Giu delitto di falso ideologico e valutazione tecnica del consulente del Pubblico ministero
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 04 aprile 2023 N. 14227
Massima
Quanto al delitto di falso ideologico, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale tale reato è configurabile nella valutazione tecnica del consulente del Pubblico ministero, formulata in un contesto implicante l'accettazione di parametri normativamente predeterminati o tecnicamente indiscussi, qualora il giudizio contraddica tali parametri ovvero si fondi su premesse contenenti false attestazioni; il giudice, in tal caso, ha, però, l'onere di rendere adeguata motivazione in ordine ai criteri utilizzati per ritenere che, alla luce delle specifiche emergenze fattuali, il soggetto chiamato ad esprimere una valutazione, pur connotata da un margine elastico di discrezionalità, abbia formulato consapevolmente una valutazione falsa (Sez. 5, n. 18521 del 13/01/2020, Primerano, Rv. 279046 - 02).

E', quindi, configurabile il reato di falso ideologico in capo al consulente del Pubblico ministero, nel caso in cui la falsità non verta esclusivamente sul momento "valutativo" della sua attività, ancorato a parametri "opinabili", ma sia frutto di consapevole rappresentazione falsa del processo descrittivo dei presupposti fattuali ai quali consegue la valutazione; con l'ovvia precisazione che "falso" non può mai essere un "fatto" (perchè il fatto o esiste o non esiste nella realtà), ma solo la rappresentazione che di esso è data (si veda in tal senso, in motivazione, Sez. 5, n. 890 del 12/11/2015, Giovagnoli, Rv. 265691-01).

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 04 aprile 2023 N. 14227

1. I ricorsi sono fondati e, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di B.B. e C.C. per non aver commesso i fatti loro contestati, e con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina nei confronti di A.A. e D.D..

2. Ricorso di B.B..

2.1. Il primo e assorbente motivo di ricorso di B.B. è fondato per le ragioni di seguito indicate.

2.1.1. La sentenza impugnata ha ricostruito il concorso di B.B. con A.A., G.G. e F.F. nella corruzione di E.E. nei seguenti termini:

- nell'ambito del procedimento penale pendente a carico della legale rappresentante di (Omissis) Spa , H.H., difesa da G.G., per reati ambientali ed edilizi, assegnato a E.E., il 27 maggio veniva nominato il consulente B.B.; i quesiti formulati erano otto, dei quali, i primi sette attinenti alla materia ambientale edilizia, mentre l'ottavo ineriva a materia totalmente estranea alle incolpazioni e cioè "accertare se le dichiarazioni annuali dei redditi dal 2010 al 2013, presentate dalla legale rappresentante della (Omissis) Spa , rappresentassero fedelmente la situazione economica finanziaria della società, rilevando eventuali reati tributari". - B.B. chiedeva, in data 7 gennaio 2015, un'ulteriore proroga per approfondire il capitolo consulenze; il giorno successivo E.E. accordava la proroga ed estendeva l'incarico anche all'anno 2014. - L'11 marzo 2015 B.B. comunicava a E.E. la scoperta di due fatture della (Omissis) Spa nella contabilità (Omissis) Spa e di dovere astenersi perchè la prima società era sua cliente. Le fatture erano la n. 844 e 855 del 31 dicembre 2014 (data successiva al momento in cui F.F. aveva parlato con I.I.). Mentre la fattura n. 844 - per consulenze tecniche di Euro 4.000 - si ritrovava nel registro IVA (Omissis) Spa , ciò non valeva per la n. 855; questo perchè il registro terminava proprio con la fattura n. 854. Nessuna traccia vi era, invece, di entrambe in contabilità. -Il (Omissis) E.E. iscriveva un procedimento penale, a carico di H.H., per violazione dell'art. 8 L. 74 del 2000, e, a carico di A.A., per violazione dell'art. 2 della legge citata.

Entrambi i giudici di merito hanno sottolineato che l'iscrizione era effettuata troppo presto perchè il reato si sarebbe consumato solo nel settembre 2015 e che, in realtà, il legale rappresentante della (Omissis) Spa , quindi A.A., avrebbe dovuto rispondere del reato di cui all'art. 8, L. 74 del 2000, in relazione alla emissione di fatture inesistenti, e non del reato di utilizzazione di fatture inesistenti, ma questo, secondo la prospettazione accusatoria accolta dai giudici di merito, era, evidentemente, considerato l'unico modo per incardinare il procedimento penale a (Omissis), sede della (Omissis) Spa , società asseritamente emittente.

Se, invece, la società emittente fosse stata correttamente considerata la (Omissis) Spa , la competenza per territorio non poteva che radicarsi a (Omissis).

2.1.2. Deve premettersi che, in dibattimento, nessuno dei correi ha reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di B.B..

E, in particolare:

-F.F. ha spiegato che lo spostamento della sede della società (Omissis) Spa a (Omissis) nel 2015 era legato alle questioni tributarie e giammai al procedimento penale pendente dinnanzi alla Procura della Repubblica di (Omissis), che sarebbe rimasto a (Omissis) se non fosse intervenuto, molto tempo dopo le condotte ascritte a B.B., l'evento imprevisto e imprevedibile dell'archiviazione del reato di corruzione che ne radicava la competenza. F.F., inoltre, ha sottolineato che l'apertura del procedimento presso la Procura della Repubblica di (Omissis) non era stata preordinata per i fatti successivi.

-Anche le dichiarazioni rese nel corso dell'istruttoria dibattimentale da E.E., escludono la responsabilità di B.B. nei fatti contestati, ammettendo egli stesso di essere stato informato del fascicolo riguardante A.A. solo quando lo stesso era stato trasmesso per competenza a (Omissis), ignorandone completamente l'esistenza nel gennaio 2015, epoca in cui B.B. collaborava con E.E. nella consulenza sulla società (Omissis) Spa ; E.E. ha, anche, escluso di avere mai parlato con B.B. della vicenda relativa a A.A..

