Giu la sentenza emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali integra necessariamente la massima violazione del contraddittorio e, quindi, risulta viziata da nullità assoluta e insanabile
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 05 dicembre 2023 N. 48347
Massima
Il rispetto del principio del contraddittorio assume rilievo costituzionale e rango pregiudiziale ampiamente valorizzato dalla giurisprudenza EDU, la cui violazione costituisce la fonte di tutte le forme di nullità previste dal codice di rito. Ne consegue pertanto che la sentenza emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali integra necessariamente la massima violazione del contraddittorio e, quindi risulta viziata da nullità assoluta e insanabile.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 05 dicembre 2023 N. 48347

1. La sentenza impugnata deve trovare annullamento, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero per le ragioni di seguito esposte, in quanto il giudice del dibattimento ha travalicato i limiti processuali e le condizioni che governano l'istituto sotteso alla immediata declaratoria di cause di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1 a fronte della facoltà, legittimamente esercitata dal pubblico ministero di procedere alla precisazione, mediante contestazione suppletiva, di una circostanza aggravante nel corso del giudizio dibattimentale.

2. Va innanzi tutto ribadito il principio, ripetutamente espresso dal giudice di legittimità che in tema di nuove contestazioni, ira riconosciuto al P.M. il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa (sez. 3, n. 10551 del 14/06/1999, Brachetti, Rv. 214630 in applicazione del principio delineato da S.U., n. 4, del 28/10/1998, Barbagallo, Rv. 212757). E' stato successivamente precisato dal supremo consesso che le nuove contestazioni di cui all'art. 517 c.p.p. non devono essere necessariamente il precipitato di nuove emergenze processuali emerse nell'istruttoria dibattimentale, ma possono essere altresì la riconsiderazione di elementi di fatti già acquisiti nel corso del giudizio fin dalle indagini preliminari (sez. 2, n. 36842 del 6/07/2004, Nocito, Rv. 229729), non soltanto perchè non vi è alcun limite temporale all'esercizio del potere di modificare l'imputazione in dibattimento, ma anche perchè, da un lato, nel caso di reato concorrente, il procedimento dovrebbe retrocedere alla fase delle indagini preliminari e, dall'altro, nel caso di circostanza aggravante, la mancata contestazione nell'imputazione originaria risulterebbe irreparabile, essendo la medesima insuscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio penale (sez. 2, n. 3192 del 8/01/2009, Caltabiano, Rv. 242672). Per le medesime ragioni si è affermato che la modifica dell'imputazione di cui all'art. 516 c.p.p. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all'art. 517 c.p.p. possono essere effettuate all'esito dell'istruttoria dibattimentale anche nel caso in cui nel corso della medesima non siano emersi elementi di prova diversi da quelli di cui il pubblico ministero disponeva al momento dell'esercizio dell'azione penale (sez. 5, n. 16989 del 2/04/2014, Costa, Rv. 259857), in quanto l'imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva, come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l'oblazione (sez. 5, n. 8631 del 21/09/15, Scalia, Rv. 266081).

2.1 In conclusione deve affermarsi che il potere del pubblico ministero di procedere alla contestazione di una circostanza aggravante non è soggetta a preclusioni temporali fino alla chiusura dell'istruttoria dibattimentale di primo grado, nè a limiti di fonte potendo essere utilizzati a tale fine elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari, ovvero nella udienza preliminare, nonchè quelli emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale e, come emerge dal chiaro tenore dell'art. 517 c.p.p., non è sottoposto a condizioni o all'autorizzazione da parte del giudice del dibattimento e, semmai impone il rispetto del contraddittorio in favore dell'imputato e l'esercizio da parte di questi delle facoltà riconosciute dall'art. 519 c.p.p..

2.2 Appare evidente che la disciplina relativa alla contestazione suppletiva nel corso del giudizio assolve alla funzione di precisazione-integrazione dei temi dell'accusa in ossequio ai principi di economia processuale e di tutela del contraddittorio, una volta che lo stesso risulti costituito, ed è volta ad evitare che il procedimento regredisca alla fase della chiusura delle indagini preliminari e della formulazione dell'imputazione successivamente indicata nel decreto di citazione a giudizio, evenienza che risulterebbe inevitabile qualora sia data prevalenza al principio di immutabilità della contestazione originaria.

3. Anche la disposizione di cui all'art. 129 c.p.p. assolve ad una funzione di razionalizzazione del sistema processuale penale e di economia processuale laddove sussistano o sopravvengano le condizioni per pronunciare senza indugio specifiche cause di non punibilità tra cui, per quanto è qui di interesse, il proscioglimento dell'imputato per la mancanza di una condizione di procedibilità (querela).

