Giu riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva: non sussiste alcun onere di trasmettere tutto il contenuto del fascicolo processuale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 febbraio 2023 N. 7853
Massima
In tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, l'obbligo di cui all'art. 309, comma 5, cod. proc. pen., riguarda solo gli atti in essa disposizione contemplati, mentre non sussiste alcun onere di trasmettere tutto il contenuto del fascicolo processuale. Inoltre la trasmissione degli atti effettuata ai sensi dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non è atto idoneo a consentire la messa a disposizione della difesa dei supporti delle registrazioni.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 febbraio 2023 N. 7853

1. I ricorsi sono inammissibili per i motivi che di seguito si espongono.

Ricorso D.D. 2. Preliminarmente va rilevato che la misura cautelare nei confronti di D.D. è stata dichiarata inefficace dal Tribunale del riesame nel provvedimento impugnato, per omesso avviso al secondo difensore, ai sensi dell'art. 309, commi 8 e 9, c.p.p..

Il ricorso, al quale l'indagato ha dichiarato di rinunciare, va conseguentemente dichiarato inammissibile per carenza "genetica" di interesse.

Ricorsi B.B. e C.C. 3. I motivi inerenti alle intercettazioni - tra loro strettamente connessi da potere essere affrontati congiuntamente - sono inammissibili perchè manifestamente infondati e, in parte, anche reiterativi di doglianze formulate dinanzi al Tribunale e dallo stesso congruamente disattese.

4. In ordine logico, va anzitutto esaminata la questione afferente alla inutilizzabilità degli esiti dell'attività intercettiva.

I ricorrenti lamentano vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione alla mancata messa a disposizione in favore delle difese, prima, e del Tribunale del riesame, poi, dei supporti magnetici su cui sono registrate le conversazioni telefoniche captate.

Viene in rilievo il tema, scandagliato in sede rescindente dalla seconda Sezione di questa Corte, del diritto ad accedere alla prova diretta delle captazioni, costituita dai predetti supporti.

Il diritto, funzionale alla verifica dell'effettiva corrispondenza del contenuto delle conversazioni, come riprodotto per sintesi nei brogliacci di ascolto, a quello audio od audiovisivo, ha trovato consacrazione nella sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 2008, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.

La sentenza rescindente ha ritenuto essere stato violato tale diritto, atteso che i fi/es audio risultano essere stati posti a disposizione della difesa, benchè ne avesse fatto tempestiva richiesta, solo in data 22 ottobre 2021, ossia il giorno successivo a quello in cui si tenne l'udienza di riesame (mentre il successivo 29 ottobre il difensore procedette all'ascolto).

Su tale premessa sono stati enucleate le coordinate ermeneutiche da osservare nel giudizio di rinvio.

La Corte ha puntualizzato che l'illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dall'ingiustificato ritardo del Pubblico Ministero nel consentire al difensore l'accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, dà luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178, lett. c), c.p.p., pen., che è soggetta al regime di deducibilità ed alle sanatorie di cui agli artt. 180, 182 e 183 c.p.p. Il vizio, ove ritualmente dedotto in sede di riesame, preclude l'utilizzo delle trascrizioni come prova nel giudizio "de libertate". Sulla base di tale premessa, è stata dunque disposta la regressione del presente procedimento nella fase in cui era stato compiuto l'atto nullo, per la necessità di procedere alla sua rinnovazione, ed alla emenda dei vizi derivati, ai sensi dell'art. 185 c.p.p. (con la precisazione che, in sede di rinvio, il procedimento non sarebbe stato più soggetto ai termini perentori di cui all'art. 309, comma 10, c.p.p., così come affermato da Sez. U., n. 5 del 17/04/1996, D'Avino, Rv. 204463).

