Giu modulo prestampato ed esclusione dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 483 c.p.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 22 settembre 2023 N. 38749
Massima
In tema di elemento soggettivo del reato di cui all'art. 483 c.p., deve essere esclusa la configurabilità del dolo generico quando la dichiarazione ritenuta non veritiera sia contenuta in un modulo prestampato ed attesti soltanto la rispondenza di una data situazione di fatto ad una normativa genericamente indicata, senza, però, la precisa indicazione delle condizioni normative e delle circostanze fattuali attestate, in quanto per l'integrazione del delitto è necessaria la coscienza e volontà di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, non essendo, invece, sufficiente la mera colposa omissione di indagine sul significato delle indicazioni contenute nel modulo.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 22 settembre 2023 N. 38749

1.II ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per carenza dell'elemento soggettivo del delitto.

2. Integra il reato di cui all'art. 483 c.p. la dichiarazione resa dal privato che attesti a un pubblico ufficiale una situazione obiettiva e concreta in una dichiarazione sostitutiva di notorietà la quale è destinata per espressa disposizione di legge a provare la veridicità delle asseverazioni in essa contenute e a essere trasfuse in un atto pubblico (Cfr. Sez. 1 n. 22888 del 09/05/2006, Rv. 234879). Infatti, a norma dell'art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 - emanata per venire incontro alle esigenze di semplificazione delle documentazioni amministrative nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati cittadini - le dichiarazioni sostitutive di certificazioni sono state pienamente equiparate agli effetti penali agli atti pubblici, essendo "considerate come fatte a pubblico ufficiale", che, naturalmente, le raccoglie in un atto pubblico. Pertanto, come già affermato da questa Corte, le dichiarazioni rese ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445 del 2000 devono essere incluse tra gli atti pubblici, con ogni conseguenza di legge derivante dalla falsità delle medesime. (Sez. 5 n. 29469 del 07/05/2018, Rv. 273331; Sez. 5 n. 25927 del 07/02/2017, Rv. 270447; Sez. 5 n. 7857 del 26/10/2017, Rv. 272277; Sez. 5 n. 30099 del 15/03/2018, Rv. 273806) Sez. 5 n. 25927 del 07(02/2017, Rv. 270447).

3. Dalla ricostruzione dei giudici di merito emerge che la dichiarazione incriminata venne rilasciata sottoscrivendo un modulo prestampato nel quale il dichiarante affermava di "essere in possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 16 del D.P.G.R. 41/R del 30/07/2013 e che non sussistono nei propri confronti "cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011 "(Codice Leggi Antimafia).

4. Ora, il richiamato art. 16 del D.P.G.R. n. 41/R Toscana del 30/07/2013, che si assume violato, è rubricato: - Requisiti di onorabilità del personale e contrattualistica di riferimento - e recita:

"1. Costituisce requisito per l'esercizio delle funzioni di coordinamento pedagogico, educatore e operatore ausiliario presso i servizi educativi il non aver riportato condanna definitiva per i delitti non colposi di cui al libro II, titoli IX, XI, XII e XIII del codice penale, per la quale non sia intervenuta la riabilitazione.2. Al personale impiegato nei servizi educativi viene applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento per il soggetto titolare o gestore del servizio siglato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale." 5. Dall'esame del modulo in questione, emerge che in esso manca ogni specificazione del requisito della ‘moralità', che richiede venga attestato, e questo produce ricadute sull'elemento soggettivo del reato.

In tema di elemento soggettivo nella sottoscrizione di dichiarazioni contenute in moduli prestampati, si afferma, infatti, nella giurisprudenza di legittimità, che è esclusa la configurabilità del dolo generico quando la dichiarazione ritenuta non veritiera sia contenuta in un modulo prestampato ed attesti soltanto la rispondenza di una data situazione di fatto ad una normativa genericamente indicata, senza, però, la precisa indicazione delle condizioni normative e delle circostanze fattuali attestate, in quanto per l'integrazione del delitto è necessaria la coscienza e volontà di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, non essendo, invece, sufficiente la mera colposa omissione di indagine sul significato delle indicazioni contenute nel modulo (sez. 5, n. 2496 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278134). Più specificamente, in tema di dichiarazione sulla propria integrità morale, in una situazione analoga a quella qui in scrutinio, è stata esclusa la falsità ideologica commessa dal privato (art. 483 c.p.), nella condotta di colui che, in sede di autocertificazione allegata alla domanda di ammissione per l'aggiudicazione di un appalto pubblico, riempia un modulo prestampato, fornito dall'ente appaltante, dichiarando di non avere subito condanne incidenti sulla propria affidabilità morale e professionale, ancorchè destinatario di due risalenti condanne per reati fiscali e fallimentari, stante la plausibilità dell'assenza in capo all'imputato della piena consapevolezza e volontà della falsità delle sue dichiarazioni (sez. 5, n. 25468 del 14/01/2015, Rv. 265135).

6. In effetti, nel presente procedimento, l'imputato si è limitato a sottoscrivere una dichiarazione, già prestampata su carta intestata del Comune di (Omissis), la quale -visionando il documento - non consiste nell'affermazione di non avere mai subito condanne, ma di "essere in possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 16 DPGR 41/R del 30.7.2013". Dalla lettura del documento, emerge che il riferimento ai "requisiti morali" è del tutto generico,, e questo comporta l'inconfigurabilità del dolo: una dichiarazione contenuta in un modulo prestampato di non immediata comprensione, o addirittura implicante un giudizio di valore non ancorato ad alcun dato fattuale, non può supportare il giudizio inferenziale che conduce al dolo, in quanto, in tal caso, piuttosto, la responsabilità per il delitto di cui all'art. 483 c.p., verrebbe fondata, non già sulla coscienza e volontà di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero, ma sulla base di una colposa omissione di indagine, per avere il privato mancato di svolgere approfondimenti finalizzati a rendere chiaro il contenuto del modulo; tale colposa omissione, tuttavia, non è suscettibile di integrare il delitto di cui all'art. 483 c.p., che è punibile a titolo di dolo.(cfr. Sez. 5, n. 12710 del 27/11/2014 (dep. 2015) Rv. 263888).

7. L'esito del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato per carenza del dolo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2023