3.1 Invero tale disposizione opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell'intero iter processuale (in ogni stato e grado del processo) della prospettiva di favorire la definizione del giudizio ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello stato, in primo luogo qualora valga a riconoscere la innocenza dell'imputato, in secondo luogo, come nella specie, allorquando non sussistano le condizioni per la utile prosecuzione dell'istanza punitiva per ragioni in rito. In tali evenienze l'ordinamento giuridico appresta uno strumento processuale che, nel rispetto del principio di legalità sancito dall'art. 1 c.p., si muove nella prospettiva di interrompere, allorchè emerga una causa di non punibilità, ogni ulteriore attività processuale e di addivenire senza indugio alla definizione del giudizio, cristallizzando l'accertamento a quanto già acquisito agli atti (sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403; sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, Cremonese, Rv. 225011; sez. U, n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269809).

3.2 Ovviamente l'ambito contenutistico della pronuncia ex art. 129 c.p.p. risulta modulato in base alla fase del procedimento in cui si prospetta o interviene la causa di non punibilità in quanto, se risulta consentito il proscioglimento predibattimentale dell'imputato ai sensi dell'art. 469 c.p.p. allorquando non sia utile il vaglio dibattimentale in quanto l'azione penale non deve essere iniziata o più proseguita, ovvero in ipotesi di estinzione del reato, una volta che il contraddittorio risulti costituito nella sua massima pienezza, il ricorso alla pronuncia in rito deve sottostare, a maggiore ragione, al rispetto del principio del contraddittorio in quanto in tale sede, così come nel giudizio di appello, il giudice è in grado di valutare la scelta della formula più favorevole per l'imputato, essendosi realizzata la piena dialettica processuale delle parti, ovvero, quando si prospetti una definizione in rito, di considerare la necessità di ultimare a istruzione dibattimentale, ovvero di sollecitare la definizione del giudizio soltanto all'esito di una preventiva interlocuzione dei contraddittori su tutti i temi processuali e probatori emersi o sollevati nel corso del giudizio.

Sotto questo profilo deve ribadirsi che il rispetto del principio del contraddittorio assume rilievo costituzionale e rango pregiudiziale ampiamente valorizzato dalla giurisprudenza EDU, la cui violazione costituisce la fonte di tutte le forme di nullità previste dal codice di rito. Ne consegue pertanto che "la sentenza emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali integra necessariamente la massima violazione del contraddittorio e, quindi risulta viziata da nullità assoluta e insanabile" (sez. U, 27/04/2017, Iannelli, cit.).

4. Il Tribunale di Siracusa, nel pronunciare sentenza di immediata declaratoria del proscioglimento dell'imputato per mancanza della condizione di procedibilità del reato di furto pluriaggravato, ha violato i principi sopra evidenziati, sia per avere sostanzialmente escluso, nel corso del dibattimento, la facoltà del PM di procedere alla contestazione suppletiva della circostanza aggravante della destinazione "a pubblico servizio" di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7, ultima parte, sia per avere anticipato la decisione, pervenendo ad una declaratoria ai sensi dell'art. 129 c.p.p. dettando, ancor prima della chiusura della istruzione dibattimentale, i termini della discussione finale (limitata alla ricorrenza di un mutamento del regime della procedibilità del reato ascritto), nonostante fosse stato sollevato dall'organo della procura l'incidente relativo alla contestazione suppletiva.

4.1 In sostanza, così facendo, il Tribunale di Siracusa, ha operato in maniera non dissimile dal giudice che dispone il proscioglimento prima del dibattimento senza considerare che il mutamento del regime della procedibilità era intervenuto nel corso del giudizio dibattimentale, una volta iniziata la istruzione dibattimentale, che il pubblico ministero aveva formulato una contestazione suppletiva la quale "in astratto" avrebbe consentito di ricondurre la fattispecie nell'alveo della punibilità di ufficio, omettendo del tutto di riconoscere all'imputato le garanzie previste dall'art. 519 c.p.p. una volta che la contestazione suppletiva era divenuta patrimonio del processo, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie, pure intervenute nel corso del giudizio, le quali avrebbero potuto concorrere a confortare la plausibilità della contestazione del PM (teste B.B., documentazione relativa all'accertamento eseguito in data 26/02/2016, documentazione fotografica relativa allo stato dei luoghi), limitandosi a rilevare la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale per mancata presentazione della querela da parte della persona offesa entro il termine di legge e invitando le parti a confrontarsi solo su tale tema, riconosciuto come pregiudiziale.

In tale modo il giudice è incorso in una inammissibile anticipazione del giudizio; ha negato il contraddittorio su temi decisivi quali gli esiti dell'istruttoria dibattimentale e la legittimità della contestazione suppletiva; ha sollecitato l'intervento delle parti solo sul tema della procedibilità e ha mutilato la discussione finale del suo naturale epilogo.

