Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Ricorre per Cassazione A.B.I. avverso l'ordinanza di convalida dell'arresto emesso in data 22 novembre 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena deducendo nullità dell'ordinanza per essere stato l'arresto illegittimamente effettuato, considerata l'insussistenza dello stato di quasi flagranza. L'indagato era stato tratto in arresto per rapina impropria pluriaggravata.
Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato Deve anzitutto ribadirsi che sussiste l'interesse dell'indagato ad impugnare il provvedimento di arresto, pur quando ad esso sia seguito, contestualmente, quello di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. E' condivisibile, infatti, la giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, ord. n. 3364 del 9/6/1998, Stegani, Rv. 211021; Sez. 5, n. 54694 del 03/10/2017 Rv. 271836 - 01) secondo cui, allorquando il giudice, con un'unica ordinanza, convalida il fermo o l'arresto della persona indagata e contestualmente gli applica una misura cautelare custodiale, permane l'interesse del fermato e dell'arrestato ad impugnare il provvedimento di convalida, in quanto costui è pur sempre portatore di un interesse concreto ed attuale a proporre ricorso per cassazione, quanto meno in rapporto alla previsione normativa dell'art. 657 c.p.p. - che disciplina la fungibilità della detenzione e della privazione della libertà personale subita senza titolo - ed alla stregua dei principi generali, derivanti dall'art. 111, comma 2, Cost., che attengono alla materia dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Ciò premesso deve osservarsi che in tema di arresto nella quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, nè che la "sorpresa" non avvenga in maniera casuale, ma solo l'esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le "cose" o le "tracce" del reato e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell'intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o delle tracce (Sez. 4, Sentenza n. 7305 del 10/11/2009 Cc. - dep. 23/02/2010 - Rv. 246496; Sez. 5, Sentenza n. 44041 del 03/07/2014 Cc. - dep. 22/10/2014 - Rv. 262097). I principi di diritto di cui sopra sono stati, tra l'altro, confermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 39131 del 24/11/2015 Cc. - dep. 21/09/2016 - Rv. 267591). In tale decisione le Sezioni Unite hanno affermato che è illegittimo l'arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell'immediatezza del fatto, poichè, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di "quasi flagranza", la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato; nel caso trattato dalle Sezioni Unite, l'arresto era stato eseguito sulla base delle sole indicazioni della persona offesa, riguardanti le generalità dell'aggressore. Ma è evidente che il caso di cui ci occupiamo è diverso da quello deciso dalle Sezioni Unite. Nella parte motiva della predetta sentenza delle Sezioni Unite si specifica che per poter procedere all'arresto di un soggetto è necessario che vi sia "la coessenziale correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso (quantomeno attraverso le tracce rivelatrici della immediata consumazione, recate dal reo) e il successivo intervento di privazione della libertà dell'autore del reato." E quanto sopra è perfettamente in linea con la ratio legis, ben evidenziata nella sentenza delle Sezioni unite citata nella cui motivazione si afferma che "la eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria (o al privato) del potere di privare della libertà una persona trova concorrente giustificazione nella altissima probabilità (e, praticamente, nella certezza) della colpevolezza dell'arrestato. Ebbene, sono proprio la diretta percezione (che, come sopra evidenziato, si ha anche con la sorpresa di un soggetto con cose o tracce del reato, come nel nostro caso) e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria procedenti all'arresto, che possono suffragare, nel senso indicato, la sicura previsione dell'accertamento giudiziario della colpevolezza". Quindi quello che conta per ravvisare la flagranza è che la P.G. abbia la diretta percezione di ciò che la porta a ritenere sussistente la responsabilità dell'arrestando. Quanto sopra rende, con evidenza, perfettamente condivisibile il principio secondo il quale per la legittimità dell'arresto, eccetto il caso di vera e propria flagranza, per l'attualità del reato, è sufficiente che l'indiziato di reato sia sorpreso in possesso di cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso poco prima il reato. Nel caso di specie il ricorrente, come indicato nel verbale di arresto, alle 23:30 del 19/11/2021 veniva trovato in possesso delle bottiglie asportate poche ore prima (alle ore 19.15 circa) dal supermercato, bottiglie ancora posizionate nel cestello della bicicletta che l'Alt aveva usato per allontanarsi dall'esercizio commerciale.
L'arresto è stato pertanto correttamente operato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle Ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria degli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1- ter Disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2022