In relazione alla qualificazione degli effetti patologici della rilevata violazione, la sentenza della seconda Sezione ha richiamato i principi sanciti da Sez. U del n. 20300 del 22/4/2010, Lasala, Rv 246907, specificando che essa:

- non determina nullità del provvedimento impositivo genetico, in quanto lo stesso risulta legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti dal Pubblico Ministero a sostegno della propria richiesta;

- non comporta nè l'inutilizzabilità degli esiti delle captazioni effettuate, giacchè questa scaturisce solo nelle ipotesi indicate dall'art. 271, comma 1, c.p.p., nè la perdita di efficacia della misura, non rientrandosi in alcuna delle tassative ipotesi previste dalla legge (artt. 299, 300, 301, 302, 303, 309, comma 10, c.p.p.);

la violazione dà innesco ad un vizio nel procedimento acquisitivo della prova innanzi al Tribunale del riesame, che però non inficia l'attività di ricerca della prova stessa nè il risultato probatorio, in sè considerati.

Dunque, non è configurabile la dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni, essendo stato peraltro il diritto all'ascolto esercitato dal difensore istante ben prima che avesse luogo l'udienza del Tribunale del riesame in sede di rinvio.

5. Parimenti inammissibile, alla stregua di quanto affermato dalla sentenza in sede rescindente, è la dedotta violazione dell'art. 309, comma 5, c.p.p..

In forza dell'art. 309, comma 10, c.p.p. la perdita di efficacia della misura è correlata alla mancata trasmissione al Tribunale del riesame degli atti che il pubblico ministero ha selezionato per sostenere la sua richiesta, ex art. 291, comma 1, c.p.p., oltre che degli elementi a favore dell'indagato, anche sopravvenuti.

Al riguardo occorre tuttavia distinguere.

L'onere di trasmissione, su impulso del Presidente del Tribunale, è preordinato alla conoscibilità di tali atti da parte di tale Giudice, nonchè alla facoltà delle parti di estrarne copia ai sensi del combinato disposto degli artt. 309, comma 8, e 43 disp. att. c.p.p..

Di contro, la messa a disposizione dei supporti magnetici, come detto, è esclusivamente funzionale all'esercizio del diritto di accesso, il quale presuppone la richiesta di parte, per come configurato dalla sentenza additiva del Giudice delle leggi.

Che si tratti di piani non sovrapponibili è già stato chiarito da questa Corte, che ha precisato come l'obbligo di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p., riguardi solo gli atti in essa disposizione contemplati, mentre non sussiste alcun onere di trasmettere tutto il contenuto del fascicolo processuale (Sez. 4, n. 5981 del 17/10/2019, dep. 2020, Monaco, 278436).

Nello stesso senso, si è precisato che "la trasmissione degli atti effettuata ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p. non è atto idoneo a consentire la messa a disposizione della difesa dei supporti delle registrazioni" (Sez. 4, n. 25964 del 18/06/2021, Cespedes, Rv. 281974 - 02).

La perdita di efficacia della misura prevista dall'art., 309 comma 10, c.p.p. attiene, invero, alla ipotesi di disallineamento tra i materiali valutati dal Giudice per le indagini preliminari e ciò che è posto all'attenzione del Tribunale del riesame; al contrario, non essendo mai stati i supporti vagliati dal Giudice per le indagini preliminari, che legittimamente ha proceduto sulla base dei brogliacci, non può farsi discendere dalla mancata trasmissione al Tribunale, per il solo fatto.di essere state le tracce foniche riversate presso l'ufficio di Procura ex post, alcun effetto caducatorio.

Anche sotto altro profilo, del resto, l'eccezione di perdita di efficacia accampata dai ricorrenti è infondata nella vicenda al vaglio. La difesa non ha dedotto uno specifico interesse che la sostenga, non avendo individuato quali dati decisivi sarebbero stati sottratti al controllo del Tribunale per effetto del mancato invio.

La necessità di una esegesi meno formalistica e, al tempo stesso, più restrittiva della portata della norma comminatoria della perdita di efficacia è stata ripetutamente sostenuta da questa Corte e ad essa il Collegio intende dare continuità, ritenendola del tutto condivisibile.

