Giu esame testimoniale del minorenne vittima di violenza sessuale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 07 settembre 2022 N. 32865
Massima
In tema di incidente probatorio, è consentito al giudice che procede all'audizione di un minore infrasedicenne per reati in materia di prostituzione e violenza sessuale, disporre l'assunzione della testimonianza in forma scritta (con domande orali e risposte scritte) quando questa modalità appare necessaria per tutelare la fragile psicologia del teste e la genuinità della deposizione (così Sez. 3, n. 33180 del 25/05/2004, Infantino, Rv. 229157-01).
A sostegno di questa conclusione, sembra interessante evidenziare, si è affermato che la forma di esame appena descritta non costituisce nè una violazione del principio del contraddittorio, in quanto non impedisce alle parti presenti di rivolgere domande o fare contestazioni, nè del principio dell'oralità, in quanto non si tratta di prova precostituita fuori dal processo ma formata in contraddittorio tra le parti come per le deposizioni del sordo o del sordomuto.

Casus Decisus
Svolgimento del processo 1. Con sentenza emessa in data 8 febbraio 2021, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lodi, che aveva dichiarato la penale responsabilità di M.F. per il reato di violenza sessuale continuata ed aggravata e lo aveva condannato alla pena di sette anni e dieci mesi di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti ed alla recidiva. Secondo i giudici di merito, M.F., dal 2017 al maggio 2019, aveva, mediante abuso di autorità derivante dalla sua posizione di coabitante e di convivente della madre della vittima, nonchè mediante violenza, costretto la persona offesa, nata il (OMISSIS), a subire e a compiere atti sessuali, e, in particolare, con cadenza quasi giornaliera, a toccargli gli organi genitali, nonchè, in una occasione, a spogliarsi e a subire una penetrazione vaginale. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe M.F., con atto a firma dell'avvocato Katjuscia Carini, articolando undici motivi. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 498, commi 4 e 4-ter, c.p.p., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese a dibattimento dalla persona offesa. Si deduce che la testimonianza della persona offesa è stata resa con modalità del tutto incompatibili con il principio del contraddittorio. Si rappresenta, in particolare, che la minore è stata collocata in una stanza ed è stata esaminata alla presenza, esclusivamente, di una psicologa e del Presidente del Collegio giudicante, mentre le parti sono state abilitate solo a formulare domande scritte su di un foglio consegnato al Presidente, nell'unica volta in cui questi è uscito dalla stanza. Si osserva che, in questo modo, è stato anche impedito di formulare nuove domande e contestazioni. 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 192 c.p.p., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della vittima. Si deduce che la sentenza impugnata non ha proceduto ad una verifica seria e scrupolosa sulla credibilità soggettiva della dichiarante e sull'attendibilità intrinseca del racconto della stessa, secondo quanto indicato da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte. Si segnala, in particolare, che la Corte d'appello ha omesso di prendere in considerazione sia le contraddizioni intrinseche alla dichiarazione, sia le incongruità di queste rispetto agli altri elementi acquisiti. Si censura, quanto alle contraddizioni intrinseche alle dichiarazioni della vittima, che plurimi sono i punti critici della narrazione. Si rileva, innanzitutto, che la ragazza ha confuso nella collocazione temporale degli avvenimenti, datandoli all'epoca in cui era in quarta o quinta elementare, aveva dieci anni ed era iniziata la convivenza della madre con l'imputato, sebbene ella ha frequentato la quarta e la quinta elementare nel 2015, mentre l'imputato ha conosciuto la madre della ragazzina solo nell'autunno 2015, ha iniziato la convivenza con la donna nel gennaio 2016, ma a casa della mamma di questa, ed il nucleo familiare si è trasferito a (OMISSIS) solo dopo "un annetto buono". Si rappresenta, poi, che la minore si è contraddetta nell'indicazione della frequenza dei fatti subiti, prima dicendo: "non sempre", e poi affermando: "un pò tutti i giorni, una cosa giornaliera". Si