1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Con il primo motivo la B.B. ripropone l'eccezione di inammissibilità dell'appello della parte civile, già formulata in sede di gravame, che la Corte territoriale ha respinto con argomentazioni non censurabili, avendo ricordato come non possa dirsi generico l'atto di appello qualora confuti in modo preciso e dettagliato tutto il contenuto motivazionale della sentenza di primo grado, pur se non contenga esattamente l'elenco delle statuizioni impugnate.
In particolare, per la parte civile, si è ritenuto che l'impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili (Sez. U, n. 6509 del 20/12/2012, dep. 2013, PC in proc. Colucci e altri, Rv. 254130 - 01) e che, in ogni caso, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello deve essere intesa alla luce del principio del favor impugnationis in virtù del quale, in sede di appello, l'esigenza di specificità dei motivi di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità, esigendosi unicamente che le doglianze non siano scollegate dagli accertamenti indicati nella sentenza di primo grado e si confrontino con essi.
Tanto è avvenuto nel caso di specie, come ben affermato dalla Corte di Campobasso.
Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della riforma della sentenza assolutoria, pur se ai soli fini della responsabilità civile, nonostante la mancata rinnovazione della prova dichiarativa in appello, costituita in particolare dalle dichiarazioni dei periti.
Come è noto, questa Corte, pronunciando a Sezioni Unite, ha affermato la necessità della rinnovazione istruttoria della prova dichiarativa decisiva anche in caso di appello della parte civile (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini Caudio, Rv. 281228 - 02). Nel caso di specie, tuttavia, deve essere rimarcato come la Corte territoriale sia pervenuta all'affermazione della responsabilità degli imputati ai fini civili senza rivalutare nel merito il compendio istruttorio, bensì correggendo l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di primo grado laddove aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici, odierni imputati, e il decesso del D.D..
Anche tale motivo è perciò palesemente infondato.
3. Possono essere a questo punto analizzati congiuntamente i motivi degli odierni ricorsi che contestano il ragionamento sviluppato nella sentenza impugnata circa la condotta gravemente colposa attribuita ai sanitari che presso l'Ospedale di (Omissis) presero in cura il paziente il 23 giugno (Omissis), omettendo entrambi, nelle rispettive qualità contestate nell'editto accusatorio, di approfondire la situazione clinica del paziente e di formulare la corretta diagnosi. Tanto è sufficiente per ritenere la cooperazione colposa, ciascun medico essendo consapevole della condotta dell'altro.
Per il resto le doglianze dei ricorrenti si risolvono in deduzioni di mero fatto, non proponibili in sede di legittimità, a fronte peraltro di una esposizione, da parte della Corte di merito, assai chiara e dettagliata dell'intera vicenda con particolare attenzione al parere scientifico formulato dagli esperti.
Indiscutibile, si è più volte ricordato, l'errore diagnostico e le conseguenti errate condotte omissive. Sul punto le sentenze di merito sono assolutamente conformi.
La Corte territoriale è pervenuta ad una decisione difforme rispetto a quella del primo giudice per aver correttamente applicato i principi della sentenza "Franzese", cui nel tempo si sono uniformate le sezioni semplici di questa Corte di legittimità. Va, del resto, riaffermato che, in tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019, Leuzzi Raffaelangelo, Rv. 276365 - 01); e che risponde di omicidio colposo per imperizia, nell'accertamento della malattia, e per negligenza, per l'omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benchè posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (Sez. 4, n. 26906 del 15/05/2019, Hijazi Daniel alias.... Rv. 276341 - 01.
Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l'ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).
4. Conclusivamente i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, oltre che alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile C.C. che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023