A sostegno di questa conclusione, sembra interessante evidenziare, si è affermato che la forma di esame appena descritta non costituisce nè una violazione del principio del contraddittorio, in quanto non impedisce alle parti presenti di rivolgere domande o fare contestazioni, nè del principio dell'oralità, in quanto non si tratta di prova precostituita fuori dal processo ma formata in contraddittorio tra le parti come per le deposizioni del sordo o del sordomuto.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
Per ragioni di ordine e di economia espositiva, saranno esaminate dapprima le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, poi le censure formulate nel terzo e nel quarto motivo, che contestano la capacità a testimoniare della vittima, quindi le censure esposte nel secondo, nel quinto, nel sesto e nel settimo motivo, che contestano l'attendibilità del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa, e, infine, in successione, le censure enunciate nell'ottavo motivo, concernenti la mancata concessione dell'attenuante della minore gravità del fatto, quelle proposte nel nono motivo, relative al giudizio di comparazione delle circostanze, e quelle rappresentate nel decimo e nell'undicesimo motivo, riguardanti il trattamento sanzionatorio.
2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'utilizzabilità o comunque la validità delle dichiarazioni rese a dibattimento dalla persona offesa, in quanto questa è stata esaminata in una stanza alla presenza di una psicologa e del Presidente del Collegio, e le parti sono state ammesse a formulare domande unicamente predisponendole in forma scritta, e rimettendole al Presidente per la loro proposizione alla dichiarante.
2.1. Ai fini di un compiuto scrutinio delle precisate censure, è utile indicare, innanzitutto, le modalità con le quali, nella specie, si è svolto l'esame della persona offesa.
Come rilevato nelle sentenze di merito, la persona offesa è stata esaminata in udienza il 23 gennaio 2020, allorchè non aveva ancora compiuto quindici anni. L'esame si è svolto con l'ausilio di una psicologa, che ha coadiuvato la Presidente del Collegio, ed è stato videoregistrato. Dell'udienza è stata effettuata inoltre trascrizione.
Occorre rappresentare, inoltre, che la persona offesa si è mostrata molto provata per l'esperienza subita, manifestando notevoli difficoltà a raccontare quanto accadutole, sia in fase di indagini, sia a dibattimento. Secondo quanto esposto nella sentenza impugnata, il maresciallo dei Carabinieri che ha proceduto alla prima audizione ha ricordato che, nel corso dell'atto investigativo, "in diverse occasioni è stato necessario sospendere brevemente l'esame poichè ella piangeva e in alcuni momenti faceva molta fatica a raccontare. Grazie al supporto della psicologa si è poi riusciti a riportarla alla calma e a proseguire nel racconto". Le medesime difficoltà, sempre alla luce di quanto espone la sentenza impugnata, sono emerse a dibattimento, tanto che la psicologa è dovuta intervenire per calmare la minore, la quale, nel richiamare il ricordo, si era bloccata ed aveva iniziato a piangere.
2.2. Tanto premesso in relazione al concreto atteggiarsi dell'esame la cui legittimità è contestata, vanno richiamate le coordinate normative di riferimento.
Precisamente, il codice di procedura penale disciplina le modalità di svolgimento dell'esame testimoniale del minorenne a dibattimento nell'art. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, e, siccome richiamato, nell'art. 398, comma 5-bis.
Dalle disposizioni appena citate emerge che l'esame è condotto dal presidente e che questi può avvalersi anche di particolari cautele. In particolare, l'art. 398, comma 5-bis, c.p.p. prevede che, nel caso si proceda per alcune tipologie di reati, tra le quali quelle di cui all'art. 609-bis e all'art. 609-quater c.p., "il giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, (...) stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenza di tutela delle persone lo rendano necessario od opportuno".
2.3. La giurisprudenza di legittimità si è ripetutamente pronunciata in ordine al significato e alla portata di tali disposizioni.