-G.G., infine, ha parlato di B.B. solo con riferimento alla nomina dello stesso quale consulente per presentare la voluntary disclosure e ha confermato l'imprevedibile e inaspettato trasferimento del processo di A.A. dalla Procura di (Omissis) a quella di (Omissis), prima, e di (Omissis), poi.

2.1.3. La Corte di appello fonda, in conclusione, il giudizio di penale responsabilità di B.B., in relazione al reato di corruzione in atti giudiziari, sul presupposto che B.B. fosse consapevole, per averne beneficiato egli stesso, della corruzione sistematica di E.E. ad opera di F.F. e G.G., e, infatti, aveva già riportato condanna a pena patteggiata per la falsificazione di una consulenza nell'ambito di altro procedimento a carico della (Omissis) Spa La Corte territoriale ha, in altre parole, ritenuto che B.B., così come aveva agito illecitamente in altre circostanze, anche nel caso in esame era intervenuto per creare le condizioni perchè E.E. potesse iscrivere un procedimento a carico di A.A. a (Omissis).

La strana richiesta di proroga, volta ad approfondire genericamente il capitolo consulenze, non motivata da problemi personali, costituiva la prova che il meccanismo ideato da F.F. - che prevedeva anche l'intervento del ricorrente era pienamente avviato.

La sentenza impugnata ha stigmatizzato, infine, la circostanza che B.B., pur avendo dichiarato la propria condizione di incompatibilità, avesse effettuato tutti gli ulteriori accertamenti necessari per pervenire alla segnalazione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

2.1.4. Ritiene il Collegio che gli elementi indicati dalla Corte territoriale non possiedano, in alcun modo, il valore di prova: la richiesta di proroga del termine di deposito della consulenza tecnica non dimostra nulla, al pari della dichiarazione di incompatibilità, che era, anzi, dovuta e l'acquisizione delle fatture doveva, comunque, essere effettuata per giungere alle conclusioni della consulenza tecnica.

Seppure nel delitto di corruzione è ben possibile il concorso eventuale di terzi il cui contributo si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all'uno o all'altro dei concorrenti necessari (Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, Battistella, Rv. 234361), nel caso di specie tutti gli elementi che sono stati enunciati non risultano essere idonei a fondare la consapevolezza da parte del ricorrente che il risultato illecito, collegato all'archiviazione del procedimento, che avverrà a distanza di anni, fosse diretta conseguenza anche della sua condotta.

In realtà, la sentenza impugnata non si fa carico neppure di spiegare quale sia stato il nesso causale tra la condotta del B.B. e quelle ascritte al E.E., ad F.F., e a G.G., posto che, all'epoca in cui venne redatta la consulenza tecnica da parte dell'imputato, doveva ancora verificarsi l'evento imprevedibile della archiviazione da parte del Giudice delle indagini preliminari di (Omissis) del procedimento per corruzione a carico di A.A., il conseguente trasferimento per competenza a (Omissis) per i restanti reati tributari e l'erroneo e, quindi, ancora più imprevedibile, trasferimento per competenza a (Omissis) dei procedimenti iscritti a (Omissis).

In conclusione, si ritiene che quella formulata dalla Corte di appello di Messina sia una pura congettura, sfornita di alcuna prova certa.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall'accoglimento del primo.

2.3. La sentenza deve, quindi, essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

3.Ricorso di C.C..

3.1.Il primo e assorbente motivo del ricorso è fondato.

3.1.1. La Corte di appello ha ricostruito i reati di corruzione in atti giudiziari e di concorso in falso ideologico nei seguenti termini:

-Il (Omissis) E.E. conferiva incarico a C.C., nominato a seguito della segnalazione di incompatibilità di B.B. nell'ambito dell'indagine "(Omissis) (Omissis)" - formulando il seguente quesito: "Dopo avere esaminato tutta la documentazione contabile da acquisire (fatture acquisti, fatture vendite, libro giornale, registro acquisti, registro vendite, dichiarazione redditi, bilanci, libro inventari) afferente alla società (Omissis) S.p.a, accerti il CTU:

o se le dichiarazioni annuali dei redditi 2013 e 2014, valutate in comparazione con le scritture contabili, rappresentino fedelmente la situazione economica finanziaria della società, rilevando eventuali fattispecie penali;

o se, oltre alla fattura acquisita in atti avente data 31/12/2014, vi siano altre fatture emesse dalla società (Omissis) S.p.a in favore della (Omissis) Spa e se le stesse siano giustificate da rapporti contrattuali;

o quali siano le modalità di pagamento nell'ambito dei rapporti tra la (Omissis) S.p.a e la (Omissis) Spa ;

o accerti ogni altra circostanza utile alle indagini". -Il giorno successivo, e cioè il 13 marzo 2015, E.E. disponeva il sequestro di tutta la contabilità della (Omissis) Spa , impedendo, così, agli organi tributari di accedervi.

-Successivamente il magistrato autorizzava la proroga dei termini di consegna della consulenza ed estendeva l'incarico anche "agli accertamenti necessari alla verifica della documentazione afferente la riferita voluntary disclosure".

