Giu Non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso o dell'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni si depositi l'avviso
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 04 novembre 2024 N. 28339
Massima
Si è anche chiarito che non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso o dell'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione -e non dalla data di spedizione- della raccomandata da parte del destinatario, depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Si è pertanto affermato che è inammissibile il ricorso o l'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, ove il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione, non abbia depositato la ricevuta di spedizione del plico, o l'elenco delle raccomandate recante la data ed il timbro dell'ufficio postale, o l'avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. In difetto della produzione di tali documenti contestualmente alla costituzione il giudice, se non sussistono i presupposti della rimessione in termini, non può sanare l'inammissibilità ordinandone la successiva esibizione ai sensi dell'art. 22, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, ed il tempestivo perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso o dell'appello può ritenersi provato soltanto se la ricezione del plico sia certificata dall'agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto o della sentenza (cfr. Cass., 4 giugno 2018, n. 14163; 19 luglio 2019, n. 19547; 11 agosto 2022, n. 24726; 27 ottobre 2022, n. 31879; 23 aprile 2024, n. 10887).

Casus Decisus
Dalla sentenza e dal ricorso si evince che l’Agenzia delle entrate notificò al F., quale titolare dell’omonima ditta, l’avviso di accertamento con cui rideterminò l’imponibile relativo all’anno 2009, con conseguente accertamento di maggiori imposte ai fini Irpef, addizionali comunali ed Irap. L’atto impositivo era fondato sul riscontro di maggiori redditi, accertati ai sensi degli artt. 39, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 55, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Seguì il contenzioso, introdotto dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina, che con sentenza n. 529/05/2016 accolse le ragioni del ricorrente. L’appello proposto dall’ufficio fu invece accolto dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, con sentenza n. 7308/02/2020, ora al vaglio della Corte. Il giudice d’appello ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’ufficio e, nel merito, ha rigettato le doglianze articolate dal contribuente in ordine al difetto di motivazione dell’atto impositivo, riconoscendo di contro la correttezza dei risultati dell’accertamento, condotto con metodo analiticoinduttivo, con la constatazione delle numerose irregolarità contabili e dichiarative imputabili al contribuente. Il F. ha censurato la sentenza, affidandosi a tre motivi, con cui ne ha chiesto la cassazione, cui ha resistito con controricorso l’amministrazione finanziaria. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. All’esito dell’adunanza camerale del 12 giugno 2024 la causa è stata decisa.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 04 novembre 2024 N. 28339 FUOCHI TINARELLI GIUSEPPE

La ricorrente ha denunciato: con il primo motivo la «nullità della sentenza e/o dell’intero giudizio di secondo grado ex art. 360, comma primo, n° 4, con riferimento agli artt. 22, comma secondo, 51 e 53, comma secondo, D. Lgs. n° 546/1992, nella parte in cui la C.T.R. ha dichiarato l’ammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate in assenza di alcuna prova della tempestiva proposizione dell’impugnazione»; 

con il secondo motivo la «nullità della sentenza e/o dell’intero giudizio di secondo grado ex art. 360, comma primo, n° 4, con riferimento agli artt. 22, comma secondo, 51 e 53, comma secondo, D. Lgs. n° 546/1992, nella parte in cui la C.T.R. ha dichiarato l’ammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate in assenza di alcuna prova del rispetto dei termini di costituzione di cui all’art. 22 D. Lgs. n° 546/1992»;

con il terzo motivo la «nullità della sentenza e/o dell’intero giudizio di secondo grado ex art. 360, comma primo, n° 4 c.p.c. in relazione all’art. 132, n° 4 c.p.c. e/o ex art. 360, comma primo,n° 5, c.p.c., per travisamento di un fatto decisivo per il giudizio, nella parte in cui la C.T.R., in violazione del disposto degli artt. 22, comma secondo, 51 e 53, comma secondo, D. Lgs. n° 546/1992, ha dichiarato l’ammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate affermando che “deve ritenersi provata- e comunque non contestata- la circostanza della consegna dell’atto d’appello all’ufficio postale in data 24/6/2016». I tre motivi, che possono trattarsi congiuntamente perché tra loro connessi, sono fondati e trovano dunque accoglimento.

Con la tempestiva eccezione il contribuente appellato aveva evidenziato che l’Agenzia delle entrate non aveva prodotto l’avviso di ricevimento del plico, contenente l’atto di impugnazione; parimenti, aveva mancato di produrre la ricevuta di presa in carico da parte dell’ufficio postale dell’atto impugnatorio. Ciò, peraltro nonostante la sentenza di primo grado impugnata fosse stata incontestatamente notificata all’amministrazione finanziaria in data 27 aprile 2016. Pertanto, il F. aveva eccepito l’inammissibilità dell’appello sia in ordine alla sua tempestività, sia in riferimento agli adempimenti prescritti dall’art. 22 del d.P.R. n. 546 del 1992.

