Giu inutilizzabilità della testimonianza de relato
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE FERIALE PENALE - 10 agosto 2023 N. 34818
Massima
L'art. 195 del codice di rito disciplina le linee portanti dell'assunzione della testimonianza de relato, prevedendo, per quanto qui rileva: a) che, quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre (comma 1); b) che l'inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l'esame di queste risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità (comma 3); c) che non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame (comma 7).

Ne discende che gli unici casi testualmente previsti di inutilizzabilità della testimonianza de relato trovano il loro fondamento nel fatto che il teste si rifiuti o non sia in grado di indicare la propria fonte di conoscenza (comma 7 dell'art. 195 c.p.p.) o nel fatto che, pur richiestone, il giudice non chiami a deporre le persone alle quali il teste abbia fatto riferimento per la conoscenza dei fatti (comma 3, in relazione al comma 1 dell'art. 195 cod. proc. peri.).

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE FERIALE PENALE - 10 agosto 2023 N. 34818

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

2. Tutti i motivi, ad eccezione del sesto, possono essere trattati congiuntamente in quanto relativi, sotto diversi profili, ai criteri di valutazione delle prove.

2.1. Occorre premettere che la prova circa la commissione di un reato non deve necessariamente essere costituita dalle dichiarazioni della polizia giudiziaria che ha effettuato le indagini, ma può essere fornita anche dalle dichiarazioni dei testi (da qualunque parte processuale indicati), dalla documentazione acquisita, e, nel caso di simulazione di reato, dalla denuncia presentata dall'imputato, costituendo la stessa corpo di reato.

Ebbene, nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto fondamentalmente che il fatto risultasse provato anche soltanto dalla denuncia di furto di A.A., che era palesemente contrastante con i dati relativi agli spostamenti dell'(Omissis) nei giorni (Omissis).

2.2. L'art. 195 del codice di rito disciplina le linee portanti dell'assunzione della testimonianza de relato, prevedendo, per quanto qui rileva: a) che, quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre (comma 1); b) che l'inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l'esame di queste risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità (comma 3); c) che non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame (comma 7).

Ne discende che gli unici casi testualmente previsti di inutilizzabilità della testimonianza de relato trovano il loro fondamento nel fatto che il teste si rifiuti o non sia in grado di indicare la propria fonte di conoscenza (comma 7 dell'art. 195 c.p.p.) o nel fatto che, pur richiestone, il giudice non chiami a deporre le persone alle quali il teste abbia fatto riferimento per la conoscenza dei fatti (comma 3, in relazione al comma 1 dell'art. 195 cod. proc. peri.).

2.3. L'inutilizzabilità delle dichiarazioni di B.B. può essere ravvisata unicamente in relazione alle dichiarazioni che il predetto ha riportato per averle apprese dai carabinieri di (Omissis), e cioè quelle relative all'inseguimento effettuato dagli operanti avvisati da (Omissis) del dispositivo che consentiva il tracciamento satellitare, poi rinvenuto in un campo di (Omissis). Tali dichiarazioni sono state ritenute non rilevanti ai fini della prova da parte della Corte di appello di Brescia, che, pertanto, ex art, 603, comma 1, c.p.p. non ha ritenuto assolutamente necessario procedere all'audizione dello stesso.

Va ricordato che la rinnovazione dell'istruzione dibattirnentale, a mente dell'art. 603, comma 1, c.p.p., si connota quale evenienza eccezionale in caso di riassunzione di prove già acquisite in primo grado o di prove nuove (concetto quest'ultimo che va riferito all'insieme degli elementi già suscettibili di introduzione nel corso del giudizio di primo grado ma che, per eventualità di vario genere, ne siano rimasti esclusi, e, cioè, la prova nota alle parti nel giudizio di primo grado ma non acquisita), ed è subordinata alla condizione che il Giudice di secondo grado ritenga, nell'ambito della propria discrezionalità, che i dati probatori già acquisiti siano incerti e che l'incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività.

Costituisce ius receptum in giurisprudenza l'affermazione di principio secondo cui, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata - occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell'acquisizione probatoria nell'ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa, posta a base della pronuncia di merito, che, tuttavia, come nel caso in esame, evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti ed adeguati per una valutazione in ordine alla responsabilità dell'imputato, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, Leoni, Rv. 262620).

2.4. Il tessuto motivazionale della sentenza in esame, in definitiva, non presenta affatto quegli aspetti di carenza, contraddittorietà o macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla stregua del consolidato insegnamento giurisprudenziale da questa Suprema Corte elaborato, potrebbero indurre a ritenere sussistente il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), nel quale sostanzialmente si risolvono le censure dal ricorrente articolate.

La Corte di appello, seppure in maniera stringata, ha messo in evidenza che i dati acquisiti dalla compagnia di assicurazione alla quale si era rivolta la società di assicurazione, erano stati forniti dal gestore di telefonia (Omissis), al quale era collegato l'apparecchio rilevatore satellitare applicato sull'auto assicurata e conteneva dati di localizzazione chiari e certi riportati nel "Considerato in Fatto", a prescindere dal soggetto che li aveva richiesti. Inoltre, la sentenza impugnata ha rimarcato come la documentazione acquisita non si prestava ad interpretazione alternativa: in particolare, la tesi del distacco dell'apparecchio dall'auto assicurata e la sua applicazione ad autovettura diversa in coincidenza con l'evento crash riportato dal segnale inviato dall'apparecchio - da interpretarsi quindi, nella tesi difensiva, come un intervento di manipolazione per sradicare l'apparecchio di rilevazione satellitare - non era supportata da alcun elemento a sostegno, e, in ogni caso, non si conciliava col fatto che il segnale trasmesso cla tale apparecchio non registrava la presenza del veicolo assicurato nella zona edificata dal denunciante neppure in epoca antecedente al presunto distacco e, segnatamente, non registrava la presenza dell'auto in (Omissis), vale a dire nel luogo in cui, secondo la denuncia, era stata lasciata parcheggiata la sera del (Omissis), nè registrava lo spostamento dell'auto da (Omissis) a (Omissis) durante la giornata del (Omissis).

La ricostruzione contenuta nella denuncia di furto è stata correttamente reputata dal Collegio d'appello in più punti contrastante con le risultanze del rilevatore satellitare, motivo per il quale è stata ritenuta convalidata l'ipotesi accusatoria e smentita la ipotetica tesi difensiva.

2.5. La Corte di appello si è, infine, puntualmente soffermata sul fatto che l'organo di accusa si determina in ordine all'esercizio o meno dell'azione penale in base agli elementi pervenuti nella sua disponibilità, ove r tenuti adeguati a sostenere l'accusa in giudizio e che era, di conseguenza, inconferente la censura relativa alla mancanza di autonome indagini.

3. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile poichè, come correttamente messo in evidenza dalla Corte territoriale, era inammissibile il motivo di appello sulla opportunità della concessione delle circostanze attenuanti generiche, essendo generici gli elementi posti a sostegno della richiesta (inserimento sociale e regolare lavoro) e, in ogni caso, non adeguatamente documentati.

3.1. Quanto alla sospensione condizionale della pena, la sentenza impugnata ha bene evidenziato l'impossibilità di concedere tale beneficio, poichè la pena inflitta, cumulata a quelle precedentemente erogate all'imputato, superava il limite di cui al combinato disposto degli artt. 163 e 164, comma 2, numero 1 c.p..

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 8 agosto 2023.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2023