1. Con l'ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Civitavecchia, in applicazione del disposto dell'art. 24 bis c.p.p., rimetteva alla Corte di Cassazione la questione concernente l'eccezione di incompetenza per territorio, sollevata da A.A. e da B.B., nell'ambito del procedimento penale sorto a carico di questi ultimi, pendente attualmente innanzi al suddetto tribunale in composizione monocratica per il reato di cui all'art. 595 c.p., comma 3, L. n. 47 del 1948, art. 13, commesso con la condotta descritta nel capo d'imputazione, per avere, la B.B., nella qualità di autrice del servizio giornalistico, il A.A., in qualità di direttore del "TGS", mandato in onda un servizio di cronaca televisivo sul "TGS" dell'emittente televisiva "Canale 5", ritenuto offensivo della reputazione di C.C., con la circostanza aggravante di avere attribuito alla persona offesa un fatto determinato.
2. Il giudice remittente, premesso che nel caso in esame non si procede, nè risulta essersi separatamente proceduto nei confronti del concessionario del servizio radiotelevisivo o della persona da questi delegata al controllo della trasmissione televisiva in cui si assume essersi consumata la contestata diffamazione, si chiede se la disposizione speciale in materia di competenza per territorio, di cui alla L. 6 agosto 1990, n. 223, art. 30, comma 5, possa trovare applicazione "qualora vengano in rilievo", come nel caso in esame, "fatti di diffamazione consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato contestati esclusivamente a soggetti diversi dal concessionario del servizio radiotelevisivo o dalla persona da questi delegata al controllo sulla trasmissione".
Quesito rimesso con ordinanza alla valutazione di questa Corte, in presenza di un contrasto sul punto maturato all'interno della giurisprudenza di legittimità, evidenziato dal giudice remittente, in uno con il verbale di udienza; la memoria depositata dai difensori degli imputati a sostegno della proposta eccezione di incompetenza territoriale, volta a eccepire l'incompetenza per territorio del tribunale di Civitavecchia, individuato sulla base del luogo di residenza della persona offesa, come previsto dalla menzionata normativa speciale, in favore del tribunale di Monza, individuato dagli imputati sulla base del luogo di consumazione del reato attraverso l'irradiazione della trasmissione televisiva; il verbale dell'udienza preliminare e il decreto che dispone il giudizio.
3. Con requisitoria scritta del 22.6.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Dott. Andrea Venegoni, chiede che la questione proposta venga risolta, individuando nel tribunale di Civitavecchia il giudice competente per territorio, in ragione del luogo di residenza della persona offesa.
4. Sulla richiesta di rinvio pregiudiziale formulata dal tribunale di Civitavecchia deve disporsi non luogo a provvedere, per le seguenti ragioni.
5. Come è noto il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 4, comma 1, con decorrenza a partire dal 30 dicembre 2022, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, ex art. 6, ha introdotto nel codice di rito un nuovo istituto processuale, il "Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio", disciplinato dall'art. 24 bis c.p.p., che si salda alla previsione dell'art. 21 c.p.p., comma 2.
Secondo la norma di nuovo conio "prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'art. 491 c.p.p., comma 1, la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione. Entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, può essere altresì rimessa alla Corte di cassazione la questione concernente la competenza per territorio riproposta ai sensi dell'art. 21, comma 2" (art. 24 bis c.p.p., comma 1).
"Il giudice, nei casi di cui al comma 1, pronuncia ordinanza con la quale rimette alla Corte di cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione, con l'indicazione delle parti e dei difensori"" (art. 24 bis c.p.p., comma 2).
"La Corte di cassazione decide in camera di consiglio, secondo le forme previste dall'art. 127, e, se dichiara l'incompetenza del giudice che procede, ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente" (art. 24 bis c.p.p., comma 3).
