Tale norma, introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 35, comma 1, lett. a), n. 2) nel contesto della riforma del rito nel giudizio di legittimità, è intervenuta sull'art. 611 c.p.p. ed ha previsto che la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione avvenga in camera di consiglio, con contraddittorio scritto senza l'intervento delle parti, previsione della trattazione dei ricorsi con contraddittorio scritto che diviene rito ordinario per i giudizi di cassazione, a cui si può derogare solo in presenza di specifici presupposti e previa richiesta delle parti o decisione della corte stessa.
Si tratta di una previsione che, in parte, riprende la disciplina normativa del c.d. rito cartolare introdotta dalle norme emergenziali Covid. Il rito cartolare nel giudizio di legittimità si applica nei casi indicati dall'art. 611 c.p.p., comma 1 bis e con le modalità per la richiesta per la trattazione indicate nel comma 1 ter del medesimo articolo. In particolare, e in questo si differenzia dalla previsione della L. n. 176 del 2020, art. 23 la richiesta delle parti deve essere presentata a pena di decadenza entro dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza.
Negli stessi casi di cui all'art. 611 c.p.p., comma 1 bis la Corte di cassazione può d'ufficio disporre la trattazione del ricorso con la partecipazione delle parti "per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame", dandone comunicazione alle parti (art. 611 c.p.p., comma 1 - quater) e "se ritiene di dare una definizione giuridica diversa" (art. 611 c.p.p., comma 1-sexies).
Anche a voler ritenere che la disposizione sia immediatamente applicabile, si deve rilevare che non sussistano gli ulteriori presupposti applicativi, non ricorrendo un'ipotesi di "rilevanza delle questioni trattate", che, peraltro, neppure il difensore rappresenta, nè l'ulteriore ipotesi di cui al comma 1 sexies.
4. Va disattesa, in primo luogo, la richiesta di applicazione della disposizione di cui all'art. 611 c.p.p., comma 1-quater.
Tale norma, introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 35, comma 1, lett. a), n. 2) nel contesto della riforma del rito nel giudizio di legittimità, è intervenuta sull'art. 611 c.p.p. ed ha previsto che la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione avvenga in camera di consiglio, con contraddittorio scritto senza l'intervento delle parti, previsione della trattazione dei ricorsi con contraddittorio scritto che diviene rito ordinario per i giudizi di cassazione, a cui si può derogare solo in presenza di specifici presupposti e previa richiesta delle parti o decisione della corte stessa.
Si tratta di una previsione che, in parte, riprende la disciplina normativa del c.d. rito cartolare introdotta dalle norme emergenziali Covid. Il rito cartolare nel giudizio di legittimità si applica nei casi indicati dall'art. 611 c.p.p., comma 1 bis e con le modalità per la richiesta per la trattazione indicate nel comma 1 ter del medesimo articolo. In particolare, e in questo si differenzia dalla previsione della L. n. 176 del 2020, art. 23 la richiesta delle parti deve essere presentata a pena di decadenza entro dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza.
Negli stessi casi di cui all'art. 611 c.p.p., comma 1 bis la Corte di cassazione può d'ufficio disporre la trattazione del ricorso con la partecipazione delle parti "per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame", dandone comunicazione alle parti (art. 611 c.p.p., comma 1 - quater) e "se ritiene di dare una definizione giuridica diversa" (art. 611 c.p.p., comma 1-sexies).
Anche a voler ritenere che la disposizione sia immediatamente applicabile, si deve rilevare che non sussistano gli ulteriori presupposti applicativi, non ricorrendo un'ipotesi di "rilevanza delle questioni trattate", che, peraltro, neppure il difensore rappresenta, nè l'ulteriore ipotesi di cui al comma 1 sexies.
La richiesta della difesa di trattazione del ricorso nel contraddittorio va, pertanto, disattesa.
5. Nel merito, il ricorso è fondato con riguardo quarto motivo di ricorso, nel resto risulta manifestamente infondato.
Sono inammissibili i primi due motivi di ricorso che per un verso sono tesi ad una alternativa ricostruzione probatoria, avulsa da specifici travisamenti della prova non dedotti, e, per altro, verso manifestamente infondati là dove censurano il vizio di motivazione.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest'ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
6. Ciò premesso, la sentenza impugnata ha tratto la prova della responsabilità penale del ricorrente in via logica dagli accertamenti in punto di fatto e segnatamente dall'essere il A.A., il titolare di una ditta di autotrasporti su ruota, dagli esiti dell'accertamento effettuato dai militari della Guardia di Finanza, su un serbatoio di carburanti (munito di pistola per erogazione) presente in loco, ove la ditta individuale aveva sede, che conteneva, all'esito della misurazione con asta metrica, circa litri 200 di gasolio. Ora il ricorrente per un verso contesta la natura di sostanza contenuta nel serbatoio ritenuta "gasolio", poichè non sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Ma la sentenza impugnata ha ritenuto tale natura in via logico deduttiva da precise circostanze del fatto che rendono del tutto congrua la motivazione, Segnatamente, il Tribunale ha tratto la prova della natura della sostanza detenuta quale gasolio, dall'esistenza di un impianto per l'erogazione (munito di pistola) presso la sede di una ditta di autotrasporti su ruote che necessita di gasolio per autotrazione per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Tale motivazione non presta il fianco a rilievi qui sindacabili. Allo stesso modo contesta la circostanza che l'impianto di distribuzione fosse in esercizio, censura questa rispetto la quale valgono le stesse considerazioni sopra svolte non avendo peraltro contestato di non svolgere all'epoca dei fatti l'attività di autotrasportatore.
