Giu La costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d'ufficio
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 21 novembre 2023 N. 46694
Massima
La costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d'ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma "Cartabia"), posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 21 novembre 2023 N. 46694

1. Con sentenza del 06 settembre 2022, il Tribunale di Trieste condannava A.A., in ordine alla contravvenzione di cui all'art. 659 c.p. alla pena di Euro 350 di ammenda, assolvendo nel contempo la stessa in ordine al reato di cui all'art. 660 c.p., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, arrecato reiterato disturbo al riposo e alle occupazioni degli abitanti di via (Omissis) mediante quotidiani, reiterati, insistiti e continuativi colpi sulle pareti perimetrali, sui soffitti, sui pavimenti, oppure battendo su ferro; in (Omissis).

2. Avverso tale sentenza l'imputata proponeva, tramite il difensore di fiducia, atto di appello, convertito in ricorso per cassazione; in particolare:

2.1. Col primo motivo di ricorso lamenta l'improcedibilità per mancanza di querela, posto che la riforma "Cartabia" ha reso il reato in esame procedibile a querela;

2.2 Con il secondo motivo lamenta l'omessa o erronea valutazione delle prove assunte in dibattimento, tutt'altro che chiare e convergenti;

2.2. Col terzo motivo lamenta violazione dell'art. 659 c.p. per mancanza dell'elemento materiale del disturbo del riposo o dell'occupazione delle persone.

3. In data (Omissis), il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato la propria requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dell'impugnazione. Con il secondo, terzo e quarto motivo, la ricorrente sollecita un diverso apprezzamento delle risultanze acquisite, che in questa sede è evidentemente precluso. Del resto, il Tribunale risulta aver fatto buon governo del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato (Sez. 3, n. 45262 del 12/07/2018, G., Rv. 273948 - 02). Sono state infatti valorizzate le dichiarazioni dei testi C.C., B.B., D.D. e E.E. in ordine ai rumori continuativamente provocati dalla ricorrente, di tal natura da diffondersi addirittura all'attigua palazzina (rumori riconducibili anche a condotte ragionevolmente volte ad arrecare disturbo alle persone). In ogni caso, si tratta di una valutazione adeguatamente argomentata, in termini immuni da censure deducibili in questa sede di legittimità. Dall'inammissibilità del ricorso derivano importanti effetti quanto al regime di procedibilità a querela introdotto, per il reato per cui è causa, dalla c.d. riforma Cartabia. E' stato invero chiarito, da recenti pronunce di questa Suprema Corte, che "nel giudizio di legittimità, l'inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sicchè non è necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva" (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, Saitta, Rv. 284155 - 01; in senso conforme, cfr. Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176 - 01). Non ricorre nemmeno una valutazione di ufficio dell'istituto ex art. 131-bis c.p. Se deve osservarsi che, se è vero che l'inammissibilità del ricorso non è ostativa al riconoscimento, anche in questa sede, della predetta causa di non punibilità (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 9466 del 15/02/2023, Castrignano, Rv. 284133 - 01), è anche vero che l'accoglimento della richiesta appare precluso, oltre che dalla mancata eccezione, dall'assoluta genericità delle deduzioni difensive sul punto. Invero, proprio la pronuncia qui appena richiamata ha posto l'accento su circostanze inidonee a determinare un'applicazione officiosa dell'istituto, tenuto conto di quanto concordemente affermato dai testi in ordine alla continuativa provocazione di rumori molesti, anche attraverso condotte del tutto esorbitanti, e come tali prive di giustificazioni diverse da quelle di dar luogo al disturbo delle occupazioni e soprattutto del riposo delle persone.

4. L'Avv. Berton Deborah, difensore fiduciario del sig. B.B., parte civile, ha depositato telematicamente in data (Omissis) le conclusioni scritte e la nota spese di cui ha chiesto la liquidazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto al primo motivo, esso è manifestamente infondato.

La giurisprudenza di legittimità ha affermato (Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, Rv. 284844 - 01) che "la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d'ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma "Cartabia"), posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione".

Nel caso di specie risulta dalla sentenza impugnata che le persone offese si sono costituite parti civili. Il motivo pertanto è manifestamente infondato.

Peraltro, come evidenziato dal P.G., dalla declaratoria di inammissibilità deriva anche l'ulteriore conseguenza secondo cui "nel giudizio di legittimità, l'inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sicchè non è necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva" (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, Saitta, Rv. 284155 - 01; in senso conforme, cfr. Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176 - 01).

3. Il secondo motivo e il terzo motivo sono inammissibili, e risentono della originaria proposizione dell'impugnazione come atto di appello.

Essi, infatti, pretendono una rivalutazione del compendio probatorio inammissibile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti del vizio di motivazione, nel caso di specie non sussistente: la sentenza chiarisce infatti in modo evidente la convergenza degli elementi di prova, derivanti dalle plurime deposizioni testimoniali (il provvedimento richiama le dichiarazioni dei testi C.C., B.B., D.D. e E.E. in ordine ai rumori continuativamente provocati dalla ricorrente), nel senso della sussistenza di continui disturbi al riposo e alle occupazioni delle persone abitanti in due distinte palazzine a qualunque ora del giorno e della notte, così risultando integrati sia l'elemento costitutivo del numero potenzialmente indeterminato di persone che quello del disturbo al riposo (rumori in orario notturno o antelucano) e alle occupazioni (in lockdown si lavorava in smart. working) delle persone. Sul punto, dunque, la Corte richiama il proprio consolidato orientamento quanto alla natura del sindacato di legittimità e ai vizi deducibili in caso di conformità delle sentenze di primo grado e di appello (cfr. sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, 1994, Rv. 197250; sez. 3 n. 13926 dell'01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615), con specifico riferimento alla inammissibilità di censure sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601; sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099).

I motivi di ricorso sono pertanto inammissibili.

4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro tremila.

5. All'inammissibilità segue la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita, liquidate in misura minima come da dispositivo, seguendo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 (Studio controversia Euro 472,50; fase decisionale Euro 1.370,50: somma liquidabile 1.843,00 Euro), aggiornati al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 1843, oltre accessori di legge.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2023