Innanzitutto, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 498, comma 4, c.p.p., sollevata per la violazione degli artt. 3, 24, comma 2, e 111 Cost., nella parte in cui prevede la conduzione diretta da parte del presidente dell'esame testimoniale del minorenne, perchè realizza un ragionevole bilanciamento tra i diritti dell'imputato e i diritti del minore (Sez. 3, n. 42899 del 30/09/2009, R., Rv. 245377-01).
Ha poi rilevato che il giudice può valutare discrezionalmente se sussistano le condizioni per l'adozione della particolare modalità di espletamento dell'esame protetto del testimone minorenne, tenuto conto delle esigenze del minore stesso. (cfr. Sez. 3, n. 7141 del 08/01/2009, R., Rv. 242826-01, relativa a fattispecie nella quale l'esame era avvenuto in una stanza adiacente quella d'udienza, con la porta aperta e le luci accese, presenti la madre e la sorella del minore).
Ancora, ha specificamente precisato che, in tema di incidente probatorio, è consentito al giudice che procede all'audizione di un minore infrasedicenne per reati in materia di prostituzione e violenza sessuale, disporre l'assunzione della testimonianza in forma scritta (con domande orali e risposte scritte) quando questa modalità appare necessaria per tutelare la fragile psicologia del teste e la genuinità della deposizione (così Sez. 3, n. 33180 del 25/05/2004, Infantino, Rv. 229157-01). A sostegno di questa conclusione, sembra interessante evidenziare, si è affermato che la forma di esame appena descritta non costituisce nè una violazione del principio del contraddittorio, in quanto non impedisce alle parti presenti di rivolgere domande o fare contestazioni, nè del principio dell'oralità, in quanto non si tratta di prova precostituita fuori dal processo ma formata in contraddittorio tra le parti come per le deposizioni del sordo o del sordomuto.
Non va trascurato, poi, che costituisce principio assolutamente consolidato quello in forza del quale è inammissibile, per carenza di interesse, l'impugnazione dell'imputato che deduce la violazione delle norme che prescrivono particolari cautele per l'assunzione della prova testimoniale del minore, trattandosi di modalità previste nell'esclusivo interesse di quest'ultimo (v., per questa affermazione, tra le tante: Sez. 5, n. 32374 del 08/06/2017, F., Rv. 270601-01; Sez. 3, n. 44448 del 16/10/2013, L., Rv. 258314-01; Sez. 3, n. 42899 del 30/09/2009, R., Rv. 245376-01).
2.4. Anche la giurisprudenza della Corte EDU offre delle indicazioni significative, elaborate con riferimento al recupero delle dichiarazioni dei testi che non è stato possibile esaminare in contraddittorio davanti al giudice.
In particolare, secondo i principi enunciati anche dalla Grande Camera, tra i "sufficienti fattori di compensazione" idonei a controbilanciare le difficoltà per la difesa in conseguenza dell'ammissione al processo di testimonianze non verificate, rientrano: -) la motivazione dettagliata delle regioni per cui la testimonianza deve ritenersi attendibile, anche alla luce di una valutazione complessiva delle altre prove disponibili (Corte EDU, GC, 15/12/2015, Schatschaschwili c. Germania, n. 9154/2010, p. 126); -) la videoregistrazione dell'esame del testimone assente, in modo da consentire al giudice ed alle parti di osservarne il comportamento e di formarsi un'opinione sulla sua attendibilità (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 127); -) la possibilità per la difesa "di porre indirettamente le proprie domande al testimone, per esempio per iscritto, nel corso del processo", definita come "notevole garanzia" (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 129); -) la possibilità per l'imputato di fornire la propria versione dei fatti e contestare la credibilità del testimone assente (Corte EDU, GC, Schatschaschwili c. Germania, cit., p. 131).
Questi principi costituiscono ormai patrimonio assolutamente consolidato nel panorama della giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr., da ultimo, ad esempio, Corte EDU, 10/05/2022, Al Alo c. Slovacchia, n. 32084/19, p. 45).