osserva, quindi, che la vittima ha reso dichiarazioni inverosimili in ordine alla descrizione delle condotte di penetrazione vaginale, sia perchè non ha saputo indicare quante volte ciò è successo, sia perchè ha raccontato di un solo episodio, sia perchè ha affermato di essere stata tenuta con le mani bloccate mentre cercava di scappare, e di non aver subito perdite di sangue, sebbene, da un lato, l'imputato abbia bisogno di circa 3/4 d'ora per avere una parvenza di erezione, non sufficiente comunque ad una penetrazione, come indicato dalla madre della vittima, dalla ex-moglie e dall'urologo, e, dall'altro, il sanguinamento sia inevitabile in caso di rapporto violento. Si aggiunge che il mancato sanguinamento è stato confermato da una visita ginecologica e che il racconto della penetrazione è smentito dalle confidenze rese dalla stessa persona offesa alla sua insegnante, alla quale aveva detto di avere "paura che potesse succedere altro, cioè un rapporto sessuale". Si censura, quanto alla incongruità delle dichiarazioni della vittima rispetto agli altri elementi acquisiti, che mancano riscontri esterni di qualunque tipo. Si evidenzia, in particolare, che: -) il cellulare dell'imputato non ha offerto alcun elemento utile; -) la madre della minore ha affermato di aver lasciato la figlia da sola con l'imputato solo in quattro o cinque occasioni, e di non aver mai notato alcunchè di sospetto; -) il diario della persona offesa non fa alcun riferimento ai fatti di violenza, pur descrivendo amori non corrisposti. Si segnala, inoltre, che lo stato di agitazione riscontrato dagli inquirenti può essere spiegato in considerazione dell'esistenza di un numero limitato di episodi non invasivi, ammessi dall'imputato, il quale però ha negato rapporti con penetrazione. 2.3. Con terzo motivo, motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta capacità a testimoniare e attendibilità intellettiva della vittima. Si deduce che la sentenza impugnata ha omesso di aver tenuto conto delle carenze e dei deficit intellettivi della minore, riferiti da numerosi testimoni. Si segnala, in particolare, che l'assistente sociale dottoressa O. ha riconosciuto l'esistenza, nella vittima, di "aree deficitarie", in particolare "sia rispetto a tutti gli aspetti cognitivi, sia rispetto alle possibilità di apprendimento", e che l'insegnante, dottoressa S., ha dato atto della predisposizione di un piano di studi personalizzato, per la presenza di "evidenti difficoltà nelle abilità scolastiche", come la logica e la memorizzazione, "con "difficoltà nel recupero delle informazioni acquisite" "e nell'operare collegamenti tra i concetti e informazioni". Si conclude che i riferiti deficit, soprattutto di apprendimento e di memorizzazione, hanno influito sul racconto, anche perchè le discrasie non sono spiegabili con l'età, avendo la persona offesa già compiuto i quattordici anni al momento della sua deposizione in udienza. 2.4. Con il quarto motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo ancora alla ritenuta attendibilità intellettiva della vittima. Si deduce che la sentenza impugnata incorre in contraddizione, perchè, a pag. 9, dapprima afferma l'irrilevanza dei deficit rilevati ai fini della capacità di comprensione dei fatti, e, poi, poche righe dopo, ammette la sottolineatura di tali carenze da parte degli operatori della comunità in cui la minore era ospitata. 2.5. Con il quinto motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta assenza di ragioni di odio della vittima nei confronti dell'imputato. Si deduce che la sentenza impugnata non ha in alcun modo apprezzato l'influenza dei sentimenti di odio nutriti dalla minore nei confronti dell'imputato, colpevole di averle "rubato" le attenzioni della madre, e di averle fatto perdere la sua cameretta, costringendola a trasferirsi nel salone. 2.