Queste le conclusioni del consulente:

"Le operazioni intercorse tra i due soggetti societari sono limitate alle fatture n. 844 e n. 855. Il riscontro alle registrazioni contabili è stato effettuato anche mediante approfondimento sulle movimentazioni finanziarie che sono derivate dalle operazioni in questione. La descrizione delle prestazioni intercorse rientra nel perimetro delle attività effettivamente svolte dalla società. In relazione all'analisi della documentazione societaria, la (Omissis) Spa ha approvato e depositato i bilanci per gli esercizi indicati. Le dichiarazioni fiscali risultano regolarmente presentate e i dati in esse contenute risultano congruenti con le movimentazioni contabili. La (Omissis) Spa ha determinato le proprie imposte nell'ambito del cosiddetto consolidato fiscale, mentre l'imposta sul valore aggiunto è stata determinata nell'ambito dell'IVA di gruppo. La società è stata oggetto di controllo da parte del collegio sindacale e/o di revisione, al quale è stato demandato il controllo legale dei conti. Dall'esame delle relazioni rese dagli organi di controllo, non emergono rilievi o censure e la cosiddetta opinion è stata rilasciata senza alcuna eccezione. Si attesta il corretto rispetto formale delle procedure di vo/untary disclosure, anche se ciò non esclude l'ipotesi e la punibilità per il reato di falso in bilancio, che potrebbe ritenersi sussistente, indipendentemente, qualora si accertasse la effettiva falsità delle fatture emesse dalla società (Omissis)." -Il (Omissis) E.E. conferiva a C.C. un nuovo incarico avente il seguente oggetto: "accerti il CTU se le attività fatturate dalla società (Omissis) alla società (Omissis) Spa siano attività reali; se gli importi indicati in fattura siano congrui; quanto altro utile ai fini delle indagini". - Il 15 settembre 2016 era depositata la nuova consulenza, che riteneva effettive le attività fatturate dalla società (Omissis) alla società (Omissis) Spa e inammissibile la procedura di voluntary disclosure, in quanto presentata dopo aver avuto conoscenza dell'accertamento tributario in corso nei confronti di I.I..

- Infine, i consulenti tecnici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina (competenti per i reati commessi da C.C. e dai coimputati) hanno così concluso: "C.C., pur affermando di avere verificato la registrazione contabile delle fatture e le movimentazioni bancarie senza rilevare criticità, non avrebbe mai potuto giungere a tali conclusioni non avendo a disposizione la documentazione bancaria di supporto, ossia gli estratti conto, elemento essenziale per pervenire all'accertamento della effettività e delle modalità, nè ha esaminato i relativi contratti sottostanti alle fatture che permettessero di affermare la effettività dei servizi resi".

3.1.2. Ciò che emerge dalla sentenza impugnata è che la nomina di C.C. venne concordata da F.F. e G.G. e che E.E. "ebbe la sensazione", che C.C., ancora prima che lui conferisse formalmente l'incarico, sapesse quale fosse l'oggetto dello stesso.

Le dichiarazioni di F.F. e G.G. non costituiscono, quindi, chiamata in correità dell'imputato e altrettanto deve dirsi per le dichiarazioni di E.E., il quale non risulta che abbia:

-richiesto a C.C. una consulenza tecnica orientata ad avvantaggiare A.A.;

-rappresentato a C.C. che avrebbe provveduto a liquidare il compenso della sua prestazione solo se le conclusioni del suo elaborato fossero state dirette a favorire A.A..

Solo il ricorrere di prova certa di tali evenienze avrebbe potuto integrare la contestata fattispecie.

Inoltre, come si è già detto con riferimento alla posizione di B.B., allorchè venne conferito l'incarico peritale, nulla lasciava intendere che:

-il procedimento torinese potesse approdare altrove, tanto è vero che non vi era alcuna iscrizione a carico di A.A. presso la Procura della Repubblica di (Omissis);

- venisse disposta dai magistrati (Omissis) la parziale archiviazione nei confronti di A.A. in relazione ai reati di corruzione;

- gli atti investigativi scaturiti dalle dichiarazioni di I.I. venissero trasmessi per competenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Omissis);

- la Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Omissis) accogliesse la questione di competenza territoriale sollevata dalla difesa del A.A. trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Omissis).

3.1.3. Nessuna prova viene indicata in sentenza circa l'intervenuto pactum sceleris tra soggetto corruttore pubblico e consulente d'ufficio corrotto, considerata la insussistenza della conferma che il compimento dell'atto, definito contrario ai doveri d'ufficio, sia stato la causa della prestazione (più precisamente il fine dell'incarico), dell'utilità o dell'accettazione di essa da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente, a tali fini, la mera circostanza della intervenuta dazione di utilità (o, meglio, della retribuzione per l'attività lavorativa consistente nel predisporre la consulenza).

E' indubitabile che il delitto di corruzione debba essere provato e individuato nel suo collegamento con la promessa di denaro o di altra utilità e con lo specifico elemento intenzionale volto a favorire la parte di un processo.

Il sinallagma ricostruito dalla Corte è, invece, del tutto evanescente: in ogni incarico, in qualsivoglia processo, il professionista riceve una retribuzione commisurata al valore dell'attività prestata; la corruzione in atti giudiziari del consulente del Pubblico ministero può sussistere all'unica condizione che risulti provato che l'attività sia frutto di un accordo corruttivo, nel senso che la parte pubblica pubblico svende la sua esperienza per il proprio tornaconto economico, così da cagionare un danno allo Stato.

La Corte di appello di Messina finisce, invece, per tramutare l'altro pubblico ufficiale (e cioè il Sostituto Procuratore E.E.) in privato corruttore. Un privato, che, però, attinge alle casse pubbliche per avviare il mandato di pagamento onde realizzare l'indebito pagamento.

Deve ricordarsi che la corruzione è un reato plurisoggettivo a concorso necessario e che, pertanto, la presenza del corruttore è obbligatoria; quest'ultimo, inoltre, non può che essere un soggetto estraneo all'esercizio della funzione o del servizio oggetto dell'illecito baratto. La corruzione consiste, quindi, in un incontro delle volontà tra un soggetto qualificato intraneus e un soggetto privato, extraneus, relativo ad un atto dell'ufficio del primo, in forza del quale il secondo "acquista" l'atto del soggetto pubblico. Questa concordante sovrapposizione diviene il collegamento tra la promessa/dazione dell'indebito compenso finalizzato al compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio. Elemento non rinvenibile nel caso di specie.

Ai fini della prova della corruzione, in sostanza, ciò che deve essere processualmente accertato è:

-se il pubblico ufficiale abbia accettato una utilità;

- se quella utilità sia collegata all'esercizio della sua funzione;

- al compimento di quale atto quella utilità sia collegata;

- se quell'atto sia o meno conforme ai doveri d'ufficio.

