Il ricorso è inammissibile. Tuttavia, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena, dovendosene rilevare d'ufficio l'illegalità.
1. Deve, in primo luogo, osservarsi che in atti è presente la querela sporta da B.B. per il fatto di cui l'imputato è stato ritenuto responsabile (cfr. querela sporta il (Omissis)).
2. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso è del tutto generico, manifestamente infondato e versato in fatto.
La Corte di appello ha dato analiticamente conto degli elementi a carico dell'imputato (costituiti non solo dalle dichiarazioni dell'offeso ma anche di altri soggetti presenti al momento del fatto, argomentando sulla loro credibilità ed attendibilità, nonchè dal referto medico e dagli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria); ha esplicitato le ragioni per cui non ha ritenuto atte a scalfirne la portata rappresentativa le deposizioni dei testi a discarico (rimandando la discordanza del loro narrato); e il ricorso ha inteso censurare tale iter, congruo e logico, con asserti del tutto generici, che hanno pure prospettato irritualmente in questa sede di legittimità la mancanza della prova, senza neppure denunciarne il travisamento (cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 - 01).
2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte distrettuale ha indicato nella gravità delle conseguenze lesive prodotte e nei motivi che hanno dettato la condotta illecita dell'imputato (il fatto che la persona offesa l'abbia invitato a liberare la carreggiata della pubblica via, occupata dal mezzo del A.A. intento a discutere animatamente con altri), esplicitando gli elementi - rientranti nel novero di quelli previsti dall'art. 133 c.p. - che ha considerato preponderanti nell'esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 - 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 - 01); ragion per cui il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, oltre che del tutto generico poichè ha mosso censure assertive che non si confrontano compiutamente con la ratio della decisione (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01).
3. Fermo quanto appena esposto, l'imputato è stato condannato per il delitto di cui all'art. 582 c.p. per aver cagionato alla persona offesa lesioni personali guaribili in trenta giorni; e per esso gli è stata irrogata la pena di un anno di reclusione. Tuttavia, questa Corte ha già affermato che, in tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 2, comma 1, lett. b), sussiste la competenza per materia del giudice di pace (Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023, Cinquina, Rv. 284375 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 10669 del 31/01/2023, T., Rv. 284371; Sez. 5, n. 16537 del 11/01/2023, Leveque, n. m.); e il Collegio intende dare continuità a detto orientamento, per le ragioni di seguito chiarite; con la conseguente illegalità della pena detentiva inflitta in luogo di una delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 52, comma 2, lett. b).
3.1. Invero, la recente riforma ex D.Lgs. n. 150 del 2022 ha modificato l'art. 582 c.p., e in particolare il regime di procedibilità delle lesioni personali, ponendo come regola al comma 1, a differenza del testo previgente, la procedibilità a querela ("chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni"); e prevedendo al comma 2 le ipotesi di procedibilità d'ufficio, sia pure con talune eccezioni ("si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 61, numero 11 octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel comma 1, numero 1), e nel comma 2 dell'art. 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità").
Il Legislatore, con tale opzione normativa, ha inteso uniformarsi a "criteri di efficienza" mediante l'estensione della procedibilità a querela per le lesioni personali di durata compresa tra ventuno e quaranta giorni (laddove già in precedenza erano procedibili a querela, in mancanza delle aggravanti indicate dalla legge, le lesioni di durata non superiore a venti giorni: cfr. art. 582, comma 2, c.p. nel testo anteriore alla novella); e ha previsto che da ciò deriverà un "effetto deflattivo (...) significativo" sul carico giudiziario, "ancor più in considerazione del fatto che l'intervento di riforma comporta indirettamente un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina di cui al D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, comma 1, lett. a), che attribuisce al giudice (onorario) la competenza per le lesioni personali perseguibili a querela di parte" (cfr. la Relazione illustrativa che ha accompagnato il decreto 150 cit.).
