Legittime le intercettazioni del difensore
fino a prova contraria
Cass. pen., Sez. II, Sent., (data ud. 09/11/2023) 07/02/2024, n. 5452
La Corte di cassazione si è occupata della legittimità delle intercettazioni delle conversazioni intercorse tra la persona offesa ed il proprio difensore.
L’orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione ritiene sempre legittima l’intercettazione della comunicazione tra difensore e assistito, salvo accertarne caso per caso e solo a posteriori il contenuto e, soltanto se ne riconosce la natura difensiva, ritiene inutilizzabile la captazione.
La Corte, nel caso specifico, seguendo un indirizzo interpretativo ormai pacifico, ha ritenuto legittime tali captazioni, precisando che il divieto captativo attiene alla tutela delle garanzie difensive in quanto tali ed e` limitato a quelle conversazioni e comunicazioni, individuabili ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma, inerenti all'esercizio delle funzioni del suo ufficio. In altre parole, secondo la Corte, il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata.
Si deve ricordare che il d.d.l. Nordio, all’esame del Senato, prevede di apportare modifiche all’art. 103 c.p.p., inserendo, dopo il comma 6, altri due commi. In particolare, il comma 6-bis prescriverebbe che “È parimenti vietata l'acquisizione di ogni forma di comunicazione, anche diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l'imputato e il proprio difensore, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato”. Ed il comma 6-ter aggiungerebbe che “L'autorità giudiziaria o gli organi ausiliari delegati interrompono immediatamente le operazioni di intercettazione quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientra tra quelle vietate”.
Sentenza:
Motivi della decisione
1. I primi due motivi del ricorso di A.A.sono inammissibili perché destituiti di fondamento giuridico.
2.1. L'acquisizione dei tabulati è avvenuta con decreto del 31/01/2020 sotto l'egida dell'art .132 D.Lgs. n. 196 del 2003.
L'art. 132 nella formulazione vigente all'epoca dell'acquisizione dei dati, prevedeva il potere del pubblico ministero, per finalità di accertamento e repressione dei reati, di acquisire con decreto motivato presso il fornitore, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data della comunicazione, dati esterni delle comunicazioni, anche su istanza del difensore dell'imputato, della persona sottoposta ad indagini, della persona offesa o delle altre parti private.
La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 2 marzo 2021, H.K. c. Prokunrantuur (causa C-746/18), ha delineato una serie di condizioni cui gli Stati membri devono subordinare l'accesso ai dati conservati dai fornitori da parte dell'autorità pubblica per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, in modo da poter bilanciare tale esigenza con la contrapposta necessità di tutelare il diritto alla riservatezza.
In particolare, approfondendo principi già affermati in precedenza in materia di data retention (Corte Giustizia, Grande Sezione, 21 dicembre 2016, cause riunite C-203/15 e C-698/15, Tele2 Sverige AB; Corte Giustizia, Grande Sezione, 8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digitale Rights Ireland), ha affermato che l'accesso ai dati può essere consentito solo: in presenza di "forme gravi di criminalità" o per far fronte a "gravi minacce alla sicurezza pubblica" e se vi sia la preventiva autorizzazione di un'autorità giudiziaria o amministrativa indipendente e terza rispetto alle parti, pubbliche e private.
A distanza di pochi mesi dalla pronuncia della Corte di giustizia, è stato adottato il decreto-legge 30 settembre 2021. n. 132, al fine dichiarato di adeguare la disciplina nazionale ai principi enunciati dalla Corte di giustizia nella sentenza del 2 marzo 2021.
Per effetto del decreto - legge l'acquisizione dei tabulati telefonici è stata subordinata a un previo controllo giurisdizionale sulla richiesta del pubblico ministero (o a una convalida successiva, in caso di acquisizione operate in via di urgenza dal pubblico ministero) e il potere di acquisire i tabulati è stato conferito solo per reati tassativamente indicati e ritenuti gravi dal legislatore. Il testo originario del decreto-legge non ha previsto una disciplina transitoria relativa ai dati di traffico telefonico e telematico già acquisiti nel corso di procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
La legge 23 novembre 2021, n. 178, in sede di conversione del decreto- legge, oltre ad apportare alcuni correttivi alla disciplina dell'acquisizione, ha dettato una norma transitoria, volta specificamente a superare contrasti interpretativi insorti in ordine all'utilizzabilità dei tabulati telefonici acquisiti dal pubblico ministero in forza della disciplina previgente e ha stabilito che i dati relativi al traffico telefonico acquisiti nei procedimenti penali prima della entrata in vigore del D.L. n. 132 del 2021 "possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l'accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell'art. 4 c.p.p. e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia la molestia o il disturbo sono gravi".