Si è affermato, al proposito, che, in tema di impugnazioni relative a misure cautelari personali, l'omessa trasmissione al tribunale del riesame di un'informativa della polizia giudiziaria e del testo integrale di alcuni atti d'indagine, richiamati nel provvedimento che ha disposto la misura, non ne comporta l'inefficacia, se non è specificamente indicato quali dati decisivi siano stati sottratti al controllo del tribunale e se, all'esito della "prova di resistenza", gli elementi non trasmessi siano ritenuti irrilevanti, ai fini della correttezza e della legittimità della decisione cautelare (v. Sez. 6, n. 41468 del 12/09/2019, Di Mauro, Rv. 277370, con riferimento a fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione con la quale era stata esclusa la perdita di efficacia della misura cautelare per omessa trasmissione di un'informativa di polizia giudiziaria meramente riepilogativa dei risultati investigativi messi a disposizione dell'autorità giudicante, nonchè del testo integrale dei verbali delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia prodotti solo in forma riassuntiva e con degli "omissis" per esigenze di tutela del segreto d'indagine, ma ugualmente rappresentativi degli elementi fondanti la richiesta cautelare; nello stesso senso v. Sez. 2, n. 15077 del 27/02/2007, Toffolo, Rv. 236460.

In generale, con riguardo alla materia delle intercettazioni, è sedimentato il principio secondo cui è necessario, a pena di inammissibilità del motivo, che il ricorrente indichi quali siano le conversazioni intercettate che sarebbero inutilizzabili e chiarisca l'incidenza degli atti specificamente affetti dal vizio sul complessivo compendio probatorio già valutato, sì da potersene inferire la decisività ai fini del provvedimento impugnato. (Sez. U., n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416; nello stesso senso, Sez, U, n. 39061 del 16/07/2009, De Iorio, Rv. 244328; Sez. 4, n. 46478 del 21/C19/2018, Gullè, non massimata).

Ciò posto, alla prova di resistenza ha proceduto nel caso in scrutinio lo stesso Tribunale del riesame che, di fatto, ha ritenuto di prescindere dalla va(utazione degli esiti delle intercettazioni, stimandoli privi di decisiva rilevanza ai fini della tenuta logico-dimostrativa del quadro indiziario, che poggia su una pluralità di elementi "residui", idonei a sostenere l'identico convincimento, e che ha motivato esclusivamente in relazione a tali elementi.

Oltre che infondata, in quanto la difesa ha prima dell'udienza di riesame comunque esercitato il diritto all'accesso che assume essere genericamente conculcato, avendo proceduto all'ascolto dei supporti in data 29 ottobre 2021 e non avendo formulato rilievi di sorta sui loro contenuti, la questione di inuti(izzabilità delle intercettazioni risulta, in ragione di quanto precede, del tutto irrilevante.

6. Il secondo motivo dei ricorsi, che esplicitamente attacca la tecnica redazionale adottata dal Tribunale del riesame, è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.

I Giudici del riesame hanno ritenuto di richiamare le motivazioni della richiesta del pubblico ministero, dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari e dalla propria ordinanza n. 3386/21, poi annullata dalla citata sentenza; e tuttavia, pur con diversi rinvii agli esiti investigativi compendiati in tali atti, non può non osservarsi che all'onere motivazionale il Tribunale non si è affatto sottratto, rendendo un discorso giustificativo della decisione in sè del tutto autosufficiente.

In ogni caso i riferimenti, in funzione integrativa, ai predetti altri provvedimenti non inficiano la motivazione così strutturata perchè "diffusa" e di difficile ricostruzione, ricorrendo nella specie i requisiti che legittimano, secondo un principio ampiamente consacrato da questa Corte nella sua massima espressione nomofilattica, i presupposti della motivazione "per relationem".

La motivazione per relationem è invero da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664; Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv. 261839).

