessariamente compiuta. Nel patteggiamento, invece, la condanna dell'imputato è del tutto scissa da una valutazione, sia pur incidentale, della soccombenza rispetto alla domanda di risarcimento o restituzione introdotta dalla parte civile. A poco rileverebbe, in proposito, la considerazione che, per evitare la contraddizione tra il principio della soccombenza e la mancanza dell'accertamento di responsabilità civile, nel caso di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., potrebbe preferirsi una soluzione volta quanto meno ad elidere l'automatismo della condanna nei casi in cui la costituzione intervenga dopo la formalizzazione dell'accordo: situazioni nelle quali non sussiste neppure quell'esigenza di tutela dell'affidamento incolpevole della parte civile, in ordine all'aspettativa di una pronuncia sulla sua domanda.

E, al riguardo, non appare azzardato riconoscere come, al più, la preventiva conoscenza della probabile definizione del procedimento ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., dovrebbe quanto meno costituire giusto motivo per la compensazione delle spese di giudizio, facoltà riconosciuta anche nell'ambito del patteggiamento proprio nella citata sentenza della Corte costituzionale e, del resto, espressione di un principio generale previsto dall'art. 541 cod. proc. pen.

7. La risposta ai quesiti sottoposti all'attenzione del Collegio non può in alcun modo prescindere dal portato della sentenza della Corte costituzionale n. 443 del 1990. Nella stessa, si è osservato che precludere al giudice penale tutte le statuizioni relative alla domanda formulata dalla parte civile significa sacrificare, proprio nel momento in cui il giudizio di primo grado giunge all'epilogo, e quindi, nel momento decisivo per le deliberazioni in favore della parte civile, chi si sia avvalso dello strumento messogli a disposizione per tutelare in sede penale il proprio diritto alle restituzioni ed al risarcimento del danno.

7.1. Se la mancata decisione sull'azione civile esercitata nel processo penale non è addebitabile al danneggiato, ma soltanto ad una scelta favorevolmente valutata dal giudice, proprio il rispetto dell'art. 24 Cost. non consente il paradosso di lasciare a carico della parte civile, impegnatasi nel processo, anche le spese incontrate per iniziative o attività rivelatesi decisive nell'indurre l'imputato a richiedere il rito speciale; pregiudizio e paradosso - come si è visto -ancor più evidenti nel caso di trasferimento dell'azione civile, inizialmente proposta avanti al giudice civile, nel processo penale.

La Corte costituzionale, quindi, non solo non pone in dubbio il diritto a costituirsi parte civile del danneggiato in ragione del ruolo e della funzione di tutela del diritto alla restituzione o al risarcimento del danno, ma anzi ritiene necessario che sia assicurato un ristoro delle spese processuali in caso di fine anticipata del procedimento penale per scelta delle altre parti del processo.

7.2. A sostegno della tesi che il Collegio ritiene di dover riaffermare si pongono ulteriori argomenti.

Innanzitutto la necessità della tutela del contraddittorio quale corollario del giusto processo: immaginare di limitare la voce del danneggiato, citato per costituirsi parte civile, ovvero escludere il suo diritto alla liquidazione delle spese processuali quale conseguenza dell'inopinato divieto di costituzione di parte civile si pone in insanabile contrasto con l'attività partecipativa spiegabile nello stesso contesto dalla parte. Nessuna norma prevede, poi, un obbligo di notiziare la persona offesa o qualsiasi altro danneggiato del conseguito accordo negoziale tra imputato e pubblico ministero: e, tanto meno, la legge prevede di onerare il danneggiato di informarsi sulla possibile esistenza di un tale accordo, pena la sua esclusione dal processo ovvero la mancata liquidazione delle proprie spese.