La riforma, per l'appunto, non è intervenuta direttamente sul D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, in tema di competenza per materia del giudice di pace, il cui testo è rimasto invariato e, per quel che qui interessa (cfr. art. 4, comma 1, lett. a), cit.), continua ad includere il delitto consumato o tentato previsto dall'art. 582 c.p., "limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'art. 577, comma 2, ovvero contro il convivente", nonchè - per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 236 del 14 dicembre 2018 - ad esclusione dei fatti di lesioni personali ex art. 582, comma 2, commessi contro l'ascendente o il discendente di cui al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p. o contro gli altri soggetti elencati al numero 1) del comma 1 dell'art. 577 c.p. (come già modificato dall'art. 2 della L. 11 gennaio 2018, n. 4). La Consulta ha chiarito che la disposizione di cui all'art. 4 appena indicata contiene un rinvio "mobile" (formale o dinamico) al testo del codice penale (cfr. Corte Cost. 236/2018, cit.), ossia un rinvio che "collega la disposizione rinviante a quella richiamata non solo nella formulazione attuale al momento del rinvio, ma anche in quelle eventualmente succedutesi a seguito della sua modifica (e, dunque, in ultima analisi, a tutte le diverse formulazioni che la fonte richiamata può, nel tempo, conoscere)" (Sez. U, n. 17615 del 23/02/2023, Lombardi Ronzulli, n. m. sul punto; e ciò a differenza del "rinvio fisso (o recettizio o statico) (che) riguarda una disposizione richiamata nel testo storicamente vigente al momento in cui venne previsto il rinvio con l'introduzione della disposizione rinviante (o in altro momento normativamente definito), senza che debba tenersi conto delle modifiche che la disposizione richiamata possa conoscere nel tempo": ivi; sulla distinzione tra rinvio dinamico e statico, cfr. pure Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, n. m. sul punto). Ed è per l'appunto il carattere "mobile" del rinvio all'art. 582 c.p., "limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela di parte" (con le esclusioni sopra indicate) a denunciare un "difetto di coordinamento" (Sez. 5, n. 12517/2023, cit.) tra la norma sostanziale novellata e quella processuale rimasta invariata. E ciò proprio per il fatto che oggi le ipotesi di lesioni personali procedibili a querela di parte sono contemplate anzitutto dall'art. 582, comma 1, c.p. (che pone l'esposta regola generale), laddove l'art. 582, comma 2, cit. indica le ipotesi procedibili d'ufficio (come eccezione alla regola generale) con talune eccezioni procedibili a querela (efficacemente definite l'eccezione dell'eccezione).
E' opportuno pure segnalare che non può ritenersi che la novella in esame abbia abrogato in parte qua il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4. Ed infatti - al di là dell'ipotesi di abrogazione per dichiarazione espressa del legislatore che, come esposto, non ricorre - le leggi "non sono abrogate che (.,.) per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perchè la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore" (art. 15 Prel.), ossia per abrogazione tacita (cfr. Sez. U, n. 698 del 24/10/2019, dep. 2020, Sinito, Rv. 277470). A tale ultimo riguardo, anche di recente le Sezioni Unite hanno ricordato che, come osservato dalla Corte costituzionale, "il riconoscimento della fattispecie dell'abrogazione tacita deve essere accertato con il massimo rigore, al fine di preservare il ruolo del giudice penale rispetto alla legge e scongiurare il rischio che il medesimo giudice possa vedersi attribuito o comunque svolgere "il compito di perseguire un obiettivo di politica criminale svincolandosi dal governo della legge al quale è invece soggetto (Cost., art. 101, comma 2)" (sent. n. 115 del 2018)" (Sez. U, n. 17615/2023, cit.). Proprio tale rigore conduce ad escludere l'abrogazione tacita dell'art. 4, comma 1, lett. a), cit., dato che il D.Lgs. n. 150 del 2022 non ha disciplinato funditus la competenza del giudice di pace nè ha posto una normativa del tutto incompatibile con la disposizione in discorso.
Ed allora, al fine di comporre il difetto di coordinamento (tenuto conto pure dell'intentio legis espressa nel D.Lgs. n. 150 del 2022, che non ha inteso affatto limitare la sfera dei reati di competenza del giudice di pace), come già rilevato da questa Corte, il rinvio contenuto nell'art. 4, comma 1, lett. a), cit. va riferito alle ipotesi di lesioni personali procedibili a querela (ancora menzionate nello stesso art. 4), non attribuendo valore dirimente alla menzione dell'art. 582, comma 2, c.p. che oggi contempla le ipotesi procedibili d'ufficio; con l'eccezione, ovviamente, delle ipotesi procedibili riservate alla competenza del tribunale (segnatamente in forza della sentenza n. 236/2018, pure menzionate dall'art. 582, comma 2, cit.).
Va osservato che dalla disciplina oggi vigente derivano conseguenze significative in relazione alle lesioni personali attribuite alla competenza del giudice di pace, che per l'appunto comprende - ferme le dette eccezioni - le ipotesi in cui sia stata cagionata una malattia non superiore a quaranta giorni (fermo restando che quelle le lesioni personali di durata superiore sono ancora oggi, ovviamente, di competenza del tribunale, perchè procedibili d'ufficio ex artt. 582, comma 2, e 583, comma 1, lett. a), c.p.): infatti, a seguito della novella, il giudice di pace è chiamato a conoscere fattispecie di lesioni personali che non possono sempre dirsi di gravità limitata; e dalla competenza del giudice onorario discende l'insussistenza dei presupposti per applicare misure precautelari e cautelari, il che può frustrare le effettive esigenze di tutela e risultare distonico rispetto alla "peculiarità della giurisdizione di pace" in diverse occasioni evidenziata dalla giurisprudenza costituzionale e dalle Sezioni Unite e correlata sempre a "reati di minore gravità" (Sez. U, n. 28909 del 27/09/2018 - dep. 2019, Treskine, Rv. 275870 - 01).
3.2. Da quanto esposto consegue l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano (cfr. Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689 - 01: "spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l'illegalità della pena determinata dall'applicazione di sanzione ab origine contraria all'assetto normativo vigente perchè di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale", resa proprio in una fattispecie relativa ad irrogazione della pena detentiva per il reato di cui all'art. 582 c.p., in luogo delle sanzioni previste, per i reati di competenza del giudice di pace, dal D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, art. 52).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2023