Giu DIRITTO DI CRONACA: LA SCRIMINANTE PREVISTA DALL'ART. 51 C.P. È CONFIGURABILE ANCHE IN RELAZIONE AL DELITTO DI RICETTAZIONE COMMESSO AL FINE DI PROCACCIARSI LA NOTIZIA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 23 dicembre 2022 N. 49113
Massima
In tema di esercizio del diritto di cronaca, la scriminante prevista dall'art. 51 c.p. è configurabile anche in relazione al delitto di ricettazione commesso al fine di procacciarsi la notizia e non soltanto rispetto ai reati commessi con la pubblicazione della stessa, ai sensi dell'art. 10 CEDU, come interpretato dalla Grande Camera della Corte EDU nelle decisioni del 21 gennaio 1999, Fressoz e Roire c. Francia e del 10 dicembre 2007, Stoll c. Svizzera.

Casus Decisus
1. Con sentenza del 8 novembre 2021 la Corte di appello di Milano, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione con sentenza n. 38277 del 7 giugno 2019, ha parzialmente riformato, nei confronti di A.A. e B.B., la sentenza emessa all'esito del giudizio abbreviato di primo grado dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano in data 15 marzo 2016, appellata dagli imputati, dalla parte civile C.C. e dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, dichiarando non doversi procedere nei loro confronti in ordine al reato di cui agli artt. 110, 648, 61, n. 2, c.p. (capo A), poichè estinto per intervenuta prescrizione, ed ha inoltre condannato i predetti al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, C.C., con la revoca delle statuizioni civili in favore di D.D., in relazione al reato di cui agli artt. 110, 368 c.p., loro ascritto nel capo C). 1.1. Con sentenza del 9 aprile 2018, in accoglimento dell'appello proposto dal P.M. e dalla parte civile C.C., la Corte di appello di Milano aveva riformato la sentenza assolutoria di primo grado in relazione al delitto di ricettazione di cui al capo A), condannando i predetti imputati alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno in favore della su indicata parte civile; aveva dichiarato, inoltre, non doversi procedere nei loro confronti in ordine al delitto di calunnia (capo sub C), per il quale erano stati riconosciuti colpevoli e condannati alla pena ritenuta di giustizia in primo grado), perchè estinto per intervenuta prescrizione, con la conferma delle relative statuizioni civili. 1.2. Con la richiamata decisione della Corte di cassazione, la prima sentenza della Corte di appello era stata annullata con rinvio per nuovo giudizio sia relativamente al delitto di ricettazione, con riferimento alla valutazione circa la sussistenza della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca, sia in relazione alle statuizioni civili pronunziate per il delitto di calunnia. 2. Secondo la ricostruzione dei Giudici di merito, la vicenda storico-fattuale racchiusa nel capo d'imputazione sub A) ha avuto ad oggetto le illecite modalità di acquisizione di un supporto magnetico ("cd-rom") contenente notizie, poi pubblicate su un quotidiano nazionale, relative ad altrettanto illecite operazioni di intercettazione disposte dal datore di lavoro (società "(Omissis)") sui propri dipendenti. La condotta, in particolare, si è materialmente realizzata attraverso il concorso dei predetti imputati, assieme a persona nelle more deceduta (E.E., titolare della società "(Omissis)", concorrente commerciale della predetta società), nella ricettazione - aggravata ex art. 61, comma 1, n. 2, c.p. - di un "cd-rom" contenente una serie di telefonate illecitamente registrate sulla linea telefonica d'ufficio di C.C. (direttore della (Omissis)), ceduto da F.F. e G.G. - titolari della "S.I.S. Servizi d'Investigazione e Sicurezza" Srl , società che gestiva la sicurezza all'interno della "(Omissis)" - al fine di consentire agli odierni ricorrenti - a loro volta non ritenuti concorrenti nel reato presupposto di cui all'art. 617 c.p. - di realizzare un servizio giornalistico sfruttando il contenuto delle predette intercettazioni illecite. 3. Nell'interesse di entrambi gli imputati ha proposto ricorso avverso la su indicata decisione il difensore di fiducia, Avv. Valentina Ramella, deducendo, con un primo motivo, violazioni di legge e plurimi vizi della motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3, 530, commi 1, 2, 3, c.p.p., nonchè agli artt. 648, 51 c.p., 21 Cost. e 10 CEDU, per avere la Corte di appello erroneamente denegato, nel riformare la sentenza di primo grado in relazione al delitto di ricettazione di cui al capo A), il riconoscimento della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca, così violando il principio di diritto al riguardo enunciato nella decisione di annullamento con rinvio della Corte di cassazione, là dove si affermava la compatibilità della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. con il delitto di