Giu omissione della tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 13 febbraio 2024 N. 6379
Massima
L'omissione della tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento, causa di aggravamento del dissesto, deve essere sorretta dal coefficiente psicologico della colpa grave, che non e presunta ex lege.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 13 febbraio 2024 N. 6379

Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.

1. La disamina delle censure articolate dal ricorso va effettuata nell'alveo tracciato dal principio di diritto secondo cui la mancata valutazione di argomentazioni difensive integra elemento che inficia la congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione, ogni qualvolta tali argomentazioni non si siano esaurite nella sostanziale reiterazione di temi già conclusivamente affrontati, né abbiano veicolato deduzioni inconferenti rispetto all'oggetto del giudizio (per tutte, Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Rv. 279578), ma abbiano sviluppato autonome e inedite censure, ossia introdotto temi potenzialmente decisivi, sui quali il provvedimento sia rimasto silente (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Rv. 282972; Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Rv. 277220).

2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata va censurata, in primo luogo, perché fornisce una generica risposta alle specifiche contestazioni difensive, che chiedevano di conoscere le ragioni per cui, nel 2015, si era ritenuto sussistente il dissesto, ovvero uno stato di irreversibile crisi (così la conforme sentenza di primo grado, pg. 6), in presenza di perdite che non avevano, a quell'epoca, inciso sul capitale sociale, che risultava ancora integro.

2.1. Invero, posto che - a fronte del contestato aggravamento del dissesto per ritardato fallimento - la sentenza riconduce in modo disorganico il dissesto alla capitalizzazione dei costi e al sistematico omesso pagamenti dei debiti fiscali, senza fornire una adeguata, quanto necessaria, spiegazione, in merito alla natura della condotta asseritamente dissimulatoria attuata dal ricorrente mediante la ricapitalizzazione di costi, giacché, come deduce la Difesa, non viene chiarito se si tratti di costi non capitalizzabili o, invece, di una forzata ricapitalizzazione in assenza di presupposti contabili, e tanto considerando che non risulta contestato il reato societario (falso in bilancio), evidentemente essendosi ritenuti corretti i criteri contabili adoperati per la redazione del bilancio del 2015. Né, soprattutto, la sentenza chiarisce l'incidenza, sulla formazione dello stato di dissesto, della condotta dissimulatoria, alla luce della previsione legale del tempo, che consentiva la possibilità di inserire alcuni costi, all'interno dello stato patrimoniale, e, quindi, tra le voci attive anziché tra i costi e, considerando, sulla base di una valutazione ex ante, che la ricapitalizzazione - attuata a fronte di una prima crisi economica - non intaccò il patrimonio sociale, mentre il ricorrente mise in atto delle iniziative, riscontrate da delibere assembleare, per arginare la crisi di liquidità.

3. Quanto ora osservato produce, dunque, ricadute anche sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato, non emergendo, dalla sentenza, una adeguata valutazione delle circostanze addotte dal ricorrente, circa le decisioni, finalizzate a una ristrutturazione aziendale, adottate in due assemblee straordinarie tenutesi proprio nel 2015, di cui non v'è traccia nell'analisi svolta dalla Corte di appello. Nel reato di bancarotta semplice, invero, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell'amministratore della società è, infatti, punibile se dovuta a colpa grave, che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma, in concreto, da una provata e consapevole omissione (cfr. Sez. 5, n. 18108 del 12/03/2018 Rv. 272823 ). La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che l'omissione della tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento, causa di aggravamento del dissesto, deve essere sorretta dal coefficiente psicologico della colpa grave, che non è presunta ex lege (Sez. 5, n. 38077 del 15/07/2015, Preatoni, Rv. 264743; Sez. 5, n. 43414 del 25/09/2013, Pg in proc. Zille e altri, Rv. 257533).

3.1. La Corte territoriale dopo avere individuato chiari e specifici indici oggettivi di insolvenza della società, avrebbe dovuto compiutamente valutare la percepibilità esteriore della loro insorgenza, rilevante dal punto di vista soggettivo, ai fini del necessario requisito psicologico della colpa grave dell'agente.

4. Occorre, dunque, bene chiarire in cosa si siano concretizzati, e come abbiano inciso sulla formazione del dissesto, i segnali di insolvenza, come essi si fossero chiaramente manifestati già all'epoca del bilancio 2015, confrontandosi l'assenza della falsificazione dei dati di bilancio, e con le azioni salvifiche poste in essere dal ricorrente, come risultanti dai verbali assembleari.

4. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame delle questioni evidenziate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad alta sezione della Corte di appello di Milano.

Conclusione

Così deciso in Roma, addì 13 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2024.