Tale norma, nel prevedere che gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia salvaguardata la sicurezza stradale, pone un principio informatore della circolazione e deve considerarsi implicitamente richiamata in ogni contestazione di colpa generica (Sez. 4, n. 18204 del 15/3/2016, Bianchini, Rv. 266641). Tuttavia, il principio di colpevolezza impone una verifica più complessa, su piani diversi, riguardanti l'accertamento in concreto della sussistenza della violazione da parte del soggetto che riveste una posizione che possiamo definire lato sensu di garante - di una regola cautelare (generica o specifica), del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento e della prevedibilità e evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire. Di qui la necessità di verificare non solo la causalità della condotta (ossia la dipendenza dell'evento da essa, in cui quest'ultima si ponga quale condicio sine qua non, in assenza di decorsi causali alternativi eccezionali, indipendenti e imprevedibili); ma anche la idoneità del comportamento alternativo lecito a scongiurare l'evento e la verifica della cd. concretizzazione del rischio, vale a dire la introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio concretizzatosi con l'evento, attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e rendere evitabile il prodursi di quel rischio (in motivazione, Sez. 4, n. 17000 del 5/4/2016, Scalise, Rv. 266645, in cui si richiama un indirizzo consolidato, con rinvio a Sez. 4, n. 40802 del 18/9/2008, Spoldi, Rv. 241475; n. 24898 del 24/5/2007, Venticinque, Rv. 236854; n. 5963 del 2/5/1998, Mannuzzi, Rv. 178402, in cui si è sottolineata la necessità che la verifica del nesso di causalità nei termini sopra precisati, avvenga in base a elementi fattuali certi e non a mere ipotesi o congetture).
1. I motivi di ricorso, da scrutinarsi congiuntamente in quanto afferenti al medesimo profilo, sono fondati.
Le censure, invocando il vizio di violazione di legge ed il vizio di motivazione, si traducono nella contestazione del giudizio di penale responsabilità dell'imputata in relazione al reato a lei ascritto.
Va chiarito che in tema di circolazione stradale, si è già affermato che, ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589, comma 2, c.p., non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l'inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza (Sez. 4, n. 356665 del 19/6/20007, Di Toro, Rv. 237453, in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell'art. 140 C.d.S., la cui violazione assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica).
Tale norma, nel prevedere che gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia salvaguardata la sicurezza stradale, pone un principio informatore della circolazione e deve considerarsi implicitamente richiamata in ogni contestazione di colpa generica (Sez. 4, n. 18204 del 15/3/2016, Bianchini, Rv. 266641). Tuttavia, il principio di colpevolezza impone una verifica più complessa, su piani diversi, riguardanti l'accertamento in concreto della sussistenza della violazione da parte del soggetto che riveste una posizione che possiamo definire lato sensu di garante - di una regola cautelare (generica o specifica), del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento e della prevedibilità e evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire. Di qui la necessità di verificare non solo la causalità della condotta (ossia la dipendenza dell'evento da essa, in cui quest'ultima si ponga quale condicio sine qua non, in assenza di decorsi causali alternativi eccezionali, indipendenti e imprevedibili); ma anche la idoneità del comportamento alternativo lecito a scongiurare l'evento e la verifica della cd. concretizzazione del rischio, vale a dire la introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio concretizzatosi con l'evento, attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e rendere evitabile il prodursi di quel rischio (in motivazione, Sez. 4, n. 17000 del 5/4/2016, Scalise, Rv. 266645, in cui si richiama un indirizzo consolidato, con rinvio a Sez. 4, n. 40802 del 18/9/2008, Spoldi, Rv. 241475; n. 24898 del 24/5/2007, Venticinque, Rv. 236854; n. 5963 del 2/5/1998, Mannuzzi, Rv. 178402, in cui si è sottolineata la necessità che la verifica del nesso di causalità nei termini sopra precisati, avvenga in base a elementi fattuali certi e non a mere ipotesi o congetture).
Si tratta di concetti che vanno al di là di quelli che tradizionalmente identificano l'elemento oggettivo del reato (condotta, evento e nesso causale) e implicano, invece, che l'inquadramento delle singole fattispecie vada compiuto all'interno del sistema normativo che costituisce la c.d. causalità della colpa. Sul piano oggettivo, pertanto, viene in rilievo il dovere di osservanza della regola cautelare; ma anche la individuazione, preventiva, della stessa regola cautelare e del suo atteggiarsi in relazione all'area di rischio considerata; infine, la sussistenza di un collegamento, non solo materiale tra condotta e evento, ma anche tra regola violata ed evento verificatosi.
Resta salva l'ulteriore verifica sul piano soggettivo, dell'elemento psicologico del reato, cioè, che - nel caso di responsabilità colposa - si articola anche attraverso il duplice scrutinio della prevedibilità dell'evento e della esigibilità del comportamento alternativo lecito. Anche più di recente, si è fatto ricorso al criterio sopra richiamato della concretizzazione del rischio per spiegare che la rilevanza della violazione della regola cautelare richiede che essa deve aver reso concreto il rischio che la stessa era intesa a prevenire. Sicchè, non ogni evento verificatosi può esser ricondotto alla condotta colposa dell'agente, ma solo quello che sia collegato causalmente alla violazione della specifica regola cautelare (Sez. 4, n. 40050 del 29/3/2018, Lenarduzzi, Rv. 273870).
Il giudice, pertanto, non può limitarsi ad accertare il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento dato, ma deve scrutinare quale sia il rischio che la norma violata è intesa a scongiurare.
2. Ciò premesso, nel caso di specie la Corte territoriale ha fondato il giudizio sul mero rilievo che vi era stato uno slittamento dell'auto condotta dalla A.A., che non era stata provata la presenza di una pietra sulla strada e che, pertanto, benchè la stessa avesse tenuto una velocità entro il limite consentito, era alla stessa da ascriversi la causazione del sinistro in quanto "evidentemente" non era stata in grado di conservare il controllo del veicolo al momento del fatto così invadendo la corsia di marcia opposta ed andando a collidere contro una roccia situata sul terrapieno posto al di fuori della sede stradale.
Pertanto l'evento è stato ascritto alla A.A. in termini di mera causalità materiale senza che sia stata individuata la regola cautelare violata nonchè la sua imputabilità soggettiva alla medesima.
Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2023