ricettazione. Si assume, sotto tale profilo, che il giudice del rinvio non ha fondato la sua decisione sul principio di diritto stabilito nella sentenza rescindente, bensì su una opposta lettura del principio che avrebbe dovuto applicare, facendo riferimento, in tal senso, ad una sentenza di questa Suprema Corte (Sez. V, 21 giugno 2019, n. 43569) che affermava un principio contrario a quello fissato nella decisione di rinvio, ove, di converso, si demandava, muovendo dal presupposto dell'avvenuta commissione del delitto di ricettazione da parte degli imputati, una verifica di fatto in merito al carattere della antigiuridicità, o meno, della condotta in contestazione, sulla base del disposto di cui all'art. 51 c.p.. Occorreva dunque stabilire, ad avviso dei ricorrenti, se l'interesse ad informare prevalesse sui doveri e sulle responsabilità che gravano sui giornalisti, e non, invece, valutare l'esistenza o meno di una violazione di tali doveri e responsabilità, atteso che la condotta di ricettazione e la connessa violazione della norma penale costituiva oggetto di un accertamento passato in giudicato. Nel fondare il mancato riconoscimento della scriminante sull'assenza di interesse pubblico rispetto ad una notizia pubblicata il 16 gennaio 2010 (relativamente ad alcune delle telefonate contenute nel "CD" consegnato ai giornalisti), la sentenza impugnata non ha svolto la verifica richiesta dalla Corte di cassazione con riferimento al momento consumativo della condotta di ricettazione, così come enunciato nell'imputazione, ma ha escluso la sussistenza del diritto di cronaca sulla base di un fatto successivo ed estraneo alla stessa contestazione (che fa riferimento ad un arco temporale compreso fra il mese di luglio 2009 e il 13 gennaio 2010, quale data di pubblicazione del primo articolo del quotidiano Libero). In alcuni passaggi della stessa decisione impugnata, peraltro, si riconosce, contraddittoriamente, la preordinazione dell'apprensione della res alla pubblicazione della notizia. Si pone altresì in rilievo il fatto che, nelle more del giudizio di rinvio, il Tribunale di Vicenza ha assolto gli imputati, con decisione n. 1299 del 20 settembre 2018 (divenuta irrevocabile il 19 febbraio 2019), dal reato di diffamazione in danno di (Omissis) e di D.D., rispettivamente perchè il fatto non costituisce reato (il A.A.) e per non avere commesso il fatto (il B.B.): sebbene tale decisione, prodotta in una memoria depositata in sede di gravame, avesse riconosciuto la pubblica rilevanza della notizia apparsa sugli articoli oggetto dell'imputazione, il cui contenuto proprio la S.C. aveva chiesto di verificare ai fini della sussistenza della scriminante, la sentenza impugnata ha omesso di prenderne atto, ponendosi in contrasto con quel giudicato ed illogicamente escludendo la legittimità dell'attività giornalistica, pur a fronte di tale oggettiva acquisizione documentale. 3.1. Con un secondo motivo, inoltre, si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento agli artt. 578, 627 c.p.p. e 185 c.p., per avere la Corte di appello condannato gli imputati al risarcimento del danno in favore della parte civile con riferimento al delitto di cui al capo A), nonostante vi sia stata una mera dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, e pur in presenza di una pronuncia di primo grado che aveva assolto gli imputati per il predetto reato. Nel caso in esame, peraltro, non vi era alcuna precedente condanna penale accompagnata da una statuizione di condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile che potesse considerarsi validamente emessa, poichè la precedente sentenza della Corte d'appello era stata annullata dalla Corte di cassazione per violazione di legge con riferimento alla valutazione della sussistenza della scriminante del diritto di cronaca nella condotta di ricettazione, così difettando il presupposto idoneo a legittimare la pronuncia della Corte d'appello sulle domande civili. 4. Nell'interesse di A.A. è stato altresì proposto, con separato atto di impugnazione, ricorso per cassazione da altro difensore di fiducia, Avv. Caterina Malavenda, che ha dedotto le medesime censure già esposte nel primo atto di ricorso, con ulteriori argomenti a sostegno del primo motivo. 5. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 13 luglio 2022 l'Avv. Sara Turchetti, difensore di fiducia della parte civile C.C., ha partitamente esposto una serie di argomentazioni in replica alle censure dai ricorrenti dedotte, prospettandone l'infondatezza sulla base delle risposte dalla Corte d'appello offerte in sede rescissoria e concludendo, conseguentemente, per la declaratoria di inammissibilità o rigetto dei ricorsi, con la conferma delle relative statuizioni civili.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 23 dicembre 2022 N. 49113

