Giu abuso d'ufficio: La condotta di abuso deve consistere nella violazione di regole specifiche così da impedire che si sussuma nell'ambito della fattispecie tipica anche l'inosservanza di norme di principio, quale l'art. 97 Cost.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 14 aprile 2023 N. 15835
Massima
La riforma del reato di abuso d'ufficio - realizzato con lo strumento della decretazione d'urgenza (D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con L. 11 settembre 2020, n. 120) - ha inciso sullo spettro applicativo della fattispecie, limitandola, sul versante della rilevanza degli atti discrezionali e su quello delle norme di legge che costituiscono il parametro della violazione richiesta, per cui è stata infatti esclusa la rilevanza della violazione di norme contenute all'interno di regolamenti. La condotta di abuso deve consistere nella violazione di regole specifiche così da impedire che si sussuma nell'ambito della fattispecie tipica anche l'inosservanza di norme di principio, quale l'art. 97 Cost.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 14 aprile 2023 N. 15835

1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza con cui A.A., B.B., C.C. e D.D. sono stati condannati per il reato di abuso d'ufficio.

Gli imputati nelle rispettive qualità di:

- A.A., proprietaria di un dato immobile, in concorso con:

- B.B., tecnico progettista e firmatario della relazione allegata alla richiesta di rilascio di permesso in sanatoria presentata dalla stessa A.A. nonchè Presidente del Consiglio comunale di (Omissis);

- D.D., Sindaco del Comune in questione e coniuge della stessa A.A. nonchè utilizzatore dell'immobile in relazione al quale fu presentata istanza di permesso in sanatoria;

- E.E., funzionario responsabile dell'ufficio urbanistico del comune- assolto all'esito di un separato giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato;

- C.C., responsabile del procedimento relativo alla richiesta di rilascio del permesso, avrebbero emesso illegittimamente il permesso in sanatoria a firma dello stesso E.E. - in precedenza negato- a costruire in violazione degli artt. 34- 36 D.P.R. n. 380 del 2001, così sanando una serie di opere abusive realizzate dalla A.A. ed ottenendo un indebito vantaggio.

In tale contesto D.D., nella sua qualità di Sindaco ed al fine di rimuovere F.F. dall'ufficio urbanistico per avere questi firmato in precedenza il provvedimento di diniego al rilascio del permesso a costruire in sanatoria e l'ordinanza di demolizione delle opere abusive, dava ordine di trasferire lo stesso F.F. ad altro ufficio, facendo adottare una delibera illegittima.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione A.A. e D.D..

Sono stati articolati sette motivi.

2.1. Con il primo motivo, dedotto nell'interesse di A.A., si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità.

Secondo la ricorrente la Corte avrebbe ritenuto indissolubilmente legate le posizioni dell'imputata e quella del B.B., che aveva istruito la pratica, ritenendoli istigatori/determinatori dei pubblici ufficiali; B.B. avrebbe avuto come interlocutore nel Comune E.E., cioè il soggetto firmatario del permesso in sanatoria, poi assolto.

In tal senso si rivisita l'affermazione della Corte secondo cui, da una parte, per sostenere la responsabilità di B.B. non sarebbe necessario "riprocessare" E.E., e, dall'altra, che, comunque, non sarebbe condivisibile il giudizio assolutorio formulato dal Tribunale perchè il fatto non costituisce reato.

L'assunto è che se E.E., assolto, agì senza dolo e se l'ing. G.G. approvò il progetto in variante relativo allo stesso immobile, non sarebbe chiara la ragione per cui la Corte abbia invece ritenuto che i ricorrenti abbiano agito con il dolo intenzionale del delitto in esame, affermandone il concorso con il pubblico ufficiale assolto.

La motivazione sarebbe illogica nella parte in cui si è affermata la compartecipazione della ricorrente al delitto in questione pur in assenza di un concorso con il pubblico ufficiale - E.E. - che aveva rilasciato il permesso in sanatoria, e con lo stesso G.G., rispetto al quale la Corte si sarebbe limitata ad affermare di non poter conoscere i presupposti del provvedimento da questi adottato.