Gli "altri elementi di prova"che, ai sensi della norma transitoria di cui all'art. I, comma I - bis, D.L. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, devono confortare i ed. dati "esteriori" delle conversazioni ai fini del giudizio di colpevolezza, possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a corroborare il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di conferma (Sez. 5, n. 8968 del 24/02/2022, Fusco, Rv. 282989 - 01, che riprende sul punto Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145; Sez. 4 n. 50102 del 05/12/2023 Rv. 285469 - 01).
Correttamente è stato pertanto ritenuto che la disciplina transitoria abbia determinato il superamento del problema prospettato.
2.2. Il difensore propone anche il tema della rilevanza della disciplina transitoria, rispetto alla richiesta di intercettazioni telefoniche ed ambientali. A prescindere dalla prova di resistenza non può non rilevarsi che la regola prevista dalla indicata norma transitoria riguarda l'utilizzazione ai fini dell'accertamento del reato e non a fini diversi. Deve aggiungersi che dalla lettura dell'atto, allegato al ricorso, è dato apprendere che la richiesta del pubblico ministero si fonda anche su elementi diversi dalla analisi dei dati di traffico telefonico.
2.3. Generico è il motivo che investe l'inutilizzabilità delle captazioni per violazione dell'art. 103 commi 5 e 7 cod. proc. pen. per la mancata indicazione della rilevanza del dato probatorio (prova di resistenza) cui è tenuto il ricorrente.
Il motivo è anche manifestamente infondato.
Il divieto captativo attiene alla tutela delle garanzie difensive in quanto tali ed è limitato a quelle conversazioni e comunicazioni, individuabili ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma, inerenti all'esercizio delle funzioni del suo ufficio (sez.VI, 3.6.2008, Gagliardi, Rv.241510, sez.V 25.9.2014, Galati, Rv.261081). In altre parole, il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori, non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata. Situazione che non risulta essersi verificata nel caso di specie.
2.4. Il terzo motivo consiste, in massima parte, nella rinnovazione di una linea difensiva basata su ragioni di merito. In ordine ad esse il collegio di seconda istanza si è espresso con argomentazioni immuni da vizi logici. Giova qui ribadire che la funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l'intrinseca attendibilità dei risultati dell'interpretazione delle prove e di attingere il merito dell'analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Ne consegue che, ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra.
2.5. Fondato è invece il quarto motivo di ricorso che investe la qualificazione giuridica degli incendi contestati ai capi 3), 4), 5) e 6) dell'imputazione per omessa valutazione delle censure avanzate con l'appello.
2.6. Fondato è anche il quinto motivo per omessa risposta sulle doglianze in ordine alla ritenuta recidiva.
2.7. Gli ulteriori motivi che investono la pena sono assorbiti.
La sentenza deve essere pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Lecce per nuovo giudizio con riguardo ai reati contestati ai capi 3), 4), 5) e 6) e al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso di B.B.è palesemente inammissibile perché il ricorrente reiterando doglianze già espresse in appello, si è limitato a censurare profili di carattere meramente valutativo del compendio probatorio. Per un verso, dunque, il ricorso mira a sollecitare un non consentito riesame del merito, mentre, sotto altro profilo, non proponendosi una effettiva ed autonoma critica impugnatoria rispetto alla motivazione esibita dai giudici a quibus, il ricorso rassegnato finisce per risultare del tutto aspecifico.
Le circostanze attenuanti generiche che sono state implicitamente disattese a fronte dell'elemento negativo dei precedenti penali che hanno portato al riconoscimento della recidiva sono state genericamente richieste senza alcuna indicazione degli elementi a favore. La motivazione offerta dai giudici a quibus in tema di valutazione della congruità del trattamento sanzionatorio si rivela, del tutto coerente e congrua, a fronte di doglianze ancora una volta aspecifiche, dedotte sul punto in sede di ricorso. Il ricorso di B.B. è pertanto inammissibile.
B.B.con i motivi aggiunti ha sollevato la questione della mancanza della condizione di procedibilità con riguardo al reato di furto divenuto perseguibile a querela a seguito del D.Lvo 10 ottobre 2022 n. 150.
Sul punto deve ricordarsi che questa Corte nel massimo consesso (Sezioni Unite Salatino del 2018) ha affermato che la retroattività della disciplina della perseguibilità trova un limite nella presentazione di ricorso inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con riguardo a A.A.limitatamente ai reati di cui ai capi 3), 4), 5) e 6) ed al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di B.B.che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Conclusione
Cosi deciso in Roma, 9 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2024.