Sez. 3, n. 26483 del 05/04/2022, Maifredi, Rv. 283394 ha anche puntualizzato che la motivazione per relationem di un provvedimento cautelare, pur emesso in un diverso procedimento, è legittima persino nel caso in cui l'atto richiamato non sia definitivo, in quanto anche l'eventuale annullamento o modifica di quest'ultimo non fanno venir meno la sua esistenza come realtà grafica, potendo essi incidere solo indirettamente sull'atto richiamante, laddove sia intervenuta una statuizione attinente al contenuto di quello richiamato.

La difesa ha reiterato poi, in tale ambito, la censura di difetto di autonoma valutazione dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, in termini del tutto aspecifici, siccome già compiutamente disattesa dal Tribunale, con motivazione con la quale l'ordinanza non si confronta.

L'autonomia valutativa prevista, quanto ai gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari, dall'art. 292, comma 2, c.p.p., funzionale a garantire l'equidistanza tra l'organo requirente che ha formulato la richiesta e l'organo giudicante che emette la misura "inaudita altera parte", (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 03/03/2021, Rv. 280603), non preclude affatto un rinvio agli esiti investigativi della richiesta del Pubblico Ministero - che peraltro, in questo caso, è estremamente analitica - per quel che attiene alla esposizione descrittiva dei fatti, quando vi sia stata una elaborazione critica ed argomentata del compendio investigativo posto a base della domanda cautelare; e ciò ove si consideri che tra tali atti, ove vi sia conformità, vi è un rapporto di necessaria integrazione, concorrendo entrambi a formare il titolo custodiale. Elaborazione, che, nella specie è peraltro avvalorata dal dato che la gravità indiziaria è stata esclusa dal Giudice in relazione alle condotte distrattive ed agli illeciti connessi (capo 2 - limitatamente, appunto, alle condotte distrattive - capi 3, 5, 6).

Oltretutto, si tratta di una censura del tutto inconsistente, perchè la "duplicazione informatica" (ossia le riproduzioni di parti del testo, comprensive di relativi errori e inesattezze) riguarda pochissime pagine nell'ambito di un provvedimento invece corposissimo; e comunque perchè i ricorrenti non indicano l'incidenza causale di tali corrispondenze sulla decisione assunta. Questa Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare che, in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti "de libertate", il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell'ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha invero l'onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (tra le tante Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496).

Le pretese carenze motivazionali sono dedotte poi in termini del tutto generici ed assertivi, con riferimento all'insufficienza delle propalazioni di G.G. (collaboratore dei E.E. e compagno di Giovanna E.E.) perchè estraneo al contesto della famiglia dal 2016 e di quelle di Antonio H.H. (commercialista di fiducia dei E.E., regista delle operazioni di intestazione fittizia di (Omissis) Srl ). perchè rese, queste ultime, a fini autodifensivi, ma prive di elementi corroborativi di riscontro ex art. 192 cod. proc. Tali rilievi non si confrontano con un poderoso quadro indiziario emergente dalle informative relative alle indagini della Guardia di finanza, nonchè dagli atti e documenti delle procedure fallimentari, dalla relazione ex art. 33 R.D. n. 267 del 1942 a firma del curatore Sagliocco, dalle sommarie informazioni assunte. Nell'esposizione delle risultanze di tali atti investigativi, in ordine all'articolato sistema interpositivo creato dai componenti della famiglia E.E., accanto alle dichiarazioni di G.G., rilevano le dichiarazioni confessorie di L.L. (legale rappresentante di (Omissis) Srl , che ha ammesso il proprio ruolo di mero prestanome della famiglia); dichiarazioni sostanzialmente convergenti con quelle di H.H. ed idonee a costituire elementi di riscontro avvalorativo del contenuto di queste ultime.

