Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
2. Occorre rilevare, in via preliminare, che le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza "Ellade", hanno statuito che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 - 01).
Le Sezioni unite hanno, infatti, rilevato come tale motivazione sia necessaria anche nell'ottica del "rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, questa Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata".
Le Sezioni unite hanno, infatti, precisato che l'automatismo operante nella precedente interpretazione giurisprudenziale, che considerava sussistente in re ipsa il periculm nel caso di sequestro preventivo prodromico alla confisca obbligatoria, era antitetico rispetto al dettato costituzionale, consentendo alla misura cautelare reale di incidere, in via generalizzata e incondizionata, sui diritti fondamentali del soggetto attinto anche in misura sproporzionata e più di quanto non lo possa la pronuncia di merito.
3. I ricorrenti hanno dedotto, in via preliminare, la nullità dell'ordinanza impugnata e del decreto del giudice per le indagini preliminari che ha disposto il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 125 c.p.p., comma 3, in relazione all'art. 321 e la nullità dell'ordinanza impugnata per difetto assoluto di motivazione.
Il Tribunale di Latina, infatti, richiamandosi ai principi delle Sezioni Unite nella sentenza "Ellade" in ordine alla sussistenza del periculum in mora, avrebbe illegittimamente esercitato i poteri di integrazione della motivazione del titolo cautelare genetico, provvedendo a sostituire in via integrale la motivazione integralmente carente sul punto del titolo genetico.
Il Tribunale di Latina, pur avendo rilevato come "l'ordinanza del G.I.P. non rechi un autonomo passaggio argomentativo espressamente dedicato al periculum", dunque, secondo quanto statuito dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione nella sentenza Capasso, avrebbe dovuto annullare il decreto di sequestro preventivo adottato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina.
4. Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla L. 8 aprile 2015, n. 47, al comma 9, dell'art. 309 c.p.p., sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall'art. 324, comma 7 dello stesso codice - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale, nel senso che il tribunale del riesame deve annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonchè degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789-01).
In sede di riesame avverso misure cautelari reali, il tribunale, dunque, non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l'esercizio della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto dell'art. 324 c.p.p., comma 7, e art. 309 c.p.p., comma 9, (ex plurimis: Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 2020, Esposito, Rv. 278509 - 01; Sez. 5, n. 51900 del 20/10/2017, Lanza, Rv. 271413 - 01).
Muovendo da questi principi deve, tuttavia, rilevarsi che il Tribunale di Latina ha legittimamente esercitato il potere di integrazione della motivazione accordatogli dal codice di rito, ritenendo che la motivazione del giudice per le indagini preliminari in tema di periculum in mora fosse "insufficiente ai fini del principio espresso dalla sentenza n. 369569 dell'11.10.2021 della Corte di Cassazione, ma non del tutto assente".
Il Tribunale di Latina ha, infatti, rilevato che, ancorchè "l'ordinanza del G.I.P. non rechi un autonomo passaggio argomentativo espressamente dedicato al periculum", "la sua motivazione sul punto è contenuta nel richiamo all'art. 240 c.p., ed alla ritenuta ricorrenza degli elementi per disporre la misura, trattandosi di beni che costituiscono prodotto, profitto o prezzo dei reati... dovendo il richiamo all'obbligatorietà della confisca essere inteso, ai fini perseguiti dal giudice che ha emesso l'ordinanza, quale assolvimento dell'onere motivazionale sul periculum, che, a suo vedere -trattandosi di indirizzo percorso dalla larga maggioranza della giurisprudenza di merito prima della predetta pronuncia - non avrebbe necessitato di ulteriore approfondimento".
Il Tribunale del riesame ha, dunque, correttamente rilevato che il Giudice per le indagini preliminari di Latina nel decreto di sequestro preventivo non ha omesso di motivare in ordine al periculum in mora.
Secondo l'orientamento consolidato al momento dell'adozione della misura cautelare, il Giudice per le indagini preliminari ha, infatti, dimostrato la ricorrenza di questo presupposto di fattispecie ricorrendo ad un automatismo e, segnatamente, lo ha ritenuto sussistente in re ipsa, assorbito dall'obbligatoria confiscabilità della cosa, senza che sul punto vi fosse alcun margine di discrezionalità giudiziale.
Anche le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza Ellade, chiamate a sindacare la legittimità di un'ordinanza del Tribunale del riesame che "adottando... una non corretta equivalenza tra confiscabilità tout court del bene e non necessità di motivazione, ha contravvenuto alla necessità di spiegare, in conformità alla corretta esegesi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, le ragioni della necessità di adozione dell'ablazione provvisoria del terreno prima della pronuncia di condanna e, con essa, della statuizione di confisca", hanno annullato l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame.
