Giu "cose pertinenti al reato"
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 settembre 2022 N. 35652
Massima
E' noto come la formula "cose pertinenti al reato" abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, a differenza di quanto fatto in relazione alla nozione di "corpo del reato", non abbia definito quella di "cose pertinenti", affidando questo compito alla interpretazione giurisprudenziale.

Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di "cosa pertinente al reato" abbia una portata più ampia di quella impiegata nell'art. 253 c.p.p., comprendendo non solo il corpo del reato ma anche qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quelle cose legate indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro, Rv. 259850; Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, Pini, Rv. 256100; Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, Romeo e altri, Rv. 244342).

In tal senso, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finalità probatoria del sequestro è uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva; il tema della strumentalità si pone, innanzitutto, per la indiscussa utilità euristica delle informazioni acquisite, destinata normalmente ad aumentare in modo proporzionale alla entità del "vulnus" che lo strumento probatorio arreca alla "riservatezza": più l'attività di ricerca della prova si avvicina al nucleo della sfera individuale (costituito da quella intimità che l'individuo ritiene di non condividere con alcuno) più il dato acquisito può risultare prezioso per l'accertamento.

Casus Decisus
1. Il Tribunale di Torino ha confermato il decreto con cui è stato disposto il sequestro probatorio di documenti e "beni elettronici" (così l'ordinanza) nei riguardi di S.M., soggetto terzo in relazione agli ipotizzati reati di corruzione e di accesso abusivo a sistema informatico commessi tra il 26/09/2017 e l'11/12/2020. 2. E' stato proposto ricorso per cassazione e sono stati articolati quattro motivi. 2.1. Con il primo e il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al principio di proporzione e al nesso di pertinenza tra i beni in sequestro e i reati per cui si procede. Si assume che la perquisizione e il conseguente sequestro sarebbero stati disposti in ragione della necessità di verificare l'ipotesi di una amministrazione di fatto di alcune società in capo a tali R. e L.R. che, grazie ad alcuni fatti corruttivi, avrebbero ricevuto appalti dal 2017 in poi "nel settore degli eventi"; tra le società in questione vi sarebbe stata anche la Look up di cui S. è socio e amministratore: S., soggetto terzo, "avrebbe avuto rapporti con la (OMISSIS) dal 2017, eseguendo incarichi di vigilanza, e quindi con i suoi amministratori". L'ipotesi investigativa, si argomenta, sarebbe quella per cui, investigando per alcuni reati nei riguardi di R., tutte le "realtà lavorative" entrate in contatto con questi sarebbero "utili" per la prosecuzione delle indagini; S. avrebbe lavorato per la (OMISSIS) investigazioni, poi acquisita - insieme ad altri-, e successivamente "aperto" la (OMISSIS) s.r.l. Assume il ricorrente che in realtà vi sarebbe stato solo un rapporto di collaborazione tra S., soggetto terzo, e la c.d. "galassia (OMISSIS)": S., a dire dello stesso Tribunale, "eseguiva gli incarichi di vigilanza per la (OMISSIS)"; nè sarebbe stato delineato un arco temporale degli ipotizzati illeciti. Nella specie, si aggiunge, sarebbe stato violato il principio di proporzione e non sarebbero state spiegate le ragioni poste a fondamento del vincolo di indisponibilità, a cui sarebbe stata di fatto attribuita una funzione esplorativa. Sotto altro profilo, si evidenzia come siano trascorsi quattro mesi dall'apprensione dei beni senza che sia stato chiarito alcunchè sul vincolo di pertinenzialità tra i beni e i reati. Sotto ulteriore profilo sarebbero stati sequestrati atti, documenti ed informazioni tra l'investigatore ed il difensore (così il ricorso), riservati ai sensi dell'art. 103 c.p.p.. 2.2. Con il terzo motivo si deduce violazione quanto al requisito del fumus commissi delicti. Il tema attiene a due ipotesi corruttive.. Quanto alla prima - "questione Lingotto" il Tribunale avrebbe fatto riferimento ai rapporti esistenti tra quattro indagati ( B., M., L.R., R.) finalizzati ad agevolare le società (OMISSIS) di L.R. nell'ottenimento di appalti di servizi e vigilanza presso il (OMISSIS), gestito da M.D.L., a discapito di altri operatori di settore. In tale contesto, sarebbero stati riportati: a) alcuni passaggi di atti trasmessi tra cui due chat tra M. e B.; b) alcuni accertamenti societari, da cui il Tribunale farebbe derivare il collegamento tra S. e gli indagati; c) il contenuto delle sommarie informazioni rese da tale D.L.. In realtà, si sostiene, proprio il contenuto delle sommarie informazioni in questione, di cui si riproduce una parte, escluderebbe la configurabilità del reato. Non diversamente, quanto alla seconda ipotesi delittuosa relativa alla O.G.R. L'ipotesi corruttiva avrebbe ad oggetto il concorso tra R.R. e M.T., un carabiniere, quest'ultimo, che avrebbe svolto ispezioni "anomale" su una società (la F. investigazioni di G.) che eseguiva l'appalto per i servizi di vigilanza presso la OGR. R. si sarebbe attivato per facilitare le condizioni di accesso agli appalti in favore della (OMISSIS) e di tutte le ditte subappaltatrici e anche i collaboratori inseriti nelle risorse umane dedite alla vigilanza (come S.) avrebbero goduto di vantaggi anticoncorrenziali (così il ricorso). Tra il materiale sequestrato vi sarebbe anche un "rapporto sul fatto" redatto dal maresciallo dei carabinieri T., in cui è spiegato l'interesse investigativo sulla società; la lettura di detto rapporto inficierebbe la ricostruzione investigativa. Nè sarebbero state esaminate dal Tribunale le produzioni documentali difensive e, in particolare, le dichiarazioni di G.M., responsabile della security della OGR, assunte in sede di indagini difensive (si riportano passi delle dichiarazioni). 2.4. Con il quarto motivo si lamenta la perdita di efficacia del provvedimento di sequestro per il mancato rispetto degli artt. 309, commi 9-10, richiamati dall'art. 324 c.p.p.. Nel caso di specie, gli atti sarebbero stati formalmente ricevuti dal Tribunale il 9.3.2022, cioè tardivamente, ma con una nota emessa in pari data il Pubblico Ministero aveva richiamato atti che erano stati già trasmessi per l'esame di altre posizioni in data 1.3.2022 Dunque, la nota di richiamo non poteva fa decorrere un nuovo termine e il termine per la trasmissione degli atti sarebbe decorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 settembre 2022 N. 35652