La Commissione regionale ha rigettato le eccezioni, assumendo che «l’appellante non ha prodotto copia della relata di notifica dell’atto di appello, limitandosi a depositare il prospetto di stampa rilasciato da Posteltaliane relativo alle vicende della raccomandata n. 151667521123, raccomandata che, nel prospetto, dicesi consegnata in data 04/07/16 e presa ‘in carico dall’ufficio postale in data 24/6/2016. L’appellante [sic, in luogo di “l’appellato”], costituendosi, non ha contestato la validità ed autenticità del prospetto, anzi ha riconosciuto di avere ricevuto la notifica della raccomandata, come indicato in prospetto, in data 4/7/2016, con ciò riconoscendo la validità probatoria del prospetto prodotto dall’appellante. Consegue che deve ritenersi provata — e comunque non contestata — la circostanza della consegna dell’atto d’appello all’ufficio postale in data 24/6/2016».

In sintesi, il collegio d’appello giunge a tali conclusioni sulla base del principio della scissione tra il momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario per la notificazione e il momento di conoscenza legale, da parte del destinatario, dell’atto medesimo notificato. Sennonché tale assunto non ha alcuna rilevanza rispetto alle ragioni su cui l’appellato contribuente aveva eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione dell’ufficio appellante. Intanto emerge la palese violazione della prescrizione imposta, a pena d’inammissibilità, dall’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo cui va depositato nella segreteria della corte di giustizia adita «l’originale del ricorso notificato ai sensi dell’art. 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione della raccomandata a mezzo del servizio postale». Inoltre, quanto alla documentazione depositata dall’ufficio ai fini della prova della rituale tempestiva notifica dell’appello, che nel caso concreto si è tradotta nel deposito della “stampa del prospetto video postale”, questa Corte, con interpretazione ormai consolidata, ha affermato che nel processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell'atto di appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell'elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste, poiché la veridicità dell'apposizione della data mediante lo stesso è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, riferendosi all'attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell'esercizio delle sue funzioni di ricezione, senza che assuma rilevanza la mancanza di sottoscrizione, che non fa venir meno la qualificazione di atto pubblico del detto timbro, stante la possibilità d'identificarne la provenienza e non essendo la stessa richiesta dalla legge "ad substantiam".

Si è anche chiarito che non costituisce motivo d'inammissibilità del ricorso o dell'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione -e non dalla data di spedizione- della raccomandata da parte del destinatario, depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.

Si è pertanto affermato che è inammissibile il ricorso o l'appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, ove il ricorrente o l'appellante, al momento della costituzione, non abbia depositato la ricevuta di spedizione del plico, o l'elenco delle raccomandate recante la data ed il timbro dell'ufficio postale, o l'avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. In difetto della produzione di tali documenti contestualmente alla costituzione il giudice, se non sussistono i presupposti della rimessione in termini, non può sanare l'inammissibilità ordinandone la successiva esibizione ai sensi dell'art. 22, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, ed il tempestivo perfezionamento della notifica a mezzo posta del ricorso o dell'appello può ritenersi provato soltanto se la ricezione del plico sia certificata dall'agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l'impugnazione dell'atto o della sentenza (cfr. Cass., 4 giugno 2018, n. 14163; 19 luglio 2019, n. 19547; 11 agosto 2022, n. 24726; 27 ottobre 2022, n. 31879; 23 aprile 2024, n. 10887).

Dai principi riportati emerge con evidenza che la pur ampia possibilità di prova della tempestività dell’impugnazione, nonché dell’adempimento degli obblighi formali prescritti dall’art. 22 proprio al fine, di portata sostanziale, della prova della tempestività della notifica, pur quando contempla la possibilità di omettere il deposito della ricevuta di spedizione, sostituito dal deposito dell’elenco delle raccomandate, richiede in questo caso quanto meno che esso non si riduca alla stampa d un mero prospetto video, necessitando al contrario di un riscontro formale di certezza, quale desumibile dalla data e Corte di Cassazione - copia non ufficiale 6 RGN 16338/2020 Consigliere rel. Federici dal timbro postale; oppure, quando trattasi del deposito dell’avviso di ricevimento, esige che esso contenga l’indicazione della data di spedizione asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.

Nel caso de quo la Commissione regionale, nel ritenere sufficiente la produzione di un “prospetto di stampa”, ossia di una copia cartacea di una “videata” postale, non contenente alcun timbro postale oppure la stampigliatura meccanografica della data di spedizione del plico, non si è attenuta ai principi di diritto enunciati. Nel consegue la erroneità della pronuncia, che va dunque cassata. Il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, che in diversa composizione provvederà sulla controversia, attenendosi ai principi di diritto enunciati, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il giorno 12 giugno 2024