Inoltre, il probabile accoglimento della richiesta di pena concordata non fa divenire automaticamente inutile la costituzione vanificando la carenza di interesse della parte civile. Invero, l'interesse all'esercizio dell'azione civile nel processo penale è attuale fino al momento dell'eventuale ratifica dell'accordo sulla pena da parte del giudice. L'orientamento giurisprudenziale che individua una carenza di interesse della parte civile a formalizzare la costituzione in giudizio in pendenza della relativa decisione da parte del giudice anticipa la soglia di scadenza di tale interesse ad un momento ancora fluido del processo, come è quello del raggiungimento dell'accordo sulla pena tra imputato e pubblico ministero. E comunque, ritenere che la semplice proposizione di una richiesta di patteggiamento possa far prevedere il suo accoglimento e far derivare da detta presunzione il divieto di costituzione di parte civile significherebbe favorire prassi non conformi al paradigma normativo.

7.3. Pertanto, in presenza di richiesta di patteggiamento e del relativo consenso da parte del pubblico ministero che intervengano in epoca precedente alla celebrazione della fissata udienza preliminare, vanno esclusi - per le ragioni precedentemente esposte - i dubbi sullo scrutinio di ammissibilità della costituzione di parte civile intervenuta all'udienza preliminare, ammissibilità che non è suscettibile di variabili in relazione al fatto che la parte civile abbia avuto conoscenza o meno in anticipo dell'esistenza di un accordo a norma dell'art. 444 cod. proc. pen. Questo accordo potrebbe essere vanificato da un rigetto della richiesta da parte del giudice ed implicare necessariamente la prosecuzione dell'udienza preliminare o la celebrazione di altro rito alternativo: situazioni che, in ogni caso, non consentirebbero di ritornare alla fase, già perenta, degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.

Né si potrebbe ritenere che la parte civile, nel caso in cui l'accordo risulti già depositato prima dell'udienza preliminare, avrebbe diritto a costituirsi in giudizio, salvo poi a non poter pretendere, in caso di pronuncia di sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., alcun riconoscimento in ordine alle spese sostenute, ritenendosi in un certo qual modo superflua la sua costituzione. Non può, infatti, in alcun modo ritenersi rituale una valutazione di ammissibilità "provvisoria", le cui sorti sarebbero conseguenti all'accoglimento o meno della richiesta di rito alternativo avanzata dall'imputato. Questa conclusione trova - come si è detto - un decisivo insormontabile ostacolo formale nella previsione dell'art. 444, comma 2, cod. proc. pen., come interpolato dalla sentenza della Corte costituzionale e successivamente sostituito dall'art. 32, comma 1, della L. n. 479 del 16 dicembre 1999, secondo cui la condanna alle spese prescinde dalla condanna al risarcimento del danno.

7.4. In tal senso, occorre tener distinti i profili inerenti alla valutazione sul merito della domanda di restituzione o risarcimento danni, preclusi in sede di patteggiamento, da quelli relativi alla preliminare verifica circa l'ammissibilità della costituzione di parte civile, che permangono, in ogni caso, in capo al giudice, considerato che la liquidazione delle spese processuali non ha carattere automatico, ma deve essere riconosciuta soltanto nei confronti di chi sia legittimato a costituirsi parte civile (sottolinea questo aspetto, Sez. 4, n. 814 del 31/03/1998, Benemati, Rv. 210626-01, osservando che, diversamente, si arriverebbe all'assurdo di provvedere a liquidare le spese anche a favore di soggetto costituitosi parte civile ma del tutto estraneo alla vicenda processuale).

Da qui l'affermazione secondo cui, pur dopo l'accordo delle parti sulla pena, va considerato illegittimo il provvedimento che dichiara inammissibile la costituzione di parte civile del danneggiato dal reato, perché, quantunque in tale particolare procedura non sia apprezzabile la fondatezza della domanda risarcitoria o restitutoria, sussiste tuttavia il potere-dovere del giudice di valutare la legittimazione alla costituzione medesima, anche ai fini della condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali in favore di questa, onde evitare di dover liquidare necessariamente ed automaticamente le relative spese anche ad un soggetto costituitosi parte civile, ma del tutto estraneo alla vicenda processuale per cui si procede (Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, Pediconi, Rv. 213857-01; successivamente, v. Sez. 5, n. 4076 del 20/09/1999, Valeri, Rv. 214560-01; Sez. 4, n. 4521 del 04/10/2000, Spollero, Rv. 217160-01; Sez. 6, n. 17612 del 19/03/2017, Belnudo, Rv. 236421-01).