In particolare, deve essere appurato con certezza il nesso teleologico tra l'utilità e l'atto da compiere o compiuto da parte del pubblico ufficiale, ovvero se il compimento dell'atto sia stato la causa della promessa o della ricezione di un'utilità, la cui dazione deve rappresentare l'adempimento del patto corruttivo (ex multis Sez. 6, n. 3765 del 09/12/2020 -dep. 01/02/2021, Mazzarella, Rv. 281144 - 01).

La Corte di appello non si è conformata a tale principio di diritto allorchè, in maniera assertiva, ha reputato che gli elaborati a firma di C.C. e la successiva liquidazione del compenso per l'attività espletata, fossero bastevoli a ritenere siglato l'accordo corruttivo e che, quindi, la corresponsione della parcella professionale (costituente l'inevitabile conseguenza del conferimento e dell'espletamento dell'incarico), trovasse esclusivamente origine nell'avere C.C. accondisceso a redigere un testo accomodato, così da essere l'uno finalisticamente orientato all'ottenimento dell'altra.

A tale conclusione non può pervenirsi, in presenza di ulteriori elementi rappresentativi, erroneamente pretermessi dalla Corte territoriale, e cioè:

- la sicura estraneità dell'imputato ad accordi illeciti e di corruttela intercorsi tra altri e definiti fronti;

-l'assenza di qualsivoglia aggiuntivo incasso;

-l'inesistenza di elementi dai quali potere inferire che le due denunciate azioni (le consulenze asseritamente false e la liquidazione disposta da E.E.) si siano vicendevolmente saldate, così da potere affermare che quel compenso costituì la contropartita e l'utilità, dapprima promessa, e poi corrisposta al pubblico ufficiale, a fronte, e in conseguenza, non dell'attività di consulenza sic et sempliciter, ma di una consulenza "addomesticata".

In tale siffatta costruzione, manca la prova del legame sinallagmatico tra l'erogato compenso e l'atto contrario ai doveri d'ufficio. Nè è sufficiente la liquidazione del compenso a integrare la fattispecie di cui all'art. 319-ter c.p., dovendosi dimostrare che proprio la falsità dell'elaborato sia stata la causa di quel pagamento, che, diversamente, non avrebbe avuto luogo ove il consulente avesse reso conclusioni di natura diversa.

Del resto, va anche considerato che C.C. rassegnò conclusioni che non favorivano completamente A.A., posto che divennero il presupposto fattuale per l'ampliamento della contestazione e l'estensione degli addebiti, e che non può essere sminuito il vaglio compiuto da parte del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di (Omissis), estraneo a qualsivoglia logica corruttiva, che ebbe a validare l'operato del consulente medesimo dopo approfondito esame.

3.2. Quanto al delitto di falso ideologico, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale tale reato è configurabile nella valutazione tecnica del consulente del Pubblico ministero, formulata in un contesto implicante l'accettazione di parametri normativamente predeterminati o tecnicamente indiscussi, qualora il giudizio contraddica tali parametri ovvero si fondi su premesse contenenti false attestazioni; il giudice, in tal caso, ha, però, l'onere di rendere adeguata motivazione in ordine ai criteri utilizzati per ritenere che, alla luce delle specifiche emergenze fattuali, il soggetto chiamato ad esprimere una valutazione, pur connotata da un margine elastico di discrezionalità, abbia formulato consapevolmente una valutazione falsa (Sez. 5, n. 18521 del 13/01/2020, Primerano, Rv. 279046 - 02).

E', quindi, configurabile il reato di falso ideologico in capo al consulente del Pubblico ministero, nel caso in cui la falsità non verta esclusivamente sul momento "valutativo" della sua attività, ancorato a parametri "opinabili", ma sia frutto di consapevole rappresentazione falsa del processo descrittivo dei presupposti fattuali ai quali consegue la valutazione; con l'ovvia precisazione che "falso" non può mai essere un "fatto" (perchè il fatto o esiste o non esiste nella realtà), ma solo la rappresentazione che di esso è data (si veda in tal senso, in motivazione, Sez. 5, n. 890 del 12/11/2015, Giovagnoli, Rv. 265691-01).

3.2.1. Nel caso in esame, quanto alle due fatture emesse dalla (Omissis) Spa a favore della (Omissis) Spa emerge, con tutta evidenza, la estrema genericità del quesito, al quale ha fatto seguito un elaborato, sicuramente altrettanto generico, ma certamente non falso, posto che si è limitato a dare atto del fatto che la descrizione delle prestazioni intercorse rientrava nel perimetro delle attività effettivamente svolte dalla società e che la società era stata oggetto di controllo da parte del collegio sindacale e/o di revisione al quale era stato demandato il controllo legale dei conti, e che si era espresso positivamente.

3.2.2. Si contesta a C.C. anche il fatto che, pur affermando di avere verificato la registrazione contabile delle fatture e le movimentazioni bancarie senza rilevare criticità, non sarebbe mai potuto giungere a tali conclusioni non avendo a disposizione la documentazione bancaria di supporto, ossia gli estratti conto, elemento essenziale per pervenire all'accertamento della effettività e delle modalità, nè avendo esaminato i relativi contratti sottostanti alle fatture che permettessero di affermare la effettività dei servizi resi.

Rileva il Collegio che la circostanza di non avere accertato un fatto che sarebbe stato importante ai fine di fornire risposta ai quesiti posti, non può in alcun modo configurare un falso ideologico perchè non è provata la consapevole rappresentazione falsa del processo descrittivo dei presupposti fattuali a cui consegue la valutazione.

E' ravvisabile, piuttosto, una condotta riconducibile nell'alveo della colpa del consulente, come, del resto, hanno concluso i consulenti del Pubblico ministero nell'ambito del presente procedimento, i quali hanno addebitato a C.C. esclusivamente un "approccio superficiale" e hanno evidenziato di non avere mai ritenuto falsa la consulenza, anche in ragione del fatto di non avere "rifatto la perizia".

