3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo attiene a un'irregolarità processuale che non produce le nullità paventate dalla difesa, trovandoci fuori dal perimetro fissato dagli art. 177 e ss cod. proc. pen. Il Tribunale, in accoglimento dell'eccezione di parte, ha dichiarato la nullità dell'udienza e ha recuperato l'attività processuale, rinnovando l'istruttoria e garantendo l'esercizio del diritto di difesa. Nell'ordinamento non esistono norme a presidio del rispetto dell'ordine di escussione dei testi. E, per giunta, si ritiene che, se anche il teste abbia sentito l'esame di altri testi o dell'imputato o abbia parlato con le parti, si tratta di irregolarità non sanzionata processualmente, ma che comporta una maggiore attenzione nella valutazione della prova (Sez. 5, n. 8367 del 26/09/2013, dep. 2014, Cali, Rv. 259036-01). Peraltro, il difensore non ha specificato in cosa sia consistita la lesione del diritto di difesa né ha allegato che quel teste era decisivo ai fini di un'eventuale assoluzione. L'eccezione appare quindi solo formale.
Il secondo motivo attiene all'utilizzabilità delle videoriprese ed è disancorato dal dato normativo secondo la costante interpretazione giurisprudenziale. In tema di videoregistrazioni, costituiscono comportamenti "comunicativi", intercettabili solo previo provvedimento di autorizzazione dell'autorità giudiziaria, quelli finalizzati a trasmettere il contenuto di un pensiero mediante la parola, i gesti, le espressioni fisiognomiche o altri atteggiamenti idonei a manifestarlo, mentre sono comportamenti "non comunicativi", utilizzabili senza alcuna necessità di autorizzazione preventiva dell'autorità giudiziaria se ripresi in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico, tutti quelli, diversi dai primi, che rappresentano la mera presenza di cose o persone ed i loro movimenti, senza alcun nesso funzionale con l'attività di scambio o trasmissione di messaggi tra più soggetti (tra le più recenti, Sez. 3, n. 15206 del 21/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 279067-02).
Nel caso in esame, trattandosi di videoriprese effettuate all'interno e all'esterno degli uffici del Comune di Acerra, che sono un luogo pubblico, si è al di fuori della disciplina degli art. 266 e 267 cod. proc. pen., come correttamente rilevato dalla Corte di appello.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria l’8 marzo 2024.