7. Il terzo motivo di ricorso appare manifestamente infondato perchè contrario all'orientamento consolidato di legittimità.
Il diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all'art. 62 bis c.p. è stato argomentato in ragione dei precedenti penali. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purchè sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione, essendo sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai precedenti penali dell'imputato (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 - 01).
7. Il quarto motivo di ricorso è fondato. La sentenza impugnata ha escluso la particolare tenuità dell'offesa in ragione dell'abitualità della condotta tenuto conto che è evidente la sussistenza di una certa abitualità nella condotta illecita alla luce dei "precedenti penali annoverati dall'imputato".
Ai fini dell'accertamento dell'abitualità, ostativa all'applicazione della causa di non punibilità in esame, dell'art. 131-bis c.p., il comma 3 dà rilevanza alla commissione di "più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità". Così hanno affermato le Sezioni Unite Tushaj secondo cui, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis c.p., il comportamento è abituale quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 - 01).
Nel caso in esame, esclusa la rilevanza dei precedenti per reati depenalizzati/abrogati, il ricorrente annovera due precedenti penali (sentenza Tribunale di Napoli per il reato di cui all'art. 612 c.p. e sentenza del Tribunale di Napoli per il reato di cui all'art. 614 c.p.) che non sono della stessa indole.
Si è chiarito sul punto per reato della stessa indole occorre che "sia formalmente omogeneo al primo, in quanto in violazione della medesima disposizione di legge e, in caso negativo, verificare se sussista comunque una identità di indole sostanziale, in ragione della natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati (Sez. 1, n. 27906 del 15/04/2014, Stocco, Rv. 260500 - 01; Sez. 2, n. 40105 del 21/10/2010, Apostolico).
Ciò premesso, la sentenza va annullata sul punto con rinvio al Tribunale di Nola perchè valuti l'applicazione della speciale causa di non punibilità ai sensi dell'art. 131 bis c.p. valutando la ricorrenza o meno dei presupposti applicativi della disposizione per ritenere sussistente la particolare tenuità dell'offesa, non ricorrendo l'abitualità del comportamento.
Nel resto il ricorso va dichiarato inammissibile.
8. Infine, va rammentato che questa Corte ha già affermato che la particolare tenuità del fatto costituisce una causa di non punibilità atipica (Sez. 3, n. 21014 del 07/05/2015, Fregolent) per gli effetti negativi che produce per l'imputato (anzitutto la possibile rilevanza nei giudizi civili ed amministrativi ed, ancora, l'iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale) e la sua applicazione presuppone, tra l'altro, l'accertamento della responsabilità penale ossia l'accertamento dell'esistenza del reato e della sua attribuibilità all'imputato. Ciò spiega la ragione per la quale la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sull'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis c.p., sia perchè diverse sono le conseguenze che scaturiscono dai due istituti, sia perchè il primo di essi estingue il reato, mentre il secondo lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica (Sez. 3, n. 27055 del 26/05/2015, P.C. in proc. Sorbara, Rv. 263885). Perciò, la questione del concorso tra le due cause di estinzione del reato e non punibilità può porsi solo quando le stesse siano entrambe contemporaneamente applicabili "in partenza", con la conseguenza che - quando, come nella specie, la Corte di cassazione, non essendosi verificata la causa estintiva della prescrizione del reato, annulli la sentenza con rinvio al giudice di merito per l'applicabilità o meno dell'art. 131-bis c.p. (e quindi al cospetto di un annullamento parziale avente ad oggetto statuizioni diverse ed autonome rispetto al riconoscimento dell'esistenza del fatto-reato e della responsabilità dell'imputato) nel giudizio di rinvio non può essere dichiarato prescritto il reato quando la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Rv. 267590 - 01).
I reati accertati il 17/08/32018, non sono ad oggi prescritti, si prescriveranno in data successiva (17/09/2023) alla sentenza di annullamento, sicchè il giudice del rinvio non potrà dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. con rinvio al Tribunale di Nola in diversa persona fisica e dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2023