Non è, pertanto, configurabile neppure il reato di cui all'art. 380 c.p., punito a titolo di dolo, che, in base ai principi generali, richiede la volizione del comportamento contrario ai doveri professionali, accompagnata dalla consapevolezza di tale contrarietà (Sez. 6, n. 42913 del 19/11/2010, Sperandii, Rv. 248826 - 01).

3.3. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perchè i fatti non sussistono.

3.4. I restanti motivi sono assorbiti dall'accoglimento del primo.

4. Ricorso di A.A. 4.1. Risultano fondate le doglianze in ordine alla carenza motivazionale circa il concorso del ricorrente nel reato di corruzione in atti giudiziari e, più precisamente, circa la rilevanza del ruolo (determinante o meno) svolto da A.A. nella consumazione del reato di cui all'art. 319-ter c.p..

4.1.1. Questa Corte ha chiarito come sia configurabile il concorso eventuale nel delitto di corruzione - reato a concorso necessario ed a struttura bilaterale nell'ipotesi in cui quella del terzo, lungi dal concretizzarsi in una mera opera esecutiva, si sia risolta in un'attività di intermediazione finalizzata a realizzare una indispensabile funzione di connessione tra gli autori necessari (Sez. 6, n. 26740 del 18/09/2020, Trovato, Rv. 279615 - 01).

E', in altre parole, necessario che l'inserimento di un terzo nel progetto corruttivo, ideato e realizzato formalmente da altri, sia rigorosamente dimostrato sotto il profilo della sua rilevanza causale, che può estrinsecarsi nelle più varie forme: quella dell'apporto diretto del terzo nella materialità del fatto, della quale realizza una frazione (concorso materiale); quella della determinazione a delinquere, quella del rafforzamento o consolidamento dell'intento criminoso di chi ha già operato la scelta delinquenziale, quella di ampliare o modificare i termini dell'accordo corruttivo già raggiunto (ipotesi queste, tutte, di concorso morale).

4.1.2. Occorre, inoltre, rammentare che ai fini dell'integrazione del concorso di persone nel reato è necessario che la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo illecito perseguito dagli altri correi sussista nel momento in cui la condotta di agevolazione viene posta in essere, essendo evidentemente irrilevante una consapevolezza postuma, sopravvenuta dopo la consumazione del reato. La individuazione del momento preciso della acquisita consapevolezza della destinazione del denaro al pagamento del prezzo della corruzione assume rilevanza decisiva, atteso che, ove sopravvenuta rispetto al momento della consegna, non assumere rilevanza ai fini del concorso nella corruzione (Sez. 6, n. 29673 del 31/05/2022, Foglia, Rv. 283716 - 01).

4.1.3. Nel caso in esame, la sentenza impugnata polarizza il suo apparato argomentativo nell'analisi dettagliata ed approfondita della posizione di E.E. (soggetto corrotto) e di F.F. e G.G. (soggetti corruttori), per dimostrarne il coinvolgimento nel reato di corruzione in atti giudiziari e per inferire da ciò che negli stessi illeciti avrebbe concorso anche A.A. (quale beneficiario della corruzione), sul quale - secondo i Giudici di merito - non possono non riverberarsi le medesime valutazioni espresse sui primi tre, dato lo stretto collegamento, essendo F.F. il difensore di A.A. e G.G., comunque, a lui legato da rapporti professionali, nonchè intimo di E.E..

Tale semplicistica considerazione non può essere condivisa, perchè, come incisivamente si è rilevato in ricorso, ha il limite di dare suggestivamente rilievo agli eventi illeciti, sicuramente verificatisi, dai quali induttivamente risale agli autori, individuando tra questi anche A.A., avendo F.F. e G.G. agito nel suo interesse, e trascura completamente di analizzare e ricostruire la condotta dell'imputato, onde verificare se la stessa, sulla base di corrette e rigorose considerazioni logico-giuridiche, possa essere inquadrata nel paradigma concorsuale del reato che ci occupa.

La Corte di appello, infatti, ha fornito adeguata motivazione sull'accordo corruttivo esistente tra F.F. e G.G., errando nel ritenere che la responsabilità del A.A. potesse, automaticamente e senza approfondita analisi, discendere dal semplice vantaggio conseguito nella vicenda processuale, ovvero che determinante fosse la circostanza che A.A. potesse rendersi conto delle illiceità che erano state realizzate per conseguire detto esito positivo, tenuto, invece, conto che il concorso del ricorrente nella corruzione posta in essere dai due professionisti doveva necessariamente passare dal suo causalmente determinante e consapevole apporto. Nello specifico, tale apporto non risulta essere stato adeguatamente valutato.

4.1.4. La partecipazione psichica, sotto forma di istigazione, richiede la prova che il comportamento tenuto dal presunto concorrente morale abbia effettivamente fatto sorgere il proposito criminoso, ovvero lo abbia anche soltanto rafforzato. La sentenza impugnata parla di una "delega in bianco ad azioni corruttive", ma non fornisce la prova di un reale mandato conferito dal A.A. ad F.F..

Quest'ultimo, assecondato da G.G., ha affermato che nessun doppio fine era insito nella proposta di trasferimento della sede societaria di (Omissis) Spa nel territorio di competenza della Procura della Repubblica di (Omissis), se non quello di sfuggire al rigido controllo della Agenzia delle Entrate.

E, invece, ad avviso della Corte territoriale, l'iniziativa fittizia serviva a fare lavorare sulle carte con comodità E.E.; e ciò implicava il totale affidamento dell'imprenditore alle promesse del legale, e questa promessa non poteva avere altra giustificazione se non quella che i due avessero a (Omissis) carte occulte e potenti da spendere. Il suindicato passaggio argomentativo è in contrasto con la logica perchè omette di considerare che -nel momento in cui era trasferita la sede della società, non era prevedibile che la Procura di (Omissis) avrebbe richiesto una parziale archiviazione e che, da questo dato, sarebbe scaturito il trasferimento degli atti per competenza territoriale a (Omissis); -solo a quel punto l'avvocato F.F. avrebbe potuto rivolgere istanza alla Procura di (Omissis), rappresentando un profilo di connessione con il procedimento (Omissis)no, istanza in esito al quale il Pubblico ministero, errando, (e, infatti, oggi il procedimento penale pende a (Omissis)), quindi con un provvedimento non ipotizzabile, decideva di trasferire il procedimento a (Omissis).

