Il ricorso è inammissibile.
1. Con riferimento al primo motivo si osserva quanto segue. La notifica del decreto di citazione a giudizio per il giudizio in appello, conseguente, come nel caso di specie, a una regolare partecipazione informata al processo di primo grado, effettuata all'imputato in un luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che deve essere dedotta entro i termini decadenziali stabiliti dall'art. 182 cod. proc. pen. salvo che l'irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal ultimo caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all'art. 179 cod. proc. pen. Sez. 5, n. 27546 del 03/04/2023, Brancolini, Rv. 284810). Orbene, nel caso di specie, non ricorre tale ultima ipotesi in quanto, essendo avvenuta la notifica presso il difensore di fiducia dell'imputato, si presume la circolazione delle informazioni tra imputato e difensore e il ricorrente non ha minimamente indicato le ragioni per cui la notifica sia stata in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte sua, pur essendo stata diretta al difensore di fiducia. Le Sezioni Unite n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229541 hanno infatti chiarito che la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 cod. proc. pen. ricorre solo nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato. Conformemente a quanto affermato dalle Sezioni Unite deve dunque ritenersi che, ove il ricorso non indichi specificamente le ragioni di tale inidoneità assoluta in concreto della notifica irrituale a determinare la conoscenza effettiva del giudizio in appello, e ove non risultino dagli atti elementi dai quali il Collegio possa giungere autonomamente a tale conclusione, la denuncia del vizio relativo alla sussistenza di un'ipotesi di nullità assoluta è affetta da genericità. Ne consegue che la dedotta nullità deve qualificarsi a regime intermedio ed essa, pertanto, avrebbe dovuto essere eccepita tempestivamente dal difensore nel giudizio di appello, tenuto nelle forme nel rito camerale non partecipato, tramite o la richiesta di trattazione orale o con una memoria. La censura, quindi, è da ritenersi inammissibile.
2. Il secondo e terzo motivo di ricorso possono essere trattati unitariamente atteso il collegamento tra le diverse censure. Si lamenta infatti, con riferimento ai due delitti per cui vi è condanna, l'omessa considerazione dell'avvenuta remissione di querela da parte della persona offesa.
Orbene, dalla piana lettura delle imputazioni risulta che le lesioni sono state perpetrate con una torcia elettrica il cui uso è stato anche minacciato allorché l'imputato costringeva la persona offesa ad accompagnarlo nonostante la manifestata contraria volontà di quest'ultima. Emerge, dunque, l'evidente contestazione in fatto - del tutto legittima posto che, per giurisprudenza pacifica, ai fini della contestazione di una aggravante non è necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede, essendo sufficiente la precisa enunciazione "in fatto" della stessa, così che l'imputato possa avere cognizione degli elementi che la integrano, (cosi, tra le altre, Sez. 2, n. 15999 del 18/12/2019, dep. 2020, Saracino, Rv. 279335; Sez. 5, n. 23609 del 04/04/2018, Musso, Rv. 273473) - dell'uso di un'arma posto che, la torcia elettrica, al di là della sua diffusione e dell'ordinario impiego per scopi pacifici e innocui, può, in determinate circostanze, come è accaduto nella specie, essere usata per offendere e, in quanto tale, è da ricondursi alla nozione di arma di cui all'art. 585, comma secondo, n. 2, cod. pen. (ex multis, Sez. 5, n. 8640 del 20/01/2016, R., Rv. 267713 secondo cui "In tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante dell'uso di uno strumento atto ad offendere di cui all'art. 585, comma secondo, n. 2, cod. pen., laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa. Ne consegue che anche un pezzo di legno, se usato in un contesto aggressivo (nella specie, scagliato contro la persona offesa), costituisce arma impropria ai fini dell'applicazione dell'aggravante in esame, da ciò derivando la procedibilità d'ufficio del reato.". Ne deriva l'inammissibilità dei motivi di ricorso de quibus posto che nella vicenda che qui ci occupa è del tutto irrilevante la remissione della querela.
3. Parimenti inammissibile è l'ultimo motivo di ricorso con cui il ricorrente lamenta la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per non essere state debitamente valutate le circostanze pacificamente ammesse dalla persona offesa. Il ricorrente reitera la medesima censura già sollevata con il ricorso in appello senza confrontarsi con la motivazione della Corte distrettuale che prende in considerazione le censure sollevate dando conto, con motivazione logica e priva di aporie, dell'irrilevanza delle compiacenti dichiarazioni della persona offesa, tendenti a sminuire i fatti, a fronte di elementi obiettivi e decisivi.
4. Tali considerazioni impongono la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 3000,00.
5. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D. Lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge
Conclusione
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2024.