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato quanto ai primi due motivi, che hanno valenza assorbente.

2. Dalla ordinanza impugnata si evince che:

a) S.M. è un soggetto terzo, non indagato per i reati in funzione dell'accertamento dei quali il sequestro è stato disposto (sul punto l'ordinanza contiene una descrizione degli ipotizzati reati da cui obiettivamente non si evince alcunchè di concreto nei riguardi del ricorrente);

b) il sequestro sarebbe finalizzato a provare, da una parte, la esistenza di una amministrazione di fatto da parte degli indagati R. e L.R. di tutte le società che, in ragione dei fatti corruttivi ipotizzati, avrebbero ricevuto appalti, e, dall'altra, la prosecuzione di un loro controllo nel settore anche dopo la liquidazione della (OMISSIS) e la sua rilevazione da parte della società (OMISSIS), di cui anche S. sarebbe stato socio, cioè da parte di soggetti che fin dal 2017 avevano avuto rapporti con la (OMISSIS) (così il Tribunale a pag. 6 della ordinanza);

d) sarebbe "probabile" che l'esame delle cose sequestrate "porti ad emergere elementi utili - anche potenzialmente favorevoli all'istante- per comprendere i rapporti tra gli indagati, tra gli indagati e i terzi, nonchè per ricostruire le eventuali pianificazioni di continuità imprenditoriale rispetto alla liquidata (OMISSIS) e per recuperare gli eventuali commenti, missive, chat o documentazione di altra natura di riscontro alla ipotesi corruttiva o ad eventuali rapporti di dipendenza economica o persino gestoria dei terzi, sotto alla ipotizzata dominanza di fatto di L.R. e R." (così testualmente il Tribunale);

d) il sequestro sarebbe giustificato dalla esigenza di terminare "la copiatura e selezione di quanto vincolato";

Dunque, un sequestro probatorio in funzione dell'accertamento di fatti corruttivi rospetto ai quali il ricorrente è allo stato estraneo.

3. Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno in più occasioni chiarito come il decreto di sequestro probatorio, anche se abbia ad oggetto cose costituenti corpo del reato, debba contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti (cfr., Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548).

Si è precisato come "la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità - anche sotto il profilo procedimentale - e di concreta idoneità in ordine all'an e alla sua durata, in particolare per l'aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l'accertamento del fatto di reato".

Detti principi valgono anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato, atteso che la stessa qualificazione della "cosa" come pertinente al reato, presuppone la indicazione del perimetro investigativo, della ipotesi di reato per cui si procede, della finalità probatoria perseguita con il sequestro.

Intanto, cioè, una cosa può essere considerata "cosa pertinente al reato" in quanto esista una descrizione concreta del reato per cui si procede e della finalità probatoria perseguita.

E' noto come la formula "cose pertinenti al reato" abbia un significato scarsamente delimitativo e come il legislatore, a differenza di quanto fatto in relazione alla nozione di "corpo del reato", non abbia definito quella di "cose pertinenti", affidando questo compito alla interpretazione giurisprudenziale.

Si è chiarito in giurisprudenza come la nozione di "cosa pertinente al reato" abbia una portata più ampia di quella impiegata nell'art. 253 c.p.p., comprendendo non solo il corpo del reato ma anche qualunque cosa sulla quale o a mezzo della quale il reato fu commesso o che ne costituisce il prezzo, il prodotto o il profitto, anche quelle cose legate indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro, Rv. 259850; Sez. 2, n. 34986 del 19/06/2013, Pini, Rv. 256100; Sez. 2, n. 17372 del 22/01/2009, Romeo e altri, Rv. 244342).

In tal senso, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finalità probatoria del sequestro è uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva; il tema della strumentalità si pone, innanzitutto, per la indiscussa utilità euristica delle informazioni acquisite, destinata normalmente ad aumentare in modo proporzionale alla entità del "vulnus" che lo strumento probatorio arreca alla "riservatezza": più l'attività di ricerca della prova si avvicina al nucleo della sfera individuale (costituito da quella intimità che l'individuo ritiene di non condividere con alcuno) più il dato acquisito può risultare prezioso per l'accertamento.

La strumentalità, tuttavia, è astrattamente configurabile in un numero pressocchè indefinito di casi e ciò impone di attribuire a detto requisito un significato conforme ai principi generali di adeguatezza e proporzionalità sottesi al sistema.

Un sequestro sproporzionato non è strutturalmente illegittimo, ma va ricondotto a proporzione, nel senso che il suo oggetto deve vertere solo sulle cose davvero pertinenti al reato.

Pur in presenza di indirizzi giurisprudenziali diversi, è condivisibile quanto ritenuto da una parte della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato ed è altresì necessario, quando il legame prospettato sia di natura funzionale, che tale rapporto non sia meramente occasionale (Cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 33045 del 25/01/2018, Mazza; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014 Denaro, cit; nello stesso senso, sostanzialmente, Sez. 6, n. 5845 del 20/01/2017, F., Rv. 269374; Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010, Marcante, Rv. 246881).

La verifica del nesso di funzionalità non occasionale tra il bene e la condotta deve ovviamente essere maggiormente rigorosa nei casi in cui il bene appartenga ad un soggetto terzo estraneo al reato, cioè un soggetto nei cui confronti nessun coinvolgimento nell'attività criminosa è stato ipotizzato.

Il principio di proporzione, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel sistema una portata più ampia; esso travalica il perimetro della libertà individuale per divenire termine necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della loro limitazione.

In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell'Unione (cfr. par. 3 e 4 dell'art. 5 TUE, art. 49 par. 3 e art. 52 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali; sul punto, cfr., Sez. 3, n. 42178 del 29/09/2009, Spini, Rv. 245172), che dal sistema della CEDU. La Corte costituzionale ha chiarito in più occasioni, ed anche di recente, come il generale controllo di ragionevolezza, a sua volta effettuato attraverso il bilanciamento tra gli interessi in conflitto, comprenda il canone modale della proporzionalità.