Corroborativi delle dichiarazioni di H.H. risultano poi - nel tessuto dell'ordinanza genetica - gli esiti delle indagini condotte sui conti correnti di (Omissis) Srl e su quelli personali di L.L., in relazione alle operazioni di costituzione del capitale sociale, e quanto a (Omissis) Srl , le dichiarazioni degli amministratori N.N. e O.O., nonchè di P.P., dipendente della società di trasporto, e di Q.Q., proprietario del magazzino usato dalla società, unitamente agli esiti delle verifiche fiscali operate dalla Guardia di Finanza, in ordine alla inesistenza della sede sociale, alla sistematica evasione fiscale, alle modalità di tenuta della contabilità e di compravendita delle quote da parte di O.O., alla variazione formale delle sedi sociali, alla riconducibilità dell'attivazione della casella di posta elettronica di (Omissis) Srl a (Omissis), alla analisi delle entrate ed uscite del magazzino di (Omissis) Srl e delle relative giacenze.

Dirimente, poi, la rilevata non corrispondenza tra l'ammontare delle fatture emesse dal (Omissis) Srl ed i pagamenti, ampiamente eccedenti, corrisposti da (Omissis) s.r.l, il cui differenziale rappresenta, in tesi d'accusa, l'ammontare dei proventi derivati dalle vendite a nero effettuate dalla prima società in favore dei clienti finali, formali acquirenti di (Omissis) Srl Quanto alla società (Omissis) Srl , le cui quote vennero alienate. nel 2018 in favore delle mogli dei E.E. (D.D., A.A., B.B. e C.C.), il quadro indiziario si fonda sulle indagini della Guardia di Finanza, che hanno evidenziato l'assenza di redditi in capo alle perdette, tali da consentire tale acquisto; ancora, a spiegare la vicenda interpositiva, rilevano gli apporti dichiarativi del commercialista H.H. che hanno permesso di ricostruire le vicende dell'acquisizione da parte della società, formalmente rappresentata da I.I., del compendio aziendale della fallita (Omissis) Srl - facente capo a B.B. e A.A. ma anche il contratto di locazione stipulato nel 2020 tra (Omissis) e (Omissis) s.r.l - società di fatto pure gestita dai E.E. - per un canone largamente inferiore a quello in precedenza corrisposto alla curatela fallimentare.

Generica pertanto risulta la censura sul ruolo di mero prestanome che si attribuisce a I.I., in quanto legale rappresentante di una società indiscussamente "aliena". Peraltro, a sostanziare l'attribuzione al medesimo di soggetto meramente interposto nell'operazione di acquisito del cespite l'oridnnza impugnata ha richiamato, le dichiarazioni del notaio R.R , incaricato della stipula, autore di segnalazione in del carattere sospetto della operazione ai sensi dell'art. 35, d.ls. 21 novembre 2007, n. 231 e delle analitiche informazioni rese sul punto alla polizia giudiziaria operante.

Dunque, un quadro indiziario che, come ricostruito dal Tribunale del riesame a prescindere dalle risultanze delle attività tecnica, supera positivamente la prova di resistenza e non presenta lacune nè discontinuità logiche; al quale, con una generica critica confutativa, la difesa non si rapporta, limitandosi a contrapporre ad esso una alternativa e non consentita lettura di elementi fattuali.

E' appena il caso di richiamare, al riguardo, il consolidato insegnamento di questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628). Nello stesso senso, questa Corte ha più volte precisato che, in sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione; sicchè il controllo di logicità deve rimanere all'interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti "de libertate", a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, Martorana, Rv. 210019; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Mascolo, Rv. 265244; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391).

7. Il quarto motivo, inerente alla mancanza di gravità indiziaria in ordine al dolo specifico dei reati di interposizione fittizia, è manifestamente infondato e comunque aspecifico.

Assume la difesa che non sia possibile ipotizzare l'assoggettabilità a misure di prevenzione degli indagati, e che dunque non sia configurabile la ipotizzata finalità elusiva delle misure di prevenzione patrimoniale.

