1. In premessa, deve rilevarsi che la sentenza oggetto di ricorso è una sentenza di condanna inappellabile per il pubblico ministero ai sensi dell'art.443, comma 3, cod.proc.pen; la predetta disposizione normativa prevede che il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna pronunciate all'esito del giudizio abbreviato, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato, ipotesi quest'ultima che non ricorre nella specie.
Il ricorrente riceve, quindi, la sua diretta legittimazione a proporre il ricorso per cassazione dall'art. 608, comma 1, cod. proc. pen. Detta norma, infatti, attribuisce testualmente e inequivocabilmente al Procuratore generale la facoltà di proporre tale ricorso avverso ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello ovvero - come per l'appunto nel caso in esame inappellabile. La norma si inserisce in un contesto normativo, con riguardo alla generale facoltà di impugnazione del pubblico ministero, indiscutibilmente orientato nel senso dell'attribuzione indifferenziata di tale facoltà, salvi casi diversamente disciplinati, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e al Procuratore generale presso la Corte di appello. L'art. 570, comma 1, cod. proc. pen., nel disporre che l'esercizio della predetta facoltà di impugnazione prescinde dalle conclusioni assunte dal rappresentante del pubblico ministero nell'udienza in esito alla quale è stato pronunciato il provvedimento impugnato, conferisce espressamente tale facoltà sia al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale che al Procuratore generale presso la Corte di appello. Come osservato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 22531 del 31/05/2005, Campagna, Rv. 231056), la formulazione della norma indicata è onnicomprensiva, in quanto tale riferibile senza limitazioni ad entrambi gli uffici giudiziari; è di conseguenza consentita al Procuratore generale l'impugnazione dei provvedimenti emessi da tutti i giudici del distretto. Limitazioni a questa facoltà sono escluse dalla norma con la espressa previsione della possibilità, per il Procuratore generale, di proporre l'impugnazione qualunque sia stata la posizione del Procuratore della Repubblica in proposito, sia che lo stesso abbia quindi a sua volta impugnato il provvedimento, sia che vi abbia prestato acquiescenza. Per quest'ultimo aspetto, la norma fa salva la deroga di cui all'art. 593-bis cod. proc. pen., successivamente introdotto dall'art. 3 d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, per effetto della quale il Procuratore generale può appellare la sentenza di primo grado solo nei casi di avocazione o qualora vi sia stata acquiescenza del Procuratore della Repubblica. Eccettuando tale fattispecie processuale, chiaramente riferita al solo appello, la previsione conferma tuttavia ulteriormente la piena legittimazione del Procuratore generale alla proposizione del ricorso per cassazione in tutti i casi in cui la stessa è consentita dalla legge al pubblico ministero (Sez. U, n.47502 del 29/09/2022, Rv.283754 -01, non massimata sul punto).
2. Tanto premesso, deve osservarsi che il ricorso è fondato.
Il Tribunale di Ascoli Piceno ha affermato la penale responsabilità di A.A. in ordine al reato di cui all'art. 5 d.lgs 74/2000 contestato, condannandola, pertanto, alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione e disponendo, altresì, a carico della stessa la applicazione delle sanzioni accessorie previste dal d.lgs n. 74 del 2000 per i trasgressori alle disposizioni penali ivi previste; ha, però, omesso di disporre, come, invece, previsto espressamente dall'art. 12-bis del citato d.lgs in caso di condanna od anche di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per uno dei delitti dal medesimo decreto legislativo previsti, la confisca dei beni che avrebbero costituito, quanto al caso di specie, il profitto del reato contestato, cioè l'ammontare dell'imposta evasa a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione all'anno di imposta 2014.
Orbene, costituisce orientamento consolidato che: la confisca può essere ordinata anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro, purché sussistano norme che la consentano od impongano, a prescindere dalla eventualità che, per l'assenza di precedente tempestiva cautela reale, il provvedimento ablativo della proprietà non riesca a conseguire gli effetti concreti che gli sono propri (Sez.3, n.17066 del 04/02/2013, Rv.255113); il Giudice della cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, può emettere il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessità della individuazione specifica dei beni da apprendere, potendo il destinatario ricorrere al giudice dell'esecuzione qualora dovesse ritenersi pregiudicato dai criteri adottati dal P.M. nella selezione dei cespiti da confiscare (Sez.6, n.3606 del 20/10/2016, dep.24/01/2017,Rv.26934; Sez.3,n.20776 del 06/03/2014, Rv.259661; Sez.5,n.9738 del 02/12/2014,dep.05/03/2015, Rv.262893); il Giudice che emette il provvedimento ablativo è, infatti, tenuto soltanto ad indicare l'importo complessivo da sequestrare, mentre l'individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al "quantum" indicato nel sequestro è riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero (Sez. 3, 12/07/2012, n. 10567, 07/03/2013, Rv. 254918).
A tali principi di diritto non si è uniformata la sentenza impugnata e, risulta, pertanto, integrato il vizio denunciato.
3. Consegue, quindi, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno per nuovo giudizio limitatamente all'omessa statuizione sulla confisca.
4. L'annullamento della sentenza impugnata va disposto con rinvio, atteso che, l'adozione del provvedimento con il quale deve essere disposta la confisca deve essere preceduto da una fase di verifica volta ad accertare la possibilità di disporre, in via prioritaria, la confisca diretta e, solo ove ciò sia impossibile stante la materiale mancanza nella disponibilità del reo del profitto o del prezzo del reato, la confisca per equivalente (Sez.3 n. 3165 del 22/11/2019, dep.27/01/2020, Rv.278637 -02).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all'omessa statuizione sulla confisca, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Ascoli Piceno, in diversa persona fisica.
Conclusione
Così deciso il 19 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2024.