Con la sentenza sul "caso ‘Iva", si è affermato che nessun valore costituzionale può divenire "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche, che il bilanciamento deve essere condotto dal legislatore e controllato dal Giudice delle leggi secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, fermo restando che - si tratta di una affermazione centrale - non è consentito un "sacrificio del (...) nucleo essenziale" di alcuna delle istanze in conflitto (Corte Cost., sentenza n. 85 del 2013, ma anche n. 20 del 2017, in cui la Corte, in tema di "riservatezza", ha ritenuto fondamentale che le disposizioni limitative della libertà di comunicazione rispettino la riserva assoluta di legge e di giurisdizione, nonchè i primi pi di ragionevolezza e di proporzionalità alla luce dei parametri della idoneità, necessità e proporzionalità in senso stretto).

Non diversamente, è condivisibile quanto ritenuto in dottrina, e cioè che il rango conferito dall'ordinamento interno alle fonti sovranazionali consente di affermare che, qualunque sia la natura con cui sono costruite - sostanziale o processuale - le tutele dei diritti, si deve tenere conto del cd. test di proporzionalità.

Il principio in esame è capace di fungere da guida per lo sviluppo futuro della materia dei diritti fondamentali, oggetto primario delle disposizioni normative processuali penali.

Si può tuttavia affermare che, anche là dove non entri espressamente in gioco il tema dei diritti fondamentali, il principio di proporzionalità rappresenti un utile termine di paragone per lo sviluppo di soluzioni ermeneutiche e, ancor prima, di nuovi modelli di ragionamento giuridico; in tal senso, si sostiene acutamente, il principio di proporzionalità assolve ad una funzione strumentale per un'adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, ed ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto.

In tale accezione, il canone della proporzione e della adeguatezza si rivolgono certamente al legislatore, nel momento in cui traccia le norme ordinarie, ed alla Corte costituzionale nel vaglio di legittimità delle stesse, ma anche al giudice comune, allorquando è chiamato in concreto a disporre atti limitativi delle istanze fondamentali.

Il principio di proporzionalità trova un formidabile ambito applicativo con riferimento ai mezzi di ricerca della prova, idonei ad incidere su bene giuridici costituzionalmente tutelati: esso segna il limite entro il quale la compressione di un'istanza fondamentale per fini processuali risulta legittima.

Il tema attiene al rapporto tra sicurezza e riservatezza, intesa come "diritto alla non intromissione da parte del potere pubblico e di soggetti privati nella sfera individuale della persona".

Ogni misura, per dirsi proporzionata all'obiettivo da perseguire, richiede che l'interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TIC. A. S. c. Bulgaria).

Dunque, solo valorizzando l'onere motivazionale è possibile, come sottolineato dalla più attenta dottrina, tenere "sotto controllo" l'intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti, quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata, riconosciuti dall'art. 42 Cost. e dall'art. 1 del Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu.

La motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all'accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinchè il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità (così testualmente Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, in motivazione) ed al principio di proporzione.

Il giudice non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari, ma deve modulare il sequestro - quando ciò sia possibile- in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto al vincolo reale, anche oltre le effettive necessità dettate dalla esigenza che si intende neutralizzare; il giudice cioè deve conformare il vincolo in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti, il cui esercizio di fatto non pregiudicherebbe la finalità probatoria/cautelare perseguita (sul tema, anche Corte Cost., n. 85 del 2013).

Ciò che è richiesto è una delicata operazione di bilanciamento in cui la valutazione attiene alla peculiarità del caso concreto, alla ragionevolezza della soluzione, della proporzione, al bilanciamento tra valori, all'equità.

4. Questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di acquisizione degli elementi di prova, che l'Autorità giudiziaria, al fine di esaminare un'ampia massa di dati i cui contenuti sono in astratto - potenzialmente - rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti e, in caso di mancata tempestiva restituzione, l'interessato può presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema (così, Sez. 5, n. 16622 del 14/03/2017, Storari; Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016 - dep. 15/12/2016, Amores, Rv. 268489; ma anche Sez. 2, n. 16544 del 23/01/2013 - dep. 12/04/2013, Verni; conf. Sez. 3, n. 27508 del 05/06/2008 - dep. 07/07/2008, P.M. in proc. Staffolani, Rv. 240254).