Il ruolo di istigatore che avrebbe assunto A.A. non emerge dalle dichiarazioni dei due legali, nessuno dei quali, facendo riferimento alla motivazione del provvedimento impugnato, ha mai affermato di aver reso edotto il ricorrente delle modalità attraverso le quali avrebbero conseguito il risultato di pervenire all'archiviazione del procedimento, ovvero che per tale opera avessero ricevuto la somma di denaro da parte del A.A., tenuto conto che non è dato neppure comprendere se i legali fossero stati retribuiti e in che termini, in epoca antecedente o coeva alla realizzazione degli atti contrari ai doveri di ufficio da parte del magistrato, in tal modo contribuendo, se del caso, alla determinazione dell'opera corruttiva portata a compimento da parte di F.F. e G.G..

Seppure nel delitto di corruzione è ben possibile il concorso eventuale di terzi il cui contributo si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all'uno o all'altro dei concorrenti necessari (Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, Battistella, Rv. 234361), nel caso di specie tutti gli elementi che sono stati enunciati non risultano essere idonei a fondare la consapevolezza del ricorrente che il risultato illecito collegato all'archiviazione del procedimento fosse diretta conseguenza dell'opera di corruzione di F.F. e G.G. 4.1.5. Occorre, a questo proposito, evidenziare che i giudici di merito nulla hanno aggiunto al quadro indiziario, che si era formato e che veniva ritenuto da questa Corte, con sentenza, Sez. 6. n. 38694 del 26/06/2019, insufficiente in sede cautelare, se non le dichiarazioni di F.F. e G.G. in dibattimento.

4.1.6. A questo proposito, la sentenza impugnata omette di esaminare quanto le era stato devoluto nell'atto d'appello, in ordine alla considerazione per cui le dichiarazioni di F.F. e G.G. avevano consegnato un quadro, nell'ambito del quale, rispetto all'interesse personale di A.A., era del tutto preminente l'interesse della retrostante associazione per delinquere, per la quale A.A. non è mai stato nemmeno soltanto indagato.

Peraltro, la sentenza risulta contraddittoria anche in punto di motivazione offerta con riferimento alla credibilità delle dichiarazioni rese da F.F. e G.G.: nella parte iniziale, la sentenza sottolinea la ambiguità e scarsa credibilità di F.F., ritenendo provato che costui "protegge in modo chiarissimo l'affermato imprenditore A.A.", e sostiene, invece, quanto a G.G., che costui "è a tratti più genuino e scarsamente interessato a difendere A.A.".

Ciò nonostante, la sentenza, ove si dedica alla trattazione specifica della posizione di A.A., afferma, con riferimento a passaggi delle dichiarazioni del G.G. che escludono la responsabilità penale di A.A., che l'intento minimizzatore del ruolo di A.A. è proprio anche del G.G..

Così facendo, la Corte d'appello valuta le dichiarazioni dei coimputati in modo frazionato, ossia qualificando G.G. come inattendibile, solo rispetto a talune circostanze e non ad altre.

4.1.7. I giudici d'appello hanno, poi, affermato che la responsabilità del A.A., in termine di creazione di una provvista di denaro destinata a E.E., non si esaurisce nella presunta consegna degli ultimi 20.000 Euro, ma comprende una serie di elargizioni, destinate a foraggiare il "lavoro sporco" dei due legali, comprese nel capo di imputazione. In realtà, tale affermazione risulta smentita:

-dalle dichiarazioni di F.F., il quale ha affermato che, rispetto a questa vicenda, non ha mai corrisposto personalmente a E.E. delle somme di denaro, nè ha dato indicazioni al riguardo all'avvocato G.G.;

-dalle dichiarazioni di E.E., il quale ha affermato che era stata solo una sua supposizione ritenere che il denaro consegnatogli da G.G. provenisse da A.A.;

-dalle dichiarazioni di G.G., il quale ha chiarito che, quando aveva ricevuto il denaro da F.F., A.A. era assente e ha aggiunto che non parlò mai con A.A. di denaro.

La mancata considerazione di queste emergenze processuali, si riflette, inevitabilmente, anche sulla motivazione della sussistenza della consapevolezza in capo a A.A. della corruzione in atti giudiziari.

4.1.8. Merita poi di essere evidenziato un ulteriore passaggio della motivazione di estrema apoditcità: il riferimento è alla valutazione offerta dalla Corte di merito circa l'episodio riferito da F.F. e G.G., svoltosi a distanza di molti mesi (circa otto) dalla conclusione del procedimento. E' emerso che, in tale occasione, a A.A. venne richiesto da G.G., alla presenza di F.F., il saldo delle proprie competenze professionali; in particolare, F.F. ha dichiarato che, nel corso di tale incontro, G.G. aveva chiesto a A.A. di essere pagato, dicendogli che "le cose non erano avvenute per via dello Spirito Santo" e che aveva "E.E. sul collo"; F.F. ha aggiunto, inoltre, che, in quel contesto, si fece sicuramente riferimento al fatto che E.E. era un magistrato "a loro disposizione".

Stando al racconto di F.F., A.A., non disse nulla e chiese di emettere la fattura, che avrebbe pagato immediatamente. F.F. ha precisato, infine, che A.A. gli comunicò che non voleva più avere nulla a che fare con G.G..