7.5. E, come ulteriore corollario, si pone la concorde opinione della dottrina circa il ruolo della parte civile non ridimensionabile a quello meramente petitorio della rifusione delle spese, bensì di compartecipe al contraddittorio, sebbene limitato alla valutazione dell'accordo ex art. 444 cod. proc. pen.

In tal senso è anche la giurisprudenza che, da tempo, ha affermato che, se sussistono consistenti margini di utile intervento della parte civile a tutela dei propri diritti, deve ritenersi nulla la sentenza del giudice per le indagini preliminari ex art. 444 cod. proc. pen. che, senza tener conto dell'attività in concreto svolta dal difensore di parte civile, affermi erroneamente che tale costituzione era finalizzata esclusivamente al conseguimento delle spese processuali e dichiari la compensazione delle spese anche in considerazione del fatto che tale costituzione si era verificata allorquando già era stato espresso il consenso del pubblico ministero sulla richiesta di applicazione della pena avanzata dall'imputato (Sez. 4, n. 2684 del 26/11/1991, dep. 1992, Di Maulo, Rv. 189641-01).

8. Sulla base delle considerazioni sinora svolte va enunciato, a norma dell'art. 173, comma 3, disp. att. cod. proc. pen., il seguente principio di diritto: "In tema di patteggiamento, il danneggiato è legittimato a costituirsi parte civile in udienza preliminare anche laddove l'imputato abbia precedentemente depositato in cancelleria la richiesta di applicazione della pena munita del consenso del pubblico ministero, sì che il giudice deve provvedere anche sulla regolamentazione delle relative spese di costituzione".

9. Con riguardo alla liquidazione delle spese sostenute, Sez. U, n. 40288 del 14/07/2011, Tizzi, Rv. 250680-01 hanno riconosciuto che la domanda della parte civile tesa ad ottenere la rifusione delle spese sostenute nel processo svoltosi nelle forme di cui all'art. 444 cod. proc. pen., pur inserendosi in uno schema di giustizia contrattata, esula dall'accordo, pertinente esclusivamente agli aspetti penalistico-sanzionatori, intercorso tra il pubblico ministero e l'imputato circa la pena da applicare in ordine ad un determinato reato. Pertanto, l'entità della somma da liquidare a titolo di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile non è compresa nei termini del patteggiamento e forma oggetto di una decisione che, pur se inserita nel rito alternativo, si connota per la sua autonomia (in quanto prescinde dalla pronunzia sul merito) e per la maggiore ampiezza dello spazio decisorio attribuito al giudice rispetto a quello inerente ai profili squisitamente penali.

9.1. I termini dell'accordo tra imputato e pubblico ministero non si estendono alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile che la stessa può ampiamente documentare (Sez. 6, n. 30779 del 04/04/2013, De Nigris, Rv. 256742-01), con la conseguenza che non può considerarsi preclusa alla parte interessata (imputato o parte civile) la possibilità di formulare censure in merito alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro documentazione e alla loro congruità, avuto riguardo all'impegno profuso nelle diverse fasi, alla natura e alla complessità del procedimento, al pregio dell'opera prestata, al numero e all'importanza delle questioni trattate, all'eventuale urgenza della prestazione e ai risultati e ai vantaggi conseguiti dall'assistito (cfr., Sez. 5, n. 29934 del 27/05/2014, D.M., Rv. 262385-01; Sez. 6, n. 7902 del 03/02/2006, Fassina, Rv. 233698-01; Sez. 6, n. 3057 del 20/12/2000, dep. 2001, Fanano, Rv. 219707-01). Da qui, il diritto della parte civile ad una pronuncia sulle spese, senza che occorra alcuna particolare valutazione del merito, neanche nei limiti di una mera delibazione della fondatezza della pretesa civilistica (Sez. 4, n. 7209 del 27/06/1996, Crafa, Rv. 206809-01).