2.5. In considerazione delle disposizioni normative e dei principi giuridici elaborati dalla giurisprudenza, anche in sede sovranazionale, deve ritenersi che il giudice, nel procedere all'esame testimoniale di un minorenne, possa stabilire, ove necessario, di consentire alle parti di porre domande solo per iscritto, sempre che l'atto istruttorio venga compiutamente videoregistrato, con la possibilità per le stesse di osservare il comportamento del dichiarante nel corso dell'intero atto istruttorio, e di formulare successivamente osservazioni sull'attendibilità del suo racconto.
Le modalità indicate, infatti, sono senz'altro compatibili con gli spazi di discrezionalità concessi al giudice dalle disposizioni di cui agli artt. 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, e 398, comma 5-bis, c.p.p. In particolare, quest'ultima statuizione normativa presenta notevoli margini di elasticità quando prevede che il giudice "stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenza di tutela delle persone lo rendano necessario od opportuno".
Le descritte modalità, inoltre, sono compatibili con le garanzie costituzionali e sovranazionali. Invero, il principio del contraddittorio, anche secondo la Costituzione e la CEDU, quest'ultima come interpretata dalla Corte EDU, può subire deroghe e forme di attuazione particolari, in ragione di altri principi fondamentali. E certamente, in caso di concreto pericolo per l'integrità psico-fisica del minore derivante dalla rievocazione del fatto subito, una forma di attuazione del contraddittorio, idonea a contemperare l'interesse appena indicato con il diritto di difesa dell'imputato e con l'esigenza di accertamento di gravi reati, può essere quella di un esame condotto dal giudice in un ambiente nel quale non siano presenti le parti, le quali però possano proporre le loro domande attraverso il giudice, sottoponendole allo stesso in forma scritta, possano osservare compiutamente l'atteggiamento del dichiarante nel corso dell'esame attraverso la videoregistrazione dell'atto istruttorio, e possano poi proporre le loro osservazioni sull'attendibilità del racconto così acquisito.
3. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel terzo e nel quarto motivo, che contestano l'affermazione della capacità a testimoniare e dell'attendibilità intellettiva della persona offesa, deducendo che la sentenza impugnata ha omesso di considerare, ai fini del giudizio di affidabilità della narrazione, i deficit cognitivi e di memorizzazione della stessa, pur ammettendone la gravità, e pur essendo gli stessi rilevabili dalle discrasie presenti nel racconto.
La sentenza impugnata, in relazione a tale profilo, ha evidenziato che l'assistente sociale O. e la relazione della comunità nella quale la vittima è stata ospite hanno entrambe precisato che i deficit riscontrati attenevano al profilo di autonomie personali, come tagliare una pizza, o a difficoltà scolastiche molto probabilmente riferibili ad uno svantaggio socio/economico/culturale, ma non ad una capacità di comprensione del proprio mondo interno o del mondo esterno. Anzi, la Corte d'appello segnala che l'assistente sociale O. ha sottolineato di aver apprezzato, nella minore, la capacità di introspezione e di profonda comprensione delle dinamiche familiari, "tant'è che proprio quel comprendere la mandava in agitazione".
Nessuna carenza, contraddizione o manifesta illogicità, quindi, è rilevabile nella valutazione della sentenza impugnata con riferimento al giudizio di capacità a testimoniare e di attendibilità intellettiva della vittima.
4. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità, o comunque manifestamente infondate sono le censure enunciate nel secondo, nel quinto, nel sesto e nel settimo motivo, che contestano il giudizio di positiva attendibilità del racconto della persona offesa, deducendo, in particolare, l'omessa considerazione delle ragioni di avversione della stessa nei confronti dell'imputato, delle contraddizioni intrinseche della narrazione, specie in ordine ai profili temporali e alle modalità della penetrazione vaginale, dell'assenza di riscontri, e dei profili di inverosimiglianza anche in considerazione delle difficoltà fisiche dell'uomo.
4.1. Le indicate censure rendono utile una premessa metodologica sulla efficacia dimostrativa e sulla valutazione dell'attendibilità della persona offesa.