Come è stato opportunamente osservato, il nuovo rimedio processuale, assimilabile agli istituti processuali in tema di impugnazioni, in quanto con esso si sollecita una decisione del giudice di legittimità con cui viene risolta in via tendenzialmente definitiva, come si vedrà meglio in seguito, una questione processuale controversa, trova la sua giustificazione in oggettive esigenze di speditezza e concentrazione, riconducibili al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, consacrato nell'art. 111 Cost., comma 2, in nome delle quali si è voluto evitare che il tema della competenza per territorio si trascini, attraverso l'impugnazione della sentenza di merito, sino al giudizio di legittimità, con conseguenze rilevanti nel caso di fondatezza della relativa eccezione, che imporrebbe inevitabilmente la ripresa ab initio del giudizio, previa trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente.
Su questo versante si è attestata la giurisprudenza di legittimità, in uno dei primi arresti sul tema, in cui si è evidenziato come la ratio della norma di cui si discute vada individuata nello scopo di evitare che l'eccezione di incompetenza territoriale tempestivamente sollevata venga respinta, ma resti come un "vizio occulto" del processo, con la possibilità che essa, accolta nei gradi successivi, determini la caducazione dell'attività processuale svolta medio tempore e la necessità di ricominciare l'iter processuale (cfr. Sez. 1, n. 20612 del 12/04/2023, Rv. 284720).
Orbene, ai fini della risoluzione della questione che ci occupa, occorre verificare, da un lato, se il nuovo art. 24 bis c.p.p., sia applicabile al caso in esame e, ove lo sia, se il giudice di merito abbia correttamente esercitato il suo potere discrezionale nel rimettere alla Corte di Cassazione la questione concernente la competenza per territorio.
Ritiene il Collegio che il primo quesito vada risolto positivamente, posto che alla data dell'adozione da parte del tribunale di Civitavecchia dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale (17.5.2023) la nuova disposizione era pienamente operativa, essendo entrata in vigore con decorrenza dal 30.12.2022.
Ne consegue che il provvedimento del giudice di merito risulta adottato correttamente sulla base della nuova previsione normativa, essendo stata riproposta dagli imputati l'eccezione di incompetenza per territorio entro il termine previsto dall'art. 491 c.p.p., comma 1, già proposta e respinta in sede di udienza preliminare, conformemente a quanto statuito, come si è visto, dall'art. 24 bis c.p.p., comma 1, secondo periodo, ed entro il medesimo termine il tribunale ha reso la menzionata ordinanza, mentre non risulta applicabile la disposizione di cui all'art. 24 bis c.p.p., comma 6, secondo cui "la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento", per l'ovvia ragione che quando le parti eccepirono nel corso dell'udienza preliminare del 30.9.2021 l'eccezione di incompetenza territoriale il nuovo istituto non era ancora vigente nell'ordinamento processuale.
L'ordinanza di rinvio appare, invece censurabile sotto il profilo del corretto esercizio del potere discrezionale da parte del giudice di merito. Sul punto ritiene il Collegio di condividere un serie di principi affermati nella richiamata decisione della Prima Sezione penale di questa Corte, di cui appare opportuno riportare la parte più significativa del percorso motivazionale seguito.
Come notano i giudici di legittimità "la relazione finale della "Commissione D.D." ha suggerito, in ossequio ai principi costituzionali dell'efficienza e della ragionevole durata del processo, di "responsabilizzare il giudice di merito" nella valutazione del rinvio incidentale alla Corte per la definizione della questione sulla competenza territoriale, orientando la scelta "solo al cospetto di questioni di una certa serietà", in modo da evitare potenziali usi strumentali dell'istituto derivanti da un automatismo defaticante connesso alla formulazione della eccezione.
E', cioè, necessario che la decisione del giudice sia affidata ad un canone di ragionevole presunzione di fondatezza della questione.
Rientra, in tal modo, nei poteri del giudice investito della questione sulla competenza per territorio sollevata dalla parte con istanza di rimessione, il rigetto dell'eccezione, ove ne delibi l'infondatezza, senza essere tenuto al rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione.
