Secondo questo orientamento, in tema di concussione, deve qualificarsi come consumata la fattispecie nella quale il soggetto passivo abbia sollecitato l'intervento della polizia giudiziaria dopo aver già promesso l'indebita prestazione al pubblico ufficiale (ex plurimis: Sez. 6, n. 30994 del 05/04/2018, Liverani, Rv. 273596 - 01; Sez. 6, n. 20914 del 05/04/2012, Tricarico, Rv. 252786 - 01), in quanto non può ritenersi sufficiente ad escludere il metus publicae potestatis la sola circostanza che il soggetto passivo si sia rivolto alle forze di polizia, per sottrarsi alle pretese dell'autore del reato (ex plurimis: Sez. 6, n. 17303 del 20/04/2011, Parisi, Rv. 250066 - 01; Sez. 6, n. 11384 del 21/01/2003, Zangrilli, Rv. 227196).
Ricorre, invece, l'ipotesi del tentativo qualora la promessa segua la predisposizione d'accordo con la polizia di un piano diretto ad individuare il funzionario infedele e la stessa risulti preordinata a tale scopo (Sez. 6, n. 10355 del 07/06/2007, dep. 06/03/2008, Bruno, Rv. 238912).
1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
2. Con il primo motivo il difensore censura la mancanza della motivazione in relazione agli artt. 56 e 317 c.p., in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente qualificato la condotta accertata come concussione consumata anzichè tentata.
3. Il motivo è inammissibile, in quanto la riqualificazione richiesta dalla ricorrente è fondata sull'adesione ad una prospettazione alternativa in fatto e sulla contestazione delle risultanze probatorie della sentenza impugnata.
La Corte di Appello di Reggio Calabria ha, infatti, confermato l'accertamento della sentenza di primo grado secondo il quale la promessa del B.B. di adempiere la richiesta concussiva è intervenuta in data 18 maggio 2021 e, quindi, prima che la persona offesa denunciasse l'accaduto alla Guardia di Finanza in data 21 maggio 2021 (pag. 11 della sentenza impugnata).
La Corte di appello, infatti, nella motivazione della sentenza impugnata, ha evidenziato come, a seguito dell'incontro, in data 18 maggio 2021, tra l'imputata e il B.B., quest'ultimo abbia accettato la richiesta dell'imputata, promettendole la consegna della somma richiesta, una volta avutane la disponibilità.
La persona offesa, pertanto, ha aderito all'accordo criminoso, limitandosi a precisare di non essere, nell'immediato, nel possesso della somma richiesta. La riserva ha, dunque, riguardato non l'accordo, ma la dazione della somma frutto dell'accordo, in quanto solo in data 21 maggio 2021 la parte lesa si sarebbe recata presso la caserma della Guardia di Finanza di Locri per sporgere denuncia.
L'interpretazione elaborata sul punto dalla sentenza impugnata si rivela, peraltro, pienamente sintonica con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è ragione per discostarsi.
Secondo questo orientamento, in tema di concussione, deve qualificarsi come consumata la fattispecie nella quale il soggetto passivo abbia sollecitato l'intervento della polizia giudiziaria dopo aver già promesso l'indebita prestazione al pubblico ufficiale (ex plurimis: Sez. 6, n. 30994 del 05/04/2018, Liverani, Rv. 273596 - 01; Sez. 6, n. 20914 del 05/04/2012, Tricarico, Rv. 252786 - 01), in quanto non può ritenersi sufficiente ad escludere il metus publicae potestatis la sola circostanza che il soggetto passivo si sia rivolto alle forze di polizia, per sottrarsi alle pretese dell'autore del reato (ex plurimis: Sez. 6, n. 17303 del 20/04/2011, Parisi, Rv. 250066 - 01; Sez. 6, n. 11384 del 21/01/2003, Zangrilli, Rv. 227196).
Ricorre, invece, l'ipotesi del tentativo qualora la promessa segua la predisposizione d'accordo con la polizia di un piano diretto ad individuare il funzionario infedele e la stessa risulti preordinata a tale scopo (Sez. 6, n. 10355 del 07/06/2007, dep. 06/03/2008, Bruno, Rv. 238912).
A fronte della ricostruzione storico-fattuale operata dalla sentenza impugnata, che ha ravvisato l'anteriorità della promessa della parte lesa alla collaborazione con gli inquirenti, deve, pertanto, ritenersi corretta la qualificazione del delitto accertato in concussione consumata e non già meramente tentata.
4. Con il secondo motivo il difensore censura la mancanza assoluta di motivazione in relazione alle statuizioni civili, in quanto la Corte di appello, in violazione dell'art. 192 c.p.p., comma 1 e art. 546 c.p.p., avrebbe integralmente omesso di motivare in ordine alle statuizioni risarcitorie disposte in primo grado in favore della costituita parte civile.
5. Il motivo è fondato.
Il difensore dell'imputato, come risulta anche dalla sentenza impugnata, con il quarto motivo di appello ha specificamente censurato, sia nell'an che nel quantum, la condanna dell'imputata al risarcimento del danno in favore della parte civile.
Tale censura è stata, tuttavia, integralmente obliterata dalla Corte di appello di Reggio Calabria nella sentenza impugnata, che ha apoditticamente confermato la sentenza di primo grado sul punto, senza minimamente argomentare sull'infondatezza o sulla non pertinenza del motivo di appello.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione se si limita a riprodurre la decisione confermata, dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull'inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi, non potendosi in tal caso evocare lo schema della motivazione per relationem (ex plurimis: Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, Casulli, Rv. 254102 - 01; conf. Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, Balzamo, Rv. 254102 01).
6. Alla stregua di tali rilievi la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui si rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità; il ricorso è inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità; dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2023