2.2. Con il secondo motivo, articolato nell'interesse di A.A. e di D.D., si deduce violazione dj legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità.

Il tema attiene alla configurabilità del reato contestato per in presenza dell'assoluzione del pubblico ufficiale (E.E.) che aveva sottoscritto il permesso in sanatoria.

2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge a vizio di motivazione quanto all'attribuzione ai ricorrenti del ruolo di istigatori o determinatori e, dunque, di concorrenti morali nel reato.

La Corte avrebbe fatto discendere detta responsabilità da una serie di circostanze quali: a) la sequenza procedimentale, ritenuta macroscopicamente illegittima; b) la clamorosa reiterazione del medesimo provvedimento che era stato già respinto dall'ufficio a suo tempo gestito da un altro funzionario (F.F.); c) i rapporti di parentela tra la beneficiaria del provvedimento finale (A.A., firmataria della richiesta di permesso di costruire) con il Sindaco- marito (D.D.); d) le condotte finalizzate alla "rimozione" e allo spostamento di F.F..

In tale contesto si riprende il tema, di cui si è già detto, relativo alla assoluzione di E.E. all'esito del giudizio celebrato con le forme del rito abbreviato e del permesso a costruire sul medesimo immobile in seguito rilasciato da G.G. succeduto a E.E..

La motivazione sarebbe viziata e non sussisterebbe la prova della condotta determinatrice o istigatrice, che non potrebbe farsi discendere dalla mera presentazione di una richiesta di rilascio di permesso di costruire successiva ad una precedente richiesta rigettata.

2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla responsabilità; il tema attiene alla asserita illegittimità del permesso a costruire in sanatoria.

Si sostiene che nel caso di specie, diversamente dagli assunti accusatori: a) non doveva essere eseguita nessuna demolizione e dunque non vi erano elementi ostativi al rilascio del permesso in sanatoria; b) il secondo e il terzo progetto, allegati alla seconda richiesta di permesso, non erano sostanzialmente identici al primo, rispetto al quale l'Ufficio aveva rigettato la richiesta, e, dunque, E.E. e C.C. espressero il loro parere su un progetto sostanzialmente diverso rispetto al primo.

2.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità: anche secondo il consulente del Pubblico Ministero l'alterazione morfologica della struttura preesistente non sarebbe stata idonea a violare norme di leggi o di regolamento.

2.6. Con il sesto motivo si deduce, quanto alla posizione di D.D., violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attiene al trasferimento del funzionario F.F., cioè di colui che aveva rigettato la prima richiesta di permesso in sanatoria, perchè compiuto in violazione dell'art. 29 del regolamento comunale.

Il tema attiene alla nuova struttura della fattispecie di abuso d'ufficio, alla nozione di violazione di legge, alla impossibilità di ricondurre ad essa la violazione di norme che affermano principi generali come quella di cui all'art. 97 Cost., alla irrilevanza delle violazioni delle norme regolamentari.

2.7. Con il settimo motivo si deduce per entrambi gli imputati, violazione di legge e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La motivazione sarebbe omessa per D.D. e viziata per A.A..

3. Ha proposto ricorso per cassazione B.B. articolando sei motivi. 3.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto all'art. 541 c.p.p..

La parte civile F.F. non sarebbe costituita nei riguardi dell'imputato che, dunque, non poteva essere condannato alla rifusione delle spese sostenute da detta parte.

3.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge quanto al giudizio di responsabilità.

Il tema, di cui si è già detto, attiene al concorso dell'imputato nel reato proprio nonostante l'assoluzione del pubblico agente (E.E.).

3.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione.

Anche in questo caso il tema attiene alla valutazione compiuta dalla Corte di appello della posizione di E.E., assolto non solo, si evidenza, per assenza del dolo intenzionale ma anche sul piano oggettivo, quanto alla insussistenza della violazione dell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001.