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 192, comma 2, e 533 c.p.p., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta colpevolezza dell'imputato. Si deduce che la sentenza ha illegittimamente valutato gli indizi in violazione delle regole prestabilite dalla legge e del principio secondo cui la colpevolezza può essere affermata solo al di là di ogni ragionevole dubbio. Si osserva che le dichiarazioni rese dalla persona offesa, per un verso, costituiscono indizi privi dei requisiti di gravità e precisione, per di più non valutati unitamente agli altri elementi istruttori, e, sotto altro profilo, per la loro contraddittorietà intrinseca, non sono idonee a fornire una prova del fatto al di là di ogni ragionevole dubbio. Si segnala, in particolare, che non possono ritenersi provate le circostanze: -) della frequenza quotidiana delle condotte illecite; -) dell'invio di sms da parte dell'imputato; -) della presenza dei genitori della minore nell'appartamento al momento delle violenze; -) del rapporto con penetrazione o sovrapposizione dell'organo sessuale dell'imputato sugli organi sessuali della vittima; -) delle masturbazioni operate su richiesta dell'imputato. 2.7. Con il settimo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del fatto di violenza con penetrazione o con "sovrapposizione". Si deduce che la sentenza impugnata, allo stesso modo di quella di primo grado, ha escluso una condotta di penetrazione, reinterpretando la stessa come condotta di sovrapposizione dell'organo sessuale dell'imputato sugli organi sessuali della vittima, in contrasto con il racconto di questa, la quale ha espressamente affermato: "Ha messo le sue parti dentro le mie". Si aggiunge che, anche a voler ritenere reinterpretabile il racconto, la descritta reazione della vittima, procurando una contrazione della muscolatura perineale, avrebbe comunque impedito all'imputato di appoggiare il suo pene sulla vulva della minore, posto che l'uomo aveva le sue mani impegnate a stringere quelle della ragazza ed era inabile ad una erezione peniena valida. Si segnala, ancora, che la ragazza, quando ha descritto la penetrazione, aveva già oltre quattordici anni, ed era quindi perfettamente in grado di comprendere il significato della condotta riferita. 2.8. Con l'ottavo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 609-bis, comma 3, c.p., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., avendo riguardo al diniego dell'attenuante della minore gravità del fatto. Si deduce che illegittimamente la sentenza impugnata ha negato l'applicazione dell'attenuante. Si premette che il diniego è stato fondato sul presupposto della reiterazione degli abusi nel tempo. Si osserva, poi, che gli abusi sono stati solo quattro, dovendo ritenersi provati esclusivamente quelli ammessi dall'imputato. 2.9. Con il nono motivo, si denuncia violazione di legge, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta equivalenza e non prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle circostanze aggravanti. Si deduce che la sentenza impugnata ha trascurato l'immediata autodenuncia resa dall'imputato ai Carabinieri, le dichiarazioni confessorie del medesimo in udienza, la lettera di scuse inviata alla madre della vittima, il percorso di espiazione manifestato con l'impegno presso la Caritas. 2.10. Con il decimo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo alla determinazione della pena. Si deduce che la pena è eccessiva, perchè rapportata a circostanze non provate, come quella della frequenza quotidiana degli abusi, o della realizzazione dei fatti nonostante la presenza in casa dei genitori della vittima. 2.11. Con l'undicesimo motivo, si denuncia violazione di legge, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., avendo riguardo ancora alla determinazione della pena. Si deduce che illegittimamente i Giudici di merito hanno valorizzato sia ai fini della pena base, quantificata in sei anni e sei mesi di reclusione, sia ai fini dell'aumento per la continuazione, fissato in un anno e quattro mesi di reclusione, il medesimo parametro della frequenza degli episodi. Si aggiunge che la Corte d'appello ha ignorato lo specifico motivo di gravame sul punto. 3. Il ricorrente ha poi presentato memoria, sottoscritta dal difensore, l'avvocato Katjuscia Carini. Nella memoria, vengono riproposte le censure formulate con il ricorso, in particolare quelle concernenti l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese a dibattimento dalla persona offesa, la valutazione della credibilità della minore e la congruità della pena. Si aggiunge che le censure formulate nel ricorso hanno inevitabilmente riflessi sul merito, atteso quanto stabilito dall'art. 192 c.p.p., o in forza dei principi fissati dalla giurisprudenza.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - 07 settembre 2022 N. 32865

