1. Con sentenza emessa il 18 maggio 2022, il Tribunale di Taranto, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato B.B. per il reato di cui all'art. 615-bis cod. pen., alla pena di mesi sei di reclusione e al risarcimento del danno subito dalla parte civile.
Secondo l'impostazione accusatoria, ritenuta fondata dal giudice di primo grado, l'imputato si sarebbe procurato indebitamente notizie attinenti alla vita privata della ex moglie, mediante l'utilizzo di un dispositivo GPS dotato di microfono, che aveva istallato all'interno dell'autovettura di quest'ultima e che gli consentiva di ascoltare le conversazioni intervenute all'interno del veicolo.
Con sentenza emessa il 24 aprile 2023, la Corte di appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto - ha riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l'imputato perché il fatto non sussiste e revocando le statuizioni civili.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1 Con un unico motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all'art. 615-bis cod. pen.
Il ricorrente rappresenta che la Corte di appello ha assolto l'imputato poiché ha escluso che l'autoveicolo, all'interno del quale era stato occultato il dispositivo GPS, potesse costituire un luogo di privata dimora.
Tanto premesso, il ricorrente contesta tale decisione, sostenendo che la giurisprudenza più recente avrebbe recepito una nozione più ampia del concetto di privata dimora e, con specifico riferimento al reato di cui all'art. 615-bis cod. pen., avrebbe espressamente ritenuto rilevante, al fine della configurazione del reato, l'installazione di una microspia all'interno di un'automobile. Nel caso in esame, l'autovettura della persona offesa andrebbe sicuramente ritenuta quale luogo di privata dimora, atteso che all'interno di essa la vittima intratteneva colloqui non solo personali, ma anche di carattere professionale, legati all'attività di avvocato, svolta dalla medesima.
3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare il ricorso.
4. L'avv. Daniele Lombardi, per la parte civile, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto di annullare la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile.
5. L'avv. Maurizio Bisio, per l'imputato, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto di confermare la sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. L'unico motivo di ricorso è infondato.
L'abitacolo di un'autovettura, in quanto Spazio destinato naturalmente al trasporto dell'uomo o al trasferimento di oggetti da un posto all'altro e non ad abitazione, non può essere considerato luogo di privata dimora, salvo che, a differenza di quanto dedotto nel caso in esame e desumibile dal contenuto del provvedimento impugnato, esso, sin dall'origine, sia strutturato (e venga di fatto utilizzato) come tale, oppure sia destinato, in difformità dalla sua naturale funzione, ad uso di privata abitazione (cfr. Sez. 1, n. 3363 del 18/10/2000, Galli, Rv. 218042; Sez. 6, n. 5934 del 19/02/1981, Semitaio, Rv. 149373).
Con specifico riferimento alla fattispecie di cui all'art. 615-bis cod. pen., questa Corte, in relazione a un fatto analogo a quello contestato, ha già affermato un principio pienamente condiviso da questo collegio, secondo il quale "non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) la condotta di colui che installi nell'auto di un soggetto (nella specie ex fidanzata) un telefono cellulare, con suoneria disattivata e con impostata la funzione di risposta automatica, in modo da consentire la ripresa sonora di quanto accada nella predetta auto, in quanto, oggetto della tutela di cui all'art. 615-bis è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell'art. 614 cod. pen. - richiamato dall'art. 615-bis - tra i quali non rientra l'autovettura che si trovi sulla pubblica via" (Sez. 5, n. 28251 del 06/03/2009, Pagano, Rv. 244196).
2. Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.LGS. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
Conclusione
Così deciso, il 26 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2024.