Pertanto, nel procedimento che si conclude con sentenza di applicazione della pena su richiesta, la parte civile ritualmente costituita può avanzare richiesta di liquidazione delle spese sostenute ed il giudice, qualora ritenga di non compensarle, è tenuto a condannare l'imputato alla loro refusione.

9.1.1. In realtà, nonostante il tenore letterale della disposizione non sembra offrire particolari difficoltà interpretative, nella prassi sono sorte questioni relative all'ambito dei poteri demandati al giudice in materia di liquidazione e ai controlli ai quali potrebbe essere eventualmente sottoposta la decisione giudiziale sul punto.

9.1.2. Si deve considerare in premessa che l'art. 12, comma 3, D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (disposizione non modificata dalla nuova normativa introdotta, a far data dal 23 ottobre 2022, con il D.M. 13 agosto 2022, n. 147, in G.U. 8 ottobre 2022, n. 236, contenente il Regolamento recante modifiche al D.M., 10 marzo 2014, n. 55, in tema di determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell'art. 14, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247) non consente, in caso di patteggiamento, di liquidare alcuna somma a titolo di compenso per la fase istruttoria o dibattimentale né per la fase decisoria bensì solo somme relative allo studio della controversia e alla introduzione della stessa.

9.2. Orbene, nel caso in esame, il ricorrente, con il secondo motivo, non contesta l'ammontare degli importi riconosciuti alla parte civile che ha proceduto a presentare dettagliata nota spese a margine del proprio atto di costituzione, ma si limita a censurare l'avvenuta liquidazione di somme (a titolo di studio della controversia, fase introduttiva, spese esenti e maggiorazione per pluridifesa) in assenza di domanda della parte civile di liquidazione delle spese a proprio favore.

9.2.1. Ciò considerato, va evidenziato come le Sezioni Unite (sent. n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214640-01 e 214641-01) abbiano riconosciuto che il divieto di pronunciare sull'azione civile impedisce di configurare una simmetrica situazione di soccombenza da cui derivi "ex lege" il diritto della parte vittoriosa alla ripetizione delle spese sostenute per far valere la sua pretesa nel processo, con la conseguenza che deve escludersi che, nell'applicare la pena concordata, il giudice possa liquidare d'ufficio le spese in mancanza della domanda dell'interessato (più recentemente, Sez. 4, n. 3964 del 12/01/2021, Amato, Rv. 280386-01; Sez. 4, n. 27335 del 18/04/2017, Bassotti, Rv. 271091-01).

La medesima giurisprudenza ha, inoltre, precisato come, non comminando l'art. 153 disp. att. cod. proc. pen. alcuna sanzione di nullità o inammissibilità per l'inosservanza del dovere della parte civile di produrre l'apposita nota, la relativa mancanza - ove la domanda di rifusione sia stata comunque proposta - non precluda la liquidazione delle spese in favore della parte civile sulla base della tariffa professionale vigente, con esclusione del rimborso delle sole spese vive in relazione alle quali, viceversa, è necessaria la specificazione e l'allegazione di adeguata documentazione probatoria (cfr., Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, Sacchettino, non mass, sul punto; in precedenza, Sez. 4, n. 2311 del 05/12/2018, dep. 2019, Grasso, Rv. 274957-01; Sez. 3, n. 31865 del 17/03/2016, Vacca, Rv. 267666-01).

Nell'udienza che viene definita con il patteggiamento, detta conclusione tiene conto delle difficoltà pratiche per la parte civile che, spesso, sconta gli inconvenienti derivanti dalla necessità di allestire in udienza la nota stessa, nell'immediatezza dell'estemporaneo accordo tra accusa e difesa e dell'altrettanto immediato pronunciamento del giudice (Sez. 6, n. 19271 del 05/04/2022, Palmeri, Rv. 283379-01, in cui è stata ritenuta sufficiente la sola richiesta di condanna alle spese contenuta nell'atto di costituzione di parte civile).