Motivi della decisione

1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.

Per ragioni di ordine e di economia espositiva, saranno esaminate dapprima le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, poi le censure formulate nel terzo e nel quarto motivo, che contestano la capacità a testimoniare della vittima, quindi le censure esposte nel secondo, nel quinto, nel sesto e nel settimo motivo, che contestano l'attendibilità del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa, e, infine, in successione, le censure enunciate nell'ottavo motivo, concernenti la mancata concessione dell'attenuante della minore gravità del fatto, quelle proposte nel nono motivo, relative al giudizio di comparazione delle circostanze, e quelle rappresentate nel decimo e nell'undicesimo motivo, riguardanti il trattamento sanzionatorio.

2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'utilizzabilità o comunque la validità delle dichiarazioni rese a dibattimento dalla persona offesa, in quanto questa è stata esaminata in una stanza alla presenza di una psicologa e del Presidente del Collegio, e le parti sono state ammesse a formulare domande unicamente predisponendole in forma scritta, e rimettendole al Presidente per la loro proposizione alla dichiarante.

2.1. Ai fini di un compiuto scrutinio delle precisate censure, è utile indicare, innanzitutto, le modalità con le quali, nella specie, si è svolto l'esame della persona offesa.

Come rilevato nelle sentenze di merito, la persona offesa è stata esaminata in udienza il 23 gennaio 2020, allorchè non aveva ancora compiuto quindici anni. L'esame si è svolto con l'ausilio di una psicologa, che ha coadiuvato la Presidente del Collegio, ed è stato videoregistrato. Dell'udienza è stata effettuata inoltre trascrizione.

Occorre rappresentare, inoltre, che la persona offesa si è mostrata molto provata per l'esperienza subita, manifestando notevoli difficoltà a raccontare quanto accadutole, sia in fase di indagini, sia a dibattimento. Secondo quanto esposto nella sentenza impugnata, il maresciallo dei Carabinieri che ha proceduto alla prima audizione ha ricordato che, nel corso dell'atto investigativo, "in diverse occasioni è stato necessario sospendere brevemente l'esame poichè ella piangeva e in alcuni momenti faceva molta fatica a raccontare. Grazie al supporto della psicologa si è poi riusciti a riportarla alla calma e a proseguire nel racconto". Le medesime difficoltà, sempre alla luce di quanto espone la sentenza impugnata, sono emerse a dibattimento, tanto che la psicologa è dovuta intervenire per calmare la minore, la quale, nel richiamare il ricordo, si era bloccata ed aveva iniziato a piangere.

2.2. Tanto premesso in relazione al concreto atteggiarsi dell'esame la cui legittimità è contestata, vanno richiamate le coordinate normative di riferimento.

Precisamente, il codice di procedura penale disciplina le modalità di svolgimento dell'esame testimoniale del minorenne a dibattimento nell'art. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, e, siccome richiamato, nell'art. 398, comma 5-bis.

Dalle disposizioni appena citate emerge che l'esame è condotto dal presidente e che questi può avvalersi anche di particolari cautele. In particolare, l'art. 398, comma 5-bis, c.p.p. prevede che, nel caso si proceda per alcune tipologie di reati, tra le quali quelle di cui all'art. 609-bis e all'art. 609-quater c.p., "il giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, (...) stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenza di tutela delle persone lo rendano necessario od opportuno".

2.3. La giurisprudenza di legittimità si è ripetutamente pronunciata in ordine al significato e alla portata di tali disposizioni.