Innanzitutto, costituisce principio consolidato, enunciato anche dalle Sezioni Unite, quello secondo cui le dichiarazioni della persona offesa, pur quando la stessa sia costituita parte civile, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (così, per tutte Sez. U, n. 41461 del 19/07/212, Bell'Arte, Rv. 253214-01, e Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070-01).
Inoltre, si è precisato che, qualora risulti opportuna l'acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l'intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nè assistere ogni segmento della narrazione (Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312-01).
Ciò posto, poi, va rilevato come altrettanto consolidato è il principio in forza del quale il giudizio sull'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa costituisce questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (così, per tutte, Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01, e Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575-01).
4.2. La sentenza impugnata espone gli elementi e le ragioni fondanti il suo giudizio di attendibilità del racconto della persona offesa, sulla cui base ha ritenuto provati i fatti indicati nell'imputazione.
Appare utile premettere che, come analiticamente precisato nella sentenza di primo grado, secondo il racconto della persona offesa, l'imputato ha agito ripetutamente nel tempo, e, segnatamente, ha: -) toccato i genitali della minore penetrandone la vagina con le dita; -) compiuto atti di masturbazione davanti alla stessa; -) costretto la vittima a masturbarlo; -) costretto la minore a praticare sesso orale; -) posto, in almeno due occasioni, il proprio pene a contatto con la vagina della persona offesa, simulando una penetrazione.
La Corte d'appello, in particolare, evidenzia che la persona offesa: -) ha iniziato a raccontare delle violenze subite ai suoi compagni di classe e poi ad una insegnante, la quale aveva informato i vertici dell'istituto, a loro volta autori della denuncia ai Carabinieri; -) è stata esaminata anche nel corso delle indagini sugli episodi in esame dai Carabinieri con l'ausilio di una psicologa, e, ciononostante, non gli è stata effettuata alcuna contestazione; -) ha sempre manifestato grande difficoltà emotiva a rievocare e narrare delle violenze subite; -) ha manifestato più volte intenti autolesivi, ritenuti "di natura inequivocabilmente post-traumatica".
Rappresenta, poi, che le imprecisioni della persona offesa in ordine alla collocazione temporale dei fatti ed alla loro frequenza sono del tutto marginali, perchè non attengono alla ricostruzione del loro contenuto, e possono trovare spiegazione nell'età della minore, nel tempo trascorso e nella valenza traumatica degli episodi.
Osserva, quindi, che il racconto della vittima relativo ai movimenti compiuti dall'imputato nel toccarle i genitali e nel penetrarla non può essere frutto della sua fantasia, anche perchè non è coerente con le competenze della sua età e denota esperienza diretta, e non è incompatibile con le problematiche sessuali dell'uomo, siccome queste non gli impediscono una breve erezione.
Aggiunge, ancora, che le dichiarazioni accusatorie della persona offesa non possono ritenersi determinate, o, meglio, "sovraccaricate", da sentimenti di odio nei confronti dell'imputato, sia perchè questa ipotesi non ha trovato alcun riscontro, sia perchè la descrizione delle esperienze sessuali risulta altamente precisa e realistica, anche in considerazione dell'età della ragazza, sia perchè anche l'assistente sociale O. ha riferito come la minore non ha mai riferito la sua avversione nei confronti dell'uomo a cause diverse dalle violenze subite.
Rappresenta, infine, che: -) la mancanza di riscontri sul cellulare dell'imputato è spiegabile con la circostanza per cui questi potrebbe ben aver "ripulito" la memoria dell'apparecchio, anche perchè informato dell'andamento delle indagini prima di essere arrestato, tanto da essersi presentato spontaneamente dai Carabinieri prima della emissione della misura cautelare; -) la mancanza di annotazioni sul diario della vittima può trovare ragione nel desiderio di evitare di mettere a conoscenza dei fatti la madre.