L'episodio sopra riportato è stato ritenuto importante dalla Corte di appello, sia in considerazione del fatto che chi chiedeva i soldi a A.A. non era il suo legale, il quale aveva ovviamente il diritto a ottenere i propri compensi professionali, ma un terzo, che A.A. sapeva essere molto legato a E.E., sia perchè sarebbe stato lecito e logico attendersi una dura e netta reazione dell'imprenditore di fronte a una dirompente rivelazione.

In realtà, l'episodio sopra indicato non ha significato univoco, posto che, altrettanto logica appare l'interpretazione tornita dalla difesa, secondo la quale A.A. sarebbe rimasto attonito, una volta venuto a conoscenza di una vicenda illecita della quale era totalmente ignaro. Ed, in effetti, come da lui richiesto ad F.F., tutti i rapporti professionali con G.G. vennero da quel momento interrotti.

4.1.9. Risulta, in conclusione, fondato il denunciato vizio di motivazione per violazione del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio per la conferma di una sentenza di condanna senza una valutazione approfondita del ruolo svolto dall'imputato a titolo di concorso nel reato di corruzione e dell'elemento psicologico del reato. I giudici di secondo grado non hanno preso adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive, ma sono pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado attraverso un itinerario logico-giuridico basato su apprezzamenti di fatto connotati da una forte valenza congetturale e senza una esauriente analisi delle risultanze agli atti, in particolare di una attenta e precisa disamina delle dichiarazioni rese da tutti i soggetti coinvolti e della valutazione della loro attendibilità.

4.2. La Corte di appello ha ritenuto rafforzativa della prova dell'elemento soggettivo del concorso in corruzione, la firma di un verbale di interrogatorio reso apparentemente davanti a E.E., ma confezionato, in realtà, dagli avvocati F.F. e G.G. fuori dagli uffici giudiziari, e poi portato al magistrato per essere inserito agli atti, a sostegno della richiesta di archiviazione.

G.G., nel corso del proprio esame, ha affermato che il verbale (al pari di quello di s.i.t. di D.D.) era stato predisposto da F.F., grazie alla disponibilità di una pen drive, che conteneva in formato word l'intestazione della Procura della Repubblica, data da E.E. a G.G. e da quest'ultimo consegnata ad F.F. per l'occasione. Il verbale era stato, poi, consegnato da F.F. a G.G. con l'indicazione di farlo urgentemente sottoscrivere da A.A. (analoga indicazione era stata data per quello di D.D.), che aveva incontrato a (Omissis) e che, dopo averlo letto, lo avevano firmato appoggiandosi al cofano di una autovettura.

F.F., invece, ha dichiarato di avere formato dei verbali di indagini difensive.

A.A. ha reso spontanee dichiarazioni affermando di essersi completamente affidato alle scelte difensive di F.F. e che, in considerazione di ciò, era possibile avesse sottoscritto verbali contenenti sue dichiarazioni, escludendo, però, nella maniera più assoluta, che sui fogli vi fosse l'intestazione della Procura della Repubblica di (Omissis).

E.E. dichiarava, infine, di avere ricevuto il verbale di interrogatorio di A.A. (oltre al verbale di s.i.t. di D.D.) da G.G., senza alcuna indicazione sul fatto che l'apposizione della firma fosse avvenuta poco prima, all'esterno della Procura. A quel punto aveva apposto la propria firma e lo aveva inserito all'interno nel fascicolo. E.E. precisava che G.G. aveva agito in tal modo per "questioni di comodità".

4.2.1. Nei motivi di appello, evidenziato il contrasto di versioni tra F.F. e G.G. su una circostanza essenziale ai fini del decidere, se ne chiedeva la risoluzione per il tramite di una rinnovazione istruttoria, esperendo il mezzo del confronto tra i due coimputati di reato connesso e la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia valutazione di tale richiesta difensiva, offrendo una motivazione carente in ordine al rigetto dell'istanza.

Occorre, a questo proposito, osservare che alla rinnovazione dell'istruzione nel giudizio di appello, di cui all'art. 603, comma 1, c.p.p., può ricorrersi solo quando il giudice ritenga "di non poter decidere allo stato degli atti", sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonchè quando l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo, Rv. 237410). La discrezionalità dell'accertamento, dalla legge rimesso al giudice di merito, determina la incensurabilità in sede di legittimità di una valutazione correttamente motivata (Sez. 6, n. 4089 del 03/03/1998, Masone, Rv. 210217 - 01).

La valutazione del giudicante (in ordine alla necessità, o meno, della rinnovazione) può, quindi, essere sindacata solo attraverso l'evidenziazione di vizi della deliberazione assunta sulla regiudicanda, e della relativa motivazione, che appaiano manifestamente conseguenti alla erronea decisione di non provvedere all'integrazione della prova, d'ufficio o su richiesta delle parti processuali.

In sostanza, "può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello" (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Impellizzeri, Rv. 273577 - 01; Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, Pircher, Rv. 265323 - 01; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, Cozzetto Rv. 258236).

Ciò che conta, quindi, è la desumibilità, dal tessuto argomentativo della sentenza, posto in relazione alle censure difensive, di una grave lacuna del ragionamento probatorio e della sua rappresentazione a livello motivazionale.

Così impostata la questione, le censure difensive risultano fondate, per quanto verrà detto nel prosieguo, poggiando il giudizio di responsabilità su prove insufficienti e contraddittorie.

La sottoscrizione dei verbali già completi del loro contenuto da parte di A.A. (e anche di D.D.) veniva, infatti, ritenuta dai giudici di merito esclusivamente sulla scorta del propalato di G.G. all'udienza dell'11 giugno 2020. Di contro, la difesa valorizzava una versione diametralmente opposta circa la formazione di tali atti processuali riscontrata dal narrato di F.F. nonchè dalle dichiarazioni rese al riguardo dagli imputati stessi.

Sempre nei motivi di appello, si poneva in luce come, al fine di potere fare corretta applicazione dei canoni che regolano la valutazione della prova, le dichiarazioni accusatorie rese da G.G., imputato di reato connesso, dovevano essere suffragate da riscontri oggettivi, tesi a confermarne l'attendibilità. Proprio a tal fine veniva richiesta la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, anche esperendo una perizia al fine di comprendere la possibilità di una formazione progressiva del documento firmato da A.A. (al pari di quello di D.D.).