La norma di nuovo conio non fornisce espressamente indicazioni sul vaglio che deve compiere il giudice che "pronuncia ordinanza"; si tratta di un provvedimento che, alla luce dell'art. 125 c.p.p., deve essere motivato a pena di nullità e che si inserisce nel quadro delle disposizioni che regolano le decisioni sulla competenza.
Siccome nell'architettura dell'art. 24-bis c.p.p. il giudice procedente "può" - non deve - rimettere la questione alla Corte di cassazione, se sceglie di utilizzare il rinvio pregiudiziale, deve motivare e spiegare le ragioni di questa sua scelta e, quindi, prendere esplicita posizione sull'eccezione sollevata dalla parte". Diversamente opinando, si finirebbe per interpretare il rinvio pregiudiziale come una sorta di delega del giudice di merito al giudice di legittimità per la soluzione della questione di competenza: si tratterebbe di uno strumento indeterminato e dispersivo, che rischia di risultare inidoneo a raggiungere l'obiettivo che la norma ha inteso perseguire, poichè si costringerebbe la Corte di cassazione a valutare "al buio" la questione di competenza, senza la mediazione provvedimentale dell'atto di rimessione" (cfr. la già citata Sez. 1, n. 206:L2 del 12/04/2023, Rv. 284720).
Premesso che, come già detto, la ratio della norma va individuata nella finalità di "evitare che l'eccezione di incompetenza territoriale tempestivamente sollevata venga respinta, ma resti come un "vizio occulto" del processo, con la possibilità che essa, accolta nè gradi successivi, determini la caducazione dell'attività processuale svolta medio tempore e la necessità di ricominciare l'iter processuale", può concludersi nel senso che quando il giudice di merito è chiamato a confrontarsi con una questione di competenza territoriale, sia essa proposta o riproposta dalle parti ovvero rilevata d'ufficio dallo stesso giudice, secondo lo schema previsto dall'art. 24 bis c.p.p., comma 1, egli non ha il dovere di investire per la soluzione definitiva della questione stessa, la Corte di cassazione, in quanto l'adozione dell'ordinanza di rimessione rappresenta solo un possibile epilogo decisorio, frutto di una scelta di tipo discrezionale, plasticamente resa dall'uso del presente indicativo del verbo potere, che implica una preventiva valutazione della questione alla quale il giudice di merito non può sottrarsi, demandandone la soluzione, quasi sulla base di una sorta di mero automatismo processuale, al giudizio della Corte di Cassazione.
Tale assunto trova conferma, ad avviso del Collegio, nella circostanza che l'individuazione dell'autorità giudiziaria competente per territorio, può implicare accertamenti di fatto, riservati, per loro natura, al giudice di merito.
In questa prospettiva va, altresì, evidenziato che l'art. 24 bis c.p.p., comma 2, impone al giudice di merito di rimettere alla Corte di Cassazione "gli atti necessari alla risoluzione della questione" concernente la competenza per territorio, previsione che attribuisce al giudice di legittimità il potere di accedere agli atti del fascicolo, sull'evidente presupposto che ciò sia funzionale a risolvere una questione di natura processuale, tale configurandosi senza ombra di dubbio l'individuazione dell'autorità giudiziaria competente per territorio.
In applicazione di tali principi la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis c.p.p., proveniente dal tribunale di Civitavecchia non appare conforme al modello legale, come in precedenza delineato, per le seguenti ragioni.
Il giudice di merito, infatti, ha motivato il rinvio pregiudiziale dando atto, come si è detto, di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione in tema di individuazione del giudice competente per territorio, citando, al riguardo, due precedenti.