9.2.2. Fermo quanto precede, il Collegio evidenzia tuttavia come la censura proposta evita di confrontarsi con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in sede patteggiamento avvenuto in udienza preliminare, la liquidazione delle spettanze della parte civile:

- non necessita di preventiva presentazione di (separato o contestuale) atto contenente le conclusioni di parte, rimanendo esclusa, come più volte detto, la possibilità della pronuncia sull'azione civile ed essendo al contrario sufficiente, ai fini del provvedimento di liquidazione, la presentazione della sola nota spese (cfr., Sez. 3, n. 10121 del 16/12/2010, dep. 2011, Tavaglione, non mass.; Sez. 5, n. 11530 del 30/01/2009, Amenduni, Rv. 243597-01; Sez. 5, n. 9102 del 08/06/1992, Renotti, Rv. 191661-01) che può trovare un valido succedaneo nella tempestiva domanda di rifusione da parte del difensore, anche con il richiamo all'applicazione dei valori medi dei parametri tabellari ovvero a criteri di equità;

- non presuppone che detta nota espliciti, con il suo contenuto e la sua forma, la propria finalità, non esistendo alcuna norma che imponga, ai fini della sua ritualità ed efficacia, che la stessa sia accompagnata da una formale richiesta (scritta e/o orale) al giudice da parte del suo latore di procedere alla relativa liquidazione previa condanna dell'imputato al pagamento.

9.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta la mancata compensazione delle spese tra le parti in ragione di un accordo che, in ogni caso, era stato raggiunto prima dell'inizio dell'udienza preliminare.

Nel sistema normativo, la sussistenza di giusti motivi per procedere alla compensazione totale o parziale delle spese sostenute dalla parte civile costituisce una mera eventualità. In questo caso sussiste, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di motivare, anche succintamente, il provvedimento di adozione o di rigetto di tale richiesta (cfr., Sez. 6, n. 7519 del 24/01/2013, Scapoli, Rv. 255124-01; Sez. 4, n. 20796 del 03/05/2006, Lopo, Rv. 234593-01; Sez. 5, n. 40839 del 20/09/2004, Zanni, Rv. 230008-01). La medesima giurisprudenza ha, tuttavia, chiarito che:

- l'indagine sulla sussistenza di eventuali giusti motivi per la compensazione, totale o parziale, delle spese afferisce al merito e l'obbligo della motivazione nasce solo in presenza di esplicita richiesta (cfr., Sez. 5, n. 13087 del 16/12/2020, dep. 2021, Korsantia, non mass., cit.; Sez. 4, n. 7209 del 27/06/1996, Crafa, Rv. 206809-01, cit.);

- non sussiste alcun obbligo motivazionale in senso contrario, ossia allorquando al giudice non venga avanzata alcuna richiesta, non essendoci margini per potersi dolere di una mancata adozione officiosa del provvedimento (Sez. 6, n. 46680 del 20/10/2016, Pacifici, Rv. 268357-01);

- nel procedimento speciale ex art. 444 cod. proc. pen., non rappresenta giusto motivo per la compensazione delle spese l'avvenuta costituzione di parte civile nella medesima data di celebrazione dell'udienza, attesi i connotati di celerità del procedimento e l'ammissibilità della costituzione anche dopo il raggiungimento dell'accordo per l'applicazione della pena (Sez. 6, n. 17304 del 20/03/2007, Fiore, Rv. 236616-01).

Nel caso di specie al giudice non è stata rivolta alcuna richiesta di compensazione delle spese e, conseguentemente, la mancata adozione ufficiosa di un provvedimento in tal senso non è in alcun modo sindacabile in questa sede.

10. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna di parte ricorrente, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.

Il ricorrente deve essere altresì condannato al pagamento delle spese sostenute nel grado dall'unica parte civile costituita, C.C.. spese che, tenuto conto dell'attività svolta, vanno liquidate nella complessiva somma richiesta di euro milleottocentoquarantaquattro, oltre accessori di legge (rimborso spese generali 15%, IVA e CPA), di cui euro quattrocentosettantatre per la fase di studio ed euro milletrecentosettantuno per la fase decisionale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile C.C. che liquida in complessivi euro milleottocentoquarantaquattro, oltre accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità o gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Conclusione

Così deciso il 30 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2024.