Innanzitutto, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 498, comma 4, c.p.p., sollevata per la violazione degli artt. 3, 24, comma 2, e 111 Cost., nella parte in cui prevede la conduzione diretta da parte del presidente dell'esame testimoniale del minorenne, perchè realizza un ragionevole bilanciamento tra i diritti dell'imputato e i diritti del minore (Sez. 3, n. 42899 del 30/09/2009, R., Rv. 245377-01).

Ha poi rilevato che il giudice può valutare discrezionalmente se sussistano le condizioni per l'adozione della particolare modalità di espletamento dell'esame protetto del testimone minorenne, tenuto conto delle esigenze del minore stesso. (cfr. Sez. 3, n. 7141 del 08/01/2009, R., Rv. 242826-01, relativa a fattispecie nella quale l'esame era avvenuto in una stanza adiacente quella d'udienza, con la porta aperta e le luci accese, presenti la madre e la sorella del minore).

Ancora, ha specificamente precisato che, in tema di incidente probatorio, è consentito al giudice che procede all'audizione di un minore infrasedicenne per reati in materia di prostituzione e violenza sessuale, disporre l'assunzione della testimonianza in forma scritta (con domande orali e risposte scritte) quando questa modalità appare necessaria per tutelare la fragile psicologia del teste e la genuinità della deposizione (così Sez. 3, n. 33180 del 25/05/2004, Infantino, Rv. 229157-01). A sostegno di questa conclusione, sembra interessante evidenziare, si è affermato che la forma di esame appena descritta non costituisce nè una violazione del principio del contraddittorio, in quanto non impedisce alle parti presenti di rivolgere domande o fare contestazioni, nè del principio dell'oralità, in quanto non si tratta di prova precostituita fuori dal processo ma formata in contraddittorio tra le parti come per le deposizioni del sordo o del sordomuto.

Non va trascurato, poi, che costituisce principio assolutamente consolidato quello in forza del quale è inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato che deduce la violazione delle norme che prescrivono particolari cautele per l'assunzione della prova testimoniale del minore, trattandosi di modalità previste nell'esclusivo interesse di quest'ultimo (v., per questa affermazione, tra le tante: Sez. 5, n. 32374 del 08/06/2017, F., Rv. 270601-01; Sez. 3, n. 44448 del 16/10/2013, L., Rv. 258314-01; Sez. 3, n. 42899 del 30/09/2009, R., Rv. 245376-01).

2.4. Anche la giurisprudenza della Corte EDU offre delle indicazioni significative, elaborate con riferimento al recupero delle dichiarazioni dei testi che non è stato possibile esaminare in contraddittorio davanti al giudice.

In particolare, secondo i principi enunciati anche dalla Grande Camera, tra i "sufficienti fattori di compensazione" idonei a controbilanciare le difficoltà per la difesa in conseguenza dell'ammissione al processo di testimonianze non verificate, rientrano: -) la motivazione dettagliata delle regioni per cui la testimonianza deve ritenersi attendibile, anche alla luce di una valutazione complessiva delle altre prove disponibili (Corte EDU, GC, 15/12/2015, Schatschaschwili c. Germania, n. 9154/2010, p. 126); -) la videoregistrazione dell'esame del testimone assente, in modo da consentire al giudice ed alle parti di osservarne il comportamento e di formarsi un'opinione sulla sua attendibilità (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 127); -) la possibilità per la difesa "di porre indirettamente le proprie domande al testimone, per esempio per iscritto, nel corso del processo", definita come "notevole garanzia" (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 129); -) la possibilità per l'imputato di fornire la propria versione dei fatti e contestare la credibilità del testimone assente (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 131).

Questi principi costituiscono ormai patrimonio assolutamente consolidato nel panorama della giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr., da ultimo, ad esempio, Corte EDU, 10/05/2022, Al Alo c. Slovacchia, n. 32084/19, p. 45).

