Giu Nei giudizi pendenti in sede di legittimità, l'improcedibilità per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022, non prevale sull'inammissibilità del ricorso
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 14 novembre 2023 N. 45735
Massima
Nei giudizi pendenti in sede di legittimità, l'improcedibilità per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non prevale sull'inammissibilità del ricorso, poiché, diversamente dall'ipotesi di "abolitio criminis", non è idonea a incidere sul cosiddetto giudicato sostanziale.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 14 novembre 2023 N. 45735

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4. La Sezione Quarta ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Palermo che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello per genericità in violazione dell'art. 581 c.p.p.. La Corte di appello ha ripetuto il giudizio e ha confermato l'accertamento di responsabilità del Tribunale di Palermo.

Il difensore che aveva inutilmente eccepito la prescrizione del reato in sede di discussione, l'ha reiterata con il primo motivo di ricorso per cassazione. L'eccezione non ha consistenza. Infatti, l'imputato è stato condannato per reato di furto di corrente elettrica ai danni dell'Enel, con manomissione del gruppo di misura, con la recidiva reiterata.

5. Per il furto aggravato, all'epoca dei fatti, 2007-2011, era prevista la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da lire 1.000 a lire 10.000.

All'imputato è stata applicata anche la recidiva reiterata, sia pure neutralizzata nella pena effettivamente irrogata dal riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura equivalente, ciò che non ne esclude, però, la rilevanza ai fini della prescrizione (tra le più recenti, Sez. 4, n. 38618 del 05/10/2021, Ferrara, Rv. 282057 - 01). E la recidiva reiterata incide sia sulla pena astratto, con i limiti dell'art. 63 c.p., comma 4, che prevede l'applicazione della pena stabilita per la circostanza più grave (Sez. 2, n. 32656 del 15/07/2014, Bovio, Rv. 259833; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 47028 del 03/10/2013, Farinella" Rv. 257520; Sez. 2, in. 33871 del 02/C)7/2010, Dodi, Rv. 248130), in presenza di più circostanze aggravanti speciali, tra cui la recidiva reiterata che comporta un aumento della pena della metà (Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664), sia conseguentemente sulla prescrizione.

L'art. 157 c.p. stabilisce che il tempo necessario a prescrivere per il delitto aggravato da circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e da circostanze a effetto speciale tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante, pari a un terzo. Ciò comporta che il termine di prescrizione non è di anni 6, bensì di anni 8.

Infatti, anche la nuova formulazione dell'art. 157 c.p. non prevede alcuna riserva circa l'affermata influenza delle circostanze ad effetto speciale sui termini di prescrizione per il caso che ne sia contestata più d'una, salvo il necessario coordinamento con la previsione dell'art. 63 c.p., comma 4, nel senso della imitazione dell'aumento di pena (Sez. 2, n. 31065 del 10/05/2012, Lo Bianco, Rv. 253525) L'art. 161 c.p., comma 2, poi, quantifica il tempo del'interruzione, in caso di recidiva dell'art. 99 c.p., comma 4, in cui rientra la recidiva reiterata, in due terzi, per cui il termine massimo di prescrizione del furto aggravato è di anni 13 e mesi 4.

Come spiegato nella sentenza Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018, Pireddu, Rv. 273490-01, è consolidato in giurisprudenza l'orientamento secondo cui la recidiva reiterata, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ai sensi dell'art. 157 c.p., comma 2, e, in presenza di atti interruttivi, anche su quello del termine massimo, in ragione della entità della proroga, ex art. 161 c.p., comma 2, (Sez. 2, n. 5985 del 10/11/2017 - dep. 2018, Scaragli, Rv. 272015; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 50089 del 28/10/2016, Lofiego Raco, Rv. 268214; Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017, Zandomeneohi, Rv. 271802); orientamento, questo, che non comporta alcuna violazione del ne bis in idem in senso sostanziale (in quanto è sempre I legislatore ad indicare i criteri per applicare l'elemento astrattamente suscettibile di assumere doppia valenza), nè dell'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine vs. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l'istituto della prescrizione (Sez. 6, n. 48954 del 21/09/2016, Lamirowski, Rv. 268224).

Al momento della decisione della Corte di appello in sede di rinvio, in data 20 settembre 2022, non era maturato ancora il termine di prescrizione rispetto all'ultimo episodio delittuoso contestato al (Omissis). Infatti, il furto di energia elettrica rientra tra i delitti a consumazione prolungata (o a condotta frazionata), perchè l'evento continua a prodursi nel tempo, sebbene con soluzione di continuità, sicchè plurime captazioni di energia che si susseguono, costituiscono singoli atti di un'unica azione furtiva, posticipando la cessazione della consumazione fino all'ultimo prelievo (Sez. 5, n. 1324 del 27/10/2015, dep. 2016, Caudo, Rv. 265850-01), per cui il termine di prescrizione decorre dall'ultima dalle plurime captazioni di energia, che costituiscono i singoli atti di un'unica azione furtiva a consumazione prolungata (Sez. 4, n. 53456 del 15/11/2018, Fargetta, Rv. 274501 - 01).

6. La condanna resiste anche alla riforma Cartabia. Per effetto del D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 2, comma 1, lett. L, il furto aggravato è divenuto procedibile a querela, mentre è rimasto procedibile d'ufficio quando ricorrono le circostanze di cui al n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis dell'art. 625 c.p.. Nello specifico, risulta contestata in fatto anche l'aggravante del n. 7 trattandosi di furto di cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità come l'energia elettrica (Sez. 4, n. 1850 del 07/01/2016, Cagnassone, Rv. 266229-01).

A prescindere da tali considerazioni, però, deve osservarsi che nei giudizi pendenti in sede di legittimità, l'improcedibilità per mancanza di querela, necessaria per reati divenuti procedibili a querela a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non prevale sull'inammissibilità del ricorso, poichè" diversamente dall'ipotesi di "abolitio criminis", non è idonea a incidere sul cosiddetto giudicato sostanziale (Sez. 5, n. 5223 del 17/01/2023, Colombo, Rv. 284176-01 e Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., non mass.) 7. E che il ricorso sia inammissibile deriva non solo dalla manifesta infondatezza del primo motivo sulla prescrizione ma anche dalla genericità della seconda doglianza sul giudizio di bilanciamento delle circostanze. Infatti, il ricorrente ha dedotto come argomenti in suo favore le condizioni di vita e il fatto che i precedenti erano risalenti, lamentando che la Corte territoriale aveva affermato che non vi era stata allegazione sul punto e riportando uno stralcio incompleto della motivazione della sentenza impugnata, così travisandone il senso. I Giudici di appello hanno scritto in sentenza: "Ebbene, nel caso in esame, non emergono altri elementi, nè la difesa ha provveduto ad indicarli, oltre a quelli già positivamente apprezzati dal primo decidente che consentano da indurre (refuso nel testo) la mitigazione del carico sanzionatorio, già prossimo al minimo edittale, considerata la rilevanza del danno cagionato all'Enel". A differenza di quanto argomentato dal ricorrente, quindi, la Corte territoriale ha valutato gli elementi a favore e ha confermato la valutazione del primo Giudice che li aveva giudicati sufficienti ai fini del giudizio di equivalenza delle circostanze. Rispetto a tale motivazione, h ricorrente avrebbe dovuto dedurre ulteriori argomenti, ciò che non ha fatto.

La sentenza impugnata resiste pertanto anche a questa censura.

Sula base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2023