1. Il ricorso, anzitutto, è ammissibile.
La sentenza di "patteggiamento" che abbia applicato una misura di sicurezza, qualora - come nel caso in esame - quest'ultima non sia stata oggetto dell'accordo tra le parti, è ricorribile per cassazione, ai sensi della disciplina generale prevista dall'art. 606 c.p.p. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348).
2. Nel merito, poi, è fondato il primo motivo di ricorso.
2.1. La confisca può avere ad oggetto le cose funzionali alla commissione del reato, quelle intrinsecamente illecite - ai sensi del dell'art. 240 c.p., comma 2, n. 2), o di altre specifiche disposizioni di legge - nonchè quelle che costituiscono il prezzo, il prodotto od il profitto del reato, a norma del comma 1, e del comma 2, n. 1), del medesimo art. 240.
2.2. Nel caso specifico, dunque, trattandosi di denaro, l'ablazione potrebbe giustificarsi solo ove ne fosse accertata la natura di "prezzo" o di "profitto" del reato.
Se il primo è concordemente individuato nel compenso, dato o promesso, per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato (per tutte, Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, Chabni Samir, Rv. 205707), più laboriosa, invece, è stata l'elaborazione della giurisprudenza di legittimità sulla nozione di "profitto", che tuttavia può ritenersi pervenuta ad approdi ormai condivisi.
Limitando a richiamare i concetti rilevanti nella concreta fattispecie in esame, s'intende per tale il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato: esso presuppone, dunque, l'accertamento della sua diretta derivazione causale dalla condotta dell'agente.
Il criterio selettivo di ciò che può essere confiscato a titolo di profitto, dunque, è rappresentato dalla pertinenzialità della cosa rispetto al reato: occorre, cioè, una correlazione diretta del vantaggio con il reato ed una stretta affinità con l'oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita a qualsiasi vantaggio patrimoniale che possa comunque scaturire dall'illecito (per tutte, Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti, Rv. 239924; Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, Miragliotta, Rv. 238700; nonchè, quantunque non massimate su tali specifici punti: Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert; Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso; Sez. U, n. 29952 del 24/05/2004, Romagnoli; Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, Focarelli; Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, Montella).
2.3. La sentenza impugnata, tuttavia, ha omesso completamente di fornire una motivazione sul punto, rendendosi perciò necessaria un'integrazione, anche in ragione dell'ammontare della somma sequestrata e delle altre modalità e circostanze del fatto di reato (l'uno e le altre completamente taciute dal Tribunale), affinchè possa ritenersi dimostrata, se esistente, l'anzidetta relazione qualificata tra quelle somme ed il reato.
3. Non altrettanto è avvenuto con riferimento alla misura di sicurezza personale dell'espulsione, che la sentenza giustifica in modo espresso e plausibile, desumendo la probabilità di reiterazione del reato, e quindi la pericolosità sociale dell'imputato, dalla quantità di sostanza detenuta (circa 21 kg. di cocaina) e dal non avere egli fissa dimora in Italia nè fonti di reddito lecite: e, sotto questo profilo, il ricorso non replica nulla.
Per questa parte, dunque, il motivo è infondato e dev'essere respinto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di denaro e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Lodi.
Rigetta nel resto il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2022