1. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.
2. Il primo motivo di doglianza, di carattere processuale, risulta destituito di fondamento.
Nel ribaltare l'esito decisorio del giudizio di primo grado, la Corte di appello ha precisato di condividere "pienamente la valutazione delle prove dichiarative effettuata dal Tribunale, il cui giudizio assolutorio non si fonda affatto sulle dichiarazioni rese dai testimoni sentiti" (pag. 4 sent.).
Dal suo canto il Tribunale aveva, infatti, solo parzialmente accolto la tesi sostenuta dall'imputato, statuendo che "può, quindi, fondatamente affermarsi che A.A., nell'atto di pronunciare il giuramento decisorio del 22 gennaio 2019 abbia reso una dichiarazione obiettivamente falsa" (pag. 4 sent. Trib. Milano del 30 settembre 2021).
L'assoluzione era stata, infatti, pronunciata con la formula perchè il fatto non costituisce reato per difetto dell'elemento psicologico, avendo il giudicante ritenuto che l'imputato si trovasse al momento del giuramento "in condizioni tali da non poterlo lealmente prestare, avendo ad oggetto circostanze dedotte in termini generici e a lui non direttamente riferibili" (pag. 5 sen:. Trib. Milano cit.).
Un giudizio, quindi, orientato in senso decisivo dalla natura ritenuta confusa e dalla conseguente scarsa comprensibilità del quesito oggetto del giuramento deferito all'imputato, come tali direttamente incidenti, tanto da escluderlo, sull'elemento soggettivo degllecito penale.
Ciò premesso, risulta infondato l'assunto difensivo secondo cui ai fini della affermazione di responsabilità sarebbero risultate decisive le dichiarazioni rese dai due testimoni escussi in primo grado, C.C. e D.D.: è sufficiente leggere il passo della pronuncia impugnata per avvedersi che la Corte di appello ha dato atto di quelle dichiarazioni unicamente per sottolineare che lo stesso Tribunale aveva ritenuto accertato il debito della farmacia di cui il ricorrente era amministratore nei confronti della parte civile (v. pag. 4, penult. cpv. sent. appello).
Proprio al fine di prevenire eccezioni fondate sul mancato rispetto dell'art. 603, comma 3-bise c.p.p., la Corte territoriale ha, invece, disposto la citazione dell'imputato al fine di consentirgli di rendere esame nel corso della rinnovata istruttoria dibattimentale in appello, ma questi - come è dato leggere nella decisione impugnata - non ha inteso sottoporvisi.
Conclusivamente, dunque, non v'è stata alcuna difforme valutazione da parte della Corte di appello delle dichiarazioni testimoniali acquisite nel giudizio di primo grado (art. 603-bis c.p.p. e Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Rv. 267486) e v'è stata comunque rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ancorchè limitata alla citazione dell'imputato a rendere esame, rimasta senza esito.
3. Il sovvertimento della pronuncia liberatoria di primo grado è, piuttosto, avvenuto in forza di un percorso argomentativo svolto dalla Corte territoriale radicalmente diverso, alla cui base si trova la correzione di un errore di diritto in cui è incorso il Tribunale, che al fine di assolvere l'imputato per difetto dell'elemento psicologico del reato si è determinato a sindacare in maniera approfondita il contenuto del quesito sulla cui base era stato deferito il giuramento decisorio, da cui l'infondatezza della doglianza sull'assenza di una motivazione rafforzata.
La Corte di appello ha, infatti, correttamente evidenziate (v. infra) come il Tribunale abbia eluso l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la verifica dell'ammissibilità della formula del giuramento decisorio è riservata al giudice civile (ex plurimis Cass. civ. Sez. 1, n. 9831 del 2014), essendo precluso al giudice penale un sindacato retrospettivo dell'ammissibilità della formula ammessa nella distinta sede giurisdizionale, secondo un principio affermato anche dalla giurisprudenza penale di questa Corte di legittimità.
E' stato, infatti, stabilito che ai fini della configurabilità del reato di falso giuramento di cui all'art. 371 c.p., non assume alcuna rilevanza l'ammissibilità del giuramento secondo i parametri della legge civile, occorrendo invece in sede penale accertare se la dichiarazione giurata sia falsa o meno. Ciò comporta che la condotta dolosa della parte non può essere mai giustificata sul piano penale invocando le eventuali lacune o improprietà della formula di deferimento, fermo restando che spetta sempre al giurante la facoltà di apportare, ove occorra, precisazioni o chiarimenti ad essà, anche al fine di evitare che dalla formula deferita possa conseguire la falsità parziale della risposta; senza, dunque, che mai possa profilarsi per il delato la "necessità" di dire il falso (Sez. 6, n. 5599 del 11/02/1999, Gaspari, Rv. 213890) E ancora, che ai fini della configurazione del delitto di falso giuramento non assume alcuna rilevanza l'ammissibilità o la decisorietà del giuramento, da verificare in conformità alla legge civile, essendo sufficiente accertare la falsità della dichiarazione giurata. (Sez. 6, n. 1039 del 19/12/2012, dep.2013, PC in proc. Ceconi, Rv. 254034).
La Corte di appello ha anche correttamente osservato che tale giurisprudenza lascia al giurante la possibilità di apportare precisazioni e chiarimenti alla formula del giuramento, possibilità di cui l'imputato non si è, tuttavia, avvalso nel caso concreto e che l'art. 234 c.p.c. consente al deferito l'ulteriore facoltà di non dichiararsi pronto a prestare il giuramento, riferendolo alla controparte.
Ha osservato, infine, la Corte di merito che il giuramento era stato deferito nell'ambito di una controversa iniziata sei anni prima e che in detto periodo l'imputato aveva avuto il tempo e l'interesse per valutare, unitamente ai propri legali, l'effettività e la consistenza del debito,, mai peraltro costituente oggetto di contestazione in sede civile.
Le precedenti considerazioni valgono ad evidenziare l'infondatezza delle ulteriori doglianze formulate dal ricorrente (secondo, terzo e quarto motivo di ricorso).
Esse, infatti, oltre che essere declinate prevalentemente in punto di fatto e di merito, muovono dal medesimo, indefettibile quanto erroneo, presupposto che il giudice penale possa sindacare in maniera retrospettiva l'ammissibilità della formula di giuramento ammessa in sede civile, assunto che deve, invece, ritenersi infondato in forza dei suddetti principi nitidamente espressi dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, che il Collegio non ha alcun motivo di non condividere.
4. Al rigetto del ricorso consegue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e nel caso in esame anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile costituita (Omissis)B.B. Spa nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (Omissis)B.B. Spa che liquida in complessivi Euro 3.686,00 oltre accessori di legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2023