Giu nullità per omessa traduzione del decreto di citazione nel giudizio di appello, svoltosi con rito dibattimentale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 07 agosto 2023 N. 34533
Massima
L'art. 143 c.p.p. menziona esplicitamente, tra gli atti per i quali deve disporsi la traduzione nella lingua dell'imputato, del "decreto di citazione", senza differenziare tra i gradi del giudizio nè per tipologia di processo (giudizio di primo grado o di appello; rito a citazione diretta o meno).
Orbene, questa Corte ha ripetutamente affermato che sussiste, a pena di nullità ex art. 178, lett. c), cod. proc. pen. l'obbligo di traduzione del decreto di citazione in appello in favore dell'imputato alloglotta, non irreperibile nè latitante (Sez. 5, n. 20035 del 01/03/2023, Rv. 284515 - 01; Sez. 1, n. 28562 del 08/03/2022, Rv. 283355 - 01; Sez. 6 - n. 30143 del 07/07/2021, Rv. 281705 01).
La mancata traduzione nella lingua dell'imputato del decreto di citazione nel giudizio di appello, tempestivamente dedotta dal difensore nella prima udienza di celebrazione del giudizio in sede dibattimentale, non può dunque che determinare la nullità del decreto medesimo.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 07 agosto 2023 N. 34533

1. Il primo motivo è fondato.

2. Va premesso che l'impugnata sentenza dà atto che non è in contestazione la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell'imputato, risultante documentalmente. Ciò posto, quanto alla eccezione di nullità riguardante la mancata traduzione degli atti di primo grado, la decisione impugnata è rispettosa dei principi più volte affermati da questa Corte di legittimità, secondo cui si tratta di una nullità a regime intermedio. La relativa eccezione avrebbe dunque dovuto essere sollevata prima della definizione del giudizio di primo grado e, conseguentemente, la deduzione del vizio nel corso della prima udienza celebrata in grado di appello è senz'altro tardiva.

3. In ordine alla omessa traduzione nella lingua dell'imputato della sentenza di primo grado, va rammentato che, quando sia stata proposta impugnazione, deve essere dedotto (e nella specie così non è) il concreto pregiudizio subito a causa dell'omessa traduzione del provvedimento decisorio (Sez. 6, n. 25276 del 06/04/2017, Rv. 270491 - 01). Non essendo stato prospettato alcun pregiudizio sofferto in conseguenza della omessa traduzione della sentenza impugnata, nessuna conseguenza può ricollegarsi al vizio larnentato.

4. Differenti considerazioni si impongono invece quanto alla dedotta nullità per omessa traduzione del decreto di citazione nel giudizio di appello, svoltosi con rito dibattimentale. Deve invero ritenersi, quanto alla tempestività dell'eccezione, che la dedotta nullità per omessa traduzione all'imputato che non conosce la lingua italiana "degli atti del procedimento", avanzata dal difensore alla prima udienza celebratasi davanti alla Corte bolognese, non può che ricomprendere il riferimento al decreto di citazione nel giudizio di appello. Sul punto, va rilevato che l'art. 143 cod proc pen menziona esplicitamente, tra gli atti per i quali deve disporsi la traduzione nella lingua dell'imputato, del " decreto di citazione", senza differenziare tra i gradi del giudizio nè per tipologia di processo (giudizio di primo grado o di appello; rito a citazione diretta o meno). Orbene, questa Corte ha ripetutamente affermato che sussiste, a pena di nullità ex art. 178, lett. c), cod. proc. pen l'obbligo di traduzione del decreto di citazione in appello in favore dell'imputato alloglotta, non irreperibile nè latitante (Sez. 5, n. 20035 del 01/03/2023, Rv. 284515 - 01; Sez. 1, n. 28562 del 08/03/2022, Rv. 283355 - 01; Sez. 6 - n. 30143 del 07/07/2021, Rv. 281705 01). La mancata traduzione nella lingua dell'imputato del decreto di citazione nel giudizio di appello, tempestivamente dedotta dal difensore nella prima udienza di celebrazione del giudizio in sede dibattimentale, non può dunque che determinare la nullità del decreto medesimo.

5. Dette conclusioni sono rafforzate dalla considerazione che, mentre riguardo alla omessa traduzione della sentenza, come detto, può essere comunque verificata la concreta esplicazione del diritto di difesa, avvenuta tramite la rituale impugnazione del provvedimento decisorio (e dunque è necessario rappresentare ed allegare quale sia il concreto pregiudizio subito in conseguenza della mancata traduzione nella lingua dell'imputato), il decreto di citazione a giudizio attiene invece alla regolarità della vocatio in jus, e quindi alla garanzia assoluta del diritto di partecipazione dell'imputato al processo, come tratteggiata e sancita anche nel quadro sovranazionale. Invero, il diritto dell'imputato di partecipare personalmente al proprio processo costituisce, come noto, un corollario del diritto ad un equo processo, che si fonda sul principio del contraddittorio. Alle radici dell'elaborazione della Corte Edu vi è infatti la considerazione che solo la presenza fisica del diretto interessato all'andamento del processo garantisce la piena attuazione del diritto all'autodifesa ai sensi dell'art. 6, par. 3, lett. c), d) e) C.E.D.U.; allo stesso tempo, la sola assistenza del difensore non potrà di regola considerarsi equivalente alla diretta partecipazione dell'interessato (cfr. proprio in merito al diritto alla traduzione degli atti e all'interprete, Corte Edu, II sez., 18.5. 2004, Somogyi c. Italia, ric. n. 67972/01, p. 65; Corte Edu, I sezione, L.9. 2016, ric. 36043/2008, Huzuneanu c. Italia, p. 47).

6.Segue a quanto esposto l'annullamento della sentenza impugnata e la restituzione degli atti alla Corte d'Appello di Bologna per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Bologna per nuovo giudizio. Rigetta nel resto il ricorso.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2023