In particolare, da un lato, Sez. 1, n. 269 del 13/01/2000, Rv. 215382, secondo cui in tema di diffamazione commessa a mezzo di trasrnissioni radiofoniche e televisive, la competenza territoriale deve essere stabilita applicando la L. 6 agosto 1990, n. 223, art. 30, comma 5, e cioè con riferimento al luogo di residenza della parte lesa, chiunque sia il soggetto chiamato a rispondere della diffamazione. Ed invero la citata disposizione, nello stabilire tale competenza, menziona i "reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato", indipendentemente dalla persona che li abbia commessi. L'espressione ulteriore contenuta nella norma, e cioè "si applicano ai soggetti di cui al comma 1 le sanzioni previste dalla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 13", riguarda il trattamento sanzionatorio, non già il comportamento che costituisce il reato, sanzionato diversamente a seconda della qualifica della persona che lo abbia attuato. Ne segue che, quando nella suddetta L. n. 223 del 1990, comma 5 si menzionano, ai fini della determinazione della competenza sulla base del luogo di residenza della persona offesa, i reati di cui al comma 4, questi comprendono anche la diffamazione consistente nell'attribuzione di un fatto determinato che sia stata commessa da persona non rientrante tra quelle indicate nel comma 1; persona che, atteso il richiamo contenuto nella L. n. 47 del 1948, art. 21, stesso comma 5 dovrà essere quindi giudicata dal tribunale nel cui circondario risiede la persona offesa.
Dall'altro, Sez. 2, n. 34717 del 23/04/2008, Rv. 240687, alla luce del quale, le norme speciali di cui alla L. 6 agosto 1990, n. 223, art. 30 in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione con attribuzione di fatto determinato commesso attraverso trasmissioni televisive - secondo le quali si applicano le sanzioni previste dalla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 13 - valgono esclusivamente, come discende dal combinato disposto dei commi 1 e 4 della predetta disposizione, con riferimento ai soggetti in essa specificamente indicati, i quali si identificano nel concessionario privato, nella concessionaria pubblica ovvero nella persona da loro delegata al controllo della trasmissione: ne consegue che, per il divieto dell'interpretazione analogica esse non possono applicarsi al direttore della trasmissione (nella specie, il direttore di un telegiornale di una televisione privata locale).
Si tratta di due precedenti, tuttavia, risalenti nel tempo, rispetto ai quali il tribunale di Civitavecchia non si è confrontato, al fine di verificare se i termini del denunciato contrasto siano rimasti inalterati o meno, con la successiva evoluzione della giurisprudenza di legittimità, che in arresti ben più recenti sembra privilegiare la tesi secondo cui le norme speciali previste dalla L. 6 agosto 1990, n. 223, art. 30 in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione commesso attraverso trasmissioni televisive si riferiscono a soggetti specificamente indicati - il concessionario privato, la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione -, nè possono trovare applicazione analogica (si vedano, in questo senso, Sez. 5, n. 27823 del 19/04/2017, Rv. 270557; Sez. 5, n. 50987 del 06/10/2014, Rv. 261907, ma in senso contrario, cfr. Sez. 5, n. 4158 del 18/09/2014, Rv. 262168).
In questa omissione si coglie la mancanza di completezza da parte del giudice di merito nello svolgere la necessaria valutazione preventiva della questione di competenza per territorio, alla quale il suddetto giudice non può sottrarsi, demandandone la soluzione, quasi sulla base di una sorta di mero automatismo processuale, al giudizio della Corte di Cassazione.
Il tribunale, piuttosto, avrebbe dovuto compiutamente esplorare le ragioni del contrasto, anche alla luce dei più recenti interventi giurisprudenziali, saggiarne l'effettiva ed attuale consistenza in termini di incompatibilità delle soluzioni adottate e, solo nel caso in cui avesse maturato il (motivato) convincimento della impossibilità di addivenire a una soluzione sufficientemente appagante, avrebbe dovuto investire la Corte di Cassazione della relativa questione.
Alla decisione di non luogo a provvedere consegue la restituzione degli atti al tribunale di Civitavecchia per l'ulteriore corso.
P.Q.M.
dispone non luogo a provvedere.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 20 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2023