1. Invertendo l'ordine impresso dal ricorrente ai due motivi di ricorso e muovendo dunque dall'ipotesi di confisca per sproporzione di cui al vigente art. 240-bis c.p., le deduzioni svolte puntano a contestare il presupposto operativo dell'art. 240-bis c.p. la sproporzione - dimostrando che il giudice della cognizione ha sottostimato l'entità del patrimonio di derivazione illecita di A.A., derivato da operazioni finanziate, direttamente o indirettamente, pur sempre con i proventi dell'usura.
Così è sia quando si eccepisce che il giudice avrebbe errato nel non calcolare la capitalizzazione degli interessi maturati; sia là dove si rileva che il mutuo bancario (per l'importo di 121.000) non avrebbe dovuto essere computato ai fini del calcolo del reddito lecito, essendo stato estinto con i soldi della vendita dell'immobile ad una delle parti offese; sia nella parte in cui si rivendica che il profitto illecito ottenuto dal primo finanziamento usurario è servito per finanziare il secondo; sia quando si afferma, infine, che nel 2019 A.A. ha acquistato un appartamento con il profitto del finanziamento alle persone offese dai reati di usura.
Le deduzioni tese a dimostrare la derivazione illecita del patrimonio di A.A. non si confrontano tuttavia con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata e basate sul dettato legislativo del vigente art. 240-bis c.p., risultando, quindi, generiche.
Tale disposizione, infatti, non impone - come sembra fraintendere il ricorrente - di "analizzare se il capitale prestato effettivamente poteva dare adito ad una sproporzione", ma, piuttosto, di verificare se esista sproporzione tra reddito "lecito" e denaro o beni di proprietà o comunque riconducibili all'imputato. Ciò, sulla base del presupposto che, in mancanza di adeguata giustificazione della "lecita" provenienza del denaro o dei beni, sia verosimile (e possa, dunque, presumersi) che tale denaro e tali beni derivino da reato.
Di conseguenza, i rilievi difensivi, rivendicando la provenienza "illecita" di parte del denaro, non soltanto non confutano il presupposto della sproporzione, ma finiscono con il rivelarsi controproducenti, in quanto dimostrano la fondatezza, nel caso di specie, della presunzione legislativa.
Il motivo di ricorso appare, dunque, inammissibile.
2. Passando al primo motivo di ricorso, affatto generici sono i rilievi, contenuti nella parte finale del motivo, in cui si mette in dubbio la corretta determinazione dell'importo complessivo del profitto ad opera del giudice di primo grado.
Una considerazione più approfondita merita invece la richiesta di scomputare dalla quantificazione del profitto confiscato ai sensi dell'art. 644, comma 6, c.p. il valore della cambiali alla cui esecuzione A.A. rinunciò "in favore" delle parti offese, il tenore della sentenza, sul punto, non risultando chiaro.
Premesso che la confisca in oggetto differisce da quella di cui si è precedentemente trattato, perchè, in questa, il legislatore vincola espressamente l'ammontare della confisca ad "un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari" (art. 644, comma 6, c.p.), dal provvedimento impugnato non si evince se la restituzione delle cambiali di cui si parla nel ricorso assuma, alla luce della concreta vicenda fattuale, il senso di un lucro cessante per l'imputato o se tali cambiali, come è pure possibile che sia accaduto, fossero state emesse a garanzia di un credito, quello usurario, già riscosso dall'imputato o che l'imputato non avrebbe comunque, per qualunque ragione, più potuto riscuotere.
Nel primo caso, il motivo sarebbe fondato, sicchè dall'importo del profitto andrebbe detratta la somma di 43.335 Euro, corrispondente al valore delle cambiali in oggetto.
Nel secondo caso, invece, si sarebbe al cospetto di una restituzione comunque "necessitata", come tale insuscettibile di ritoccare al ribasso l'entità del profitto realizzato dal ricorrente, poichè l'impegno da questi assunto a non pretendere dalle parti offese (anche) il pagamento del titolo di credito - impegno documentato in una scrittura privata in uno con l'entità delle restituzioni parzialmente operate - assumerebbe il ben diverso significato di una "promessa" a non persistere nella realizzazione di comportamenti criminosi pretendendo un guadagno non dovuto, in aggiunta ai profitti usurari.
3. La necessità di svolgere siffatto approfondimento induce questa Corte a disporre l'annullamento della sentenza con rinvio, in relazione alla sola parte concernente la confisca di Euro 171.000 ex art. 644, comma 6, c.p., confermando nel resto il provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata quanto alla confisca disposta ex art. 644, ultimo comma, c.p. limitatamente alla somma di 43.335,00 con rinvio al Tribunale di Como per nuovo giudizio sul punto. Rigetta il ricorso nel resto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2023.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2023