1. I ricorsi sono infondati e vanno rigettati per le ragioni di seguito indicate.

2. L'oggetto del giudizio rescissorio è stato delimitato da questa Suprema Corte (Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, A.A., Rv. 276954) in relazione al concorso nella condotta di ricettazione di un "cd rom" contenente conversazioni telefoniche illegittimamente registrate e successivamente utilizzate ai fini della pubblicazione di un articolo giornalistico (capo A), il cui accertamento è avvenuto con una sentenza di condanna pronunciata all'esito del primo giudizio di appello e da questa Corte, poi, annullata con rinvio, demandando al giudice di merito il compito di valutare in sede rescissoria se la pubblicazione degli articoli abbia apportato, o meno, un contributo al dibattito pubblico su un tema di interesse generale e se, nelle particolari circostanze del caso concreto, l'interesse ad informare la collettività sia prevalso, o meno, sui "doveri e responsabilità" che gravano sui giornalisti.

Al riguardo, infatti, questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di esercizio del diritto di cronaca, la scriminante prevista dall'art. 51 c.p. è configurabile anche in relazione al delitto di ricettazione commesso al fine di procacciarsi la notizia e non soltanto rispetto ai reati commessi con la pubblicazione della stessa, ai sensi dell'art. 10 CEDU, come interpretato dalla Grande Camera della Corte EDU nelle decisioni del 21 gennaio 1999, Fressoz e Roire c. Francia e del 10 dicembre 2007, Stoll c. Svizzera.

Dopo aver osservato che, nel caso concreto, le uniche ragioni giustificative della compressione del diritto di cronaca potevano rinvenirsi nella tutela della reputazione dei titolari di "(Omissis)" - ritenuta, peraltro, "offuscata non da comportamenti pur sempre giuridicamente leciti", in considerazione del fatto che i titolari della predetta società avevano commissionato intercettazioni illecite al fine di controllare l'operato dei propri dipendenti - questa Corte ha annullato, con la richiamata sentenza rescindente, la prima sentenza d'appello ed ha enunciato il su indicato principio di diritto, stabilendo, in particolare:

a) che restavano "ferme" sia la consapevolezza che gli odierni ricorrenti avevano della provenienza illecita delle notizie pubblicate, sia la corrispondenza al vero delle notizie pubblicate;

b) che ai fini della configurabilità in concreto della causa di giustificazione de qua occorreva valutare: 1) se la pubblicazione degli articoli in contestazione apportasse un contributo ad un dibattito pubblico su un tema di interesse generale (quello della tutela dei diritti dei lavoratori in relazione ai controlli occulti) oppure avesse unicamente lo scopo di arrecare pregiudizio a (Omissis), concorrente commerciale di "(Omissis)" e quindi del E.E.; 2) se, essendosi gli odierni ricorrenti procurati le notizie d'interesse pubblico divulgate attraverso la commissione di una ricettazione, nelle particolari circostanze del caso concreto l'interesse d'informare la collettività prevalesse sui "doveri e responsabilità" che gravano sui giornalisti; 3) se, ai predetti fini, potesse assumere rilievo la procurata intromissione di un terzo (il defunto E.E.).

Valutazioni, queste, di natura squisitamente fattuale, e come tali necessariamente rimesse al sindacato del giudice del merito, ma sulle quali, come rilevato da questa Corte, il giudice d'appello non aveva compiutamente provveduto, nè poteva provvedere ex novo il giudice di legittimità.