Si tratta di un indirizzo che tuttavia deve essere esplicitato.

Si è chiarito che, in tanto è possibile disporre un sequestro "esteso", e magari totalizzante, in quanto si spieghi -caso per caso - perchè ciò è necessario fare, perchè cioè, il nesso di pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità probatoria debba avere - in quella determinata fattispecie - una inevitabile differente modulazione in ragione della fase del procedimento, della fluidità delle indagini e della contestazione provvisoria, del fatto concreto per cui si procede, del tipo di illecito a cui il fatto sembra doversi ricondurre, della difficoltà di individuare nitidamente "ex ante" l'oggetto del sequestro, della natura del bene che si intende sequestrare (sul tema, Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, Aleotti, Rv. 279949; rSez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis, Rv. 274781; Sez. 5, n. 13594 del 27/02/2015, Gattuso, Rv. 262898).

Sotto altro profilo, l'esigenza investigativa che in qualche modo - in alcuni casi - può depotenziare, quasi vanificandola, la possibilità di verificare nella immediatezza la legittimità del mezzo di ricerca quanto alla sussistenza del nesso di strumentalità tra res (di cui non si ha nemmeno consapevolezza), reato per cui si procede e finalità probatoria, richiede ed impone strumenti "compensativi" di garanzia per il soggetto che subisce la limitazione dei propri diritti.

Strumenti di garanzia, cioè, che si collocano già al momento della adozione della mezzo di ricerca della prova e che attengono, come detto, alla portata del vincolo, alle ragioni, che evono essere puntualmente illustrate, per cui si decide di aggredire, ad esempio, la s era giuridica di soggetti terzi estranei al reato, al motivo per cui il vincolo venga "modu to" -rispetto a terzi estranei -. in modo onnicomprensivo (cioè decidendo, ad esempio, di sequestrare tutta la corrispondenza o tutti i documenti anche quelli più personali e riservati-), alla necessità di ancorare la durata del sequestro a criteri oggettivi di ragionevolezza temporale, alla esigenza insopprimibile di selezionare le cose davvero necessarie ai fini della prova.

In tal senso, il tempo necessario alla selezione di ciò che è necessario ai fini probatori da ciò che deve essere restituito non può essere un fattore neutro destinato a pregiudicare chi, da terzo estraneo al reato, ha già subito la limitazione del diritto di sindacare sin da subito, con rigore, la esistenza del nesso di strumentalità tra res e reato.

Strumenti di garanzia che non possono essere svuotati e che attengono ad inevitabili profili giustificativi e motivazionali di ordine quantitativo, qualitativo e temporale del sequestro (così efficacemente, Sez. 6, n. 13156 del 04/03/2020, Scagliarini, in motivazione) ed alla necessità di evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui si procede.

Si tratta di profili su cui è necessario specificamente motivare da parte del Pubblico Ministero e del Tribunale del riesame, atteso che, diversamente, il mezzo di ricerca si trasforma in uno strumento di illegittima compressione di diritti, con conseguente ingiustificata "rincorsa" del soggetto a cui le cose sono sequestrate al fine di ottenere la restituzione di ciò che sin dall'inizio non avrebbe dovuto essere sequestrato (così Sez. 6 n. 34265 del 2020).

5. In detto contesto, si pone il tema della copia dei dati digitali sequestrati e della restituzione dei "contenitori" di detti dati.

Sul tema la Corte, con la richiamata sentenza, ha chiarito che, creata la c.d. copia originale dei dati contenuti nel contenitore sequestrato, essa non rileva in sè come cosa pertinente al reato in quanto essa contiene un insieme di dati indistinti e magmatici rispetto ai quali nessuna funzione selettiva è stata compiuta al fine di verificare il nesso di strumentalità tra res, reato ed esigenza probatoria.

La c.d. copia integrale, cioè, contiene l'insieme dei dati contenuti nel contenitore (pc., tablet, telefono) ma non soddisfa affatto l'esigenza indifferibile di porre sotto sequestro solo il materiale digitale che sia pertinente rispetto al reato per cui si procede e che svolga una necessaria funzione probatoria.

