Giu NESSUNA VALUTAZIONE DISCREZIONALE AL GIUDICE IN PRESENZA DELLE TRE IPOTESI DI REVOCA DELLA MESSA ALLA PROVA PREVISTE DALLA LEGGE
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 27 settembre 2022 N. 36573
Massima
L'art. 168-quater cod. pen. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia revocata in tre ipotesi e tutte si correlano all'obiettiva dimostrazione dell'infedeltà dell'interessato rispetto all'impegno assunto e smentita della fiducia accordata dall'ordinamento al soggetto quanto al buon esito della prova. Il predicato verbale "è revocata", interpretato secondo il senso fatto palese dal significato proprio delle parole e secondo la connessione di esse (in linea col disposto dell'art. 12preleggi art. 12 - Interpretazione della legge delle Preleggi), non consente di rimettere al giudice la valutazione discrezionale circa la possibilità di far proseguire comunque la prova nonostante la ricorrenza di un'ipotesi di revoca, poichè la norma collega chiaramente la revoca della sospensione del procedimento al mero riscontro giurisdizionale delle situazioni ivi contemplate, compiuto all'esito del contraddittorio camerale previsto dall'art. 464-octies, comma 2, cod. proc. pen.

Casus Decisus
1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Nocera inferiore ha revocato l'ordinanza di sospensione del procedimento per messa alla prova nei confronti di E.R., imputato dei reati previsti dall'art. 336 c.p., e art. 186 C.d.S.. La revoca, disposta per non avere l'imputato superato il periodo di messa alla prova sulla base, è stata conseguente alla relazione conclusiva redatta dall'UEPE con cui era stato evidenziato come l'imputato avesse svolto solo 81 delle 108 ore previste dal programma, "adducendo non meglio precisate ovvero documentate problematiche personali e lavorative" (così l'ordinanza). Ha aggiunto il Tribunale che dalla relazione indicata emergeva che E., nonostante avesse tenuto un comportamento corretto nel corso dell'attività lavorativa, aveva tuttavia avuto discontinui contatti con l'Ufficio per ragioni non documentate e che proprio ciò aveva contribuito a fare in modo che non fosse stabilita "una relazione con il funzionario del servizio sociale di riferimento tale da poter approfondire appieno gli aspetti relativi alla sua acquisizione di consapevolezza rispetto al fatto penale" per cui si procede. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando un unico motivo con cui deduce plurime violazioni di legge. Si assume che dall'esame del registro giornaliero delle presenze dell'ufficio servizi sociali del comune di (OMISSIS) emerge che Esposto, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, avrebbe svolto lavoro di pubblica utilità per un totale di 103 ore e non di 81, dunque solo cinque ore in meno rispetto a quanto stabilito nel programma, e che l'imputato avrebbe anche provato a recuperare le ore in questione. Il Tribunale, si argomenta, avrebbe omesso anche di considerare come dalla stessa relazione emerga che E. aveva mantenuto per il periodo in questione un comportamento corretto e rispettoso e che dalle verifiche lavorative non erano emerse problematiche specifiche riguardanti l'attività di pubblica utilità. Nella specie sarebbe stato violato l'art. 168 quater c.p., atteso che, a fronte di condotte positive, sarebbe stato valorizzato la circostanza che l'imputato avrebbe svolto solo 103 delle 108 ore previste dal programma; si tratterebbe di una inosservanza non significativa e comunque non reiterata, cioè ripetuta in una pluralità di occasioni e, dunque, non espressione di una manifestazione del mutamento di volontà e di indirizzo di vita. L'imputato avrebbe anche compiuto un versamento di 150 Euro in favore di un'associazione onlus quale attività risarcitoria nei confronti della collettività e comunque, ove pure si fosse voluto fare riferimento al numero di 81 ore, nondimeno l'imputato avrebbe superato il minimo di tempo stabilito dall'art. 168 bis c.p.. La decisione di revocare l'ammissione alla messa alla prova sarebbe di natura discrezionale, da adottare in concreto caso per caso, e non avrebbe carattere automatico e dovuto.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 27 settembre 2022 N. 36573

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. La Corte di cassazione ha già spiegato che, in tema di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice è titolare di uno spazio di discrezionalità, limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, che gli impone uno specifico onere di motivazione dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 464 octies c.p.p., censurabile in sede di ricorso per cassazione.

Si è chiarito che:

- la messa alla prova implica la sottoposizione del soggetto a specifici obblighi e prescrizioni: per un verso, prevede l'affidamento al servizio sociale per lo svolgimento di attività di volontariato di rilievo sociale e comporta l'osservanza di prescrizioni e lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che assume la duplice valenza rieducativa e sanzionatoria; per altro verso, impone la prestazione di condotte riparatorie e restitutorie, al fine di eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti da reato e, ove possibile, di garantire il risarcimento del danno cagionato alla vittima, nonchè l'avvio di una mediazione con quest'ultima;

- l'art. 168 quater c.p., prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia revocata in tre ipotesi e tutte si correlano all'obbiettiva dimostrazione dell'infedeltà dell'interessato rispetto all'impegno assunto e smentita della fiducia accordata dall'ordinamento al soggetto quanto al buon esito della prova;

- il predicato verbale "è revocata", interpretato secondo il senso fatto palese dal significato proprio delle parole e secondo la connessione di esse (in linea col disposto dell'art. 12 preleggi), non consente di rimettere al giudice la valutazione discrezionale circa la possibilità di far proseguire comunque la prova nonostante la ricorrenza di un'ipotesi di revoca: la norma collega chiaramente la revoca della sospensione del procedimento al mero riscontro giurisdizionale delle situazioni ivi contemplate, compiuto all'esito del contraddittorio camerale previsto dall'art. 464 octies c.p.c., comma 2;

- il contraddittorio camerale previsto dall'art. 464 octies del codice di rito è expressis verbis volto allo scopo (unico) di consentire la valutazione dei "presupposti della revoca": il confronto fra le parti risulta dunque strumentale a fornire al giudice del sub-procedimento di messa alla prova tutti gli elementi necessari per decidere sulla revoca, con specifico riguardo alla verifica circa l'integrazione dei presupposti di cui all'art. 168 quater c.p., cioè all'esercizio di quello spazio di valutazione discrezionale che ciascuna delle ipotesi previste da detta norma consente (così testualmente, Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, Farioli, Rv. 273655 in cui in motivazione la Corte ha affermato che il giudice, una volta accertati i presupposti di una delle ipotesi di revoca previste dall'art. 168 quater c.p., non può compiere alcuna valutazione in ordine alla possibilità di proseguire comunque la prova).

3. Il Tribunale ha correttamente applicato i principi indicati, avendo indicato, con una motivazione non manifestazione illogica, le ragioni poste a fondamento della revoca, individuate non solo in un ingiustificato rilevante inadempimento del programma, ma anche in una più generale propensione dell'imputato a diradare - per ragioni non chiarite - i contatti con il Servizio, così dimostrando una limitata consapevolezza del disvalore della proprie condotte e dunque un'assenza di resipiscenza.

In tale contesto il motivo rivela la sua strutturale inammissibilità, essendosi il ricorrente sostanzialmente limitato a rivisitare il contenuto della relazione redatta dall'UEPE e a sollecitare una diversa valutazione dell'atto e del suo significato probatorio, risolvendosi nella richiesta di una sostanziale rivisitazione del fatto.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2022