2.5. In considerazione delle disposizioni normative e dei principi giuridici elaborati dalla giurisprudenza, anche in sede sovranazionale, deve ritenersi che il giudice, nel procedere all'esame testimoniale di un minorenne, possa stabilire, ove necessario, di consentire alle parti di porre domande solo per iscritto, sempre che l'atto istruttorio venga compiutamente videoregistrato, con la possibilità per le stesse di osservare il comportamento del dichiarante nel corso dell'intero atto istruttorio, e di formulare successivamente osservazioni sull'attendibilità del suo racconto.

Le modalità indicate, infatti, sono senz'altro compatibili con gli spazi di discrezionalità concessi al giudice dalle disposizioni di cui agli artt. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, e 398, comma 5-bis, c.p.p. In particolare, quest'ultima statuizione normativa presenta notevoli margini di elasticità quando prevede che il giudice "stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenza di tutela delle persone lo rendano necessario od opportuno".

Le descritte modalità, inoltre, sono compatibili con le garanzie costituzionali e sovranazionali. Invero, il principio del contraddittorio, anche secondo la Costituzione e la CEDU, quest'ultima come interpretata dalla Corte EDU, può subire deroghe e forme di attuazione particolari, in ragione di altri principi fondamentali. E certamente, in caso di concreto pericolo per l'integrità psico-fisica del minore derivante dalla rievocazione del fatto subito, una forma di attuazione del contraddittorio, idonea a contemperare l'interesse appena indicato con il diritto di difesa dell'imputato e con l'esigenza di accertamento di gravi reati, può essere quella di un esame condotto dal giudice in un ambiente nel quale non siano presenti le parti, le quali però possano proporre le loro domande attraverso il giudice, sottoponendole allo stesso in forma scritta, possano osservare compiutamente l'atteggiamento del dichiarante nel corso dell'esame attraverso la videoregistrazione dell'atto istruttorio, e possano poi proporre le loro osservazioni sull'attendibilità del racconto così acquisito.

3. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel terzo e nel quarto motivo, che contestano l'affermazione della capacità a testimoniare e dell'attendibilità intellettiva della persona offesa, deducendo che la sentenza impugnata ha omesso di considerare, ai fini del giudizio di affidabilità della narrazione, i deficit cognitivi e di memorizzazione della stessa, pur ammettendone la gravità, e pur essendo gli stessi rilevabili dalle discrasie presenti nel racconto.

La sentenza impugnata, in relazione a tale profilo, ha evidenziato che l'assistente sociale O. e la relazione della comunità nella quale la vittima è stata ospite hanno entrambe precisato che i deficit riscontrati attenevano al profilo di autonomie personali, come tagliare una pizza, o a difficoltà scolastiche molto probabilmente riferibili ad uno svantaggio socio/economico/culturale, ma non ad una capacità di comprensione del proprio mondo interno o del mondo esterno. Anzi, la Corte d'appello segnala che l'assistente sociale O. ha sottolineato di aver apprezzato, nella minore, la capacità di introspezione e di profonda comprensione delle dinamiche familiari, "tant'è che proprio quel comprendere la mandava in agitazione".

Nessuna carenza, contraddizione o manifesta illogicità, quindi, è rilevabile nella valutazione della sentenza impugnata con riferimento al giudizio di capacità a testimoniare e di attendibilità intellettiva della vittima.

4. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità, o comunque manifestamente infondate sono le censure enunciate nel secondo, nel quinto, nel sesto e nel settimo motivo, che contestano il giudizio di positiva attendibilità del racconto della persona offesa, deducendo, in particolare, l'omessa considerazione delle ragioni di avversione della stessa nei confronti dell'imputato, delle contraddizioni intrinseche della narrazione, specie in ordine ai profili temporali e alle modalità della penetrazione vaginale, dell'assenza di riscontri, e dei profili di inverosimiglianza anche in considerazione delle difficoltà fisiche dell'uomo.

4.1. Le indicate censure rendono utile una premessa metodologica sulla efficacia dimostrativa e sulla valutazione dell'attendibilità della persona offesa.

