1. Il primo motivo è inammissibile.
In disparte la circostanza che dal tenore dell'istanza di applicazione della pena, presentata dell'imputato in data 04/04/2023, non risulta affatto quanto sostenuto dal ricorrente, e cioè che egli avesse subordinato la richiesta di applicazione della pena alla sostituzione della stessa (le due richieste sono, anzi, anche graficamente distinte), dal testo della sentenza impugnata emerge che il Pubblico Ministero si era opposto a tale sostituzione, essendo chiaramente specificato che questi aveva dato il suo "consenso al patteggiamento ma non anche alla chiesta conversione".
Nessuna convergenza si era verificata, dunque, tra le parti sul punto, come sarebbe stato invece necessario ai fini dell'applicazione di una pena sostitutiva, la quale, si evince dal comma 1 dell'art. 444 c.p.p., deve formare oggetto dell'accordo.
Di conseguenza, posto che l'art. 448, comma 1-bis, c.p.p. (applicabile nel caso di specie ratione temporis) - coerentemente, d'altronde, con i principi che presidiano la procedura negoziata in esame - subordina l'accoglimento della richiesta da parte del giudice al riscontrato incontro delle volontà delle parti (in tal senso, quantomeno, Sez. 4, n. 33935 del 08/06/2023, Pagano, non mass.; Sez. 4, n. 32694 del 23/06/2023, Malorgio, non mass.), anche a sorvolare sulla aspecificità del motivo di ricorso (vi si deduce una generica "erronea applicazione della legge penale in riferimento all'art. 444 c.p.p. "), nel provvedimento impugnato non è dato ravvisare nè un vizio relativo all'espressione della volontà dell'imputato, nè un vizio relativo al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
Ribadito quanto poc'anzi rilevato sul mancato raggiungimento dell'accordo tra le parti (che avrebbe comunque precluso la sostituzione della pena, nel caso di specie) e pure prescindendo dal fatto che la difesa ha formalmente dedotto nel ricorso un vizio di motivazione non eccepibile in Cassazione, nemmeno si configurerebbe, a tutto voler concedere, un profilo di illegalità della pena, unico tema deducibile con riguardo alla sanzione concordata, fermo restando che, come già precisato da questa Corte, la sostituzione della pena non rappresenta un diritto dell'imputato (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Agostino, non mass.) e che comunque, a fronte del compito di valutare la congruità della pena, il mancato rilievo circa la possibilità di sostituire la pena detentiva si risolve, nell'ambito della presente procedura, nel diniego della sostituzione e nella conferma della sola pena concordata.
3. Alla valutazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell'art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Dispone, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2023