4.2.2. La motivazione offerta sul punto dalla Corte di appello risulta insufficiente e in contrasto con le risultanze probatorie, allorchè si sostiene che "priva di conducenza appare la prospettazione di una complessa e incerta perizia tecnica sul riempimento dei verbali che dovrebbe portare in via esplorativa a smentire una solidissima prova storico rappresentativa, quale quella p(Omissis)nante dalla confessione di E.E. e G.G.".

Il passaggio riportato è censurabile: la Corte territoriale dubita aprioristicamente della capacità probatoria del mezzo di prova richiesto ed afferma che agli eventuali esiti favorevoli dell'approfondimento istruttorio si contrapporrebbe, in ogni caso, la confessione di G.G. e E.E.. Senonchè la deposizione di E.E., sul punto, rimane ininfluente, atteso che, come riportato nei motivi d'appello, egli si limitava a riferire di avere ricevuto i verbali in questione da G.G., senza alcuna altra informazione sulla loro formazione e, dunque, la prova a discarico richiesta, potendo contrastare il propalato di G.G., imputato di reato connesso, le dichiarazioni del quale devono essere riscontrate, avrebbe certamente avuto peso dirimente.

4.2.3. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina che dovrà colmare i vuoti motivazionali sopra evidenziati e procedere a rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

4.3. I restanti motivi di ricorso devono ritenersi assorbiti.

5. Ricorso di D.D. 5.1.1 motivi di ricorso di D.D. (dipendente della società di A.A.) sono fondati.

La chiamata di correo posta in essere da G.G. nel riferire della sottoscrizione del verbale di s.i.t. in contestazione da parte dell'imputato a (Omissis), risulta, come si è già detto con riferimento al verbale di interrogatorio di A.A. al paragrafo 4.2.1. del Considerato in diritto al quale si fa integrale riferimento, non solo non confortata da altri elementi di prova, che ne confermino la attendibilità, ma anche smentita dalle versioni di altro coimputato giudicato separatamente - e cioè F.F. - che ha negato di avergli consegnato un verbale di s.i.t. prestampato (contenente dichiarazioni confermative di quelle di I.I.) affinchè lo portasse a (Omissis) per farlo firmare a D.D. e poi a E.E.. F.F., in particolare, ha riferito, di avere trasmesso via e-mail a G.G. il "verbale di indagini difensive" e non mai di "sommarie informazioni testimoniali", che avrebbero dovuto essere assunte dal Pubblico ministero.

D.D., ha depositato, all'udienza del 9 luglio 2020, avanti il Tribunale, uno scritto nel quale rappresentava la possibilità che il verbale di s.i.t. -verbale che l'imputato ha fermamente negato di avere sottoscritto - potesse essere stato confezionato a sua insaputa utilizzando fogli da lui firmati in bianco e lasciati presso lo studio dell'avvocato F.F., che, all'epoca, era legale di riferimento del gruppo di società delle quali l'imputato era dirigente, perchè il professionista potesse eventualmente confezionare documenti dal contenuto, ovviamente, concordato.

La chiamata di correo di G.G. risulta, allora, non solo non confortata da altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità, ma, come si è visto, smentita dalla versione di altro coimputato giudicato separatamente, il quale ha reso dichiarazioni contrastanti alle sue.

Nè tale denunciata lacuna motivazionale può ritenersi colmata dalle critiche sviluppate dalla Corte d'appello, laddove ha sottolineato la gravità del contenuto della dichiarazione scritta dell'imputato D.D., nella parte in cui ha rappresentato la possibilità che il verbale di s.i.t. in questione potesse essere stato confezionato a sua insaputa, utilizzando qualche foglio da lui firmato in bianco e lasciato presso lo studio dell'avvocato F.F.. Tale censura ad opera della Corte territoriale è del tutto inidonea a confortare la chiamata di correo del G.G..

Neppure l'ulteriore argomento speso dalla decisione impugnata, ove si evidenzia che, essendo il falso verbale di s.i.t. documento articolato e complesso, non avrebbe potuto essere stampato su fogli preformati in bianco, vale a offrire una idonea motivazione a supporto dell'asserita insufficienza della chiamata di correo di G.G. a provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la sottoscrizione dell'alto falso sia effettivamente intervenuta ad opera di D.D. e con le modalità descritte in imputazione.

Inoltre, come si è già detto con riferimento alla posizione di A.A., la confessione di E.E., contrariamente a quanto apoditticamente affermato dalla Corte di appello di Messina, non integra alcuna prova storico rappresentativa sulle modalità di confezionamento del verbale di s.i.t., che gli fu portato da G.G. e, tantomeno, sulla riconducibilità a D.D. della firma ivi apposta.

La Corte d'appello, infine, nulla dice delle ragioni per le quali, a fronte della negazione da parte del ricorrente della apposizione della propria firma sul falso documento oggetto di contestazione, dovesse ritenersi superfluo l'espletamento di una perizia grafologica pur in assenza, come si è visto, di altri elementi di prova che potessero confrontare la chiamata di correo di G.G.. Tale assoluta carenza di motivazione, anche in ordine al richiesto espletamento di perizia grafologica sulla riconducibilità a D.D. delle firme apposte in calce a falso verbale di cui alla contestazione, concorre ulteriormente a viziare il percorso argomentativo della decisione impugnata e vale a rendere l'affermazione di responsabilità dell'imputato per il reato lui ha scritto motivata in modo manifestamente illogico e contraddittorio.

5.2. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina che dovrà colmare i vuoti motivazionali sopra evidenziati e procedere a rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B.B. e C.C. per non avere commesso i fatti loro contestati.

Annulla, altresì, la medesima sentenza nei confronti di A.A. e D.D. e rinvia per nuovo giudizio nei loro confronti ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2023