Al riguardo, senza illogicità il Tribunale ha evidenziato come, venendo in rilievo un reato di pericolo, è sufficiente per la sua configurabilità la mera possibilità che si attivino procedimenti di prevenzione patrimoniali. Una volta accertata l'attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità, non è anche richiesto l'apprezzamento della concreta capacità elusiva dell'operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato (Sez. 5, n. 402785 del 06/04/2016, Camerlingo, Rv. 268200). Secondo la medesima linea esegetica si è detto che, coerentemente con la natura di reato di pericolo astratto della fattispecie, la valutazione del pericolo di elusione della misura va compiuta "ex ante" e su base parziale, ovvero alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione Spa zio-temporale (v. Cass., 2, n. 12871 del 09/03/2016, Mandalari; Sez. 2, n. 2483 del 21/10/2014, Lapelosa, secondo cui lo "scopo elusivo" che connota il dolo specifico prescinde dalla concreta possibilità dell'adozione di misure di prevenzione patrimoniali all'esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto dal fondato timore dell'inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l'esito; e, in senso conforme, Sez. 6, n. 27666 del 04/07/2011, Barbieri Rv. 250356).

Nella specie, il pericolo è stato ampiamente valutato nell'ordinanza genetica in cui sono indicati (alle pagg. da 171 a 177) i reati per i quali si era proceduto nei confronti dei E.E.. Costoro vengono inquadrati come soggetti gravati da un profilo di pericolosità economico finanziaria, in quanto vivevano abitualmente dei proventi di attività delittuose, e ciascuno dei ricorrenti, per il complesso di illecite attività poste in essere, fondatamente avrebbe potuto prevedere l'avvio di tali procedure.

L'ordinanza ha al riguardo anche evidenziato che non esclude il. dolo specifico il fatto che la finalità elusiva concorra con altre, ben potendo essere accompagnata da "finalità concorrenti, non necessariamente ed esclusivamente collegate alla "impellente" ed urgente necessità di liberarsi dei beni in vista di una loro possibile ablazione" (Sez. 3, n. 27112, del 19/02/2015, Forlani, Rv. 264390).

Oltretutto, la censura sviluppata dalla difesa non tiene conto del fatto che, secondo gli addebiti, gli schermi societari oggetto della contestazione risultano funzionali non solo alla finalità elusiva, ma anche ad agevolare la commissione del reato di autoriciclaggio dei proventi derivanti dal contrabbando di alcolici. Il Tribunale motiva ampiamente sulla circostanza che l'autofinanziamento con i profitti derivati dalle illecite attività di commercializzazione di prodotti alcolici in evasione di imposta, versati mediante assegni e bonifici privi di titolo giustificativo, è fortemente sintomatico di una attività di reimpiego dei proventi delle attività oggetto di fittizia intestazione.

Sulla finalità agevolativa del riciclaggio - idonea ex se a sostanziare il dolo del reato di intestazione fittizia - nulla ha eccepito la difesa, e ciò rende il motivo privo di decisività.

Ancora, come correttamente osservato dal Tribunale del riesame, l'intestazione dei beni alle mogli, da parte dei ricorrenti, non era tale da elidere la configurabilità del fine elusivo delle disposizioni sulle misure di prevenzione, stante la assimilazione tra il patrimonio del proposto e quello dei familiari prossimi, atteso che il legislatore pone, al riguardo, solo una presunzione.

E' stato invero ripetutamente affermato che l'applicabilità dell'art. 26, comma 2, del D.Lgs. n. 6 settembre 2011, n. 159, laddove prevede presunzioni d'interposizione fittizia in ragione dei vincoli parentali tra i soggetti, destinate a favorire l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali antimafia, non impedisce di configurare il delitto in questione (cfr. Sez. 2, n. 13915, 9.12.2015, Scriva; Sez. 2, n. 7999, 1.2.2017, Galliano; Sez. 6, n. 22568, 11/04/2017, Francaviglia, Rv. 270035).

