Giu Revisione: le "prove nuove"
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - 23 marzo 2023 N. 12195
Massima
In tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 lett. c) cod. proc. pen. ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario. Le prove nuove per legittimare la revisione del processo devono, comunque, essere decisive, ovvero idonee a scardinare l'impianto probatorio posto a fondamento della condanna irrevocabile.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - 23 marzo 2023 N. 12195

1.II ricorso è inammissibile.

1.1. Il collegio riafferma che in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 lett. c) c.p.p. ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2022, Pisano, Rv. 220443 - 01).

Le prove nuove per legittimare la revisione del processo devono, comunque, essere "decisive", ovvero idonee a scardinare l'impianto probatorio posto a fondamento della condanna irrevocabile.

Si riafferma cioè che in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell'impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 - 01) Se la prova - come nel caso in esame - non è idonea a destrutturare le valutazioni della condanna in ordine alla sussistenza dell'elemento oggettivo, o di quello soggettivo del reato, incidendo solo sui motivi a delinquere, irrilevanti ai fini dell'accertamento della responsabilità, la stessa non è idonea a legittimare l'apertura del giudizio di revisione.

Nel caso in esame, la missiva allegata dimostra solo quale fossero i motivi che hanno sorretto la condotta del ricorrente, ovvero la protesta contro il demansionamento, ma non incide sull'accertamento nè dell'elemento oggettivo della condotta, ovvero la mancata effettuazione delle prestazioni lavorative, nè della consapevolezza dell'azione illecita.

Con motivazione ineccepibile la Corte di appello rilevava che, anche laddove il documento allegato dovesse essere ammesso nel procedimento di revisione, lo stesso non era decisivo in quanto la stessa costituiva solo un'ulteriore elemento di specificazione dei motivi a delinquere, ampiamente valutati dai giudici di merito che, per valutare la responsabilità hanno correttamente ritenuto, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità che i fini della formazione di responsabilità penale sono irrilevanti i motivi che spingono l'imputato alla consumazione del reato (tra le altre: Sez. 1, n. 17206 del 04/03/2010, Rv. 247050: pag. 4 della sentenza impugnata).

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 3000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000.00 in favore della Cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023