Deve, altresì, rammentarsi che su alcuni profili della vicenda in esame - profili che questa Corte non ha potuto considerare in sede rescindente per i limiti intrinseci del giudizio di legittimità - è intervenuto un giudicato assolutorio costituito da una sentenza del Tribunale di Vicenza del 20 settembre 2018, divenuta irrevocabile il 19 febbraio 2019 - che ha escluso per gli odierni ricorrenti il reato di diffamazione a mezzo stampa in danno della (Omissis) e di altra persona offesa, ritenendo sussistente un interesse pubblico di generale rilevanza alla pubblicazione delle notizie, con la precisazione che entrambi gli imputati avevano svolto un'adeguata verifica sulle plurime fonti conoscitive, comunque rimanendo sempre nell'ambito lecito del diritto di cronaca.

3. Nel ritenere pacificamente accertata la responsabilità a titolo concorsuale nella realizzazione del delitto di ricettazione attraverso le richiamate note modali, la sentenza impugnata ha preso in esame le deduzioni difensive ed offerto congrua risposta alle questioni oggetto delle tre statuizioni dettate dalla sentenza rescindente, verificando, sulla base di un motivato giudizio di bilanciamento, ciascuno dei diversi, ma connessi, profili attinenti all'esistenza di un interesse pubblico alla diffusione della notizia nel caso di specie, all'eventuale sua prevalenza rispetto ai "doveri e responsabilità" che gravano sui giornalisti e alla rilevanza assunta dalla procurata intromissione del E.E..

3.1. Nella menzionata sentenza rescindente sono stati già posti in evidenza, sulla base delle argomentazioni al riguardo motivatamente sviluppate dalla Corte d'appello, alcuni profili ricostruttivi di rilievo al fine qui considerato, e segnatamente: a) la configurabilità del necessario dolo (anche) specifico in capo ai predetti coimputati, concorrenti con il defunto E.E. nel contestato reato di ricettazione, erroneamente escluso dal primo Giudice (che aveva sua volta ritenuto integrato il solo elemento oggettivo del reato); b) il fine di profitto che animava il E.E.; in ragione dell'assorbente rilievo che la (Omissis) era concorrente commerciale di (Omissis) e che la concorrenza commerciale coinvolge sempre interessi di rilievo in re ipsa patrimoniale; c) la circostanza che non rilevava in qual misura la (Omissis) fosse in concorrenza con la (Omissis), nè che si trattasse di un concorrente "temibile" oppure no, poichè si trattava pur sempre, oggettivamente, di un concorrente e metterlo in difficoltà avrebbe procurato comunque alla società del E.E. benefici patrimonialmente apprezzabili; d) che il E.E., proprio per conseguire il predetto fine di profitto patrimoniale, non esitò ad assicurarsi, con l'apparente incarico di garantire la sicurezza della sua società, la collaborazione di due persone (il F.F. e il G.G.) che proprio la vicenda relativa alla negoziazione del "CD rom" contenente le illecite intercettazioni aveva oggettivamente documentato essere all'uopo assolutamente inaffidabili, perchè già avevano - per lo meno in una occasione - strumentalizzato i propri compiti di addetti alla sicurezza per carpire notizie riservate riguardanti i propri datori di lavoro, rivelandole al migliore offerente; e) che nulla ostava, quindi, alla configurazione del concorso nel reato dei due giornalisti coimputati, pur se in ipotesi a loro volta non soggettivamente animati dal necessario dolo specifico, poichè il reato, realizzato in forma concorsuale, era comunque integrato nella sua tipicità per il fatto che uno dei concorrenti (ossia il E.E.) aveva agito animato dal necessario dolo (anche) specifico; f) che i due giornalisti erano pacificamente consapevoli della finalità di profitto patrimoniale del E.E., al quale si erano rivolti senza esitazione, proponendogli di affidare la "security" di (Omissis) ai menzionati F.F. e G.G., dai quali i giornalisti avrebbero contestualmente ricevuto il "CD rom" contenente le illecite intercettazioni che avrebbero dovuto mettere in difficoltà la (Omissis); g) che le attività di "security" all'interno di un'azienda articolata e con molti concorrenti come la (Omissis) sono strategiche e di rilievo estremo, il che impone necessariamente la costituzione di un rapporto strettamente fiduciario tra il datore di lavoro e chi è incaricato delle predette attività, onde evitare il c.d. effetto "boomerang" patito da (Omissis) (la cui riservatezza era stata violata proprio da chi avrebbe dovuto tutelarla); h) che il E.E. conosceva il F.F. ed il G.G. solo e proprio quali autori della predetta violazione della "security"di (Omissis); i) che la proposta fattagli dai due giornalisti di affidare la "security"della propria ditta a soggetti sconosciuti che documentalmente risultavano all'uopo non affidabili sarebbe risultata assolutamente irragionevole, se non fosse stata legittimata dalla comune consapevolezza dell'interesse del titolare di (Omissis) a screditare e mettere in difficoltà (anche nei rapporti con le rappresentanze sindacali interne e nazionali, come appare evidente sol che si consideri il contenuto delle intercettazioni de quibus) il concorrente (Omissis).