8. Anche il motivo in tema di violazione dell'art. 648-ter. 1 c.p. non attinge la soglia della ammissibilità.

Giova anzitutto premettere che non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto dei reati di riciclaggio ed autoriciclaggio sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso nella sua materialità e che il giudice che procede per uno dei detti reati ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza, in mancanza imponendosi la assoluzione dell'imputato perchè il fatto non sussiste.

Per quanto riguarda le specifiche censure, si è osservato nella ordinanza impugnata che:

- il capo 5 non è tra quelli per i quali è stata ritenuta la gravità indiziaria;

- il capo 4 ha ad oggetto i profitti derivanti dal reato di intestazione di cui al capo 13, quantificati, stando al tenore della contestazione, in Euro 200.000,00, ma anche quelli derivanti dai diversi reati di false fatturazioni ed evasione dalle accise di cui ai capi 7, 8, 11, onde è privo di pregio l'assunto secondo il quale non sarebbe dimostrata l'esistenza di profitti da reinvestire nell'acquisto - per 505.000, Euro - del complesso aziendale della società (Omissis) Srl .

Inoltre, non ha pregio il rilievo per cui il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti - che si ipotizza essere reato presupposto del reato di cui al capo 9 - è in realtà funzionale all'evasione da parte di terzi e non genera un diretto vantaggio economico a favore dell'emittente in relazione al ri Spa rmio di imposta, posto che, nella specie, la società favorita risulta esser (Omissis) Srl , ossia altra società pur sempre riconducibile ai E.E..

Nemmeno ha rilevanza sul piano della gravità indiziaria il dato che, posto che per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti si deve avere riferimento non tanto al profitto quanto al prezzo del reato e che i proventi della commissione del delitto di autoriciclaggio, non potrebbero essere quantificati nell'ammontare delle fatture, nel caso in esame, tali profitti resterebbero indefiniti e non dimostrati (Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, Alonge, Rv. 257419); avuto riguardo al carattere intrinsecamente fluido dell'atto imputativo, l'individuazione della utilità economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato non è determinante ai fini della configurabilità del reato, ma solo ai fini della sua dimensione lesiva.

Non essendo qui in discussione l'oggetto dell'ablazione, non ha poi rilevanza che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non possa essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime.

Con riguardo al reato di cui al capo 14, l'illecito profitto presupposto deriva espressamente dai reati oggetto di addebito (trasferimento fraudolento di valori, reati fallimentari, tributari e di contrabbando connessi alla costituzione ed operatività di (Omissis) Srl ), come indicati dettagliatamente nei precedenti capi dell'atto imputativo, i quali danno concretezza alla contestazione.

9. Il sesto motivo è inammissibile, posto che la mancata individuazione del profitto del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti - da tenere distinto, come detto, dall'ammontare delle fatture o dal ri Spa rmio tributario del destinatario.- non incide sulla configurabilità del reato. ma, al più, sulla sua dimensione lesiva.

10. Simmetricamente, non ha rilievo, quanto all'art. 43, D.Lgs. n. 504 del 1995, che l'accisa che si assume evasa sia stata induttivamente calcolata dalla polizia giudiziaria in Euro 118.272,02 e non quantificata in termini di certezza. Si tratta di una quantificazione il cui onere grava sull'accusa e non sull'indagato, che rileva sulla commisurazione della sanzione pecuniaria (pena multipla), ma non ha diretta incidenza sul profilo della gravità indiziaria del reato e sull'interesse dell'indagato alla impugnazione in questa sede.

Per lo stesso ordine di motivi, non può rilevare in questo ambito che, escluse dal Giudice per le indagini preliminari le distrazioni fallimentari, solo il profitto di questo delitto dovrebbe costituire la provvista materiale oggetto dei reati di autoriciclaggio e fraudolenta intestazione, giacchè la gravità indiziaria non è esclusa dalla determinazione di un importo inferiore 11. L'ottavo motivo, quanto alla assoggettabilità di C.C., incensurato, a misure di prevenzione patrimoniale, ripropone il medesimo tema già affrontato al paragrafo 7, sul quale non occorre ripetersi.