Deve, dunque, essere escluso l'annullamento dell'ordinanza impugnata, in quanto il Tribunale del riesame aveva il potere di integrare la motivazione fondata su un mero automatismo - del titolo cautelare genetico in ordine alla sussistenza del periculum in mora.
5. Con ulteriore censura i ricorrenti hanno congiuntamente dedotto che la motivazione adottata dal Tribunale del riesame di Latina in punto di periculum in mora, sarebbe apodittica, meramente apparente (e, dunque, inesistente) ed errata in diritto, in quanto non esaminerebbe la situazione fattuale reale e attuale, ma si limiterebbe a ipotizzare eventi futuri e incerti.
6. La censura è fondata.
Le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza Ellade hanno affermato che il giudice di merito, nel motivare il periculum in mora, nel provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora e, segnatamente, indicare le ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.
L'onere di motivazione può, dunque, ritenersi assolto allorchè il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, infatti, "è il parametro della "esigenza anticipatoria" della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio".
7. Il Tribunale di Latina nell'ordinanza impugnata, tuttavia, non ha fatto buon governo di questi principi, in quanto ha ritenuto sussistente "il pericolo che, in assenza di vincolo reale, i beni possono, nelle more del giudizio, essere utilizzati o alienati, sfuggendo pertanto la futura ablazione" immotivatamente, rilevando che "a tal fine.... nulla rileva la presunta capienza patrimoniale dei soggetti attinti della misura, atteso che ciò non impedisce che comunque si spoglino, almeno formalmente, dei loro beni per preservare della futura confisca".
Con tale argomento, tuttavia, il Tribunale ha motivato solo apparentemente la sussistenza del periculum, in quanto ha posto a fondamento dello stesso un rischio di dispersione del patrimonio dei ricorrenti affermato in termini meramente apodittici e prospettato come meramente eventuale, se non congetturale.
La linea argomentativa adottata dal Tribunale del riesame di Latina, del resto, viola il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, in quanto supera l'automatismo che esonerava dal motivare sul periculum in mora in ragione dell'obbligatorietà della confisca del profitto del reato, con uno nuovo, fondato sull'ubiquitaria sussistenza di un rischio di dispersione patrimoniale, indipendentemente dalle condizioni patrimoniali e dalle condotte del soggetto attinto dal vincolo reale.
Il periculum in mora necessario per disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve, invece, pur sempre essere concreto ed attuale, e non già meramente congetturale, e deve essere specificamente argomentato in relazione a ciascun soggetto attinto dalla misura cautelare reale.
Il Tribunale non si è, dunque, conformato al principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite nella sentenza Ellade e non ha motivato sulla documentazione prodotta dalle difese in ordine alle condizioni patrimoniali e alla composizione del patrimonio di ciascun ricorrente, al fine di verificare la sussistenza o meno di indici (soggettivi o oggettivi) che inducano a ritenere comprovato il rischio che, nel tempo necessario per pervenire all'accertamento di merito, la futura esecuzione della confisca possa essere vanificata da atti di dispersione del patrimonio.
Errato, del resto, è anche il secondo argomento posto a fondamento della ritenuta sussistenza del periculum in mora.
I ricorrenti, infatti, hanno dedotto nel giudizio di riesame l'insussistenza del periculum in mora, in quanto avrebbero costituito, pur a fronte dell'originario annullamento del decreto di sequestro preventivo, due depositi bancari ad hoc, sui quali sarebbe confluito l'importo di Euro 1.500.000 (e, dunque, una somma pari a quella attinta dal vincolo reale quale profitto dei reati ritenuti sussistenti nei limiti delibatori propri della sede cautelare), mettendolo a disposizione degli inquirenti.
Il Tribunale, tuttavia, ha stigmatizzato questa iniziativa come un gesto "inautentico", atto, per converso, proprio a dimostrare la sussistenza del periculum in mora.
Il Tribunale, tuttavia, in sede di applicazione della misura cautelare reale finalizzata alla confisca del profitto del reato non è tenuto a verificare la spontaneità dell'intento dei ricorrenti nella messa a disposizione del profitto, come in sede di determinazione della pena ai sensi dell'art. 133 c.p., o di concessione delle attenuanti generiche, quanto a stabilire se sussista o meno il periculum in mora secondo i principi stabiliti dalle Sezioni unite di questa Corte.
8. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono essere accolti e deve essere disposto il rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Latina competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Latina competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2022.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2022