Motivi della decisione
1. Il ricorso proposto è fondato.
2. La motivazione resa dal giudice dell'esecuzione non è idonea a superare il vaglio di legittimità. Il provvedimento impugnato appare viziato sia nel considerare un lasso cronologico superiore a quello reale, due anni piuttosto che un anno e quattro mesi circa, nonchè nella mancata analisi complessiva delle vicende di fatto alla base delle condanne, tra le quali, la prima dà atto della condizione di tossicodipendenza, sia pure successivamente parzialmente documentata. Nel suddetto discorso giustificativo si rileva, in primo luogo, l'assenza di analisi effettiva di alcuni degli indici sintomatici espressamente posti dall'istante all'attenzione del giudice dell'esecuzione, quali l'omogeneità delle condotte afferenti ai reati principali oggetto di esame, l'identità del bene giuridico offeso, la riferibilità della loro consumazione a un unico ambito territoriale, l'arco temporale intercorso fra le violazioni della legge penale, prospettato come più circoscritto di quanto affermato. Da ciò deriva che il mancato relazionarsi in modo congruo con la richiesta di applicazione dell'istituto della continuazione evidenzia la carenza di motivazione fondata su argomentazioni generiche e imprecise, Risulta, inoltre, non sufficientemente considerata l'asserita condizione di tossicodipendenza emergente, oltre che dalla frammentaria documentazione richiamata, dalla lettura della prima sentenza di condanna allegata al ricorso che, invece, non è stata oggetto di esame.
3. Lo stato di tossicodipendenza dell'istante, veicolato con la richiesta rigettata, deve essere oggetto di considerazione effettiva, come imposto dal richiamo dell'art. 671 c.p.p., comma 1, ultimo periodo, (come introdotto dall'art. 4 D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, conv. con modif. nella L. n. 49 del 21 febbraio 2006), per cui, quando si tratti di verificare la continuazione in fase esecutiva, deve essere valutato come elemento idoneo a giustificare l'unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell'istituto previsto dall'art. 81, comma 2, c.p. (Sez. 1, n. 20816 del 09/01/2017, Todaro, n. m.; Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Iannella, Rv. 261490). Lo stato di tossicodipendenza, quindi, ove sussistente all'atto della consumazione dei reati riconducibili all'alveo della continuazione, deve essere considerata per verificare se in concreto concorra a giustificare l'unicità del disegno criminoso.
3.1. Il riconoscimento della continuazione necessita, in sede di esecuzione non diversamente dal processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea. (Sez. U, n. 28659 del 18,(05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). Poste dette coordinate ermeneutiche, va aggiunto che la condizione di tossicodipendente è da tenere in debita considerazione per giustificare l'unicità del disegno criminoso, con riferimento ai reati che siano ad essa collegati e da essa dipendenti, nel concorso delle altre condizioni rilevanti per l'evenienza della continuazione, costituendo la medesima condizione un fattore ulteriore concorrente, ma non esclusivo, per l'accertamento. La sua rilevanza necessita che, quando emerga dagli atti oppure sia allegato in modo specifico, anche con documentazione sanitaria che ad esso faccia riferimento, il giudice dell'esecuzione esamini il relativo elemento e le corrispondenti allegazioni, dandone conto in motivazione.
3.2. Da ciò deriva che, qualora si invochi l'applicazione dell'istituto del reato continuato in sede esecutiva, se non viola l'obbligo di motivazione su circostanza rilevante ai fini della decisione il giudice che non prenda in considerazione lo stato di tossicodipendenza del condannato, che risulti solo genericamente dedotto e non sia accompagnato da alcun elemento che lo renda plausibile e suscettibile di essere considerato, nè emerga altrimenti dalle sentenze acquisite anche d'ufficio ex art. 186 disp. att. c.p.p. (Sez. 1, n. 881 del 29/09/2015, dep. 2016, Filippone, Rv. 265716), diversamente non osserva tale obbligo il giudice che, a fronte di allegazione specifica in sè e per come supportata da deduzioni e documenti, escluda totalmente dal discorso giustificativo l'analisi della suddetta condizione (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387, in motivazione), oppure svaluti totalmente quel fattore senza addurre una spiegazione adeguata e logica (Sez. 1, n. 4094 del 03/12/2019, dep. 2020, Stante, Rv. 278187).
4. In definitiva, deve ritenersi che, per i profili evidenziati, la motivazione sviluppata dal giudice dell'esecuzione sia carente e illogica su circostanze rilevanti.
5. Per queste ragioni, l'ordinanza va annullata con rinvio alla Corte d'Assise di appello di Bari, in diversa composizione (cfr. Corte Cost., sent. n. 183 del 2013), per nuovo esame che tenga conto dei principi esposti.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'assise d'appello di Bari.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 09 agosto 2022