Anche le deduzioni relative ai limiti di operatività di (Omissis) per la tipologia di licenza di cui la stessa è titolare - ad accisa assolta, nel senso che può trattare solo alcool per il quale l'accisa sia già stata pagata - sono state meramente enunciate e, in ogni caso, attengono alla operatività "fisiologica" della società.

12. In punto di esigenze, il motivo è manifestamente infondato.

La valutazione sulle esigenze è formulata in termini di assoluta concretezza, con riferimento ad un quadro cautelare allarmante per l'inserimento degli agenti in un contesto organizzato e in un circuito distributivo più che rodato, tale da fondare un elevato pericolo di condotte recidivanti, che la misura custodiale è in grado di scongiurare. Il Tribunale ha rilevato, senza illogicità, che rimessi in libertà o sottoposti a misura gradata, gli indagati potrebbero riorganizzarsi per ripristinare i contatti con la rete di acquirenti che alimenta i loro traffici illeciti; e che una misura gradata non sarebbe in grado di assicurare il definitivo distacco dal contesto criminale in cui sono maturate le condotte.

Ricorso A.A. (avv. Silvio Auriemma) 13. La dedotta violazione dell'art. 512-bis c.p. è sovrapponibile all'analogo motivo sviluppato nell'interesse dei coindagati, limitatamente al dolo specifico di tale reato. Nel rinviare alla trattazione già sviluppata in quella sede, si evidenzia che le ulteriori argomentazioni dedotte a sostegno della doglianza sono inammissibili perchè non formulate in sede di riesame (in cui A.A. era assistito da diverso difensore).

E comunque, si tratta di deduzioni manifestamente infondate perchè l'incidenza su una struttura societaria - la (Omissis) Srl - e sui suoi beni di un vincolo cautelare reale, nella specie del sequestro preventivo, impeditivo e finalizzato alla confisca nell'ambito di altro procedimento, non è incompatibile con la finalità di elusione realizzata, in tesi accusatoria, attraverso la intestazione fittizia di società ((Omissis) Srl e New (Omissis) Srl ) diverse da quelle gravate dal sequestro; analogamente ininfluente, perchè relativo ad altre società rispetto a quelle in contestazione, è il riferimento a quanto il Giudice per le indagini preliminari aveva autorizzato in ordine al contratto di affitto di azienda di (Omissis) Srl da parte di (Omissis).

14. Il motivo inerente alla lamentata violazione dell'art. 648-ter.1. c.p. è sovrapponibile a quello articolato nell'interesse dei coindagati B.B. e C.C. sub paragrafo 8, alla cui trattazione si rinvia.

15. In rapporto alle esigenze cautelari, l'ordinanza compiutamente motiva e gli ulteriori argomenti dedotti dal difensore, in parte non proposti n appello, risultano anche per implicito disattesi.

Il Tribunale del riesame ha ritenuto la misura degli arresti adeguata in ragione del carattere allarmante dei fatti per cui si procede, le cui modalità operative sono - come si legge nell'ordinanza - sintomatiche di strategie criminali collaudate e ripetute, anche pervicacemente; allarmante il possesso ingiustificato, da parte degli indagati, di elevati quantitativi di danaro contante in alcun modo giustificati. Onde la necessità di recidere i legami con un contesto organizzato, obiettivo al quale non sarebbe funzionale alcuna misura gradata, per la concreta possibilità che gli stessi avrebbero di riorganizzarsi e ripristinare i contatti con la rete di acquirenti che alimenta i traffici illeciti.

Il fatto che A.A. non risulti coinvolto nelle indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria non scalfisce tali elementi, significativamente dimostrativi di un elevato pericolo di condotte reiterative.

16. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè della somma, determinata in via equitativa nella misura di Euro tremila, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. n. 186 del 13/06/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2023