3.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità: il motivo è sostanzialmente sovrapponibile al quarto motivo dei ricorsi proposti nell'interesse di A.A. e D.D. e attiene all'asserita illegittimità del permesso a costruire in sanatoria.

3.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; si tratta di un motivo sovrapponibile al quinto motivo dei ricorsi di cui si è detto.

3.6. Con il sesto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al concorso di persone ed alla prova del concorso morale dell'imputato.

4. Ha proposto ricorso per cassazione C.C. articolando due motivi.

4.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità; il tema attiene alla prova del dolo e del reato, ritenuto sussistente nonostante l'assoluzione di E.E..

4.2. Con il secondo morivo si deduce la estinzione del reato per prescrizione.

Motivi della decisione

1. Nell'ambito di un'unica contestazione formale di abuso d'ufficio, la struttura del processo si sviluppa tuttavia in una duplice prospettiva.

La prima attiene alla vicende che condussero al rilascio del permesso a costruire in sanatoria n. 19 del 7.3.2013 a firma di E.E.; la seconda riguarda la vicenda che portò al trasferimento di F.F. dall'ufficio urbanistico a quello ambientale in ragione della "ostilità" dello stesso F.F. rispetto al programma ordito dagli imputati volto al rilascio illegittimo del permesso di costruire di cui si è detto.

2. Quanto al primo fatto, il reato, perfezionatosi con il rilascio del permesso in sanatoria rilasciato il 7.3.3013 è ii~ti estinto per prescrizione; considerato il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi e le sospensioni di detto termine verificatesi nel corso del processo, il reato si è estinto il 15.11.2021; ne consegue che, in assenza della prova della innocenza degli imputati, la sentenza deve essere annullata senza rinvio.

3. Quanto alla seconda vicenda, a cui è interessata la parte civile costituita, il reato sarebbe stato commesso perchè la delibera, con cui fu disposto il trasferimento di F.F. ad altro ufficio, fu adottata "da D.D." in violazione dell'art. 29 del regolamento comunale dei servizi e degli uffici.

In realtà la recente riforma del reato di abuso d'ufficio - realizzato con lo strumento della decretazione d'urgenza (dl. n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con L. 11 settembre 2020, n. 120)- ha inciso sullo spettro applicativo della fattispecie, limitandola, sul versante della rilevanza degli atti discrezionali e su quello delle norme di legge che costituiscono il parametro della violazione richiesta: è stata infatti esclusa la rilevanza della violazione di norme contenute all'interno di regolamenti.

Si è spiegato in più occasioni che, per effetto della modifica indicata, si è realizzata una parziale abolitio crirninis in relazione ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore, in quanto realizzati mediante violazione di norme regolamentari (come nella specie secondo la contestazione) o di norme di legge generali ed astratte, da cui non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità nell'azione del pubblico ufficiale.

La condotta di abuso deve consistere nella violazione di regole specifiche così da impedire che si sussuma nell'ambito della fattispecie tipica anche l'inosservanza di norme di principio, quale l'art. 97 Cost. (così, Corte Cost., sent. n. 8 del 2022; cfr. al riguardo, Sez. 6, n. 28402 del 10/06/2022, Bobbio, Rv. 283359; Sez. 6, n. 23794 del 07/04/2022, Graziani; Rv. 283285; Sez. 6, n. 13136 del 17/02/2022, Rv. 282945).

Ne consegue che, in relazione allo specifico segmento dell'imputazione, relativo al contestato abuso d'ufficio in danno di F.F., la sentenza deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con conseguente revoca delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di D.D. con riferimento all'abuso d'ufficio contestato come commesso ai danni di F.F. perchè il fatto non è più previsto come reato e revoca le statuizioni civili.

Annulla nel resto la medesima sentenza nei confronti di tutti i ricorrenti perchè il reato è estinto per intervenuta prescrizione.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023