Innanzitutto, costituisce principio consolidato, enunciato anche dalle Sezioni Unite, quello secondo cui le dichiarazioni della persona offesa, pur quando la stessa sia costituita parte civile, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (così, per tutte Sez. U, n. 41461 del 19/07/212, Bell'Arte, Rv. 253214-01, e Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070-01).

Inoltre, si è precisato che, qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nè assistere ogni segmento della narrazione (Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312-01).

Ciò posto, poi, va rilevato come altrettanto consolidato è il principio in forza del quale il giudizio sull'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa costituisce questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (così, per tutte, Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01, e Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575-01).

4.2. La sentenza impugnata espone gli elementi e le ragioni fondanti il suo giudizio di attendibilità del racconto della persona offesa, sulla cui base ha ritenuto provati i fatti indicati nell'imputazione.

Appare utile premettere che, come analiticamente precisato nella sentenza di primo grado, secondo il racconto della persona offesa, l'imputato ha agito ripetutamente nel tempo, e, segnatamente, ha: -) toccato i genitali della minore penetrandone la vagina con le dita; -) compiuto atti di masturbazione davanti alla stessa; -) costretto la vittima a masturbarlo; -) costretto la minore a praticare sesso orale; -) posto, in almeno due occasioni, il proprio pene a contatto con la vagina della persona offesa, simulando una penetrazione.

La Corte d'appello, in particolare, evidenzia che la persona offesa: -) ha iniziato a raccontare delle violenze subite ai suoi compagni di classe e poi ad una insegnante, la quale aveva informato i vertici dell'istituto, a loro volta autori della denuncia ai Carabinieri; -) è stata esaminata anche nel corso delle indagini sugli episodi in esame dai Carabinieri con l'ausilio di una psicologa, e, ciononostante, non gli è stata effettuata alcuna contestazione; -) ha sempre manifestato grande difficoltà emotiva a rievocare e narrare delle violenze subite; -) ha manifestato più volte intenti autolesivi, ritenuti "di natura inequivocabilmente post-traumatica".

Rappresenta, poi, che le imprecisioni della persona offesa in ordine alla collocazione temporale dei fatti ed alla loro frequenza sono del tutto marginali, perchè non attengono alla ricostruzione del loro contenuto, e possono trovare spiegazione nell'età della minore, nel tempo trascorso e nella valenza traumatica degli episodi.

Osserva, quindi, che il racconto della vittima relativo ai movimenti compiuti dall'imputato nel toccarle i genitali e nel penetrarla non può essere frutto della sua fantasia, anche perchè non è coerente con le competenze della sua età e denota esperienza diretta, e non è incompatibile con le problematiche sessuali dell'uomo, siccome queste non gli impediscono una breve erezione.

Aggiunge, ancora, che le dichiarazioni accusatorie della persona offesa non possono ritenersi determinate, o, meglio, "sovraccaricate", da sentimenti di odio nei confronti dell'imputato, sia perchè questa ipotesi non ha trovato alcun riscontro, sia perchè la descrizione delle esperienze sessuali risulta altamente precisa e realistica, anche in considerazione dell'età della ragazza, sia perchè anche l'assistente sociale O. ha riferito come la minore non ha mai riferito la sua avversione nei confronti dell'uomo a cause diverse dalle violenze subite.

Rappresenta, infine, che: -) la mancanza di riscontri sul cellulare dell'imputato è spiegabile con la circostanza per cui questi potrebbe ben aver "ripulito" la memoria dell'apparecchio, anche perchè informato dell'andamento delle indagini prima di essere arrestato, tanto da essersi presentato spontaneamente dai Carabinieri prima della emissione della misura cautelare; -) la mancanza di annotazioni sul diario della vittima può trovare ragione nel desiderio di evitare di mettere a conoscenza dei fatti la madre.

Da ultimo, appare utile segnalare che, come dettagliatamente indicato nella sentenza di primo grado, l'imputato, anche sottoponendosi ad esame e con una lettera di scuse indirizzata ai genitori della persona offesa, ha ammesso di aver toccato la stessa, in tre o quattro occasioni, nella zona genitale, sotto i vestiti, sia pure per brevi momenti, mentre ha escluso di essersi masturbato davanti alla minore o di averle chiesto di toccargli i genitali o di averla penetrata.