4.2 Orbene, la stessa disposizione di cui all'art. 469 c.p.p. consente al giudice di pronunciare il proscioglimento predibattimentale per alcune specifiche ipotesi (quali la improcedibilità dell'azione penale) dopo avere sentito le parti, soltanto quando per accertare la causa di proscioglimento "non è necessario procedere al dibattimento". Nel caso in specie il mutamento della procedibilità non solo era sopravvenuto alla instaurazione del giudizio in cui era già stata in parte svolta istruzione dibattimentale, ma la pronuncia di improcedibilità non costituiva neppure il pacifico approdo dell'applicazione di una disposizione sopravvenuta, laddove è rimasto del tutto inesplorato l'ambito di operatività della ipotesi ancora procedibile di ufficio a seguito della introduzione del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 2, comma 1, lett. i) e la sua compatibilità con il contenuto della imputazione (art. 625 c.p., comma 1, n. 7 e cioè se l'energia elettrica sottratta possa essere ritenuta destinata a pubblico servizio o a pubblica utilità) e del tutto irrisolto e non oggetto della discussione finale il tema della contestazione suppletiva, pure legittimamente formulata dal pubblico ministero, a seguito dell'invito rivolto alle parti di confrontarsi solo con l'argomento della sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale.

4.3 Se è vero infatti che all'esito della discussione, limitata alla questione sopra indicata, il giudice ha dato atto in motivazione di "non potere tenere conto, ai fini della decisione della contestazione eseguita dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 517 c.p.p.", è altrettanto vero che dall'esame delle scansioni processuali che hanno condotto alla pronuncia ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1, non emerge se sia stato consentito alle parti (ma dal tenore dell'ordinanza del giudice si può ragionevolmente escludere) di contraddire su tutti i temi emersi e sollevati nel corso del giudizio, in particolare sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati nel capo di imputazione di cui al decreto di citazione a giudizio, sulla rilevanza processuale e sostanziale delle emergenze istruttorie acquisite agli atti, sulla contestazione suppletiva avanzata dal pubblico ministero e sugli eventuali presidi riconosciuti all'imputato in conseguenza di essa, laddove il corso del giudizio è stato di fatto interrotto sul rilievo della ricorrenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale, pure in pendenza di temi che avrebbero giustificato la prosecuzione dell'istruttoria dibattimentale e il compiuto svolgimento del contraddittorio su di essi, fino alla discussione finale.

5. Così operando, il Tribunale di Siracusa ha di fatto trasformato il giudizio sulla responsabilità dell'imputata ad un mero accertamento sulla ricorrenza della causa di improcedibilità dell'azione penale, mortificando da un lato l'iniziativa del pubblico ministero la quale si esplica anche mediante l'esercizio dei poteri riconosciuti dagli art. 516, 517 c.p.p. ed, entro determinati limiti dall'art. 518 c.p.p., e dall'altra circoscrivendo il contraddittorio tra le parti, depotenziandolo di tutte le questioni relative a temi diversi dalla (ritenuta) sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale, finendo per operare alla stregua del giudice che pronuncia una sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell'art. 469 c.p.p., a discapito della piena dialettica processuale, ormai costituita tra le parti laddove, al fine del decidere, il giudice, una volta condotto a termine l'iter del giudizio dibattimentale, avrebbe avuto a disposizione tutti gli strumenti per confrontarsi con la res iudicanda allo stesso devoluta e all'esito di un contraddittorio pieno su di essa (sez. U, n. 12283 del 25/01/2015, De Rosa, Rv. 230529; sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403; sez. U, n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269809).

6. Orbene l'ingiustificata accelerazione verso l'epilogo "de plano" del giudizio, come sopra evidenziato, ha determinato un rilevante vulnus alla pienezza del contraddittorio sui temi che formavano oggetto del procedimento, determinandone un' ingiustificata strozzatura una volta che lo stesso era giunto al naturale epilogo dibattimentale e, al contempo, ha limitato l'iniziativa dell'ufficio del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale in una prospettiva di precisazione-integrazione del capo di imputazione, con riferimento alla ricorrenza di una circostanza aggravante la quale, se effettivamente riconosciuta come esistente anche a seguito di contestazione suppletiva, avrebbe assicurato la resistenza della fattispecie incriminatrice al mutamento delle condizioni di procedibilità pure introdotto, a fare data dal 30 dicembre 2023, dalla disciplina della riforma Cartabia.

7. Le inosservanze In cui è incorso il Tribunale di Siracusa sono riconducibili a ipotesi di nullità di ordine generale di cui all'art. 178 c.p.p. e in particolare a ipotesi di nullità (Ndr: testo non comprensibile), laddove attengono ai limiti dell'esercizio dell'azione penale ai sensi dell'art. 179 c.p.p. in relazione all'art. 178 c.p.p., lett. b) e al conseguente diritto delle parti private di contraddire sul punto; esse peraltro si atteggiano altresì quali vulnus alla stessa integrità del contraddittorio nel corso del giudizio, in quanto hanno determinato una ingiustificata limitazione al potere di intervento delle parti su temi decisivi del giudizio, nullità che, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, risulta comunque eccepita nei motivi di ricorso del pubblico ministero il quale, deducendo violazione della legge penale, ha chiaramente lamentato come illegittimo il sostanziale disconoscimento della propria legittimazione a procedere a contestazioni suppletive nel corso del giudizio.

8. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Siracusa per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Siracusa per l'ulteriore corso.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Udienza, il 4 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2023