Da ultimo, appare utile segnalare che, come dettagliatamente indicato nella sentenza di primo grado, l'imputato, anche sottoponendosi ad esame e con una lettera di scuse indirizzata ai genitori della persona offesa, ha ammesso di aver toccato la stessa, in tre o quattro occasioni, nella zona genitale, sotto i vestiti, sia pure per brevi momenti, mentre ha escluso di essersi masturbato davanti alla minore o di averle chiesto di toccargli i genitali o di averla penetrata.
4.3. Le conclusioni della sentenza impugnata in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, ed alla loro idoneità a fondare il giudizio di responsabilità dell'attuale ricorrente per i fatti al medesimo contestati sono immuni da vizi.
Il giudizio di positiva attendibilità delle dichiarazioni della minore, infatti, è stato espresso all'esito di un'analitica disamina delle stesse e di tutti gli elementi acquisiti al processo, sulla base di massime di esperienza sicuramente accettabili. Del resto, non sono emerse incompatibilità del racconto con elementi oggettivi, e l'imputato ha ammesso, sia pur solo parzialmente, di aver compiuto in più occasioni atti sessuali con la vittima, all'epoca sicuramente in tenera età e comunque infraquattordicenne.
5. Infondate sono le censure proposte nell'ottavo motivo, che contestano il diniego dell'attenuante della minore gravità del fatto, deducendo l'impropria valorizzazione della pluralità degli episodi, da ritenere non più di quattro.
Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, L., Rv. 277615-01).
La sentenza impugnata ha escluso l'attenuante del fatto di minore gravità valorizzando, in particolare, la reiterazione degli abusi nel tempo.
La conclusione indicata è corretta, sia perchè gli episodi sono molteplici, sia perchè dai fatti come ricostruiti in sentenza emergono molteplici connotazioni negative degli stessi, in particolare per l'invasività e per le conseguenze psichiche prodotte e che hanno spinto la vittima a compiere in più occasioni atti autolesivi.
6. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono le censure enunciate nel nono motivo, che contestano il giudizio di equivalenza delle circostanze, deducendo che avrebbe dovuto riconoscersi prevalenza alle circostanze attenuanti generiche, per l'atteggiamento collaborativo ed in parte confessorio dell'imputato.
La sentenza impugnata con motivazione del tutto incensurabile ha evidenziato che: -) le aggravanti si connotano per la loro gravità, anche in considerazione della recidiva specifica ed infraquinquennale; -) le ammissioni dell'imputato sono state del tutto parziali e strumentali, ed anzi in esse è possibile cogliere anche il tentativo di attribuire alla minore l'iniziativa degli atti sessuali; -) l'imputato ha sì indirizzato una lettera di scuse, peraltro del tutto generica, ai genitori della vittima, ma nessuna iniziativa riparativa ha intrapreso nei confronti di quest'ultima.
I rilievi dell'imputato, quindi, si presentano come una proposta di reinterpretazione dei fatti e del loro significato, e, quindi, prospettano un'operazione non consentita nel giudizio di legittimità.
7. In parte diverse da quelle consentite e in parte prive di specificità sono le censure formulate nel decimo e nell'undicesimo motivo, che contestano la determinazione della pena, deducendo che la stessa è rapportata a circostanze non provate, come la frequenza degli abusi, e ad un parametro, quello della reiterazione dei fatti, valorizzato ai fini della fissazione sia della pena base sia dell'aumento apportato per la continuazione.
Le doglianze in questione, da un lato, presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella legittimamente compiuta nella sentenza impugnata.
Dall'altro, non si confrontano con la motivazione fornita dalla Corte d'appello, nella quale si precisa che la protrazione nel tempo degli abusi e la loro frequenza sono solo due degli elementi posti a fondamento del giudizio di gravità del fatto. Non va trascurato, inoltre, che la pena base, fissata in sei anni e sei mesi di reclusione, è stata determinata in misura nettamente inferiore alla media edittale, e che anche l'aumento per la continuazione, pari ad un anno e quattro mesi di reclusione, non può dirsi elevato, sia se si abbia riguardo alla cornice edittale del reato, sia se si tenga conto della pluralità degli episodi.
8. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d'appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d'appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. n. 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2022.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2022