I presupposti sostanziali per l'applicazione di ciò che l'art. 671, comma 1, definisce "disciplina del reato continuato" si rinvengono nell'art. 81, comma 2, c.p., che la ammette per "chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge".
La norma non detta una definizione di "medesimo disegno criminoso", e, per riempire di contenuto la previsione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che alla individuazione del "medesimo disegno criminoso" si debba arrivare attraverso criteri indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità Spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 - 01: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità Spa zio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea).
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANCUSO Luigi F.A. - Presidente -
Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere -
Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere -
Dott. POSCIA Giorgio - Consigliere -
Dott. RUSSO Carmine - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a (Omissis);
avverso l'ordinanza del 21/12/2021 della CORTE APPELLO di L'AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere CARMINE RUSSO;
lette le conclusioni del PG, FELICETTA MARINELLI, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 21 dicembre 2021 la Corte d'appello di l'Aquila, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza di A.A. di applicazione della disciplina della continuazione tra quattro sentenze di condanna emesse nei suoi confronti.
In particolare, nel respingere l'istanza, il giudice dell'esecuzione ha evidenziato che i reati oggetto delle sentenze in questione erano stati commessi in tempi notevolmente diversi, dal 2012 al 2019, e che non vi era nessun elemento che poteva deporre per la programmazione unitaria degli stessi.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso la condannata, per il tramite del difensore, con un unico motivo, in cui lamenta vizio di motivazione sul mancato riconoscimento della continuazione, in quanto il giudice dell'esecuzione avrebbe fondato la motivazione su una data di commissione del reato sbagliata, atteso che i reati per cui è condanna sarebbero stati commessi nel 2012 (due di essi) e nel 2014 (altri due), e nessuno di essi è mai stato commesso nel 2019.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott.ssa Felicetta Marinelli, ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
La norma di cui è stata chiesta applicazione al giudice dell'esecuzione è l'art. 671, comma 1, primo periodo, c.p.p., che dispone che "nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione".
I presupposti sostanziali per l'applicazione di ciò che l'art. 671, comma 1, definisce "disciplina del reato continuato" si rinvengono nell'art. 81, comma 2, c.p., che la ammette per "chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge".
La norma non detta una definizione di "medesimo disegno criminoso", e, per riempire di contenuto la previsione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che alla individuazione del "medesimo disegno criminoso" si debba arrivare attraverso criteri indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità Spa zio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 - 01: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità Spa zio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea).
Nel caso in esame, il giudice dell'esecuzione ha attribuito rilievo decisivo nella sua decisione alla lontananza temporale tra i reati per cui è stata condannata la ricorrente e che la stessa chiede di mettere in continuazione, in quanto essi sarebbero stati commessi tra il 2012 ed il 2019.
In realtà, questo riferimento temporale non è corretto, perchè dalla lettura degli atti emerge che i reati che si chiede di mettere in continuazione sono commessi tutti tra il 2012 ed il 2014 (in particolare, sentenza Corte d'appello l'Aquila del 18 novembre 2019 per fatto di rapina del 22 marzo 2014; sentenza Corte d'appello l'Aquila del 5 luglio 2019 per fatto di estorsione del 14 agosto 2012; sentenza Tribunale Pescara del 27 gennaio 2014 per fatto di rapina del 12 luglio 2012; sentenza Corte d'appello l'Aquila del 14 dicembre 2016 per fatto di estorsione del 10, 11, 12 agosto 2014).
Ne consegue che, come evidenziato dalla difesa, la decisione è stata fondata su un dato temporale non corretto, e che il provvedimento deve essere annullato per rinvio per nuovo esame dell'istanza della condannata.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di l'Aquila.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2022