Ne deriva, come è stato specificato dalla Corte di cassazione, che la c.d. copia integrale costituisce solo una copia - mezzo, cioè una copia che consente di restituire il contenitore, ma che non legittima affatto il trattenimento dell'insieme di dati appresi (Sez. 6, n. 13156 del 04/03/2020, Scagliarini).

La copia integrale consente di fare, dopo il sequestro, ciò che naturalmente avrebbe dovuto essere fatto prima, cioè la verifica di quali, tra i dati contenuti nel contenitore, siano quelli pertinenti rispetto al reato.

In questo contesto la Corte ha affermato che il Pubblico Ministero: a) può trattenere la copia integrale solo per il tempo strettamente necessario per selezionare, tra la molteplicità delle informazioni in essa contenute, quelle che davvero assolvono alla funzione probatoria sottesa al sequestro. b) è tenuto a predisporre una adeguata organizzazione per compiere la selezione in questione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano stati sequestrati a persone estranee al reato per cui si procede; c) compiute le operazioni di selezione, la c.d. copia - integrale deve essere restituita agli aventi diritto (così testualmente in motivazione, Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, Aleotti, in motivazione).

Si tratta di affermazioni che non sono finalizzate ad introdurre nel sistema un nuovo termine perentorio - coincidente con la celebrazione dell'udienza di riesame del sequestro - la cui inosservanza produrrebbe indifferibili effetti demolitori del mezzo di ricerca; si tratta invece di principi strumentali ad evidenziare la necessità di un accertamento in concreto, caso per caso, volta per volta, finalizzato a verificare se le operazioni di selezione del materiale siano conformi alla esigenza di differimento temporaneo della valutazione del nesso di pertinenza tra res e reato che si intenda provare ovvero si traducano in una elusione delle garanzie di cui si è detto, con conseguente violazione del diritto di proporzione e limitazione illegittima di diritti delle persone (Sez. 6, n. 46102 del 11/05/2021, dep. 2022, Antonucci).

6. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati sotto molteplici profili.

Rispetto ad un sequestro eseguito il 2.12.2021, a distanza di circa quattro mesi - cioè al momento in cui è stata emessa l'ordinanza impugnata- non è chiaro cosa in concreto sia stato sequestrato; si tratta di un dato di presupposizione fondante perchè solo ciò poi consente di compiere valutazioni concrete in relazione alla legittimità del mezzo di ricerca della prova ed alla pertinenza tra res, reato per cui si procede e finalità probatoria.

In particolare, non è chiaro quali res siano state trovate nei contenitori su cui è stato apposto il vincolo, quale sarebbe il nesso di pertinenza non occasionale tra ciò che è stato sequestrato e i reati per cui si procede, quale sarebbe la finalità probatoria tra le cose sequestrate- di cui non si sa nulla- e gli ipotizzati fatti corruttivi, perchè le cose sequestrate consentirebbero di provare i fatti corruttivi, perchè sarebbe necessario un indistinto sequestro nei confronti di un soggetto terzo.

Nè è chiaro cosa in concreto sia stato fatto per la estrapolazione dei dati rilevanti, quanti consulenti siano stati nominati, come si sia proceduto, quale sia il termine assegnato per la ultimazione della consulenza, quale fosse esattamente la situazione concreta al momento in cui il Tribunale ha effettuato la sua valutazione, quali siano i criteri di selezione con cui si sta operando (Cfr., Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2021, dep. 2022, Pessotto, Rv. 280838).

Su detti decisivi profili l'ordinanza è del tutto silente, essendosi limitato il Tribunale ad affermare che il sequestro probatorio per il quale si procede è giustificato dalla esigenza di portare a termine la copiatore e la selezione di quanto sequestrato.

Ne deriva che l'ordinanza impugnata e il decreto del Pubblico Ministero del 1.12.2021 devono essere annullati senza rinvio con conseguente immediata restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e il decreto del Pubblico Ministero del 1/12/2021 disponendo la immediata restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 reg. esec. c.p.p..

Conclusione

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2022