4.3. Le conclusioni della sentenza impugnata in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, ed alla loro idoneità a fondare il giudizio di responsabilità dell'attuale ricorrente per i fatti al medesimo contestati sono immuni da vizi.

Il giudizio di positiva attendibilità delle dichiarazioni della minore, infatti, è stato espresso all'esito di un'analitica disamina delle stesse e di tutti gli elementi acquisiti al processo, sulla base di massime di esperienza sicuramente accettabili. Del resto, non sono emerse incompatibilità del racconto con elementi oggettivi, e l'imputato ha ammesso, sia pur solo parzialmente, di aver compiuto in più occasioni atti sessuali con la vittima, all'epoca sicuramente in tenera età e comunque infraquattordicenne.

5. Infondate sono le censure proposte nell'ottavo motivo, che contestano il diniego dell'attenuante della minore gravità del fatto, deducendo l'impropria valorizzazione della pluralità degli episodi, da ritenere non più di quattro.

Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, L., Rv. 277615-01).

La sentenza impugnata ha escluso l'attenuante del fatto di minore gravità valorizzando, in particolare, la reiterazione degli abusi nel tempo.

La conclusione indicata è corretta, sia perchè gli episodi sono molteplici, sia perchè dai fatti come ricostruiti in sentenza emergono molteplici connotazioni negative degli stessi, in particolare per l'invasività e per le conseguenze psichiche prodotte e che hanno spinto la vittima a compiere in più occasioni atti autolesivi.

6. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono le censure enunciate nel nono motivo, che contestano il giudizio di equivalenza delle circostanze, deducendo che avrebbe dovuto riconoscersi prevalenza alle circostanze attenuanti generiche, per l'atteggiamento collaborativo ed in parte confessorio dell'imputato.

La sentenza impugnata con motivazione del tutto incensurabile ha evidenziato che: -) le aggravanti si connotano per la loro gravità, anche in considerazione della recidiva specifica ed infraquinquennale; -) le ammissioni dell'imputato sono state del tutto parziali e strumentali, ed anzi in esse è possibile cogliere anche il tentativo di attribuire alla minore l'iniziativa degli atti sessuali; -) l'imputato ha sì indirizzato una lettera di scuse, peraltro del tutto generica, ai genitori della vittima, ma nessuna iniziativa riparativa ha intrapreso nei confronti di quest'ultima.

I rilievi dell'imputato, quindi, si presentano come una proposta di reinterpretazione dei fatti e del loro significato, e, quindi, prospettano un'operazione non consentita nel giudizio di legittimità.

7. In parte diverse da quelle consentite e in parte prive di specificità sono le censure formulate nel decimo e nell'undicesimo motivo, che contestano la determinazione della pena, deducendo che la stessa è rapportata a circostanze non provate, come la frequenza degli abusi, e ad un parametro, quello della reiterazione dei fatti, valorizzato ai fini della fissazione sia della pena base sia dell'aumento apportato per la continuazione.

Le doglianze in questione, da un lato, presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella legittimamente compiuta nella sentenza impugnata.

Dall'altro, non si confrontano con la motivazione fornita dalla Corte d'appello, nella quale si precisa che la protrazione nel tempo degli abusi e la loro frequenza sono solo due degli elementi posti a fondamento del giudizio di gravità del fatto. Non va trascurato, inoltre, che la pena base, fissata in sei anni e sei mesi di reclusione, è stata determinata in misura nettamente inferiore alla media edittale, e che anche l'aumento per la continuazione, pari ad un anno e quattro mesi di reclusione, non può dirsi elevato, sia se si abbia riguardo alla cornice edittale del reato, sia se si tenga conto della pluralità degli episodi.

8. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d'appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d'appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2022