3.2. Ciò posto, deve rilevarsi come la sentenza impugnata, richiamato il principio di diritto secondo cui la scriminante del diritto di cronaca è configurabile anche in relazione al delitto di ricettazione, abbia partitamente esaminato le implicazioni concretamente sottese al contenuto delle su indicate statuizioni di rinvio, ponendo in rilievo: a) l'esistenza di un interesse pubblico alla diffusione della notizia, così come affermato nella richiamata sentenza irrevocabile del Tribunale di Vicenza, che, nell'assolvere i predetti imputati dal diverso reato di diffamazione, sottolineava il carattere "altamente allarmante e di rilevanza pubblica" del fatto, pubblicato negli articoli del 13, 14 e 15 gennaio 2010, appreso da plurime e idonee fonti conoscitive ed ivi considerato "tale da poter essere ragionevolmente pubblicato per il suo interesse generale"; b) l'impossibilità, al contempo, di ritenere nel caso di specie prevalente l'interesse ad informare la collettività, quale indispensabile connotato del diritto di cronaca, all'esito del richiesto giudizio di bilanciamento rispetto ai "doveri e responsabilità" che comunque gravano sui giornalisti, la cui attività d'inchiesta non può certo ritenersi sottratta al rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle norme di legge poste a loro salvaguardia e all'osservanza dei doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede (Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, P., Rv. 276990); c) le ragioni giustificative dell'impossibilità di tale prevalenza, avuto riguardo alle circostanze, coerentemente ritenute dirimenti al fine qui considerato, delle specifiche modalità di realizzazione del reato, in quanto connotate da una condotta sollecitatoria posta in essere nei confronti del E.E., il cui "indispensabile intervento" per l'acquisizione del "CD rom" (strumento, questo, di per sè indipendente dalla veicolazione della notizia, essendo stata quest'ultima già aliunde appresa dai giornalisti attraverso l'adeguato vaglio di plurime fonti conoscitive, ma comunque rilevante nella prospettiva di una loro futura difesa) è stato richiesto ed ottenuto facendo leva sul suo interesse, da entrambi gli imputati conosciuto, ad una campagna mediatica denigratoria verso la società concorrente sul mercato; d) le circostanze di fatto relative all'approfittamento dell'interesse del E.E. a danneggiare una sua concorrente, ottenendone la garanzia della contropartita economica richiesta dai predetti titolari della società di vigilanza per la consegna ai giornalisti del materiale di provenienza illecita contenuto nel supporto magnetico: comportamento, questo, motivatamente ritenuto dai Giudici di merito, da un lato, non rispettoso dei doveri di correttezza e dell'etica professionale che comunque devono caratterizzare l'attività del giornalista, in linea con i principi ispiratori deontologici dettati dal Testo Unico dei doveri del giornalista (approvato dal Consiglio Nazionale nella riunione del 27/1/2016), e, dall'altro lato, recessivo, in considerazione delle sue note modali, ai fini del bilanciamento con l'interesse ad informare la collettività; e) la rilevanza della procurata intromissione del E.E., il cui intervento nella vicenda, come già ripetutamente sottolineato dal Giudice di primo grado nella disamina dell'elemento oggettivo del reato di ricettazione, ha rivestito un ruolo "essenziale" (pag. 30) e "determinante" (pag. 21) ai fini del perfezionamento dell'accordo e, quindi, della consumazione del reato concorsuale.

