In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe, inoltre, sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talchè la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, Rv. 254515).
1. Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi di carattere meramente rivalutativo, versati in fatto, generici e manifestamente infondati.
2. Giova, innanzitutto, rammentare che il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato ha un orizzonte delimitato dal legislatore alla verifica, nei limiti del devoluto, che quest'ultima: a) sia completa ed effettiva, e in questo senso non "mancante", in quanto realmente idonea a giustificare la decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", perchè sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole del ragionamento deduttivo, nella metodologia di approccio al sapere scientifico e nella ricognizione delle massime di esperienza; c) non sia "contraddittoria", nè internamente, in quanto esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti e le relative affermazioni, nè esternamente, in quanto risulti compatibile con gli "altri atti del processo", indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno dell'impugnazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516-01; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, Casula, Rv. 233708-01).
Il controllo di legittimità concerne, dunque, il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchè il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
3. Procedendo in ordine logico all'esame dei motivi concernenti l'affermazione della responsabilità in ordine ai diversi reati ascritti all'imputato, il primo motivo è inammissibile in quanto volto a sollecitare una diversa valutazione del compendio probatorio sulla base del quale la sentenza impugnata, con argomentazioni non manifestamente illogiche nè contraddittorie, ancorate alle risultanze istruttorie (si vedano, in particolare, le deposizioni dei testi D.D. e B.B., riportate alle pagine 6 e 7 della sentenza), ha affermato la penale responsabilità dell'imputato.
4. Il terzo motivo di ricorso è generico in quanto omette di confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata che, senza incorrere in vizi logici o giuridici, ha desunto la responsabilità del ricorrente, quale autore diretto, o in concorso con terzi, della telefonata, considerando il suo contenuto, avente ad oggetto la diffida ai Carabinieri a recarsi presso l'abitazione della moglie del ricorrente ogni qual volta ne fossero stati richiesti, ed il rapporto professionale tra il ricorrente e l'Avv. Giarratana. 5. Il quinto motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato.
Va, al riguardo, ribadito che in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 oggi trasfuso nella fattispecie di cui all'art. 570-bis c.p., è integrato non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, cosicchè l'inadempimento costituisce di per sè oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza (Sez. 6, n. 4677 del 19/01/2021, Rv. 280396; Sez. 6, n. 16458 del 05/04/2011, Rv. 250090).
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe, inoltre, sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talchè la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, Rv. 254515).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata, facendo buon governo di tali principi, oltre a considerare, ai fini dell'affermazione della responsabilità del ricorrente, le dichiarazioni della moglie in ordine ai minimi adempimenti parziali del contributo per il mantenimento della figlia imposto dal Giudice della separazione, ha sottolineato che il A.A. non ha allegato alcunchè a dimostrazione delle proprie difficili condizioni economiche, elemento, quest'ultimo, completamente trascurato dal ricorrente che si è limitato a reiterare la propria tesi difensiva.
6. Il settimo motivo di ricorso reitera acriticamente le medesime censure dedotte in appello senza confrontarsi con la sentenza impugnata che, con motivazione immune da vizi, ha affermato la responsabilità dell'imputato considerando la deposizione del teste C.C. che ha riferito delle numerose occasioni in cui l'imputato ha sporto false denunce contro la moglie e gli ex suoceri di maltrattamenti alla figlia.
7. Il nono motivo è generico e di carattere meramente confutativo, tendendo a sollecitare una non consentita diversa ricostruzione dei fatti. La sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha ricostruito, alla stregua delle dichiarazioni della E.E., riscontrate dalle deposizioni del maresciallo B.B. e dello stesso Avv. Giarratana, il comportamento dell'imputato che contattava ripetutamente la moglie, anche in orario notturno, minacciandola e ingiuriandola, e richiedeva più volte l'intervento dei Carabinieri presso la sua abitazione, prospettando inesistenti situazioni di pericolo per la figlia, tanto da creare nella donna uno stato di ansia ed indurla a cambiare la sim del telefono.
8. L'undicesimo motivo si risolve nella mera reiterazione delle medesime censure già esaminate e ritenute inammissibili nei precedenti paragrafi in relazione a tutte le fattispecie di reato.
9. Sono, infine, manifestamente infondati, il secondo, quarto, sesto ed ottavo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto tutti attinenti alla prescrizione dei reati.
L'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude, infatti, la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e art. 609 c.p.p., comma 2, l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata nè eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818). Si è, infatti, precisato che l'art. 129 c.p.p. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo Spa zio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione.
Va, in ogni caso, rilevato che, in ogni caso, tenuto conto dei 47 giorni di sospensione, alla data di emissione della sentenza impugnata la prescrizione non era ancora maturata per nessuno dei reati ascritti all'imputato.
10. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila da versare in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186 del 2000). L'imputato va, altresì, condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato (cfr. (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2023