Giu il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 12 dicembre 2022 N. 46865
Massima
Appare opportuno premettere che, in linea generale, il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, essendo rimessa all'imprenditore la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al patrimonio.

Ciò, tuttavia, trova il suo presupposto logico nell'accertamento della previa disponibilità, da parte dell'imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione (Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, Rv. 248425). Accertamento che non è condizionato nè da uno specifico onere di dimostrazione in capo al fallito, nè da alcuna presunzione e neanche dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell'impresa prevista dall'art. 2710 del codice civile. Corredo che, invece, deve essere valutato in relazione alla intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita adeguata motivazione (Sez. 5 n. 7588 del 26/01/2011, Rv. 249715).

Tutto ciò assume tanto più rilevanza nelle ipotesi in cui l'attestazione dell'esistenza di una posta patrimoniale attiva emerga da scritture contabili fittizie, già valutate come inattendibili (Sez. 5, n. 3615 del 30 novembre 2006, dep. 2007, Rv. 236047).

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE - 12 dicembre 2022 N. 46865

1. La prima censura, afferente alla bancarotta documentale, è genericamente formulata. A prescindere dal fatto per cui il delitto di bancarotta fraudolenta documentale sussiste anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Rv. 274455), la stessa relazione di consulenza, dalla cui esposizione il ricorrente ritiene di dedurre la sostanziale completezza della documentazione, per come evidenziato dalla corte d'appello, conclude nel senso dell'inidoneità di tale documentazione per la ricostruzione delle vicende societarie.

2. Fondate, invece, appaiono le censure relative al capo B2) e quelle relative al capo B3), limitatamente alle contestate compensazioni di crediti reciproci.

Appare opportuno premettere che, in linea generale, il mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, essendo rimessa all'imprenditore la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al patrimonio.

Ciò, tuttavia, trova il suo presupposto logico nell'accertamento della previa disponibilità, da parte dell'imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione (Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010, Rv. 248425). Accertamento che non è condizionato nè da uno specifico onere di dimostrazione in capo al fallito, nè da alcuna presunzione e neanche dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell'impresa prevista dall'art. 2710 del codice civile. Corredo che, invece, deve essere valutato in relazione alla intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita adeguata motivazione (Sez. 5 n. 7588 del 26/01/2011, Rv. 249715).

Tutto ciò assume tanto più rilevanza nelle ipotesi in cui l'attestazione dell'esistenza di una posta patrimoniale attiva emerga da scritture contabili fittizie, già valutate come inattendibili (Sez. 5, n. 3615 del 30 novembre 2006, dep. 2007, Rv. 236047).

In concreto, con riferimento alle immobilizzazioni materiali (non meglio specificate) e ai crediti oggetto del capo B3), nulla emerge se non il dato contabile, esso stesso valutato come falsamente rappresentativo nell'imputazione di cui al capo D). Cosicchè la corte territoriale avrebbe dovuto dar conto, con adeguata motivazione, proprio alla luce delle contestate falsità, dell'effettiva (e diversa) attendibilità di quella specifica appostazione contabile.

Tanto manca nel provvedimento impugnato che, pertanto, sotto tale profilo ed in relazione alla conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, dovrà essere annullato, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino per nuovo esame sul punto.

3. Manifestamente infondate sono, infine, le censure relative al mancato incasso dei canoni d'affitto. Non essendo contestata la stipula del contratto di affitto e la nascita del relativo rapporto di locazione, l'affitto di beni aziendali per un canone incongruo o non versato costituisce condotta distrattiva, in quanto sottrae alla successiva acquisizione della curatela cespiti patrimoniali della società fallita. Ovviamente, in questo caso, la condotta non consiste nella materiale sottrazione del canone (che si assume versato), ma proprio l'omessa percezione, quale condotta omissiva fonte della distrazione.

4. In ultimo, la richiesta di riconoscimento della sospensione condizionale non risulta proposta in appello e, comunque, è stata formulata tardivamente in questa sede. Ed in quanto tale è inammissibile (Sez. 2, n. 15930 del 19/02/2016, Rv. 266563: il giudice di appello non è tenuto a motivare in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale di concedere d'ufficio la sospensione condizionale della pena, ai sensi dell'art. 597, comma 3, c.p.p., quando l'interessato non abbia formulato al riguardo alcuna richiesta; ne deriva che il mancato riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non configura mancanza di motivazione suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e)).

5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con riferimento alle due condotte di bancarotta patrimoniale relative alla distrazione delle immobilizzazioni immateriali e alla compensazione dei crediti, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino per nuovo esame.

Il ricorso, per il resto, deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta patrimoniale, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Torino. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2022