4. Irrilevante deve ritenersi il passaggio motivazionale ove la Corte territoriale, dopo aver offerto la sua risposta in merito alla prima delle statuizioni oggetto del giudizio di rinvio, ha fatto riferimento all'assenza di interesse pubblico della notizia relativa ad un articolo pubblicato sul quotidiano interessato il 16 gennaio 2010, trattandosi di un argomento aggiuntivo che, per un verso, è stato erroneamente incentrato sull'isolato richiamo ad una condotta non ricadente nel perimetro della contestazione (sì come delimitata entro un arco temporale che si estende fra il mese di luglio 2009 e il 13 gennaio 2010, quale data di pubblicazione del primo articolo sul medesimo quotidiano), per altro verso risulta privo di decisività rispetto al tema già vagliato, limitandosi ad escludere il profilo attinente alla sussistenza dell'interesse pubblico per quella sola notizia.

Diversamente da quanto affermato nel ricorso, l'aver fatto menzione, all'interno della motivazione della decisione impugnata (pag. 10), di un precedente giurisprudenziale di questa Corte che ha escluso la configurabilità della scriminante del diritto di cronaca rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia oggetto della pubblicazione (Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, cit.), non costituisce affatto una deviazione dal tracciato delle indicazioni dettate all'esito del giudizio rescindente, atteso che la Corte territoriale vi ha fatto riferimento non per uniformarsi al diverso principio di diritto ivi enunciato, ma per richiamarne il condiviso argomento valorizzato in motivazione ed incentrato sulla necessità, nell'esercizio dell'attività giornalistica, del rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle norme di legge poste a loro salvaguardia e dell'osservanza dei doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede: argomento, questo, che, giustappunto, costituiva uno dei profili demandati da questa Suprema Corte al vaglio del giudizio rescissorio e che la stessa Corte EDU (Grande Camera, 10 dicembre 2007, Stoll c. Svizzera, parr. 141 ss.; Grande Camera, 21 gennaio 1999, Fressoz e Roire c. Francia, par. 55) ritiene rilevante, ai fini del bilanciamento fra diritti e interessi contrastanti, nel sottolineare la necessità di accertare anche le modalità della condotta volta ad acquisire la notizia.

Nessun contrasto, sotto altro, ma connesso profilo, è rilevabile rispetto alla richiamata sentenza assolutoria del Tribunale di Vicenza, dovendosi al riguardo considerare, da un lato, che la Corte territoriale vi ha fatto espresso riferimento per condividerne l'affermazione in ordine alla sussistenza del profilo inerente all'interesse pubblico della notizia, dall'altro lato, che la ritenuta configurabilità della scriminante del diritto di cronaca in relazione al delitto di diffamazione non ne comporta affatto un'automatica estensione rispetto al diverso delitto di ricettazione, quale reato eventualmente commesso al fine di procacciarsi la notizia da pubblicare, dunque prodromico alla sua acquisizione (nel caso di specie, peraltro, già aliunde avvenuta), dovendosene verificare la ricorrenza dei presupposti giustificativi secondo le peculiarità del caso concreto, alla luce dei criteri specificamente dettati per la vicenda in esame nella sentenza rescindente, e dalla sentenza impugnata, come si è visto, puntualmente osservati.

Le censure enucleate nel primo motivo di ricorso hanno ricevuto, conclusivamente, un'adeguata risposta nella decisione impugnata, sulla base di un quadro argomentativo coerentemente tratteggiato, non rivisitabile nella sua impostazione ricostruttiva di ordine fattuale ed immune da vizi logico-giuridici in questa Sede rilevabili.

5. Manifestamente infondata, inoltre, deve ritenersi la censura oggetto del secondo motivo di ricorso, avendo la Corte d'appello fatto buon governo del principio al riguardo stabilito da questa Suprema Corte (ex multis, v. Sez. 2, n. 6568 del 26/1/2022, D'Isa, Rv. 282689), secondo cui, all'esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d'appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l'impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all'imputato.

Principio, quello testè richiamato, che la Corte, nel risolvere un precedente contrasto giurisprudenziale, ha affermato da tempo, stabilendo che il giudice di appello, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto (Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, Negri, Rv. 233918).

6. Al rigetto dei ricorsi consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalla costituita parte civile, sì come liquidate alla stregua delle correlative statuizioni decisorie in dispositivo meglio precisate.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile C.C. che liquida in complessivi Euro 3.510,00, oltre accessori di legge.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2022